https://www.lantidiplomatico.it 25/07/2018
Intervista a O’Sullivan, il ritratto d’un ricercatore eccellente e uno scoop eccezionale: RFK Jr. sta scrivendo un’inchiesta sugli assassini del padre e di JFK di Michele Metta
La persona protagonista della mia intervista di oggi è Shane O’Sullivan. Si tratta d’uno scrittore e autore cinematografico irlandese dotato di grande talento. È infatti l’artefice d’un documentario davvero di rilievo, The Real Manchurian Candidate, incentrato sull’assassinio di Robert Kennedy. La tesi contenuta in tale sua opera, è stata abbracciata anche da RFK Jr., il figlio di RFK. Allo stesso tema, O’Sullivan ha dedicato anche un libro straordinariamente ben scritto: Who Killed Bobby? The Unsolved Murder of Robert F. Kennedy. Per tutto questo, mi sento davvero onorato abbia accettato di rispondere ad alcune mie domande. Procediamo:
Quando è perché hai deciso d’investigare sull’assassinio di RFK?
La prima volta che mi sono interessato del caso è stata nel 2004: sai, pensavo di farne proprio il soggetto per un film, con la storia delle due pistole, una misteriosa donna con indosso un vestito a pois e l’assassino convinto a sparare tramite ipnosi e lavaggio del cervello. Ma, nel procedere, ho scoperto nuove prove, e questo mi ha spinto a realizzare invece un documentario.
Sirhan Sirhan, palestinese, è la persona catturata nell’immediatezza dell’uccisione di RFK, e colui il quale è stato dichiarato colpevole dell’atto. Tuttavia, se esaminiamo davvero tutte le prove, c’accorgiamo di quanto i fatti siano assai diversi da quanto possa sembrare. Qual era la posizione di Sirhan al momento degli spari?
Le testimonianze ci descrivono la canna della pistola di Sirhan di fronte a Robert Kennedy ad una distanza di non meno di 45 centimetri fino ad un massimo d’oltre un metro e mezzo.
E qual era la posizione del braccio di Sihran? Voglio dire: il suo angolo, la sua elevazione.
Molti testimoni, come per esempio Frank Burns, che si trovava nel mezzo tra Sirhan e Kennedy, la descrivono come parallela al pavimento.
Dopo quanto tempo fu bloccato Sirhan?
Karl Uecker, il maître dell’Ambassador Hotel, afferma d’essere riuscito a divergere da Kennedy il braccio con cui Sirhan stava sparando fin dal momento del secondo sparo. Sirhan continuò poi a sparare nel mentre Uecker, con l’intento di disarmarlo, sbatteva violentemente la mano con cui Sirhan teneva la pistola contro un ripiano.
Il tipo di pistola usato da RFK è talmente piccolo da poter facilmente scomparire nel palmo. È un aspetto importante, e se sì, per quale ragione?
Sì, lo è, perché è in grado di spiegare in che modo un secondo tiratore, dotato d’un modello d’arma di piccolo calibro simile alla Iver Johnson Cadet da .22 di Sirhan, abbia potuto sparare il colpo fatale e farla franca.
Che mi dici del tipo di proiettili usati quella notte fatale?
Si tratta dei CCI Mini-Mag Hollow Point, da 22 millimetri come già detto. “Hollow point” significa proiettili cavi capaci di raggiungere una velocità elevatissima, e d’espandersi all’impatto. Espansione pensata per causare il massimo danno possibile, cosa che spiega lo stato di devastazione riscontrato nel cervello del Senatore.
L’autopsia fatta su RFK cos’ha esattamente stabilito?
Il colpo fatale venne esploso da una distanza di appena 2,5 centimetri dalla zona posteriore dell’orecchio destro di Kennedy. Ben altri tre spari ci furono, sempre dalla medesima posizione posteriore. Due penetrarono l’ascella destra di Kennedy. Uno di questi terminò nel suo collo, mentre l’altro, attraversato il corpo, ne uscì, perdendosi nell’intercapedine del soffitto. Un quarto sparo entrò e uscì attraverso una spallina della sua giacca senza dunque ferire il corpo. Tutti questi quattro spari furono esplosi con una marcata angolazione verso l’alto, da dietro in avanti, da dietro e verso destra.
Cosa puoi dirci a proposito di Thane Eugene Cesar?
Era una guardia privata, assunta per integrare la squadra di sicurezza dell’hotel quella sera. Era dietro Kennedy e alla sua destra, e teneva il Senatore per il gomito destro nel mentre si faceva strada attraverso la dispensa affinché [RFK tenesse] una conferenza stampa a tarda notte. Al momento degli spari, era nella posizione di fuoco del colpo fatale descritto nell’autopsia. S’abbassò, perse l’equilibrio, e cadde contro le macchine del ghiaccio. Alzò lo sguardo e vide il senatore steso sulla schiena proprio di fronte a lui. Durante la sua caduta, perse la cravatta, che infatti può essere vista accanto a Kennedy mentre giace sanguinante sul pavimento della dispensa. Cesar si rialzò in piedi, tirò fuori la pistola e si spostò dalla parte di Kennedy: “per proteggerlo da un ulteriore attacco”, sostenne. Quella sera Cesar affermò di portare una .38, non una .22, ma la sua pistola non fu mai controllata dalla polizia. Aveva opinioni razziste e odiava i Kennedy.
Cesar sostenne d’aver venduto la sua .22 cui hai proprio ora accennato, arma che può essere descritta come una sorta di copia esatta della pistola di Sirhan. Un’affermazione, quella circa la vendita, sulla quale esistono, però, non pochi problemi, vero?
Cesar era proprietario d’un revolver H&R calibro .22 che se da un lato non era lo stesso modello di pistola di Sirhan, aveva però grandezza simile ed identica “rigatura”, cosa che significa che era compatibile con i proiettili chiave di questo caso. Cesar affermò d’aver venduto tale arma tre mesi prima dell’assassinio di Robert Kennedy, ma la verità è che invece la vendette tre mesi dopo, dicendo al compratore che quella pistola era “stata coinvolta in una sparatoria di polizia”.
C’è chi ha dichiarato d’aver visto una guardia di sicurezza con un’arma in mano, che una seconda pistola ha sparato quella notte.
Il principale testimone in tal senso è Don Schulman. Dieci minuti dopo gli spari, rilasciò la propria testimonianza sull’accaduto a Jeff Brent, il quale era un suo amico e, in quanto giornalista per la Continental News Service, era lì all’esterno della dispensa al momento della sparatoria. Quando l’ascolti, la prima impressione è che Schulman sembri effettivamente dire che la guardia di sicurezza ha colpito Kennedy tutte e tre le volte, ma in seguito ha dichiarato che è l’uomo caucasico sbucato fuori ad aver sparato tre volte a Kennedy, colpendo Kennedy tutte e tre le volte, e poi le guardie di sicurezza hanno risposto al fuoco. È così ch’è nata la teoria della “seconda pistola”, il cui primo padre è un ricercatore chiamato Ted Charach: da questa registrazione di novanta secondi.
Chi è stato a parlare d’una ragazza con un vestito a pois, e perché è importante?
Verso le undici e trenta, la giovane Sandra Serrano, addetta alla campagna d’origine messicana, andò a sedersi fuori su una scala antincendio per sottrarsi al caldo della sala da ballo. Mentre era là fuori, un uomo simile a Sirhan salì le scale assieme ad una bella ragazza con un vestito a pois e ad un messicano-americano con un maglione color dorato. “Permesso”, disse la ragazza, e Sandra si fece da parte mentre i tre salivano le scale verso l’Embassy Ballroom.
Poco dopo la sparatoria, Serrano era ancora seduta sulla scala antincendio dell’angolo sud-ovest dell’Embassy Ballroom. Sentì per sei volte quello che pensava fosse del rumore proveniente dal tubo di scappamento di qualche auto; poi, la ragazza con l’abito a pois e l’uomo d’origine messicana con il maglione dorato, irruppero sulla scala antincendio dell’hotel, correndo giù tanto veloce da quasi travolgerla.
“Gli abbiamo sparato! Gli abbiamo sparato!”, aveva esclamato la ragazza. “A chi è che avete sparato?” aveva chiesto Sandra. “Abbiamo sparato al Senatore Kennedy!” La ragazza sembrava talmente eccitata d’aver sparato a Kennedy, che Sandra era tornata dentro in stato di shock.
Appena un’ora dopo, aveva riferito la propria storia in diretta all’emittente televisiva NBC, ma nelle settimane successive Hernandez, l’ufficiale addetto al poligrafo della polizia di Los Angeles, aveva iniziato a fare su di lei ogni genere di pressione per convincerla a ritrattare. Ma lei non l’ha mai fatto, e continua ancora oggi a sostenere quanto detto all’epoca.
E poi, c’è anche quanto dichiarato da Di Pierro.
Sì. Il giovanissimo Di Pierro, un cameriere, era nella dispensa poco prima della sparatoria, in piedi presso le macchine per il ghiaccio, a un metro e mezzo a destra di Kennedy. Aveva notato Sirhan in giacca blu cipria, camicia bianca e pantaloni azzurri all’estremità opposta della macchina del ghiaccio, a una distanza di più o meno sei metri. Era in piedi in prossimità d’un impilatore automatico, “in una specie di posizione un po’ buffa. . . come se s’accovacciasse, se cercasse di proteggersi da qualcosa. [. . .] Ho pensato che sembrava come star male. [. . .] Quando l’ho visto per la prima volta, c’era anche una ragazza dietro di lui. Non so se può interessare. Sono due le persone che ho visto”.
In effetti, all’inizio, Di Pierro aveva notato Sirhan più per via della ragazza: “Era stato a causa di quella ragazza di bell’aspetto, lì tra la folla.” Ragazza che sembrava essere in gran confidenza con Sirhan, secondo il racconto del cameriere, che infatti riferì d’aver visto i due a stretto contatto, e Sirhan sorriderle e quasi flirtare con lei.
Di Pierro descrisse la ragazza come caucasica, tra i venti e i ventiquattro anni, capelli castano scuro appena sopra le spalle, un po’ gonfi su un lato, e un piccolo naso “all’insù”. Di Pierro descrisse invece l’abito della ragazza come un abito bianco con pois neri o viola scuro e un bavero realizzato nello stesso materiale del vestito. La sua faccia non era così bella, “ma non avrei mai dimenticato come appariva perché aveva una figura molto bella, ma il vestito era alquanto disastroso”.
Non l’aveva più rivista dopo gli spari.
I racconti di Serrano e Di Pierro stabiliscono che un attraente “gestore” femminile in abito bianco con pois neri condusse Sirhan in albergo, lo posizionò nella dispensa, lo fece scattare per sparare e poi scomparve giù per la scala antincendio, e non è mai stata dopo cercata. Piuttosto che ammetterlo, Hank Hernandez ha sottoposto Di Pierro a forti pressioni, nel tentativo di fargli ritrattare la sua dichiarazione, e ha chiuso l’indagine sul vestito a pois.
Questi fatti mi spingono a chiederti: come giudichi il comportamento tenuto dalla polizia nell’affrontare il caso?
La polizia di Los Angeles voleva disperatamente evitare l’imbarazzo di dimensioni nazionali che il Dipartimento di Polizia di Dallas aveva sofferto dopo la morte di JFK e Oswald nel 1963. Chiusero perciò tutte le piste che suggerivano l’esistenza d’una cospirazione. Tramite il tenente Enrique “Hank” Hernandez, sottoposero i testimoni all’esame del poligrafo, con il risultato d’intimidire così i testimoni, spingendoli a ritrattare le loro affermazioni. La polizia di Los Angeles ha soppresso documenti legati all’indagine per venti anni, e distrutto prove importanti. Il criminologo della polizia di Los Angeles Dewayne Wolfer è stato successivamente duramente criticato per il suo lavoro sulle prove balistiche legate al caso. Ha affermato che le pallottole che hanno colpito le vittime collimano con la pistola di Sirhan, ma questa conclusione e le prove su cui si basava sono state in seguito rivelate false.
Anche Paul Schrade fu ferito assieme a Robert Kennedy, ma è sopravvissuto. Chi è Schrade, cosa afferma ora, e perché è così importante?
Paul Schrade era un amico intimo di Bobby Kennedy e a capo delle Politiche per il lavoro nella sua campagna del 1968. Schrade si trovava un paio di metri, 2 metri e mezzo dietro Robert Kennedy quando fu colpito alla testa dal primo proiettile (probabilmente da Sirhan). Cadde a terra, ed era fuori combattimento nel mentre gli spari continuavano ma, dal 1974 in poi, ha chiesto una nuova inchiesta sul caso perché crede che il numero di proiettili sparati quella notte sia maggiore di quelli che la pistola di Sirhan poteva contenere. Nel 2016, ha partecipato all’udienza per la messa in libertà sulla parola di Sirhan e s’è scusato con l’uomo che gli ha sparato per non aver sostenuto il suo rilascio prima. Crede che Sirhan non abbia ucciso Bobby Kennedy, e che dovrebbe essere rilasciato.
Ho di recente intervistato Stephen Jaffe, membro di prima grandezza della squadra investigativa di Garrison, il Procuratore distrettuale grazie al cui coraggio nel 1967 si riaprirono le indagini sull’assassinio di JFK. Nel rispondere alle mie domande, mi ha rivelato d’essere stato l’organizzatore di un rendezvous segreto davvero straordinario tra RFK e lo stesso Garrison, aggiungendo: “Prima di quell’incontro, ho avuto un contatto da un caro amico della famiglia Kennedy che mi ha chiesto d’organizzare la riunione. Abbiamo anche avuto aiuto da un altro senatore degli Stati Uniti. RFK disse a Garrison a New York, in quell’incontro molto confidenziale, che avrebbe riaperto le indagini sull’assassinio del presidente Kennedy, ma solo dopo essere stato eletto presidente. Solo con quel potere, aveva spiegato, avrebbe potuto farlo”. Affermazione che si sposa perfettamente con una di RFK Jr.: “Mio padre credeva che la Commissione Warren fosse solo paccottiglia infiocchettata. Pubblicamente, sosteneva le conclusioni della Commissione Warren, ma in privato le disprezzava. Mio padre era convinto che fosse coinvolto qualcun altro. Ritengo che le prove attuali siano molto, molto convincenti nel dirci che non s’è trattato d’uno sparatore solitario”.
Per favore, cosa pensi di questo incontro e di questa rivelazione di RFK Jr.?
Che siamo innanzi ad uno dei moventi che hanno spinto ad ucciderlo.
Come detto all’inizio nel presentarti, c’è il sostegno al tuo documentario da parte di RFK Jr., un fatto ch’è chiara dimostrazione di quanto importante sia il tuo lavoro. Hai mai avuto occasione di parlare direttamente con lui?
No, ma sono in contatto con persone della sua cerchia. So che sta scrivendo un nuovo libro riguardante sia l’assassinio di suo padre che di John Kennedy, suo zio. Libro che spero accenda l’attenzione dei media sull’uccisione di Robert Kennedy e sul Caso Sirhan.
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