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9 giugno 2015

 

Un nuovo documento rivela quando gli Stati Uniti armavano l’ISIS

di Stefano Colombo

 

Gli Stati Uniti hanno consentito all’ISIS di rafforzarsi per contrastare Assad. È quanto molti — tacciati di complottismo — sospettavano da tempo. Ora pare il complotto sia promosso a verità da un documento interno del Pentagono, datato Agosto 2012 e desecretato grazie a The Judicial Watch, una fondazione conservatrice apartitica statunitense attenta a temi di interesse pubblico.

Il documento prova senza ragionevole dubbio che l’Occidente e i suoi alleati fossero al corrente della natura jihadista dei gruppi a cui venivano fornite armi e che li abbiano comunque attivamente supportati:

“Gli eventi stanno prendendo una chiara direzione settaria. I salafiti, la Fratellanza Musulmana e AQI [Al Qaeda in Iraq, l’embrione dell’IS] sono le maggiori forze guida della insurrezione in Siria. Le forze di opposizione stanno provando a prendere il controllo delle regioni orientali [Siriane], adiacenti alle provincie occidentali irachene. […] I Paesi Occidentali, gli Stati del Golfo e la Turchia supportano questi sforzi.”

Più volte gli Stati Uniti e i loro alleati hanno dichiarato di aver armato e addestrato solo i ribelli “buoni”, ovvero le forze non-jihadiste, specie nella prima parte del conflitto. Eventuali supporti a gruppi jihadisti, in genere comunque negati, al limite venivano spiegati con una scarsa oculatezza nella gestione degli aiuti. Tuttavia queste righe dimostrano che il governo americano ha mentito.

I passaggi più sconcertanti del documento sono quelli in cui si parla dello Stato Islamico (ancora come al-Qaeda in Iraq) e della sua possibile espansione:

“C’è la possibilità che venga stabilito un dichiarato o non dichiarato principato salafita, e questo è esattamente quanto le potenze che supportano l’opposizione vogliono, in modo da isolare il regime siriano.”

Dunque non solo le cosiddette “potenze” avrebbero chiuso un occhio davanti all’avanzare dello Stato Islamico, ma ne avrebbero addirittura favorito l’ascesa in funzione anti-Assad.

 

È una dichiarazione di inaudita gravità

È una dichiarazione di inaudita gravezza, sia che si voglia limitare la definizione di “potenze” alla Turchia e agli Stati sovrani del Golfo – come alcuni commentatori suggeriscono – sia che si voglia indicare con questa parola anche gli Stati Uniti. Anche nel primo caso, gli USA sarebbero stati almeno conniventi del supporto fornito da Paesi loro alleati alla costruzione del Califfato. Secondo Brad Hoff, caporedattore di Levant Report, “L’intelligence USA aveva predetto l’ascesa dell’ISIS, ma anziché classificare chiaramente il gruppo come nemico, il documento inquadra il gruppo terroristico come un asset strategico americano”.

Il Pentagono era ben informato sui punti di forza del futuro Stato Islamico e sulle sue modalità di espansione:

“Le guardie di frontiera irachene presidiano un confine non sorvegliato da elementi ufficiali, cosa che rappresenta una seria minaccia. Le forze di opposizione proveranno a usare il territorio iracheno come porto sicuro per le proprie truppe avvantaggiandosi della simpatia dei residenti lungo il confine iracheno, cercando intanto di reclutare combattenti e addestrarli oltreconfine.”

“[…] questo creerà un’atmosfera ideale per AQI per ritornare alle sue roccaforti a Mosul e Ramadi, darà un nuovo impulso all’idea di unificare la jihad tra Iraq e Siria e il resto dei sunniti nel mondo arabo contro coloro che ritiene il nemico, i dissidenti. L’ISI [sic] potrebbe addirittura dichiarare uno Stato Islamico tramite l’unione con altre organizzazioni terroristiche in Iraq e in Siria, cosa che creerà un grave pericolo all’unità dell’Iraq e alla protezione del suo territorio.”

Non serve sottolineare che a due anni e mezzo dalla stesura di questo documento queste previsioni si sono avverate in modo quasi scientifico. È stato confermato che lo Stato Islamico è in buona parte una creatura USA e dei suoi alleati, gli stessi che negli ultimi mesi hanno fatto mostra di volerlo contrastare. Creare un mostro per combatterne un altro è una politica che si è dimostrata più volte fallimentare — basti pensare alla situazione dell’Afghanistan, i cui ribelli furono finanziati in un primo tempo dagli americani — ma che a quanto pare a Washington piace molto, visto che puntualmente viene rispolverata. Poi il mostro si trasforma nell’avversario principale, e tutto precipita nel caos.

Queste parole risalgono a più di due anni fa e non è possibile sapere quale sia oggi la vera posizione delle alte sfere militari e politiche statunitensi riguardo al Califfato. Delle dichiarazioni ufficiali sembra meglio diffidare, il Governo e l’esercito hanno mentito in più di una circostanza. Come più volte abbiamo scritto, inoltre, i migliori alleati USA nell’area sono Paesi come l’Arabia Saudita, da cui arrivano fiumi di denaro nelle casse del terrorismo internazionale e che ora militano con gli USA in una missione anti-IS. A questo punto è lecito porsi una domanda: la coalizione impegnata contro lo Stato Islamico ha davvero interesse a sconfiggerlo nel più breve tempo possibile?

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