http://contropiano.org/ 22 agosto 2017
Dovete morire prima. L’accelerazione di Maroni
Scorrendo i dati sul calo demografico della popolazione residente in Italia ci è capitato di ritrovare, nel nostro confuso archivio di appunti, un articolo apparso tre mesi fa su Il Fatto Quotidiano. L’autore, Vittorio Agnoletto, non è in cima ai nostri sogni come leader politico – ci è sembrata più che sufficiente la stagione di Genova 2001, in tandem con Bertinotti – ma è certamente un medico esperto. Quindi, quando analizza il sistema sanitario e i vari progetti di riforma, va preso molto sul serio. In questo articolo coglie le infamie principali della “riforma sanitaria” in via di applicazione, ormai, nella Regione Lombardia e voluta da Roberto Maroni, la Lega e Forza Italia, ben supportati da tutta l’estrema destra che tanto dice di voler difendere “gli italiani”. I punti principali sono più che evidenti: a) Non sarà più un medico a decidere come dovrà essere curato un “malato cronico” rientrante delle 65 tipologie individuate dal legislatore regionale. Questo ruolo passa a un “gestore” – un ente o una società, che potrà gestirne fino a 200.000 – cui la stessa Regione affiderà un budget pro capite cui attingere per analisi,diagnosi, cure, ricoveri, ecc. b) Il “guadagno di impresa” del gestore dovrà essere scavato in questo budget predeterminato, risparmiando sulle prestazioni e/o sul loro costo. c) Il medico di base avrà come unica funzione quella di “suggerire” a quale “gestore” potrà rivolgere il paziente cronico. Un ruolo inutile sul piano pratico, ma non si poteva scrivere una riforma che lo eliminava perché troppo palesemente in contrasto con la Costituzione (art. 32: 2La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”). Le conseguenze pratiche di queste “innovazioni” sono facilmente immaginabili, e Agnoletto le descrive con precisione. I “gestori” mireranno a “creare valore per gli azionisti”, e dunque dichiareranno “inutili” tutta una serie di prestazioni che altrimenti avvicinerebbero il limite del budget. Un incentivo formidabile che dovrebbe permettere alla Regione di risparmiare qualcosa e ai “privati gestori” di introitare cifre favolose… A spese ovviamente della salute dei malati più deboli. Non dobbiamo infatti perdere di vista che stiamo parlando di malati cronici, difficilmente avviabili sulla via della guarigione. Un numero sterminato, in Lombardia, che arriva a oltre 3 milioni di persone. Una riduzione anche non elevatissima delle prestazioni (analisi diagnostiche, ecc) si traduce facilmente in un più alto numero di decessi. In piena sintonia con il programma “dovete morire prima” di cui abbiamo colto spesso i segni caratteristici nelle “riforme del welfare” che si susseguono da quasi 20 anni, senza apprezzabili differenze tra i “colori” esibiti dai vari governi. Contro questa “riforma” criminale c’è una prima opposizione messa in piedi dagli addetti ai lavori (l’Unione dei medici italiani e Medicina Democratica, per ora), mentre nessun partito politico o sindacato “complice” ha fin qui profferito parola. Un “silenzio” che tutti – a cominciare dalla giunta fascio-leghista-berlusconiana – ha giustamente interpretato come un “assenso”. A voi il giudizio finale…
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http://www.ilfattoquotidiano.it/ 15/05/2017
Regione Lombardia: sei malato? Non chiamare il medico, ora c’è il gestore di Vittorio Agnoletto Scritto in collaborazione con Albarosa Raimondi, medico, esperta in organizzazione sanitaria
Il titolo, purtroppo, non è uno scherzo, ma è quello che sta avvenendo in Regione Lombardia.
Per ora riguarda una sola Regione ma, se dovesse realizzarsi, è probabile che in pochi anni troverà estimatori anche in molte altre parti d’Italia. E’ una vicenda (volutamente) complicata ma proverò a spiegarla nel modo più semplice possibile, convinto che ognuno abbia diritto di essere pienamente informato su quello che riguarda il presente e il futuro della sua salute. Con due delibere, la n. 6164 del 3 gennaio e la n. 6551 del 4 maggio 2017, la giunta regionale lombarda, senza nemmeno una discussione in Consiglio regionale, sta modificando totalmente l’assistenza sanitaria in Lombardia e cancellando alcuni dei pilastri fondativi della legge di riforma sanitaria la n. 833 del ’78. La non costituzionalità di tali delibere è stata sollevata attraverso un ricorso al Tar dall’Unione Medici Italiani ed un altro ricorso è in arrivo da Medicina Democratica. Gli Ordini dei medici di Milano e della Lombardia sono insorti: la giunta regionale si è limitata ad inserire qualche modifica di facciata proseguendo a vele spiegate verso una terza delibera attuativaattesa in questi giorni (maggio 2017; l’approvazione definitiva è arrivata all’inizio di agosto, ndr). La vicenda riguarda, secondo le stime della Regione, circa 3.350.000 cittadini “pazienti cronici e fragili” che sono stati suddivisi in tre livelli a seconda della gravità della loro condizione clinica. Costoro riceveranno in autunno una lettera attraverso la quale la Regione li inviterà a scegliersi un “gestore” (la delibera usa proprio questo termine) al quale affidare, attraverso un “Patto di Cura”, un atto formale con validità giuridica, la gestione della propria salute. Il gestore potrà essere loro consigliato dal medico di base o scelto autonomamente da uno specifico elenco. Il gestore, seguendo gli indirizzi dettati dalla Regione, predisporrà il Piano di Assistenza Individuale (Pai) prevedendo le visite, gli esami e gli interventi ritenuti da lui necessari; “il medico di medicina generale (Mmg) può eventualmente integrare il Pai, provvedendo a darne informativa al Gestore, ma non modificarlo essendo il Pai in capo al Gestore”. La Regione ha individuato 65 malattie, per le quali ha stabilito un corrispettivo economico da attribuire al gestore a secondo della patologia presentata da ogni persona da lui gestita. Se il gestore riuscirà a spendere meno della cifra attribuitagli dalla Regione potrà mantenere per sé una quota dell’avanzo, eventualmente da condividere con il Mmg che ha creato il contatto. Il gestore non deve per forza essere un medico, può essere un ente anche privato e deve avere una precisa conformazione giuridica e societaria e può gestire fino a… 200.000 persone. E’ facile immaginare che nelle scelte dei gestori conterà maggiormente il possibile guadagno piuttosto che la piena tutela della salute del paziente, il quale potrà cambiare gestore ma solo dopo un anno. Scomparirà ogni personalizzazione del percorso terapeutico e ogni rapporto personale tipico della relazione con il medico curante. Per una società che gestirà 100/200.000 Pai (Piani di Assistenza) ogni cittadino è un numero asettico potenziale produttore di guadagno. Il Mmg viene quindi privato di qualunque ruolo, sostituito da un manager e da una società; ed è questa una delle ragioni che ha fatto scendere sul piede di guerra i camici bianchi. Se avesse potuto la Lombardia avrebbe cancellato la figura dei Mmg, ma per ora una Regione non può modificare i pilastri di una legge nazionale come la legge 833. Ma all’orizzonte c’è il referendum sull’autonomia regionale voluto dal presidente leghista, un referendum consultivo ma che verrà fortemente enfatizzato. Ci sentiremo dire che l’autonomia da Roma permetterà di rendere pienamente operativa questa “eccellente riforma regionale”. Di bufale sulla sanità ne abbiamo già sentite molte, da Renzi alla Lorenzin e questa non sarà l’ultima. Una “legge eccezionale”, sosterrà la Regione, perché eviterà che cittadini malati, in maggioranza anziani, debbano impazzire con le ricette, le telefonate interminabili ai centralini regionali per fissare le visite, le code agli sportelli, le liste di attesa ecc. ecc. La Regione Lombardia non dirà che tutti questi disagi sono stati costruiti ad arte, prima da Roberto Formigoni e poi da Roberto Maroni, per spingere i cittadini verso la sanità privata che li aspetta con gioia per lucrare ulteriormente sulla loro pelle. Se il Tarnon cancellerà queste delibere e se le organizzazione della società civile non si ribelleranno è forte il rischio che molti nostri concittadini accetteranno quasi con riconoscenza il piano della Regione; salvo poi accorgersi che ad essere trascurata sarà proprio la loro salute. Ma allora sarà troppo tardi.
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Rete lombarda per il diritto alla salute di Fulvio Aurora
Il 14 luglio scorso si è svolto il presidio, promosso dalla Rete Lombarda per il diritto alla Salute, davanti alla Regione in coincidenza con l’inizio della discussione del pdl 228, sulla evoluzione del sistema sanitario regionale. Vi è stata una partecipazione, relativa al periodo in cui si è svolta, limitata, ma dignitosa. Del resto non si poteva in un’occasione simile fare nulla. O comunque lasciare il tutto alle opposizioni con i loro migliaia di emendamenti e di ordini del giorno. Erano presenti associazioni, sindacati, movimenti e partiti, singoli compagni che hanno animato l’iniziativa, servendosi anche di un notevole altoparlante fornito da SDL di Varese. Presente anche un altro sindacato di base SIAL COBAS, varie associazioni: UNASAM (Salute Mentale), Medicina Democratica, Associazione Italiana Esposti Amianto, Andria (salute della donna), e fra i partiti Rifondazione e SEL; vi erano anche diversi operatori sanitari di alcuni ospedali e ASL milanesi (coordinamento degli operatori della sanità). L’idea è quella di costituire effettivamente una Rete che coinvolga tutti quelli che hanno i medesimi intendimenti senza discriminazione alcuna, alfine di portare avanti una piattaforma comune, considerando che ne la nostra iniziale mobilitazione, ne gli emendamenti delle opposizioni riusciranno a modificare la posizione della Giunta Regionale. Sappiamo che questa, nonostante le differenze interne, che sono differenze di potere, piuttosto che di merito, perseguirà con la sua linea che sinteticamente è stata definita quella di un ulteriore passaggio verso la privatizzazione della sanità. Ci vorrà tempo e fatica, occorrerà organizzare altre iniziative e manifestazioni, momenti di studio e di approfondimento, ma non possiamo dimenticarci che ne va della storia, proprio della storia del Servizio Sanitario Nazionale. Vi è anche, in proposito, un problema di carattere culturale: la popolazione si accorge dei pur veri problemi che gli si pongono immediatamente davanti (come iticket e le liste di attesa), è meno interessata o non vede quello che ci sta dietro, per cui finisce per accettare quello che la Regione promette di fornire, e che in verità è frammentato e inadeguato, quando non corrisponde a necessità clientelari o corruttive. Proponiamo a tutti di costruire una mailing list tramite la quale comunicare le iniziative di ciascuno e di tutti, di costruire iniziative comuni. Facciamo inoltre presente che continua il corso sulla salute, organizzato dalla Rete ogni 15 giorni dalle 17,45 alle 20 presso la sala sindacale dei ferrovieri alla stazione centrale (Binario 21 scala E, quarto piano) a partire da mercoledì 12 settembre il cui tema sarà dedicato alla salute della donna. Si prevede un convegno finale per il 28 di novembre da organizzare con tutta la Rete.
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