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marzo 1, 2018

 

“Hitler, il cane degli USA all’attacco dell’Unione Sovietica”

di Ollie Richardson

Traduzione di Alessandro Lattanzio

 

Noto storico parla del gioco diplomatico di Stalin prima della guerra e dei miti liberali su Putin confrontato al “padre delle nazioni”. La Germania nazista fu deliberatamente condotta ai confini della Russia sovietica da “certi circoli di Londra e Washington”, afferma il noto storico e scrittore Nikolaj Starikov. In un’intervista a “Business Gazeta Online” spiega perché Stalin non si aspettò tale “idiozia” da Hitler, perché la guerra è un “referendum cristallino” sulla fiducia nelle autorità e cosa dire a chi accusa la Russia di violare l’equilibrio geopolitico.

 

Nikolaj, la Grande Guerra Patriottica ha creato un gran numero di leggende e miti, sminuendone l’importanza. Come formuli brevemente la verità su questa guerra? Qual è?
“Per spiegare l’essenza della Grande guerra Patriottica in poche frasi, possiamo dire primo: fu la più terribile della storia umana. Inoltre, fu estremamente spaventosa per la Russia. Eravamo in guerra non solo con la Germania e il Terzo Reich, che includeva l’Austro-Ungheria, eravamo in guerra con tutta l’Europa unita. Si ricordi che la rivolta della Cecoslovacchia contro i nazisti iniziò il 5 maggio 1945. Pensateci: tre giorni dopo l’effettiva capitolazione di Berlino e tre giorni prima della resa di tutta la Germania! E prima di questo, dal 1939 al 1945, i cechi “onestamente” lavorarono per il Terzo Reich producendo un’enorme quantità di armi. E non solo lavoravano, ma ricevevano anche un alto stipendio, ed erano pure esentati dalla coscrizione nell’esercito. E nessuno di loro si ribellò ai tedeschi. L’altra cosa che va ricordata della Grande Guerra Patriottica è il terribile numero delle nostre perdite. Non vedremo mai dati precisi ma, secondo me, sono tra i 20 e 27 milioni di persone. La terribile verità è che le perdite in combattimento furono solo 9 milioni, cifra annunciata da Stalin nelle dichiarazioni alla fine della guerra. Ciò significa che i civili uccisi dai nostri nemici furono due volte i nostri soldati: 18 milioni. E questo confuta ogni speculazione sulla “missione di liberazione” dei tedeschi. Liberatori? No. Invasori, sì. Una potenza estera venne per distruggere il nostro popolo, per ripulire (nel gergo moderno) la nostra terra e fare dei sopravvissuti schiavi. Questo è ciò che ricordiamo, rendendoci conto della grandezza della vittoria ottenuta dai nostri nonni e bisnonni”.

 

Tra chi nel 1941 credeva nella “missione liberatrice” del fascismo c’erano molti immigranti bianchi, in particolare gli atamani cosacchi Krasnov e Shkuro, una volta erano ritenuti sinceri patrioti. Perché cedettero a tale tentazione?
“Un patriota, sfortunatamente, non lo è mentalmente sempre. Lo stesso Pjotr Krasnov era un patriota nella Russia del 1917-1918, ma non del 1941 quando entrò al servizio del peggior nemico del suo popolo. Inoltre iniziò a pubblicare proclami dichiarando che i cosacchi erano un popolo a parte. Tutto ciò ricorda il modo più diretto di ciò che oggi viene attivamente promosso in Ucraina. Così, Krasnov fu un patriota nel 1917, ma nel 1941 era un traditore. La stessa cosa si può dire del tenente-generale Andrej Vlasov. Ad un certo punto, essendo un prominente comandante dell’Armata Rossa, era più preoccupato dal destino della propria pelle che del suo Paese, e lo tradì. Ma tutti possono essere accomunati da una sola parola: traditori”.

 

Ma alcune pubblicazioni, ad esempio, nell’opera di Aleksandr Solzhenitsyn, c’è un altro punto di vista più caritatevole verso Vlasov e le guardie bianche…
“Per Solzhenitsyn, non si trattava di sparare al comunismo, ma alla Russia. Ho familiarità con le opere di Solzhenitsyn, un meraviglioso romanzo intitolato “La ruota rossa”. Ma anche la raccolta narrativa intitolata “Arcipelago Gulag”. L’intera cosa si riduce a ciò che “una nonna disse”, dettole da un altro nonno che avrebbe visto tutto coi propri occhi. Non è un caso che l’occidente abbia immediatamente pubblicato “Arcipelago Gulag” usandolo per infangare l’Unione Sovietica. Penso che Solzhenitsyn si fosse pentito di aver scritto tale opera. Le sue opere successive sono completamente diverse”.

 

Nei suoi libri e discorsi ha ripetutamente smantellato i miti liberali sulla Grande Guerra Patriottica. Sono davvero tanti, e quanti, secondo lei, di tali miti patriottici sono nati dalla propaganda?
“È impossibile dividere i miti liberali ed illiberali. Ci sono miti e c’è verità. La verità sulla nostra grande vittoria, a priori, è patriottica, quindi alcun mito patriottico mi è noto. Ma dei miti liberali malvagi, usati dalla moderna propaganda antirussa, ne conosco a sufficienza. Sono stati a lungo analizzati in dettaglio. Per esempio, la leggenda che Stalin stesse per attaccare la Germania, ma Hitler lo batté sul tempo”.

 

Fino a che punto tali miti liberali operano attivamente contro la Russia oggi?
“Ora vediamo la ricreazione di tali miti in alcuni territori dell’ex-Unione Sovietica occupati dai nazisti. Ora trionfano di nuovo, ma non perché si rivelano veritieri, ma perché l’Unione Sovietica fu distrutta nel 1991. In Russia, tale punto di vista si diffuse negli anni ’90, ma non per molto. Ora possiamo vederlo predominare solo a “Eco di Mosca”, TV “Rain” e certi siti liberali. Ma in Ucraina, tale visione della nostra storia è spacciata in modo uniforme da tutti i media. Si noti che qualsiasi punto di vista alternativo viene immediatamente soppresso. Se uno storico o scienziato politico vuole difendere una visione alternativa in uno Stato baltico, può addirittura essere deportato immediatamente. Anche il noto scienziato politico italiano Giulietto Chiesa che, tra l’altro, ha un passaporto europeo, non vi è sfuggito. Nel dicembre 2014 fu arrestato dalla polizia estone quando stava per tenere un discorso a Tallinn sui rapporti tra Europa e Russia, e poi fu espulso. Perché le bugie sul nostro Paese sono sostenute esclusivamente dalla violenza?”

Ma lei stesso è stato negli Stati baltici, tenuto discorsi senza essere deportato come Chiesa…
“Ero in Lettonia ed Estonia quando il blocco totale non c’era ancora. Se oggi volessi lavorare a Riga o Tallinn sarei fermato al confine e riceverei il divieto di entrare nello spazio Schengen o sarei deportato”.

 

Un eccessivo patriottismo può anche portare a conseguenze negative? Lei stesso ha affermato che al momento non è possibile un colpo di Stato liberale, ma in uno Stato patriottico è possibile.
“Il rischio di tentativi di golpe c’è sempre, dobbiamo procedere da questo. Che tipo di bandiera si sceglie dipende dalla situazione. Nel 1913-1914, in Russia fu possibile un colpo di Stato? No. Ma ciò che successe nel febbraio 1917 può essere definito colpo di Stato patriottico. Lo zar, che tradì gli interessi della Russia insieme alla regina, fu rimosso dal potere proprio perché il “ministero giusto, aperto e responsabile” di Miljukov-Guchkov arrivasse al governo. Come ricorderete promise la vittoria della Russia nella Prima guerra mondiale. La differenza tra il 1914 e il 1917 è solo di tre anni. Quindi, quando affermiamo che oggi un’agenda politica è impossibile, ciò non significa che il nostro nemico geopolitico non operi in modo che quest’agenda diventi possibile domani. Perciò sono state imposte sanzioni economiche alla Russia, con diversi tribuni che denigravano la leadership del nostro Stato. La stessa cosa accadde nel 1917. Ponetevi la domanda: chi ordinò una campagna su larga scala per demonizzare il governo russo, che portò alla rivoluzione di febbraio? Se sa la risposta, sa chi cerca di screditare il nostro Paese oggi”.

 

Parla del mondo anglosassone?
“Sì, i nostri oppositori geopolitici di vecchia data”.

 

Nei suoi libri difende l’opinione che il Regno Unito abbia scatenato Hitler contro l’Unione Sovietica. 
“Ricorda che all’inizio di maggio 1941 il più stretto collaboratore nel NSDAP di Adolf Hitler, Rudolf Hess, volò a Londra. Le storiografie sono dominate dall’opinione che lo fece all’insaputa del fuhrer, in accordo a simpatie anglofili. Ma di recente, persino la rivista “Der Spiegel” riconosceva che Hess andò in Gran Bretagna su ordine di Hitler, anche se fu costretto a rinnegarlo dichiarandolo pazzo”.

 

L'”impresa” di Hess non fu vana per la Germania nazista?
“Sì, questo è confermato, almeno dal materiale della “missione Hess” ancora classificato nel Regno Unito. Cosa si nasconde? Se Churchill rifiutò categoricamente le proposte di pace di un importante capo nazista, lasciate che il mondo lo sappia. Ma secondo me c’è altro: Londra “benedisse” l’attacco tedesco all’Unione Sovietica”.

 

Ma Londra era in guerra con Berlino?
“Parla dei bombardamenti delle città inglesi? Ma è risaputo che durante la guerra morirono 55000 persone ad Amburgo dopo una settimana di bombe, quasi quanto nel Regno Unito durante l’intera guerra. L’Unione Sovietica non può contare le vittime e le perdite subite durante la guerra. Perché Adolf Hitler andò al potere? Perché i sostenitori nel partito crebbero costantemente fin dall’inizio? Chi finanziò i nazisti? Sfortunatamente, negli ultimi giorni del Terzo Reich circa il 90% dei documenti finanziari del partito nazista fu misteriosamente distrutto. Ma anche senza possiamo dire che Hitler fu guidato da certi circoli a Londra, Washington e anche Parigi. Questo per uno scopo: incitarlo ad attaccare la Russia sovietica. A tal fine, in particolare, la Germania ridusse la distanza tra essa e l’Unione Sovietica, assorbendo facilmente Austria, Cecoslovacchia e Polonia. Hitler fu condotto ai confini dell’Unione Sovietica”.

 

Perché il 22 giugno 1941 fu sorpreso il Cremlino? Dopotutto, non avrebbe potuto essere troppo pigro per notare l’avvicinarsi sistematico della Germania nazista ai confini sovietici.
“Per prima cosa poniamoci la domanda: Hitler e il suo Stato Maggiore erano così idioti da sperare di concentrare silenziosamente oltre 5 milioni di soldati, migliaia di corazzati e aerei al confine sovietico? Mosca nemmeno vide tale concentramento senza precedenti, divenuto realtà nel giugno 1941? Ovviamente no: la concentrazione di truppe ai confini è sempre una preparazione all’aggressione. E Stalin lo sapeva. Guidò un complesso gioco diplomatico con Hitler e vi commise un errore. Ma l’ulteriore corso della guerra per un anno e mezzo non può essere spiegato dalla repentinità della Germania. Alla primavera 1942 era possibile vedere già che non c’era sorpresa. Tuttavia, soffrimmo una sconfitta vicino Kharkov, ne siamo sopravvissuti, ma i tedeschi a Stalingrado raggiunsero il Volga. Va riconosciuto che in questa fase della guerra le unità militari tedesche erano superiori alla nostre. Quindi l’esercito sovietico si trovò circondato. Ma reagimmo velocemente. Alla fine del 1942, il nostro esercito iniziò a superare in abilità il nemico”.

 

Perché Stalin commise l’errore fatale dell’estate 1941?
“Nel quadro di questa intervista non potremo ascoltare tutte le implicazioni del gioco diplomatico guidato da Stalin e Hitler. Ma penso che Stalin non potesse proprio immaginare tali idiozia ed avventurismo di Hitler. Com’era possibile, combattendo con la Gran Bretagna e i piani per la sua rimozione dall’arena internazionale, iniziare un’altra grande guerra? Dopo tutto, il capo dell’NSDAP scrisse nel Mein Kampf che non si doveva combattere su due fronti. Lo scontro con la Gran Bretagna non era solo una guerra con una nazione insulare, ma con Canada, India e Australia, tutti i Paesi su cui la corona inglese aveva autorità. Era una guerra col mondo anglosassone. E la Germania improvvisamente puntò le armi contro Mosca…”

 

Perché i bolscevichi poterono mobilitare l’intero Paese nella guerra ai nazisti che, ancora nel periodo della guerra civile era lacerato da malcontento e polemiche?
“La Grande Guerra Patriottica fu il crogiolo che sciolse le contraddizioni e le sanguinose battaglie della guerra civile. Il prezzo terribile che pagammo per la vittoria fu conciliare i nemici di ieri nel massacro fratricida. Anche se i tedeschi conquistarono un considerevole territorio della Russia sovietica europea, dove viveva la stragrande maggioranza dei cittadini sovietici. Se legge l’ordine di Stalin “non un passo indietro”, si ricorderà che già nell’estate 1942 non avevamo superiori capacità industriali e di mobilitazione delle risorse. Un parte enorme della nostra popolazione si trovava nell’area occupata dai nazisti. Queste persone furono vittime, tra i 18 milioni di civili uccisi durante la Grande Guerra Patriottica. Se parliamo del fattore nazionale, l’Unione Sovietica ricreò la politica pre-rivoluzionaria dell’impero multinazionale solo, forse con maggior successo. Pertanto, nel momento critico, tutto il popolo difese la madrepatria sovietica. La guerra in generale è come un referendum cristallino sulla fiducia nelle autorità. Se il popolo difende il proprio Paese, vi si sente libero”.

 

All’inizio del XX secolo, la Russia aveva un forte leader ma perdemmo la Prima guerra mondiale. A metà del secolo, Stalin era il capo dell’URSS e vinse la guerra mondiale. Questo significa che Putin, se vuole vincere l’attuale scontro geopolitico, dovrebbe seguire Stalin? Pensa già a Putin come leader?
“Un leader politico va valutato alla fine della carriera. Ma in ogni caso, possiamo dire che l’attuale capo della Russia è un leader forte, è una certezza. In primo luogo, Vladimir Putin è responsabile delle proprie parole, qualità molto rara in un politico. In secondo luogo, si assume una reale responsabilità, e in terzo luogo, agisce in modo molto anticonvenzionale. Usa tali qualità per portare il massimo beneficio alla Patria. Ad esempio, Boris Eltsin o Mikhail Gorbaciov avevano talento, ma l’usarono a scapito della Patria, consapevolmente”.

 

Le azioni della Russia in Crimea, Siria e le azioni delle milizie nel Donbas sono nostre vittorie geopolitiche che dobbiamo a Vladimir Putin?
“Ha accumulato vari eventi. Chiamerei la riunificazione della Crimea con la Russia trionfo della giustizia storica. La Crimea è diventata russa e qui finisce. Crimea e Russia si riuniscono per sempre, non ci saranno altre decisioni. Sono convinto che presto l’occidente smetterà di dare stupidi suggerimenti sulla revoca delle sanzioni in cambio della cessione della Crimea a chicchessia. Sulla Siria, la guerra in Medio Oriente non è ancora finita, quindi è prematuro trarne delle conclusioni. Inoltre, è facile discutere su cos’è una vittoria in Siria? La completa distruzione dei terroristi dello SIIL e la liberazione di Siria ed Iraq sono un punto di vista. Ma per me è chiaro: per essere ascoltati a Bruxelles, dovevamo bombardare i terroristi in Siria. E anche questa è una nostra vittoria”.

 

La Russia viene accusata di violare gli equilibri geopolitici stabilitisi dopo la Seconda guerra mondiale. Siamo davvero da biasimare?
“A chi ci accusa di violare l’equilibrio geopolitico, vanno ricordati gli accordi di Jalta, Potsdam ed Helsinki sull’inviolabilità delle frontiere in Europa. Dov’erano tali guardiani dell’inviolabilità delle frontiere nel 2003 quando la Jugoslavia, dopo una sanguinosa guerra civile, fu suddivisa tra Serbia e Montenegro? E che dire della Cecoslovacchia? Per non parlare di come l’Unione Sovietica fu ridotta in Stati separati… Possiamo fare a chi pone tale domanda molte domande. Ma deve capire che i confini di uno Stato sono il riflesso dell’equilibrio di potere al momento. Un cambio di equilibrio cambia immediatamente i confini degli Stati. L’Unione Sovietica fu distrutta e la mappa dell’Eurasia riscritta. Oggi, quando la Russia si riprende e si afferma sulla scena internazionale, l’equilibrio di potere potrebbe cambiare di nuovo”.

 

L’equilibrio del potere nel mondo può cambiare a tal punto da condurre a una grande guerra? Alla Terza guerra mondiale?
“Ci sono forze che vorrebbero coinvolgere la Russia in una guerra e dargliene la responsabilità. Tuttavia, mentre la Russia è guidata da Vladimir Putin è improbabile che abbiano successo. Ma c’è un altro scenario: quando le forze destabilizzanti non hanno altra scelta che l’aggressione aperta, corrono anche il rischio di perdere prestigio e peso internazionale. A tal proposito, cosa accadde quando la Germania attaccò l’Unione Sovietica nel giugno 1941. La Russia moderna non vuole la guerra e non ha fatto alcun passo in tal senso, ma se ci sarà una forza nell’arena internazionale che sia pronta ad assumersi la responsabilità dell’aggressione, è difficile dire cosa cambierà”.