https://www.avvenire.it/ venerdì 16 giugno 2017
Chi davvero è straniero di Danilo Paolini
Non è stata la prima né, temiamo, sarà l’ultima pagina oscura nella vita delle aule parlamentari, quella vissuta ieri al Senato, dove è andata in scena una rissa, animata per lo più dal gruppo della Lega che intendeva così contestare la legge sulla cittadinanza. Però, sicuramente, è un episodio tra i più gravi della storia repubblicana. Per il provvedimento di legge oggetto della protesta, per la veemenza e per lo spirito "esclusivo"(teso a escludere) che animava quest’ultima. Tagliar fuori, è la parola d’ordine. E questo, in concreto, significa dire «tu sei italiano, tu no» a due bambini seduti fianco a fianco dietro un banco di scuola. Dire «tu sei straniero perché lo è tuo padre, tua madre» a un ragazzino che, magari, non conosce altra lingua che la nostra, con inflessioni dialettali varie. Basta farsi un giro in strada a Milano, a Roma, a Napoli, in qualsiasi borgo o città della nostra amata Patria per rendersene conto. E ci rifiutiamo di credere che certi senatori non abbiano mai avuto modo di constatarlo di persona. Significherebbe che davvero la distanza tra la politica e il Paese reale si è fatta incolmabile. Escludere, dunque, è l’obiettivo. In base alle origini, al sangue. È già successo nella storia, purtroppo anche qui da noi, ed è stata una tragedia immane e da non dimenticare mai. Nemmeno per un istante. Neanche per quei pochi secondi che servono per sventolare un cartello in un emiciclo che dovrebbe rappresentare la democrazia e il rispetto delle regole, prima che arrivi un commesso a strappartelo dalle mani. Ma se anche la legge fosse stata rivolta a una platea più ampia, ciò a cui abbiamo assistito non sarebbe in alcun modo giustificabile. Ogni opinione, infatti, è legittima e in democrazia tutti hanno diritto a esprimere la propria. Civilmente, però. E nel rispetto delle istituzioni, in special modo se si ha l’onore e l’onere di essere stati scelti dal popolo per rappresentarle. Oppure ascoltare loro colleghi fino a ieri fieramente anti-italiani e secessionisti denunciare che con questa legge si starebbe «svendendo la nostra identità» nazionale. I loro partiti, per altro, approvarono quella legge sull'immigrazione nota come Bossi-Fini, in base alla quale (per semplice, inevitabile aderenza alla vita vera del Paese) furono regolarizzati oltre 200mila immigrati che qui già lavoravano. Da allora sono trascorsi 15 anni e non è assurdo pensare che coloro ai quali oggi si vuole negare la cittadinanza italiana siano, almeno in parte, i figli o i nipoti di quelle persone. Cittadini e cittadine, uomini e donne come noi. Che lavorano e fanno impresa con noi e per noi. E che pagano le tasse, se non li lasciamo (o li facciamo) risucchiare nella sacca del lavoro nero. Chi è davvero straniero alla nostra civiltà? Loro o chi rifiuta di guardare in faccia la verità della loro vita e della nostra, insieme?
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