IL PONTE DELLA FRATELLANZA E DELL'UNITA' 1:4

Il 23 marzo, il ponte della Fratellanza e dell'Unità, che congiunge Sarajevo al quartiere occupato di Grbavica, dove venne eretta una delle prime barricate nella primavera del '92, viene aperto al transito dei civili, solo vecchi, donne e bambini. Chi ottiene la legittimazione ad attraversarlo può, per sole 24 ore, passare dall'altra parte per andare a trovare i parenti più stretti, dei quali non ha più notizie da ormai due anni.

I giornalisti, i fotografi e le telecamere sono i primi ad arrivare. Strisce di plastica gialla e grovigli di filo spinato delimitano le aree in cui si può sostare e i camminamenti per l'attraversamento. Ben presto si allungano le file dei civili, in gran parte donne, alcune con bambini, che attendono di passare. Sull'altro lato del viale, la folla si accalca numerosa sui marciapiedi per assistere all'evento, alcuni si arrampicano sui chioschi in rovina per tentare di vedere oltre il ponte. A metà mattinata alcuni poliziotti serbi innalzano bandiere e cartelli che identificano la frontiera della Repubblica Serba, quartiere di Novo Sarajevo. I bosniaci, considerano il ponte solo quale limite di un territorio occupato, e quindi non erigono nessuna frontiera.


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Dopo qualche tempo, i primi civili, col nodo alla gola, iniziano ad attraversare il ponte. Quando i primi anziani raggiungono la riva destra della Milijacka, abbracci e singhiozzi cancellano, tra gli assalti dei fotoreporters, la paura e la tensione dell'attesa, la gioia e l'emozione di quei momenti sopraffanno anche coloro che non sono direttamente coinvolti, un senso di liberazione e di commozione pervade tutti i presenti.
Non é lo stesso dall'altra parte, come testimonia Jagoda.
- La mattina del 23 marzo sono uscita dalla mia casa nella vecchia città, per andare a Grbavica con la mia bambina di tre mesi a trovare la madre di mio marito. Ho attraversato il ponte senza problemi. Quando sono arrivata al loro check point, la polizia mi ha chiesto chi sono, ho risposto che sono montenegrina, e loro - Non ci sono montenegrini a Grbavica, ma solo serbi.- - Non voglio offendere nessuno, ma sono montenegrina e sono venuta a visitare mia suocera.- - La carta d'identità rimane con me e tu andrai in una casa per un colloquio informativo.- Quando sono entrata nella camera per il colloquio, mi ha ricevuto un signore in divisa, con un atteggiamento molto corretto, non mi ha offeso, mi ha solo chiesto come mi sento a vivere con i mussulmani. Ho risposto che sto bene e che non ho nessun problema. - Vorrebbe vivere qui con noi a Grbavica?- - No, non vorrei mai vivere a Grbavica.- - Cosa fà suo marito? E' impegnato? E' mai stato sulla linea del fronte? E' vero che i serbi non hanno l'obbligo di andare nell'esercito e che é sufficiente che dicano che non vogliono sparare?- - No, non é vero, tutti quelli che hanno ricevuto la chiamata alle armi sono dovuti andare, come a Grbavica.- - Che cosa pensa la gente dall'altra parte?- - Vogliamo tutti la pace, vogliamo vivere insieme.- - Come si immagina che potremmo vivere insieme, non crede che i musulmani ci ammazzerebbero tutti?- - No, ammazzerebbero solo i cetnici.- L'ufficiale taceva, io ero sorpresa di quell'interrogatorio, perché nella parte della città dove abito nessuno fà interrogatori del genere. Mi sentivo a disagio e il suo silenzio mi faceva paura. Poi l'ufficiale mi ha fatto uscire da quella camera e mi ha condotto in un'altra, dove c'erano dei miliziani, tra cui alcuni veri cetnici, impressionanti, con la barba e i capelli lunghi. Ero terrorizzata. Uno di loro mi chiede, - Arriveranno anche qui i tuoi turchi?- - Non ci sono turchi a Sarajevo.- - E i mudzajdin, dove sono?- - Se ci sono mudzajdin, non sono a Sarajevo.- - Dove lavora tuo marito?- - ... - - Lo bruceremo quel palazzo.- - Per quanto tempo rimani?- - Per la durata del permesso.-

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Poi finalmente mi hanno fatta uscire, in strada c'erano pochissime persone, solo qualche miliziano e i cetnici. La gente non cammina molto per la strada a Grbavica, anche se non si spara più. La gente comune continua ad avere paura, c'é poco da mangiare, come da noi, il mercato chiude a mezzogiorno, negozi aperti ce ne sono pochi. Mia suocera é stata felice di vedere la bambina. Quando ci siamo lasciate, il giorno dopo, le ho augurato buona fortuna, - Hai ragione - mi ha risposto - Ne occorre più a noi di fortuna che a te.-

Ho attraversato il ponte, salutando con la mano, piangevo e anche lei, chissà se ci rivedremo ancora? Ho deciso di non tornare mai più a Grbavica in queste circostanze perché, nonostante io sia montenegrina, ho paura dei cetnici e degli interrogatori. Abito nella città vecchia di Sarajevo e non ho nessun problema. Non passerò mai più la Milijacka, finché ci sarà quel governo.-


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