Il Consiglio Atlantico accetta le richieste di Boutrous Ghali e autorizza il comandante in capo delle forze alleate nel sud Europa, Ammiraglio Leighton Smith, di ordinare, dietro richiesta delle Nazioni Unite, bombardamenti aerei contro posizioni di artiglieria intorno a Sarajevo, indicate dall'UNPROFOR di essere responsabili di attacchi contro obbiettivi civili in città. Parallelamente, il rappresentante speciale di Boutrous Ghali, sig. Akashi e i comandanti dell'UNPROFOR, tengono intense discussioni a livello politico e militare con le parti e, poche ore prima dell'annuncio dell'ultimatum da parte della NATO, viene raggiunto un accordo per il cessate il fuoco tra le parti coinvolte nell'area di Sarajevo.
Il 9 febbraio, con l'intento di porre fine allo strangolamento di Sarajevo, il Consiglio Atlantico, annuncia l'ultimatum: Entro dieci giorni, tutte le armi pesanti (carriarmati, pezzi d'artiglieria, mortai, veicoli lanciamissili e armi anticarro) delle forze serbo-bosniache dovranno essere ritirate oltre i venti kilometri dal centro di Sarajevo, raggruppate e poste sotto il controllo dell'UNPROFOR. Inoltre informa il governo di BH, che entro lo stesso periodo, deve porre le armi pesanti in suo possesso, che si trovano all'interno della zona di esclusione sopradescritta, sotto il controllo dell'UNPROFOR e trattenersi dal lanciare attacchi sulle attuali linee di confrontazione. L'ultimatum avrà inizio alla mezzanotte del 10 febbraio, tutte le armi pesanti trovate, allo scadere dell'ultimatum, entro la zona di esclusione, saranno soggette al bombardamento NATO che sarà condotto e coordinato in stretto contatto con il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Immediatamente vengono ultimate nei dettagli le procedure per condurre l'azione punitiva e, nello stesso tempo, il sig. Akashi viene autorizzato ad approvare ogni richiesta di supporto aereo in difesa del personale ONU in BH. Nella mattinata del 10 febbraio, il Ministro degli esteri della Federazione Russa, dichiara di condividere la decisione di porre le armi pesanti sotto il controllo dell'UNPROFOR, tuttavia la Federazione Russa non può condividere l'opinione di molti, che interpretano l'ultimatum della NATO come una minaccia diretta solo ai serbo-bosniaci e richiede una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza per individuare vie pratiche alla smilitarizzazione di Sarajevo, che permettano di porre la città sotto l'amministrazione dell'ONU, si uniscono alla richiesta anche il Pakistan e la BH. Ma, in seguito alla riunione, che si tiene il 14 e il 15 febbraio, non vengono adottate dichiarazioni ne risoluzioni conclusive.
Il 17 febbraio, in seguito ad un incontro con alcuni ufficiali russi, i serbo-bosniaci acconsentono a ritirare i cannoni fuori dalla zona di esclusione. Il giorno dopo, all'aeroporto di Sarajevo, in presenza del sig. Akashi, il pres. Izetbegovic e il dr. Karadzic si accordano sui dettagli della tregua, viene inoltre istituita una linea telefonica diretta tra i due governi che permetterà le comunicazioni in caso di incidenti. La notte del 20 febbraio, considerato che i termini dell'ultimatum sono stati rispettati e che le armi non rimosse sono state raggruppate sotto il controllo dell'UNPROFOR in sette magazzini all'interno della zona di esclusione, il Consiglio di Sicurezza in coordinamento con il Consiglio Atlantico, rinuncia alla rappresaglia.
Il 23 febbraio a Zagabria, viene raggiunto un accordo per la cessazione delle ostilità, fra bosniaci e croato-bosniaci, in Herzegovina. La tregua, condizionata al ritiro delle armi pesanti, da mettere sotto il controllo dell'UNPROFOR, avrà inizio il giorno 25.
Il primo marzo, ospiti del governo degli Stati Uniti e dopo quattro giorni di colloqui, il premier bosniaco Haris Silajdzic, il Ministro degli esteri croato, Mate Granic e il rappresentante dei croato-bosniaci Kresimir Zubak, sottoscrivono degli accordi di massima per istituire una Federazione tra croato-bosniaci e governo di BiH, delineando i preliminari per una futura Confederazione con la Croazia. Finalmente le armi sono state ridotte al silenzio.
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