SARAJEVO RESISTE 1:3
Il cibo a Sarajevo é ormai diventato merce rara, non esistono più negozi, solo il mercato nero é in grado di far filtrare in città generi alimentari che vengono rivenduti a prezzi pressoché inaccessibili. Per tutto il mese di giugno le squadre delle forze speciali antiterrorismo, sono impegnate a ripulire la città dai cecchini della cosiddetta “quinta colonna” i quali, nonostante siano braccati dai bosniaci, continuano il loro macabro lavoro, muovendosi conti-nuamente da un palazzo all'altro. Basandosi sugli elenchi dei serbi residenti, le perquisizioni di molti dei loro alloggi portano alla luce le armi e il cibo a lunga conservazione ricevuto durante l'inverno. Costoro, presi dal panico, gettano le armi nei cassonetti dell'im-mondizia, o addirittura fuori dalla finestra di casa. Sono in molti a scappare con il favore delle tenebre verso le trincee serbe, abbandonando per sempre, con tutto ciò che contengono, le loro abitazioni che vengono presto occupate dai profughi bosniaci rimasti senza casa. Ma occorreranno ancora molti mesi per rendere relativamente sicura, almeno la parte di Sarajevo che é stata liberata dagli aggressori. - Una delle nostre stenografe era divorziata, - racconta Adil, il decano dei redattori di Oslobodzenje - abitava nello stesso palazzo di un nostro collega. Il suo ex marito, anch'egli membro dell'SDS, aveva ripreso a frequentarla già nel mese di marzo, molto probabilmente fù lui a procurarle le armi e, quando fuggirono da Sarajevo, fù lui ad andarla a prendere. Ma la situazione in città era già molto tesa e non ebbero modo di portare con sé le armi che abbandonarono nell'appartamento di lei. Quando più tardi la polizia, in presenza di alcuni testimoni, tra cui il nostro collega, aprì l'abitazione dei fuggiaschi, trovarono le armi e anche i documenti che provavano il loro coinvolgimento nell'aggressione. -
Il 3 luglio,l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) inaugura il ponte aereo internazionale su Sarajevo. Finalmente, é stato aperto un varco nell'assedio. Sono i C130 degli eserciti europei non confinanti che trasportano 16 pallets ogni volo, a provvedere al minimo indispensabile alla sopravvivenza della popolazione assediata. I primi voli trasportano pacchi famiglia donati dalla Comunità Europea, composti da: 5 litri d'olio, farina, pasta, zucchero, caffé e tante altre cose. Poi le razioni vengono drasticamente ridotte, stabilizzandosi su di uno standard ai margini della soglia di sopravvivenza. L'UNHCR provvede al trasporto del cibo, non solo per gli abitanti assediati, ma anche per i serbi che vivono fuori dall'assedio, nelle località circostanti. Sono circa 400.000 i civili che ricevono gli aiuti umanitari donati dalla comunità internazionale. L'UNHCR si occupa solo del trasporto, la distribuzione viene affidata alle autorità locali, attraverso i Comuni e le loro strutture per la protezione civile, nei quartieri e nei centri di distribuzione.
Il 19 settembre il Consiglio di Sicurezza, considerato il fatto che la Federazione delle Repubbliche Sosialiste di Jugoslavia ha cessato di esistere e che la Federazione delle Repubbliche di Jugoslavia (Serbia e Montenegro) non può continuare automaticamente ad occupare il posto della ex Federazione, raccomandal'Assemblea Generale di escludere la nuova Federazione dai lavori, fino a ché non sarà accettata la richiesta della stessa di essere accolta dalle Nazioni Unite, quale suo membro.l'Assemblea Generale di escludere la nuova Federazione dai lavori, fino a ché non sarà accettata la richiesta della stessa di essere accolta dalle Nazioni Unite, quale suo membro.

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Il 9 ottobre il Consiglio di Sicurezza, decreta la "No Fly Zone", cioè la messa al bando di ogni volo militare o civile nei cieli della BiH, unica eccezione sono, ovviamente, i voli delle Nazioni Unite. Più tardi, in seguito alle continue violazioni della "No Fly Zone", da parte dell'aviazione serba, il Consiglio di Sicurezza chiede ed ottiene l'appoggio della NATO per fare rispettare la messa al bando dei voli. Così il 12 aprile seguente, inizia l'operazione "Deny Flight" (volo negato). I caccia di tutti i paesi alleati, agli ordini del comando NATO per il sud Europa, iniziano i pattugliamenti e il monitoraggio dei cieli sopra la Bosnia. (Reference paper del 15 aprile 94)
Durante l'autunno, lo Stato Maggiore dell'Armija, nel più assoluto segreto, decide di scavare un tunnel sotto la pista dell'aeroporto. All'epoca si pensava ancora di poter rompere l'assedio con azioni di sorpresa dietro le linee nemiche. Per questo viene scavato il tunnel. Un camminamento provvisorio per le sortite delle truppe bosniache. Nessuno immaginava che, per altri tre anni quel tunnel sarebbe diventato il cordone ombelicale di Sarajevo. La situazione, all'inizio dell'inverno, sta diventando molto critica anche e soprattutto per quanto riguarda le armi, le munizioni e le altre cose necessarie per la difesa. Col tempo, i combattimenti in città diventano sempre più duri e difficili, di conseguenza c'é in grande bisogno di rifornimenti. L'unica soluzione é di andare dall'altra parte dell'aeroporto, controllato dall'UNPROFOR, dove i rifornimenti arrivano in diversi modi, attraverso il monte Igman. Molti comandanti organizzano, durante quell'inverno, delle spedizioni per raggiungere Butmir, una località oltre l'aeroporto, fuori dall'assedio, per poi ritornare a Sarajevo con le munizioni, le armi, le medicine, il cibo e tutte le altre cose che servono alla difesa della città.

Su tre lati dell'aeroporto ci sono le trincee serbe, per attraversare la pista bisogna correre per circa 200m da Dobrinja dove sono le trincee bosniache fino a Butmir, sotto il monte Igman. Oltre ai cetnici che sparano a vista, ci sono anche i legionari francesi, il cui compito é di impedire l'attraversamento dell'aeroporto. L'inverno é gelido, la temperatura di notte scende sotto i venti gradi, la neve é alta e non é facile correre. - Prendere le decisioni, significa decidere per le altre persone, decidere della loro vita e del successo della missione. - racconta il giovane comandante di una delle spedizioni - Non é un divertimento, si muore in prima linea e in una situazione come questa, se scoppia la sparatoria, scoppia la follia, in questo gioco si può morire in un secondo … per prima cosa mandavo avanti una decina di persone con il ruolo dei conigli, cioè di attirare l'attenzione dei caschi blu per farsi rincorrere dai blindati, mentre noi trasportavamo le zolije, i mortai anticarro del tipo Milan, le granate da 60mm e anche altre munizioni. Era molto rischioso, ma era necessario. Mentre i miei conigli facevano da esca all'UNPROFOR, oltre che ai cecchini cetnici, io guidavo i miei uomini attraverso i duecento metri di pista che mi separavano da Dobrinja. D'un tratto, mi si avvicina un casco blu francese puntandomi contro il fucile, allora anch'io punto il mio fucile su di lui, ci teniamo sotto tiro per un lungo momento, nessuno dei due vuole abbassare le armi, ma io ho 50 uomini armati dietro di me che lo possono ammazzare facilmente, ma penso che non c'é nessun motivo di sparare.

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Così quando lui abbassa il fucile, lo faccio anch'io e allora iniziamo a parlare. Gli chiedo se c'é qualche slavo della ex Jugoslavia e lui mi risponde che ce ne sono un paio, uno viene da Belgrado. Gli chiedo come si chiama quello di Belgrado e quando mi risponde capisco che é il mio migliore amico! quello che mi salvò la vita all'inizio del '91, organizzando la mia fuga in Croazia, quando ero con lui alla scuola per commandos dell'JNA. Così il francese lo fà chiamare. Ci siamo abbracciati piangendo, sopraffatti entrambi da una grande gioia. Lui é un serbo, ma non é un traditore, é un uomo. Ora si é arruolato nella legione straniera e fà il suo lavoro. Così, in quel caos totale, abbiamo parlato per venti minuti. Mi ha chiesto cosa stavo facendo, gli ho risposto che stavo trasportando i rifornimenti, allora ha chiamato due blindati e ci ha aiutato nel trasporto e in seguito lo facevamo tutti i giorni. Ma solo io e il mio gruppo. -

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