http://www.elenaferro.it 10 ottobre 2017
Brasile, un anno dopo Dilma di Elena Ferro
Circa un anno fa, Dilma Youssef, prima donna Presidente del Brasile, nome in codice Estela, veniva destituita, con l’accusa di corruzione. Ne parlai a suo tempo, nel mio articolo 5 scommesse che vorrei perdere sul futuro del Brasile. E proprio ieri, leggendo un interessante articolo di Guillermo Oglietti e Sergio Martìn su Celag , mi è tornato in mente. Non tanto per la descrizione della fiera presidenta destituita, ma per le scommesse che alla fine dell’articolo facevo sul futuro del Brasile che alla prova dei fatti ho, almeno parzialmente, vinto.
Ma è solo questione di tempo, vederete che le vincerò tutte. Intanto torno sull’argomento per palare di come talune operazioni politiche vengano preparate da massicce campagne di comunicazione denigratoria. Efficaci a demolire, per poi ricostruire a proprio vantaggio. Tenetevi forte care Volpi che comincia il piccolo viaggio nel Brasile di Temer.
Il Brasile dopo Dilma Non era difficile prevedere cosa sarebbe successo dopo la destituzione di Dilma, e se avete dato un’occhiata all’articolo qui a fianco vi sarete accorti che una tale previsione poteva essere fatta con semplicità da chiunque. Come nel resto dell’America Latina, quando il nuovo corso elettorale si instaura, porta una ventata di capitali freschi e di affari per le imprese private di tutto il mondo. Come accade? Vendendo le ricchezze di uno dei massimi produttori e trasformatori di materie prime al mondo, il Brasile.
Gioielli di famiglia in saldo: le grandi imprese pubbliche Il punto che la rivista Celag fa sulle privatizzazioni è feroce: in un anno Temer ha venduto 57 partecipazioni statali in imprese strategiche nel settore dei trasporti, porti e aeroporti, nel settore dell’energia e dell’acqua (privatizzata l’azienda di distribuzione dell’acqua di Rio de Janeiro) e si prepara a cedere il controllo di un’altra impresa strategica nel settore aeronautico, Embraer, terza industria aerea del mondo. Stessa sorte prevista per la secondo miniera del pianeta, l‘Isntituto de Reaseguros y Vales.
Le privatizzazioni per la verità erano già state realizzate negli anni ’90, ma lo Stato brasiliano manteneva per sé l’equivalente della nostra “golden share” cioè il diritto, per peso politico, non legato alla misura dell’investimento economico, che lo Stato riserva a sé per imporre la sua volontà sulle scelte strategiche delle imprese privatizzate. La golden share ha peraltro il mirabile scopo di tenere tranquilli i sostenitori della gestione pubblica e del controllo da parte dello Stato, perché offre l’impressione che esso possa ancora in qualche modo determinare le scelte delle società miste pubblico/private, oggetto delle attenzioni di Temer.
Utile tutto ciò anche ad allontanare l’impressione, reale, che le maggiori imprese del paese passino sotto il controllo di aziende (e per il loro tramite, di Stati) stranieri, ovvero esteri. Una tecnica che inventò la signora Tatcher e che anche da noi è ampiamente utilizzata. Non vi suona? Alcune domande sorgono spontanee: Per chi dunque ha lavorato Temer? Dove sono finite le battaglie contro la corruzione e per la “bonifica” delle istituzioni? Un Presidente che in un anno ha visto scendere il suo share personale al 10%, come fa a stare ancora in piedi?
Il ruolo nella vicenda dei mezzi di comunicazione di massa La comunicazione e i social media hanno avuto un ruolo in questa storia. E’ sufficiente una campagna massiccia contro lo stato corrotto per sostenere l’avvento catartico del privato. Dei corruttori non si parla più, sono spariti tutti, ma che conta. Definire l’obiettivo, isolarlo, e poi distruggerlo.
In fondo la comunicazione è una guerra di parole. E poco importa se queste parole producono povertà e marginalizzazione economica. Chi dirige i giochi ha ben altro cui pensare.
Ecco perché, nella società post moderna, manovrare conoscere e governare le regole della comunicazione può, a volte, se non fermare i processi, ma almeno esserne consapevoli. Che capire cosa succede, non so come la vedete voi, ma per me è già un enorme passo avanti.
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