Originale: Tikkun Magazine

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22 febbraio 2018

 

Una lezione sull’immigrazione da Pablo Neruda

di Ariel Dorfman

giornalista, scrittore e saggista collabora con la rivista Tikkun

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Il Cile, come numerosi altri paesi, ha discusso se accogliere i migranti – per lo più di Haiti, Colombia, Perù e Venezuela – o lasciarli fuori. Anche se soltanto mezzo milione di immigrati vivono in questa nazione di 17,7 milioni di persone, i politici della destra hanno alimentato un sentimento anti-immigrati, si sono opposti al tasso crescente di immigrazione nel decennio passato e hanno diretto la loro bile specialmente contro gli immigrati haitiani.

 

L’immigrazione è stato un argomento importante nelle elezioni presidenili cilene in novembre e dicembre. Il vincitore è stato  Sebastián Piñera, un miliardario di 68 anni del centro-destra che è stato presidente dal 2010 al 2014 e in Marzo assumerà il potere. Piñera ha incolpato gli immigrati di delinquenza, traffico di droga e crimine organizzato. Ha beneficiato del supporto di José Antonio Kast, un politico di estrema destra che è andato pubblicizzando l’idea di costruire delle barriere fisiche lungo i confini con il Perù e la Bolivia per fermare gli immigrati.

 

I Cileni non sono soli testimoniare una crescente xenofobia e nativismo, ma faremmo bene a ricordare la nostra storia che offre un modello del modo in cui agire quando ci troviamo davanti a stranieri che cercano rifugio.

 

Il 9 agosto 1939, ila nave Winnipeg salpò dal porto francese di Pauillac con oltre 2000 rifugiati che scappavano dalla loro patria spagnola.

Pochi mesi prima, il Generale Francisco Franco – aiutato da Mussolini e da Hitler – aveva sconfitto le forze del governo spagnolo democraticamente eletto. I fascisti scatenarono un’ondata di violenza e di omicidi.

 

Tra le centinaia di migliaia di sostenitori della Repubblica Spagnola che avevano attraversato i Pirenei per scampare a quell’assalto c’erano gli uomini, le donne e i bambini che si sarebbero imbarcati sulla Winnipeg e che sarebbero arrivati un mese dopo al porto cileno di Valparaiso.

 

La persona responsabile della loro miracolosa fuga, è stato Pablo Neruda che, all’età di 34 anni, era  già considerato il maggior poeta del Cile. Nel 1939 il suo prestigio era davvero sufficientemente significativo perché fosse in grado di persuadere il presidente del Cile, Pedro Aguirre Cerda, che era  fondamentale che il loro piccolo paese offrisse asilo ad alcuni dei patrioti francesi maltrattati che marcivano nei campi di internamento francesi.

 

Non soltanto questo avrebbe dato un esempio umanitario, ma avrebbe anche fornito al Cile competenze straniere e talento molto necessari per il suo sviluppo. Il presidente accettò di autorizzare dei visti, ma il poeta stesso avrebbe dovuto trovare i finanziamenti per i costosi biglietti di quegli emigranti e anche per il cibo e la sistemazione per i primi sei mesi nel paese. E Neruda, una volta che era in Francia a coordinare l’operazione, aveva bisogno di esaminare  gli emigranti per assicurarsi che possedessero le migliori abilità tecniche e un carattere morale irreprensibile.

 

Ci volle un notevole coraggio da parte del Presidente Aguirre Cerda, ad accogliere i rifugiati spagnoli in Cile. Il paese era povero,  stava ancora vacillando per gli effetti

a lungo termine della Depressione, con un alto tasso di disoccupazione – e aveva appena sofferto un devastante terremoto a Chillán che aveva ucciso 28.000 persone e ne aveva lasciate molte di più ferite e senza casa.

 

Un’accanita campagna nativista da parte dei partiti della destra e dei loro media, percependo un’occasione di attaccare il governo del Fronte Popolare, descrivevano gli eventuali richiedenti asilo come “indesiderabili”: stupratori, criminali, agitatori anti-Cristiani, la cui presenza, secondo un editoriale sciovinistico sul principale  giornale  conservatore cileno, sarebbe stata “incompatibile con la tranquillità sociale e le migliori maniere.”

 

Neruda si rendeva conto  che sarebbe stato più economico  noleggiare  una nave e riempirla di rifugiati, invece che mandarli, una famiglia alla volta, in Cile. La Winnipeg era disponibile, ma dato che era una nave cargo, doveva essere ristrutturata per sistemarvi circa 2.000 passeggeri, con cuccette, mense per i pasti,  una nursery per  i più piccoli e, naturalmente, i gabinetti.

 

Mentre i volontari del Partito Comunista Francese  lavoravano giorno e notte  per preparare il piroscafo, Neruda raccoglieva donazioni da tutta l’America Latina e da amici come Pablo Picasso – per finanziare l’impresa sempre più esorbitante. Il tempo  stingeva: l’Europa era in allarme per la guerra e i burocrati a Santiago del Cile e a Parigi stavano sabotando gli sforzi. Avendo in mano soltanto la metà del denaro, un mese prima che la nave fosse pronta per salpare, un gruppi di Quaccheri americani inaspettatamente si offrì di fornire il resto dei fondi necessari.

 

In tutto questo, Neruda era stato alimentato dal suo amore per la Spagna e dalla sua pietà per le vittime del fascismo, compreso uno dei suoi migliori amici, il poeta Federico García Lorca, che era stato ucciso da una squadra fascista della morte nel 1936.

 

Come console del Cile durante i primi anni della Repubblica Spagnola, Neruda era stato testimone del bombardamento di Madrid. La distruzione di quella città che amava e l’assalto alla cultura e alla libertà dovevano segnarlo per il resto della sua vita e cambiare drasticamente le sue priorità letterarie.

 

Dopo la caduta della Repubblica, dichiarò: “Giuro di difendere fino alla mia morte quello che è stato ucciso in Spagna: il diritto alla felicità.” Non c’è da meravigliarsi se proclamò che la Winnipeg era stato la sua “poesia più bella” mentre si allontanava    emettendo vapore, senza lui o sua moglie dato che non volevano occupare lo spazio che era meglio fosse occupato da coloro le cui vite erano a rischio.

 

E quando quella sua magnifica, gigantesca “poesia” galleggiante, dopo una navigazione pericolosa, finalmente raggiunse Valparaiso, ai suoi passeggeri – malgrado le proteste dei nazionalisti di destra e dei simpatizzanti nazisti – venne dato un benvenuto che si addiceva a degli eroi.

 

Ad attendere i poverissimi sopravvissuti alle legioni di Franco, c’era il rappresentante personale del Presidente Aguirre Cerda, il suo ministro della sanità, un giovane dottore che si chiamava Salvator Allende. Folle esultanti ammassate sul molo e che cantavano canzoni spagnole di resistenza, si erano radunate per salutare i rifugiati, alcuni dei quali avevano già in previsione dei posti di lavoro. Ad ogni stazione ferroviaria, nel viaggio per Santiago,   da moltitudini di gente che offrivano loro fiori e cibo, e gridavano che la Spagna era nei loro cuori.

 

I rifugiati che scesero a terra dalla Winnipeg avrebbero continuato a contribuire  a formare un Cile più prospero, aperto e creativo. Tra questi c’erano lo storico Leopoldo Castedo, il grafico Mauricio Amster, il drammaturgo e saggista José Ricardo Morales e i pittori  Roser Bru and José Balmes, la cui benigna influenza e spesso amicizia, avrebbero toccato me e mia moglie personalmente nei decenni futuri.

 

Quasi 80 anni dopo, quegli indesiderabili fanno domande inquietanti per noi sia in Cile che altrove. Dove sono i presidenti che accolgono i rifugiati poveri a braccia aperte, malgrado le calunnie più aggressive contro di loro? Dove sono i Neruda del tempo che fu, pronti a varare le navi come le poesie per difendere il diritto alla felicità, al cibo e ai fiori?

Si riduce a una sola sconsolata domanda che uomini e donne che venivano ricevuti come fratelli e sorelle dagli abitanti di una terra che non avevano mai visto prima, ci fanno oggi: dove sulla terra e sui nostri molti mari ci sono le Winnepeg del ventunesimo secolo?

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/a-lesson-on-immigration-from-pablo-neruda