https://www.agoravox.it/ lunedì 9 dicembre 2019
Corbyn e lo scheletro nell’armadio
Il “caso” antisemitismo riguardante il Labour e il suo leader Jeremy Corbyn in persona riaffiora con regolarità ogni volta che la Gran Bretagna si appresta a una qualche tornata elettorale. Il che, ovviamente, fa sollevare più di un dubbio sulla reale consistenza della questione.
Peraltro il problema non si è sviluppato solo per le accuse di antisemitismo che altri, con evidenti interessi politici di parte – interni o internazionali – hanno indirizzato contro Corbyn, ma anche per quelle che alcuni dei membri del Labour hanno rivolto contro il loro stesso partito. È il caso dei deputati laburisti di origine ebraica (la comunità ebraica inglese è tradizionalmente vicina al Labour) che hanno stracciato la tessera. D'altra parte Corbyn stesso ha ammesso in più di un’occasione l'esistenza di un problema "antisemitismo" nel Labour proponendosi di fare più chiarezza e più pulizia all’interno del partito: "I peggiori casi di antisemitismo nel nostro partito hanno incluso la negazione dell'Olocausto, grezzi stereotipi di banchieri ebrei, teorie della cospirazione che incolpano Israele dell'11 settembre o ogni guerra contro la famiglia Rothschild e persino un membro che sembrava credere che Hitler fosse stato frainteso". E scusate se è poco. James Libson, un avvocato del Jewish Labour Movement (JLM), ha presentato numerose prove di atteggiamenti spiccatamente antisemiti o addirittura negazionisti da parte di membri del Labour che, in seguito a indagini interne, ha affermato sostanzialmente che il partito “non è istituzionalmente antisemita e che le denunce riguardano una piccola minoranza degli iscritti”. Un altro avvocato del JLM, James Libson, ha risposto invece che "ci sono molti, molti reclami in sospeso, molti esempi di interferenza [sulle indagini stesse, da parte della dirigenza del partito] e molti esempi di doppi standard nel modo in cui i reclami vengono elaborati". La questione potrebbe finire in stallo, un mea culpa con qualche scusa, un paio di espulsioni e più d'una tirata d’orecchi, per poi passare ad altro argomento. Ma anche con il dubbio che non tutto sia stato affrontato e risolto alla radice. Un paio di perplessità permangono. La prima riguarda evidentemente la già citata – e più che probabile – volontà politica di danneggiare il Labour a un passo dalle elezioni, colpendolo là dove qualche punto debole palesemente c’è; la cosa non sarebbe una novità e l'unico modo per un partito di difendersi è ovviamente non avere punti deboli né scheletri nell'armadio. La seconda, più pregnante, è che qualche cosa di più di un punto debole – in merito all’antisemitismo – effettivamente ci sia. Fra le altre ipotesi quella più rilevante, per le conclusioni che se ne possono trarre, verte (ancora) sulla faccenda di Tunisi. Il fatto riguarda la visita in forma ufficiale che Corbyn fece nel 2014 al cimitero di Hammam Chott, a 20 chilometri dalla capitale tunisina, presenziando alla commemorazione dei defunti lì sepolti che – secondo le sue dichiarazioni nell’immediatezza del fatto – erano le vittime civili di un blitz israeliano sulla capitale, sede provvisoria dell'OLP, avvenuto nel 1985. Commemorazione durante la quale furono poste corone di fiori anche “sulle tombe di altri uccisi dagli agenti del Mossad a Parigi nel 1991”. Parole scritte di suo pugno in un articolo del Morning Star del 5 ottobre 2014. L’Ambasciata palestinese a Tunisi ha successivamente pubblicato sulla sua pagina facebook le foto dell’avvenimento rendendole di dominio pubblico. E fin qui niente di strano né di particolarmente nuovo in un partito che da tempo ha sposato la causa palestinese. Al contrario il gesto sarebbe coerente con le posizioni politiche, condivisibili o meno, del Labour. Il 10 agosto del 2018 però il Daily Mail, un popolare giornale scandalistico inglese, ha raccolto la testimonianza di un suo inviato al cimitero di Hammam Chott. E ha scritto che le tombe su cui Corbyn posò la corona di fiori (foto 1) non erano quelle delle vittime dell’attacco aereo israeliano del 1985 – il cui cippo si troverebbe a circa 13 metri di distanza in un'altra area del cimitero – ma quelle di quattro militanti palestinesi ritenuti essere i mandanti o gli organizzatori della strage di Monaco del 1972 (foto 2), un attentato che vide l’uccisione di undici atleti israeliani che partecipavano alle Olimpiadi oltre che di un agente di polizia tedesco e di un piota di elicottero oltre agli stessi attentatori, esclusi tre di loro che furono catturati vivi e oggetto di uno scambio di prigionieri pochi mesi più tardi (dei tre solo uno sopravvisse alla successiva ritorsione israeliana).
L’accusa, rimbalzata poi sui giornali di tutto il mondo, era quella di essere andato a commemorare dei terroristi responsabili di uno dei più efferati e clamorosi atti di sangue precedenti la fase di quello, ben più recente, di matrice islamista che ha colpito cruentemente la Gran Bretagna degli ultimi anni lasciandola particolarmente sensibile a queste insinuazioni. Immediata la replica del Labour: «Jeremy non ha deposto alcuna corona sulle tombe di coloro che sono stati accusati di essere stati legati all'organizzazione di Settembre Nero o alle uccisioni di Monaco del 1972». Ma Channel Four nel suo “fact chacking” sulla vicenda, ha insistito, sintetizzato la domanda chiave: "Jeremy Corbyn ha posato una corona sulle tombe di persone legate al gruppo terroristico del Settembre nero e al massacro di Monaco del 1972?”. Corbyn, insieme ai dirigenti palestinesi che lo avevano invitato, ha indubbiamente deposto una corona di fiori proprio sulle tombe descritte dal Daily Mail, come si deduce dalle foto, come confermato dalle parole di un portavoce del Labour – riportato da Channel Four – e come sostenuto da un blog informativo di estrema sinistra che agisce spesso come organo di trasmissione del Labour, The Skwawkbox. Pur confermando l'omaggio alle tombe di Atef Bseiso, morto a Parigi nel 1992 e dei tre "Martiri del 1991" Hayel Abdel-Hamid, Salah Khalaf e Fakhri Al-Omari (tutti uccisi a Tunisi dal gruppo rivale di Abu Nidal), si esclude tassativamente che nel cimitero di Tunisi ci fossero i “terroristi di Monaco”. Erano casomai, secondo la difesa laburista, dirigenti palestinesi che Israele accusava di aver avuto legami con Settembre nero ma che essi avevano sempre negato, così come aveva sempre negato anche l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) in cui i quattro militavano. La strategia difensiva del Labour è quindi slittata progressivamente dalle prime affermazioni – "Corbyn era a Tunisi a onorare le vittime civili del blitz israeliano partecipando anche alla commemorazione di dirigenti palestinesi uccisi dal Mossad" – a un più cauto "dirigenti palestinesi ingiustamente accusati dal Mossad di appartenere a Settembre nero". E quindi "non terroristi". Dopotutto le accuse del Mossad avrebbero potuto essere davvero false e se i quattro non erano terroristi la commemorazione di Corbyn era senz'altro legittima e politicamente difendibile. Peccato però che almeno uno dei dirigenti palestinesi tumulati a Tunisi, Salah Khalaf, detto anche Abu Iyad, definito “padre spirituale e capo di Settembre nero dalla stessa pubblicistica palestinese, scrivendo la sua biografia – My home, my land: a narrative of the Palestinian struggle, pubblicata nel 1981 da Times Books – ha vantato il suo ruolo nella pianificazione e attuazione dell’attentato di Monaco come “legittimo atto di guerra contro Israele”. Cosa confermata anni dopo anche nelle memorie di un altro dei fondatori di Settembre Nero, Abu Daoud (Palestine-A History of the Resistance Movement, by the Sole Survivor of Black September, Arcade Publishing, 2007). Almeno uno dei dirigenti palestinesi sepolti a Tunisi era dunque un membro accertato di alto livello di Settembre nero, coinvolto nella strage di Monaco. E la cosa non poteva non essere nota a chi si occupa di vicende mediorientali, come si deduce dall'insistenza delle accuse rivolte a Corbyn che si concentrano, appunto, sulla figura di Khalaf. Quindi o Corbyn non sapeva quello che stava facendo e chi stava commemorando (e con lui l'intera sezione "esteri" del Labour) finendo con l'essere manipolato dai dirigenti palestinesi presenti a Tunisi – cosa che getterebbe una luce inquietante sulle capacità di uno dei maggiori partiti della sinistra mondiale e del suo leader di gestire i rapporti internazionali di una delle più importanti potenze politico-militari ed economiche del pianeta – oppure lo sapeva e riteneva quell'omaggio legittimo oltre che coerente con la politica estera del Labour (anche se da negare poi nelle dichiarazioni pubbliche); il che fa pensare che il suo punto di vista della situazione mediorientale potrebbe contemplare e approvare il terrorismo internazionale come arma lecita di lotta contro Israele. Qui sta il problema, grosso come una casa, che riguarda davvero le accuse a Jeremy Corbyn e con lui a tutto il Labour: incapaci pasticcioni o latenti sostenitori del terrorismo? Di sicuro nessuno potrebbe mai accettare – per fare un parallelo – che qualche politico arabo vada a portare fiori sulle tombe dei terroristi del Bataclan, anche se la Francia non è certo un paese "innocente" dal punto di vista dei rapporti con paesi africani e arabi. Credo che ne saremmo tutti, a dir poco, scandalizzati. Si può accettare che questo avvenga per i terroristi di Monaco? Questo è lo scheletro nell'armadio che presta il fianco del Labour agli attacchi politici.
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