http://comune-info.net/ 19 gennaio 2017
Preghiera per l’Appennino di Franco Arminio poeta, scrittore e paesologo
Quando mercoledì (18) sera ho scritto il post intitolato Il cuore degli altri (leggi in coda, ndr) poi ho provato a dormire, non ce la facevo più a stare in rete, non sapevo più come smuovere, come far sentire la mia e la vostra impotenza. Non sapevo della valanga e ora non è neppure il caso di dire che lo Stato non c’è. Sono stato tre volte ad Amatrice e lì di Stato ne ho visto anche troppo. Non so bene cosa stanno facendo, ma ci sono. E sulla neve credo che sull’Appennino non siamo mai stati tanto attrezzati: magari si poteva presidiare meglio quella zona, ma non è il punto cruciale. Quello che manca è proprio una sorta di rispetto antropologico per chi è rimasto sull’Appennino. I servizi di cittadinanza sono stati tagliati senza grandi opposizioni, né al centro, né in periferia. Hanno chiuso l’ospedale del mio paese e poi scopri che a Nola stendono i malati per terra. Sono anni che cerco di costruire un movimento per l’Appennino, abbiamo aperto la casa della paesologia, ma per avere ventiquattro euro per l’iscrizione sembra che devi chiedere l’elemosina.
Passerà la neve, passeranno le scosse e tutto tornerà come prima. Il governo deve cambiare completamente passo. E ci vogliono segnali clamorosi, anche di tipo mediatico. Quest’anno il festival di Sanremo si potrebbe fare a l’Aquila. Per i cantanti non cambierebbe niente, ma sarebbe un segnale di un’Italia che cambia sguardo. E il governo potrebbe fare la prossima riunione del consiglio dei ministri in un paese della calabria, a San Luca, per esempio.
Si sono raccolti tanti soldi, ma poi si dimentica che il governo e le regioni hanno un progetto che si chiama Strategia Nazionale delle Aree Interne: bisogna dare un impulso immediato a questa strategia di cui non sa niente nessuno. Bisogna coinvolgere le popolazioni dell’Appennino su cosa fare per restare in quei luoghi. Non ci vuole chi gli va a montare le catene, possono farlo benissimo da soli. Ci vuole che l’Italia si ricordi che è un paese di paesi e di montagne. Dove d’inverno può arrivare tanta neve e dove la terra può tremare ogni giorno. In ultimo bisogna ricordare che le valanghe sono molto più veloci delle nostre manfrine burocratiche, fanno in una notte quello che non riusciamo a fare in tanti anni.
Ci vuole un cantiere per l’Appennino, bisogna dire a tutti i giovani che ci sono che avranno lì lavoro per almeno dieci anni, perché l’Italia e il mondo devono salvare l’Appennino, perché è una terra sacra, è una terra che ha un patrimonio naturalistico e culturale unico al mondo.
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Uscire e stare nel mondo assieme a qualcuno di Franco Arminio
Ho provato in tutti i modi a smuovere le acque sul problema dell’Appennino. Ora sono solo addolorato. Ho avuto poche risposte. Ma me le tengo care. E mi tengo cara già da adesso tutti i giorni in cui non sarò in questo mondo, tutti giorni consegnato senza lingua e senza mani al grande mistero che chiamiamo nulla. Noi intanto ne abbiamo costruito un più piccolo nella piccola comunità degli umani. E la mia impazienza feroce di demolirlo, senza sapere da che parte colpire, perché questo nulla è lontanissimo e vicinissimo, è nel tuo cuore e in quello dei tuoi amici e in quello dei tuoi nemici. Il nulla di cui parlo è l’addio a una storia condivisa, la regola che ognuno scambia il proprio sguardo come l’unico possibile. Non c’è una cantina degli sguardi dove portare i propri occhi. Il novecento aveva tentato attraverso le grandi narrazioni di infilare gli uomini in un progetto planetario. È finita in tragedia. E ora la tragedia prosegue e pare che in ogni forma della nostra vita riusciamo solo ad alimentarla ulteriormente, anche se in forma diluita, sonnolenta. Non devi parlare quando hai torto, ma ora non devi parlare neppure quando hai ragione, non devi aspettarti che se trovi una verità questa venga condivisa. Anzi, la verità che porti è un’offesa a tutte le menzogne in circolazione. Il potere è riuscito a calarsi tra i giovani, tra gli inermi, tra gli sconfitti e ha fornito a queste persone gli occhiali per leggere il mondo come vuole il potere. La voce di un poeta non potrà mai diventare la voce di tanti. Chi compie azioni indegne è assai più noto di chi fa onestamente il suo lavoro. Io oggi ci ho provato un’altra volta ed ho fallito. Ho fallito come fallisce una madre, un operaio, un disoccupato, un anziano. Io oggi volevo uscire e stare nel mondo assieme a qualcuno, volevo lottare oggi e invece pare solo che parli troppo, il tuo fiato ruba il fiato agli altri. Dovrei farmi furbo, parlare ogni tanto, e passare all’incasso. Ma io so che il mio solo guadagno è quando avrò gli occhi chiusi sotto la terra. Lì ogni attimo sarà premio, sarà il paradiso che mi sto conquistando attimo per attimo, il paradiso che non c’è.
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Il cuore degli altri di Franco Arminio
Il terremoto con la neve. La sedia rottta su cui stanno seduti i paesi. Ci sono giorni in cui non ha senso pensare agli affari propri. Ci sono giorni in cui bisogna avere il cuore degli altri, il cuore tuo da solo non serve a niente. Devi stare dentro il batticuore di tutti. E invece ora siamo in questo gioco in cui ognuno si espone al mondo col suo corpo, con un pensiero, col suo niente, e in questo modo sfama la noia, in queso modo facciamo amicizia con il nulla invece di avversarlo, invece di piangere per chi trema. Adesso c’è chi ha paura di arrivare al sonno, c’è chi ha freddo. Pensate a chi in quelle terre è malato, pensate ai vecchi, pensate all’osso rotto, allo stomaco che non digerisce, pensate al tumore alla gola, pensate al lutto, pensate ai brutti, pensate a chi non si è mai trovato in un abbraccio. Oggi abbiamo fallito di nuovo come umanità, oggi abbiamo allestito una nuova Caporetto, una al giorno, una disfatta continua che disfa legami, simpatie. Ogni giorno che siamo senza dolore dovremmo gettarci con foga a salvare il mondo, salvarlo ora con gentilezza, ora con rabbia, ora in silenzio, ora gridando. Viva la foga, la furia, la forza di dimenticarsi. Oggi era un giorno per dimenticarsi. Contava solo la neve e il terremoto, nient’altro. |