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- La Clinica Ginecologica di Sarajevo si trovava sulla linea dei combattimenti ed é stata completamente demolita dai bombardamenti, così si é dovuto spostare tutto qui, all'ospedale Kosevo, dove abbiamo trovato posto nei locali dell'amministrazione che sono stati organizzati al meglio per ospitare il nostro reparto. - spiega il dr. Mehemerbasic, primario della Clinica Ginecologica dell'Ospedale Kosevo - Non sono locali adatti ad una sala operatoria, sono semplicemente degli uffici.
In questo reparto facciamo turni di 48 ore di servizio e 48 di riposo, ci diamo il cambio, ma non siamo tanti. Altri dottori sono dovuti andare in altri territori, dove era necessario. Intendo dire che il numero dei dottori qui é meno che sufficiente, ma ci sforziamo di fare un buon lavoro. Da quando é iniziata la guerra a Sarajevo, per tutto il primo anno la natalità é caduta ai minimi termini, come succede in tutte le guerre del mondo, la mortalità e i parti prematuri erano molto alti. Prima della guerra la media giornaliera delle nascite, stazionava intorno ai 30/40 nuovi nati al giorno. Nei primi due mesi del '93, nove mesi dopo l'inizio del conflitto, sono venuti al mondo 67 nuovi nati, circa due al giorno. Nello stesso periodo dell'anno seguente, sono stati 283 i nuovo nati. La tendenza va progressivamente a crescere, proporzionalmente al miglioramento della situazione, quando abbiamo elettricità e anche un poco d'acqua, le donne di Sarajevo vivono una vita un poco più normale, e se anche il cibo migliora e le future madri possono mangiare meglio, così anche il numero delle partorienti cresce e i nuovi nati sono numerosi. Le incubatrici sono piene, ci sono addirittura due bambini in una incubatrice. Abbiamo bambini di un kilo, un kilo e mezzo. All'inizio della guerra il peso medio era intorno ai due kili, che é una media molto bassa. Così come la situazione in città va migliorando anche i neonati aumentano di peso, oggi abbiamo bambini di due kili e mezzo e anche di tre, ieri ne é nato uno di quattro kili e trecento grammi, un vero miracolo. Non ci sono problemi religiosi qui, il figlio dei Baruzzi é italiano, Rosa é croata, Bobdanka é serba, tutto é perfettamente normale qui, per tutti i bambini. Oggi Rosa ha dato alla luce un figlio, dopo 14 anni di sterilità ha partorito durante la guerra, é stato un miracolo per lei. Comunque tutti gli effetti negativi portati dai bombardamenti e dall'assedio sono sempre presenti. Gli aborti spontanei crescono in percentuale e si intensificano nei periodi di intenso bombardamento, anche per gli aborti artificiali si intensificano le richieste negli stessi periodi, perché le donne subiscono il terrore dei bombardamenti e con essi la scomparsa di un futuro possibile per i figli che portano in grembo. Aumentano in percentuale anche i parti prematuri, questo significa dover fronteggiare tutti i problemi tecnici relativi a questo tipo di nascite; incubatrici, ossigeno e medicinali specifici come il Prepart. Aumentano anche i casi di malformazioni, con casualità che non escludono alcuna parte del corpo. La percentuale dei nati morti cresce particolarmente durante i periodi di più intenso bombardamento, quando lo stress é più forte, specialmente nelle donne in cinta.

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Nelle fasi in cui l'assedio si fà più stretto e pressante, non si trovano sostituti del latte materno, nonostante l'UNICEF abbia un programma di aiuti in questo senso, ma quando l'aeroporto viene chiuso anche l'UNICEF é costretto a sospendere il suo programma di assistenza. A volte il ponte aereo viene sospeso per mesi e si crea una situazione di assedio totale, senza la possibilità di far entrare in città gli aiuti umanitari sufficienti al sostentamento delle puerpere, così la situazione del mio reparto può solo peggiorare, con grave danno per molti dei futuri neonati e delle loro madri. Altro grave problema per il nostro reparto é il carcinoma, in quanto le donne non possono usufruire di un regolare controllo preventivo, così vengono da noi quando il male ha già superato il terzo stadio e sta entrando in metastasi. La nostra clinica, lavora anche ad un progetto di studio relativo agli effetti della guerra sulla riproduzione. Ogni puerpera deve rispondere ad un questionario composto da 300 domande, concernenti tutti gli aspetti della vita nell'assedio di Sarajevo. Per esempio se vivono vicino o lontano dalla linea del fronte, se possono usufruire di un orto e quindi hanno la possibilità di consumare verdura fresca, se hanno la possibilità di cucinare, che dipende dall'erogazione del gas o dell'elettricità, o se invece si nutrono solo di cibo a lunga conservazione, se ricevono gli aiuti umanitari ecc ... Assimilando tutte queste informazioni, abbiamo creato una larga base di studio per una migliore conoscenza e comprensione del grande esperimento biologico che é di fatto l'assedio di Sarajevo. Questo studio é unico nella storia della medicina ginecologica. Ne sono stati fatti altri in passato, ad esempio durante i novecento giorni dell'assedio di Leningrado, che comunque non era totale come a Sarajevo e anche durante l'inverno del 1943 in Olanda, ma relativi solamente al peso dei neonati. Lo studio che portiamo avanti qui invece, é relativo a tutti gli aspetti della vita della puerpera durante la gravidanza. Un caso che mi pare significativo, é quello di Virdana, questa donna ha perso due figli in un solo momento, a causa di una granata caduta all'inizio della guerra, subito dopo Virdana si é arruolata nell'Armija, per lavorare nel servizio sanitario. Dopo tre anni di guerra desiderava ancora dare alla luce dei bambini, ma a causa delle granate che cadevano nel quartiere di Sedrenik, sulla linea del fronte, dove abitava, ha avuto due aborti spontanei. Ora, dopo avere cambiato casa andando a vivere in centro e dopo essersi sottoposta al nostro costante controllo medico, é riuscita di nuovo a dare alla luce un figlio, nonostante l'età di 43 anni. Abbiamo avviato anche una seconda ricerca, presso le donne che desiderano partorire, per capire quali sono le motivazioni del loro desiderio. Al primo posto, risultano 1.600 donne che hanno perso i figli a causa delle granate o dei cecchini, queste donne sono tristi e desiderano avere di nuovo dei figli. Al secondo posto troviamo molte donne che hanno un figlio vivo, ma la paura di perderlo le spinge a desiderare un nuovo parto. Il terzo gruppo é formato da donne che non hanno ancora avuto figli, che vivono in casa sole, il marito é al fronte, non hanno lavoro, la loro vita é dura e desiderano un figlio per essere più liete ed ottimiste, per riuscire ancora a credere nel futuro. Al quarto posto infine, troviamo le donne con un forte senso patriottico, le quali desiderano dare i loro figli alla Bosnia. Tutte queste donne rappresentano un esempio di ottimismo e volontà di vivere, nonostante l'assedio di Sarajevo abbia ormai largamente superato in durata, tragedie e stress psicologico ogni altro precedente storico.-

A Sarajevo sono stati uccisi oltre 1.600 bambini, nei primi due anni di guerra ne sono caduti più di due al giorno.
Una madre chiuse nel bagno il proprio figlio, perché non le sgusciasse in strada mentre lei era intenta a procurare acqua e cibo. Le sembrava, il bagno, il posto più sicuro della casa, ma la granata, con assordante violenza, sfondò le mura dell'appartamento accanto e trovò il bambino nel bagno, prigioniero di quel rifugio che pareva il più sicuro e così, mentre l'eco dell'esplosione cavalcava le colline circostanti esaurendosi, la morte spense quella piccola vita inerme.

Tutti i bambini del mondo giocano alla guerra, ma i bambini che vivono a Sarajevo hanno vissuto la guerra, attraverso i bombardamenti, l'assedio, la pulizia etnica, alcuni di loro sono scampati ai lager dove hanno perso i genitori. Per i più piccoli tra loro tutti questi eventi, di cui hanno fatto esperienza, sono stati assorbiti in modo deconnesso, in quanto il loro significato é oscuro per delle menti non ancora completamente formate, quindi non riescono ad elaborarlo. Spesso nemmeno i loro genitori sono in grado di spiegare le ragioni di questi eventi ma, tutti, conoscono molto bene chi é il nemico. E allora l'identità del nemico diventa l'unica cosa certa nel mistero della vita che li circonda. Ed é proprio questo il danno più grave che la guerra infligge loro, perché proprio su questo tipo di esperienza, la guerra si perpetua nel cuore e nella coscienza di quei bambini.

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La sindrome di guerra é la patologia di cui parla la dottoressa Dranka Mataira, della clinica di Neuropsichiatria Infantile dell'ospedale Kosevo.
:- Molti genitori non hanno piacere di portare qui i loro figli, ma quando vedono che non riescono ad aiutarli e che il problema cresce e diventa sempre più grande, allora decidono spontaneamente di venire alla clinica per chiedere come aiutare i loro figli all'interno della famiglia. La cosa più importante é di spiegare loro come devono porsi nei confronti dei loro figli, in questa particolare vita piena di terrore quotidiano. Dalla nostra esperienza nasce la convinzione che, se i genitori riescono a controllare con successo le loro angosce e le loro paure, allora anche i figli riescono a vivere in buone condizioni psicologiche. Questa, spieghiamo loro, é la maniera migliore di porsi nei confronti dei loro bambini, questa é la cosa più importante. Ma, se la paura, il panico, lo shock e la depressione sono così forti da sfuggire al loro controllo, allora anche i bambini ne soffrono allo stesso modo.
Attualmente sono dieci i bambini ricoverati in clinica, sette sono qui per la sindrome di guerra. Noi cerchiamo di aiutarli con la conversazione, le medicine e la terapia del gioco. Uno di loro ha perso la madre un anno fà, é stata uccisa da una granata, il bambino dopo questo evento é caduto in uno stato di depressione e soffre di nausea e voltastomaco. Abbiamo subito fatto tutti gli esami per accertare che non si trattasse di problemi fisici, ma sono risultati negativi. In questo caso lo shock ha prodotto problemi psicosomatici. Ogni bambino ha una patologia particolare e diversa dagli altri. A luglio abbiamo ricoverato una ragazzina di 15 anni che aveva smesso di parlare, mi ha spiegato per iscritto che é piena di paura. Dopo i primi due mesi di terapia, la nevrosi si é attenuata e la ragazza é tornata in buone condizione, ma un mese fà ha avuto una ricaduta con forti attacchi di pianto. Durante queste crisi, lei rivive situazioni di corpi straziati, di sangue e di morte, si sente inutile e impotente di fronte a tutto questo. Non può farci niente. Ma tutto ciò é solo la superficie del problema, più sotto si sono stratificati problemi d'identità, di crescita e di rifiuto della realtà. Anche suo fratello, due mesi dopo di lei smise di parlare. Un altro dei problemi che abbiamo, sono quei bambini che sono stati ricoverati prima della guerra. Sono qui da due o tre anni e potrebbero ritornare a casa, perché sono guariti, ma non ci sono le possibilità di farli ricongiungere con le loro famiglie. Ci sono, un ragazzo di Srebrenica (enclave assediata nella Bosnia orientale) e un altro di Prijedor, dove é stata fatta una completa pulizia etnica. La madre di uno di loro é oggi rifugiata in Germania. Mentre l'altra famiglia é sfollata chissà dove e la stiamo cercando tramite la Croce Rossa Internazionale. Ma l'evacuazione rimane un grande problema. L'esperienza mi insegna che é molto difficile essere evacuati. Se le evacuazioni dei feriti che non possono essere curati a Sarajevo e che sono prioritarie in questo momento, non fossero così numerose, allora forse avremmo alcuni casi di ricongiungimento, specialmente di bambini. Credo che questi bambini abbiano bisogno di pace e prima di tutto hanno bisogno di una vita normale, poi dei loro genitori possibilmente vivi, di cibo e di quant'altro serva al loro sviluppo. Le esigenze sono le stesse dovunque; pace e famiglia, come in Italia, in Spagna o in Francia.-

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Caro amico sconosciuto, ti scrivo e provo ad immaginarti, io vivo a Sarajevo, mi chiamo Lejla e ho 11 anni. Nella mia città e nel mio paese abbiamo la stupida guerra, quella che hanno voluto gli adulti. Ho passato molte ore, giorni e mesi stupidi ed inutili nella cantina, dove faceva freddo e buio, mentre i cetnici sparavano le granate sulla mia città. Finché c'era la luce potevo leggere, ascoltare la musica e guardare la televisione, o potevo giocare con la mia sorellina più piccola e con mio fratello. Senza corrente elettrica i giorni sono diventati lunghi e inconsiderabili. Nell'agosto del 1992 una bomba incendiaria ha colpito il mio appartamento, non potrò mai dimenticare questo giorno finché sarò viva. Nello stesso giorno sono bruciati i pesci nell'acquario, il mio pappagallo e una scheggia ha ucciso il mio cagnolino. Siamo rimasti anche senza cibo, perché tutte le nostre riserve sono bruciate.

La mia mamma é stata ferita mentre faceva la fila per procurarci il pane. Ero molto triste e preoccupata, perché la mia mamma é stata tre mesi all'ospedale. Dopo l'incendio ho vissuto con la mia famiglia in una cantina, ora il Comune ci ha dato una sistemazione, meglio dire un ufficio abbandonato, dove mi trovo ancora oggi. Spesso mi ricordo di come abbiamo vissuto bene prime della guerra e divento molto triste. Tutto quello che desidero é che questo delirio finisca e che sulle finestre della mia scuola si mettano i vetri al posto del nylon, vorrei che ci fosse anche la corrente elettrica e che ci fosse colore e luce dentro la classe. Sai ora é molto freddo, non abbiamo riscaldamento e non possiamo stare a scuola per molte ore. Un'associazione umanitaria ci ha dato 4 quaderni e una matita, ma io ho dieci materie. Sono nervosa, perché un quaderno mi deve bastare per due o tre materie, eppure ricordo che prima la mia scuola aveva anche il computer.

Vorrei domandarti una cosa, tu sai che questa settimana é la settimana dei bambini? Tu sai che in questi anni quì a Sarajevo sono stati uccisi 1.600 bambini e il doppio di questo numero sono stati feriti e sono rimasti invalidi?
Vorrei domandarti, il mare é sempre blu e le montagne così belle come prima? E' bello passeggiare e guardare le vetrine piene di roba, mangiare un gelato e vedere le luci per la strada? Quale musica si ascolta quest'anno? C'é qualche nuovo film? Da noi quì a Sarajevo sono di moda le batterie prese dalle macchine, per illuminare le case. Avere una piccola lampadina é già un buon motivo per essere contenti. Nei giardini non abbiamo più panchine perché le abbiamo usate per scaldarci con stufe improvvisate, dove cuciniamo il riso e i fagioli. Il cibo viene da tutto il mondo come aiuto umanitario, noi bambini abbiamo i "biscotti vietnamiti", sono gli stessi biscotti che hanno mangiato i soldati americani durante la guerra del vietnam. Hai mai visto le biciclette correre sul ghiaccio? Questo é diventato normale nella mia città, la gente non gira con le auto, perché molte sono state distrutte dalle bombe e poi non c'é la benzina, così chi ha una bicicletta é una persona importante.

Sai cos'é la guerra? La guerra é un cane che tira la slitta carica di recipienti per l'acqua e non corre più dietro ai gatti, perché di gatti a Sarajevo non ce ne sono più. La guerra é quando il pasticcio di fagioli si chiama insalata di verdure e il pasticcio di briciole di pane si chiama insalata di pollo. La guerra é la stufa e noi tutti in una piccola stanza e il tubo della stufa fuori dalla finestra. La guerra sono i ragazzi che giocano a calcio nella sala della "caffetteria viennese" all'hotel Europa. La guerra é quando torni a casa vivo. E' olio, acqua e spago; si chiama candela. La guerra é Sarajevo, campo di concentramento, teatro, palcoscenico aperto, io viva, io morta. Scena: il massacro, il sangue, i bambini, le granate, la pazzia, la paura, il freddo, il coraggio, il dispetto, le lacrime, il dolore dell'anima.

Sai, é la settimana del bambino e dobbiamo scrivere sul tema: Cos'é la guerra. Scusami non avevo intenzione di farti diventare triste, ma questa é la mia debolezza. Sono sicura che questa guerra un giorno deve finire, ma mi chiedo; chi potrà restituire a noi bambini l'infanzia rubata? Non vorrei mai che tu ti trovassi nella mia situazione.

Ti saluto, Lejla di Sarajevo.


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