LE TRATTATIVE 1:2
Il 7 gennaio, il Consiglio di Sicurezza esprime la sua profonda condanna per l'estendersi delle ostilità in BH, specialmente nell'area di Sarajevo, in particolare condanna la contiua pressione militare e gli implacabili bombardamenti da parte delle forze serbo-bosniache slla capitale, che hanno causato un alto numero di perdite tra i civili, distrutto i servizi essenziali e aggravato la già severa situazione umanitaria. Deplora duramente l'aborrita pratica dell'ostacolare deliberatamente i convogli umanitari e condanna i recenti attacchi contro il personale UNPROFOR e UNHCR.

Il 10 e 11 gennaio, i capi di stato e di governo delle potenze occidentali, riuniti a Bruxelle per il summit della NATO, riaffermano, nella dichiarazione conclusiva, di essere pronti, sotto l'autorità del Consiglio di Sicurezza, a compiere bombardamenti aerei per prevenire lo strangolamento di Sarajevo e delle altre aree protette in BH.

Il 18 gennaio, il Consiglio di Sicurezza, dichiara che la nuova proposta implica la possibilità per l'UNPROFOR di lanciare offensive aeree contro i serbo-bosniaci che ostacolano le sue operazioni, distinguendo tra il supporto aereo destinato alla legittime difesa, che é già stato autorizzato, e i bombardamenti aerei con propositi punitivi, che devono comunque essere autorizzati dal Consiglio Atlantico. Tuttavia i combattimenti attorno a Sarajevo continuano compresi gli attacchi letali di mortaio contro i civili indifesi.

Il 4 febbraio un colpo di mortaio causa l'ennesima strage in un sobborgo di Sarajevo, sono 10 i morti e 8 i feriti.

Il 5 febbraio, nel mercato centrale di Sarajevo, l'umanità stremata dall'assedio si aggira tra i banchi semivuoti, più per passare il tempo che per aquistare qualcosa dal prezzo inaccessibile. Oltre alle poche patate e qualche cipolla, offerte rispettivamente a 15 e 30 marchi al kilo, si possono trovare le storte per i tubi del gas e qualche valvola, sono rarissime le lampadine, i libri usati sono forse la merce più richiesta. Quasi niente riesce a filtrare l'assedio, lo zucchero é arrivato a 50 marchi al kilo, 120 marchi un kilo di caffé, 150 un kilo di carne.
La mattinata si stà trascinando apatica verso il mezzogiorno, quando un boato dirompente manda in briciole ogni cosa, il sangue e la carne umana invadono grottescamente i banchetti del mercato. Grida e lacrime, confusione e rabbia invadono la piazzetta. Sono 63 i morti e un centinaio i feriti. I corpi straziati vengono ammucchiati su di un camion, mentre le rare auto vengono fermate e caricate di feriti. Il pronto soccorso dell'ospedale Kosevo viene assalito dai corpi mutilati di uomini, donne e bambini. E' il massacro della miseria, cinico, impietoso e barbaro, il più grave per il numero delle vittime. In meno di un'ora le immagini fanno il giro del mondo, causando l'immediata indignazione della diplomazia internazionale.

Il 6 febbraio Boutrous Ghali, in una lettera al Presidente del Consiglio di Sicurezza, conviene che questi ultimi due incidenti rendono necessario, in accordo con le precedenti risoluzioni, un attacco aereo per dissuadere i serbo-bosniaci da altre azioni simili. Ghali informa inoltre il Consiglio che ha richiesto al Segretario Generale della NATO di ottenere, presso il Consiglio Atlantico, l'autorizzazione di lanciare bombardamenti aerei punitivi sulle posizioni di artiglieria intorno a Sarajevo che si sono rese responsabili del vile attacco.

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Il Consiglio Atlantico accetta le richieste di Boutrous Ghali e autorizza il comandante in capo delle forze alleate nel sud Europa, Ammiraglio Leighton Smith, di ordinare, dietro richiesta delle Nazioni Unite, bombardamenti aerei contro posizioni di artiglieria intorno a Sarajevo, indicate dall'UNPROFOR di essere responsabili di attacchi contro obbiettivi civili in città. Parallelamente, il rappresentante speciale di Boutrous Ghali, sig. Akashi e i comandanti dell'UNPROFOR, tengono intense discussioni a livello politico e militare con le parti e, poche ore prima dell'annuncio dell'ultimatum da parte della NATO, viene raggiunto un accordo per il cessate il fuoco tra le parti coinvolte nell'area di Sarajevo.

Il 9 febbraio, con l'intento di porre fine allo strangolamento di Sarajevo, il Consiglio Atlantico, annuncia l'ultimatum: Entro dieci giorni, tutte le armi pesanti (carriarmati, pezzi d'artiglieria, mortai, veicoli lanciamissili e armi anticarro) delle forze serbo-bosniache dovranno essere ritirate oltre i venti kilometri dal centro di Sarajevo, raggruppate e poste sotto il controllo dell'UNPROFOR. Inoltre informa il governo di BH, che entro lo stesso periodo, deve porre le armi pesanti in suo possesso, che si trovano all'interno della zona di esclusione sopradescritta, sotto il controllo dell'UNPROFOR e trattenersi dal lanciare attacchi sulle attuali linee di confrontazione. L'ultimatum avrà inizio alla mezzanotte del 10 febbraio, tutte le armi pesanti trovate, allo scadere dell'ultimatum, entro la zona di esclusione, saranno soggette al bombardamento NATO che sarà condotto e coordinato in stretto contatto con il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Immediatamente vengono ultimate nei dettagli le procedure per condurre l'azione punitiva e, nello stesso tempo, il sig. Akashi viene autorizzato ad approvare ogni richiesta di supporto aereo in difesa del personale ONU in BH. Nella mattinata del 10 febbraio, il Ministro degli esteri della Federazione Russa, dichiara di condividere la decisione di porre le armi pesanti sotto il controllo dell'UNPROFOR, tuttavia la Federazione Russa non può condividere l'opinione di molti, che interpretano l'ultimatum della NATO come una minaccia diretta solo ai serbo-bosniaci e richiede una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza per individuare vie pratiche alla smilitarizzazione di Sarajevo, che permettano di porre la città sotto l'amministrazione dell'ONU, si uniscono alla richiesta anche il Pakistan e la BH. Ma, in seguito alla riunione, che si tiene il 14 e il 15 febbraio, non vengono adottate dichiarazioni ne risoluzioni conclusive.

Il 17 febbraio, in seguito ad un incontro con alcuni ufficiali russi, i serbo-bosniaci acconsentono a ritirare i cannoni fuori dalla zona di esclusione. Il giorno dopo, all'aeroporto di Sarajevo, in presenza del sig. Akashi, il pres. Izetbegovic e il dr. Karadzic si accordano sui dettagli della tregua, viene inoltre istituita una linea telefonica diretta tra i due governi che permetterà le comunicazioni in caso di incidenti. La notte del 20 febbraio, considerato che i termini dell'ultimatum sono stati rispettati e che le armi non rimosse sono state raggruppate sotto il controllo dell'UNPROFOR in sette magazzini all'interno della zona di esclusione, il Consiglio di Sicurezza in coordinamento con il Consiglio Atlantico, rinuncia alla rappresaglia.

Il 23 febbraio a Zagabria, viene raggiunto un accordo per la cessazione delle ostilità, fra bosniaci e croato-bosniaci, in Herzegovina. La tregua, condizionata al ritiro delle armi pesanti, da mettere sotto il controllo dell'UNPROFOR, avrà inizio il giorno 25.

Il primo marzo, ospiti del governo degli Stati Uniti e dopo quattro giorni di colloqui, il premier bosniaco Haris Silajdzic, il Ministro degli esteri croato, Mate Granic e il rappresentante dei croato-bosniaci Kresimir Zubak, sottoscrivono degli accordi di massima per istituire una Federazione tra croato-bosniaci e governo di BiH, delineando i preliminari per una futura Confederazione con la Croazia. Finalmente le armi sono state ridotte al silenzio.


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