Originale: killinghope.org Impero in sofferenza “Giuriamo fedeltà alla repubblica per la quale sono schierati gli Stati Uniti e non al loro impero, a causa del quale essi stanno ora soffrendo.” [1] Luigi XVI ha avuto bisogno di una rivoluzione, Napoleone ha avuto bisogno di due storiche sconfitte militari, l’Impegno Spagnolo nel Nuovo Mondo ha avuto bisogno di numerose rivoluzioni, la Zar di Russia ha avuto bisogno di una rivoluzione comunista, gli imperi Austro-Ungarico e Ottomano hanno avuto bisogno della Prima Guerra Mondiale, il Terzo Reich ha avuto bisogno della Seconda Guerra Mondiale, la Terra del Sol Levante ha avuto bisogno di due bombe atomiche, l’Impero Portoghese in Africa ha avuto bisogno di un colpo di stato militare in patria. Di cosa avrà bisogno l’Impero Statunitense? Forse di perdere l’ammirazione e il sostegno di lunga data di un gruppo dopo l’altro, un paese dopo l’altro, mentre le guerre, i bombardamenti, le occupazioni, le torture e le bugie dell’impero si mangiano la facciata di un’“America” amata e leggendaria; un impero senza pari nella storia, che è intervenuto pesantemente e luttuosamente, in guerra e in pace, nella maggior parte dei paesi del pianeta, mentre predicava al mondo che lo stile di vita statunitense era un esempio luminoso per tutta l’umanità e che soprattutto gli Stati Uniti erano necessari come guida del mondo. I video e i documenti di WikiLeaks hanno impartito un’umiliazione dietro l’altra … menzogne sbugiardate, manipolazioni politiche rivelate, ipocrisie grossolane, uccisioni a sangue freddo … seguite dalle torture di Bradley Manning e dalla persecuzione di Julian Assange. Washington definisce le rivelazioni “minacce alla sicurezza nazionale”, ma il mondo può ben vedere che si tratta semplicemente del buon vecchio imbarazzo. Gli avvocati della difesa di Manning hanno chiesto in numerose occasioni al tribunale militare di specificare i danni esatti inferti alla sicurezza nazionale. Il tribunale non ha mai risposto. Se l’inferno non conosce furia peggiore di quella di una donna rifiutata, si prenda in considerazione la furia di un impero imbarazzato. E ora abbiamo la telenovela internazionale, L’Affaire Assange, personaggi la Svezia, il Regno Unito, gli Stati Uniti, l’Ecuador e Julian Assange. Le neo-colonie degli Stati Uniti, Svezia (un attivo membro combattente della NATO in tutto fuorché nel nome) e Regno Unito (con le sue “speciali relazioni” con gli Stati Uniti) sanno cosa ci aspetta da loro per ricevere una carezza sulla testolina dallo zio di Washington. Possiamo dedurre che la Svezia non abbia alcun motivo legittimo per richiedere l’estradizione di Julian Assange da Londra dal fatto che essa ha ripetutamente rifiutato le offerte di interrogare Assange nel Regno Unito e che ha ripetutamente rifiutato di spiegare perché ha rifiutato di farlo. I britanni, sotto l’”immensa pressione dell’amministrazione Obama”, come riferito all’ex ambasciatore britannico Craig Murray dal Foreign Office inglese [2], hanno minacciato, in una lettera al governo ecuadoriano, di fare irruzione nell’ambasciata ecuadoriana di Londra per portarsi via Assange: “Dovreste essere consapevoli che esiste una base legale nel Regno Unito, la Legge del 1987 sulle Sedi Diplomatiche e Consolari che ci consente di agire per arrestare il signor Assange negli attuali locali dell’ambasciata.” Nel corso del fine settimana del 18 agosto la polizia di Londra si è effettivamente fatta strada sulla scala antincendio interna dell’edificio, arrivando a pochi metri dalla stanza di Assange, come egli poteva sentire. La legge citata dai britanni, naturalmente, è la loro legge, non necessariamente una legge che abbia portata internazionale. Il Regno Unito ha ora formalmente ritirato la sua minaccia contro l’ambasciata, probabilmente in conseguenza della grande indignazione internazionale nei confronti del Governo di Sua Maestà. Il sistema internazionale dell’asilo andrebbe a pezzi se una nazione che concedesse asilo fosse punita per questo. In questo mondo violento di terroristi, imperialisti e di altre cose orribili è confortante sapere che un valore vecchio stile come l’asilo politico possa essere ancora onorato. Uno sguardo indietro al comportamento degli Stati Uniti e del Regno Unito riguardo alle ambasciate e all’asilo politico è sia interessante sia rivelatore. Nel 1954, quando gli Stati Uniti rovesciarono il socialdemocratico democraticamente eletto Jacobo Arbenz in Guatemala e lo sostituirono con un governo militare guidato dal colonnello Carlos Castillo Armas, molti guatemaltechi trovarono rifugio in ambasciate straniere. Il Segretario di Stato statunitense John Foster Dulles insistette che il nuovo governo guatemalteco facesse irruzione in tali ambasciate e arrestasse quelle persone alle quali egli si riferiva come a “comunisti”. Ma Castillo Armas si rifiutò di accondiscendere ai desideri di Dulles su questo argomento. Stephen Schlesinger e Stephen Kinzer, nella loro storia dettagliata del colpo di stato [3], affermano: “Alla fine Castillo Armas ignorò il suggerimento di Dulles. Egli stesso era un prodotto della convinzione diffusa in America Latina che l’asilo e il salvacondotto in ambasciata erano una soluzione equa ai conflitti politici. Virtualmente ogni guatemalteco politicamente attivo, compreso Castillo Arma, aveva cercato asilo in un’ambasciata in un’occasione o nell’altra e aveva ottenuto un salvacondotto dal governo. Il suggerimento di Dallas di una “modifica” della dottrina dell’asilo non era popolare neppure presso l’ambasciata statunitense.” Andrebbe notato che uno di quelli che cercarono asilo presso l’ambasciata argentina in Guatemala fu un venticinquenne medico argentino di nome Ernesto “Che” Guevara. Baltasar Garzon, il giudice spagnolo che è uno degli avvocati di Assange, pervenne all’attenzione internazionale nel 1998 quando incriminò l’ex dittatore cileno Augusto Pinochet mentre era in Inghilterra. Ma gli inglesi si rifiutarono di inviare Pinochet in Spagna ad affrontare le accuse, dandogli in effetti asilo politico, e consentirono al proverbiale assassino e torturatore di massa di muoversi liberamente e alla fine di tornare in Cile. Julian Assange, non accusato né trovato colpevole di nulla, è un prigioniero de facto del Regno Unito; anche se il New York Times e la BBC numerosi altri giganti mediatici che hanno fatto esattamente quel che ha fatto Assange, pubblicando gli articolo di WikiLeaks e trasmettendo i video di WikiLeaks, sono in libertà. Lo scorso aprile il dissidente cinese Che Guangcheng è sfuggito all’arresto in China e ha trovato rifugio presso l’ambasciata statunitense di Pechino, innescando tensioni diplomatiche tra i due paesi. Ma l’”autoritario” governo cinese non ha minacciato di penetrare nell’ambasciata statunitense per arrestare Chen e gli ha subito concesso di accettare l’offerta statunitense di un ingresso sicuro sul suolo statunitense. Come otterrà mai Julian Assange un trasferimento sicuro in Ecuador? Nell’agosto del 1989, mentre ancora dominava la guerra fredda, molti tedeschi dell’est attraversarono il confine della Cecoslovacchia, anch’essa stato appartenente al blocco sovietico, e ottennero asilo politico presso l’ambasciata della Germania Occidentale. Come avrebbero reagito gli Stati Uniti che non hanno detto una parola contro la minaccia britannica di invadere l’ambasciata ecuadoriana se la Germania dell’Est o i cechi avessero fatto irruzione nell’ambasciata della Germania Occidentale o avessero impedito ai tedeschi dell’Est di lasciarla? Così come si sono svolte le cose, la Germania Occidentale trasferì i richiedenti asilo nella Germania Occidentale con un treno senza essere ostacolata dal blocco sovietico. Alcuni mesi dopo l’”Impero del Male” più debole crollò, abbandonando l’intero terreno di gioco, noto come il mondo, alla mercé del più forte “Impero del Male”, che da allora ha innestato il pilota automatico della belligeranza. Nel 1986, dopo che il governo francese aveva rifiutato l’uso del suo spazio aereo agli aerei da guerra degli Stati Uniti per andare a bombardare la Libia, gli aerei furono costretti a percorrere una rotta diversa, più lunga. Quando giunsero in Libia bombardarono in tale prossimità dell’ambasciata francese che l’edificio fu danneggiato e tutte le comunicazioni furono interrotte. [4] Nel 1999 la NATO (alias gli Stati Uniti) bombardò di proposito (sic) l’ambasciata cinese a Belgrado, in Jugoslavia. [5] Dopo che Assange ha trovato rifugio nell’ambasciata ecuadoriana e che gli è stato concesso asilo dal paese sudamericano, il Dipartimento di Stato statunitense ha dichiarato: “Gli Stati Uniti non aderiscono alla Convenzione dell’OAS (Organizzazione degli Stati Americani) del 1954 sull’Asilo Diplomatico e non riconoscono il concetto di asilo diplomatico come questione di legge internazionale.” [6] L’Ecuador ha richiesto una riunione presso l’OAS dei ministri degli esteri dei paesi membri per discutere l’intera situazione. Gli Stati Uniti si sono opposti alla richiesta. Per Washington il tema era semplice: il Regno Unito ottempera alla legge internazionale ed estrada Assange in Svezia. (e poi, risatina soffocata, la Svezia manda il bastardo da noi). Fine della discussione. Washington non vuole che il problema esploda e si protragga ulteriormente. Ma delle 26 nazioni votanti all’OAS solo tre hanno votato contro la riunione: gli Stati Uniti, il Canada e Trinidad & Tobago; forse un altro esempio di ciò che è stato citato più sopra a proposito della perdita, da parte dell’impero morente, dell’ammirazione e del sostegno per tanto tempo ricevuti da un paese dopo l’altro. Quanto al prezzo che l’Ecuador può dover pagare per il suo coraggio …. Editoriale del Washington Post del 20 giugno 2012: “C’è un controllo potenziale delle ambizioni di Correa [il presidente ecuadoriano]. L’’impero’ USA che egli professa di disprezzare si dà il caso che accordi all’Ecuador (che utilizza il dollaro come propria moneta) speciali preferenze commerciali che gli consentono di esportare molte merci esenti da dazi. Un buon terzo delle vendite ecuadoriane all’estero (10 miliardi di dollari nel 2011) va negli Stati Uniti, sostenendo circa 400.000 posti di lavoro in un paese di 14 milioni di persone. Tali preferenze scadono, per il rinnovo da parte del Congresso, agli inizi dell’anno prossimo. Se Correa cerca di nominarsi capo dei nemici latinoamericani degli Stati Uniti e protettore di Assange tra ora e allora, l’esito non è difficile da immaginare.” In diverse occasioni il presidente Obama, quando pressato per indagare Bush e Cheney per crimini di guerra, ha dichiarato: “Preferisco guardare avanti piuttosto che indietro.” Immaginatevi un imputato davanti a un giudice che chieda di essere giudicato innocente in base a un argomento simile. Rende semplicemente irrilevanti le leggi, l’applicazione delle leggi, i reati, la giustizia e i fatti. Immaginate Julian Assange davanti a un tribunale militare in Virginia che utilizzi quella tesi. Immaginate la reazione a ciò da parte di Barack Obama, che è diventato il principale persecutore di fonti confidenziali della storia degli Stati Uniti. Poiché L’Affaire Assange si è impossessato dei titoli in tutto il mondo, gli Stati Uniti, e il Regno Unito, hanno in diverse occasioni diffuso dichiarazioni a proposito dell’obbligo profondamente radicato delle nazioni di onorare le richieste di estradizione di altre nazioni. Gli Stati Uniti, tuttavia, hanno un passato di elusioni di tali richieste, presentate formalmente o informalmente, riguardanti persone residenti negli Stati Uniti che sono alleati ideologici. Ecco un campione parziale degli anni recenti: L’ex presidente venezuelano Carlo Andres Perez, di cui il governo venezuelano ha chiesto la consegna per essere sottoposto a un processo per il suo ruolo nella repressione delle rivolte nel 1989. E’ morto nel 2010 a Miami. (Associated Press, 27 dicembre 2010). L’ex presidente boliviano Gonzalo Sanchez de Lozada, fuggito negli Stati Uniti nel 2003 per evitare un processo per la morte di circa 60 persone a La Paz durante una repressione militare di manifestanti. Nel 2008 la Bolivia ha sottoposto formalmente al governo degli Stati Uniti una richiesta di estradarlo in Bolivia, richiesta che non è stata accolta. (Associated Press, 13 febbraio 2006; vedere anche la relativa voce su Wikipedia) Nel 2010 un giudice federale statunitense ha respinto la richiesta di estradizione avanzata dall’Argentina contro l’ufficiale dell’esercito Roberto Bravo, che doveva rispondere di sedici accuse di omicidio conseguenti al massacro di guerriglieri di sinistra nel suo paese nel 1972. (Associated Press, 2 novembre 2010). Luis Posada, un cittadino venezuelano nato a Cuba, è stato la mente dell’attentato a un areo di linea cubano nel 1976 che uccise 73 civili. Visto che parte del complotto aveva avuto luogo in Venezuela, quel governo ha richiesto formalmente agli Stati Uniti la sua estradizione nel 2005. Ma invece di estradarlo gli Stati Uniti lo hanno processato per minori infrazioni alle norme sull’immigrazione che si sono risolte in nulla. Posada continua a vivere da uomo libero negli Stati Uniti. Nel 2007 procuratori tedeschi hanno emesso mandati d’arresto per 13 sospetti agenti della CIA che aveva sequestrato il cittadino tedesco Khaled el-Masri nel 2003 e lo avevano trasferito in Afghanistan per essere interrogato (leggasi torturato). La CIA si è poi resa conto di aver rapito l’uomo sbagliato e ha scaricato el-Masri su lato di una strada albanese. In seguito il ministro della giustizia tedesco ha annunciato che non avrebbe più richiesto l’estradizione, adducendo il rifiuto statunitense di arrestare e consegnare gli agenti. (The Guardian, Londra, 7 gennaio 2011). Nel novembre del 2009 un giudice italiano ha condannato un capo della stazione CIA e 22 altri statunitensi, tutti agenti della CIA eccetto uno, per il rapimento di un religioso mussulmano, Abu Omar, nelle strade di Milano nel 2003 e per averlo trasferito in Egitto per i consueti interrogatori. Tutti i condannati avevano lasciato l’Italia all’epoca della sentenza del giudice e sono stati perciò processati in contumacia. In Italia sono considerati latitanti. Anche se in questo caso ci sono state sentenze, mandati d’arresto e richieste di estradizione, il governo italiano si è rifiutato di far formalmente procedere le richieste ai suoi stretti alleati, gli statunitensi; il che, comunque, sarebbe stato naturalmente inutile. (Der Spiegel (Germania) online, 17 dicembre 2010, sulla base di un dispaccio USA diffuso da WikiLeaks). Il pregiudizio nascosto, evidente, peculiare, fatale e onnipresente dei media convenzionali statunitensi riguardo alla politica estera USA Ci sono più di 1.400 quotidiani negli Stati Uniti. Potete citare un singolo giornale, o una singola rete televisiva, che si sia inequivocabilmente opposto alle guerre statunitensi contro la Libia, l’Iraq, l’Afghanistan, la Jugoslavia, Panama, Grenada e il Vietnam? O anche opposto a un paio qualsiasi di tali guerre? O anche a una sola? (Pongo questa domanda da anni e finora ho ricevuto soltanto una risposta. Qualcuno mi ha detto che il Seattle Post-Intelligence si era inequivocabilmente opposto all’invasione dell’Iraq. Qualcuno è in grado di verificarlo, o di citare un altro caso?). Nel 1968, a sei anni dall’inizio della guerra del Vietnam, il Boston Globe passò in rassegna le posizioni editoriali di 39 principali giornali statunitensi riguardo alla guerra e rilevò che “nessuno sosteneva un ritiro” [7]. Ora, potete fare il nome di un quotidiano o di una rete televisiva statunitense che più o meno offra un qualche sostegno a un qualsiasi ODE (Officially Designated Enemy nemico designato ufficialmente) del governo degli Stati Uniti? Come Hugo Chàvez del Venezuela, Fidel o Raul Castro di Cuba, Bashar al-Assad della Siria, Mahmoud Ahmadinejad dell’Iran, Rafael Correa dell’Ecuador (anche prima dell’attuale vicenda di Assange), o Evo Morales della Bolivia? Voglio dire, che presenti il punto di vista dell’ODE in modo ragionevolmente equilibrato per la maggior parte del tempo? O a proposito di qualsiasi ODE del passato recente, come Slobodan Milosevic della Serbia, Moammar Gheddafi della Libia, Robert Mugabe dello Zimbabwe o Jean-Bertrand Aristide di Haiti? Chi, nei media convenzionali, sostiene Hamas di Gaza? O Hezbollah del Libano? Chi, nei media convenzionali, è schiettamente critico della politica interna o estera di Israele? E conserva il suo posto di lavoro? Chi, nei media convenzionali, tratta Julian Assange o Bradley Manning come gli eroi che sono? E questi stessi media convenzionali ci raccontano che Cuba, il Venezuela, l’Ecuador, eccetera, non hanno veri media di opposizione. L’ideologia dei media convenzionali statunitensi è ritenere di non avere alcuna ideologia; sono, invece, quelli che definiscono media “obiettivi”. E’ stato detto che lo spettro politico riguardante la politica estera nei media convenzionali statunitensi “copre la gamma da A a B”. Molto prima che l’Unione Sovietica si dissolvesse, un gruppo di scrittori russi in visita negli Stati Uniti restò sconcertato nello scoprire che, dopo aver letto i giornali e guardato la televisione, quasi tutte le opinioni su temi vitali erano le stesse. “Nel nostro paese”, disse uno di loro, “per ottenere questo risultato abbiamo la dittatura. Incarceriamo la gente. Strappiamo loro le unghie. Qui voi non avete nulla di tutto questo. Come fate? Qual è il segreto?” [8] L’8 ottobre 2001, il secondo giorno dei bombardamenti statunitensi in Afghanistan, furono bombardate le emittenti della Radio Shari, del governo talebano, e poco tempo dopo gli Stati Uniti bombardarono circa venti emittenti radio locali. Il Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld difese gli attacchi a queste strutture affermando: “Naturalmente non possono essere considerate canali mediatici liberi. Sono portavoce dei talebani e di quelli che ospitano i terroristi.” [9] Note . Sam Smith, direttore di Progressive Review . Craig Murray, “America’s Vassal Acts Decisively and Illegally: Former UK Ambassador“, Information Clearing House, 16 agosto 2012 . Bitter Fruit: The Untold Story of the American Coup in Guatemala (1982), pp.222-3 . Associated Press, “France Confirms It Denied U.S. Jets Air Space, Says Embassy Damaged”, 15 aprile 1986 . William Blum, Rogue State: A Guide to the World’s Only Superpower, pp.308-9 . Josh Rogin, “State Department: The U.S. does not recognize the concept of ‘diplomatic asylum’”, Foreign Policy, 17 agosto 2012 . Boston Globe, 18 febbraio 1968, p.2-A . John Pilger, New Statesman (London), 19 febbraio 2001 . Index on Censorship (London), 18 ottobre 2001 William Blum è autore di: Killing Hope: US Military and CIA Interventions Since World War 2 [Uccidere la speranza: interventi militari e della CIA statunitensi a partire dalla seconda guerra mondiale] Rogue State: A Guide to the World’s Only Superpower [Stato canaglia: guida all’unica superpotenza mondiale] West-Bloc Dissident: A Cold War Memoir [Dissidenti del blocco occidentale: memorie della guerra fredda] Freeing the World to Death: Essays on the American Empire [Liberare il mondo a costo di ucciderlo: saggi sull’impero statunitense]
Da Z Net Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: http://www.zcommunications.org/suffering-empire-by-william-blum
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