http://www.mediacomunitaeritrea.it/ 7 agosto 2017
Soros e la sua Color Revolution in Italia di Daniel Wedikorbaria
In un’epoca di inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario. (George Orwell)
Premessa “Negli ultimi dieci anni l’Eritrea è stata un obiettivo di pratiche dannose e concertate di traffico di esseri umani” scrive il Presidente eritreo Isaias Afwerki al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon. “Gli architetti di questo flagello hanno ricorso a ulteriori schemi creando apposite etichette per mascherare il reato e nascondere la loro vera identità.” E conclude la sua lettera dicendo: “Il governo dell’Eritrea chiede con fermezza alle Nazioni Unite di avviare un’indagine indipendente e trasparente di questa situazione abominevole in modo da portare alla giustizia i colpevoli.”
Era il febbraio 2013.
Ovviamente, le Nazioni Unite non hanno mai avviato questa indagine indipendente per scoprire chi fossero tali “architetti”. Per gli eritrei è stato fin troppo facile arrivarci dal momento che il Presidente Obama al Clinton Global Initiative aveva confessato nel 2012: “Recentemente ho rinnovato le sanzioni su alcuni dei paesi più tirannici tra cui (…) l’Eritrea, collaboriamo con i gruppi che aiutano le donne e i bambini a scappare dalle mani dei loro aguzzini, stiamo aiutando altri paesi ad intensificare i loro sforzi e vediamo già dei risultati.” Mi chiedo perché un leader africano, al quale i mainstream media occidentali si rivolgono usando i peggiori epiteti, decida di chiedere un’indagine indipendente a chi dovrebbe essere super partes. E perché poi, quando tutti lo accusano di essere il responsabile numero uno della fuga dei giovani dall’Eritrea, dovrebbe auto crocifiggersi con questa richiesta? Se è davvero colpa sua perché voler aprire un’indagine? È proprio per indagare su questo che sono partito dal Corno d’Africa, ho attraversato deserto e mare fino a sbarcare nel Bel Paese dove mi sono imbattuto, o per meglio dire scontrato, nel muro della OSF, Open Society Foundations di George Soros. Mi son chiesto che diavolo ci facesse una fondazione americana sul suolo italiano e ho iniziato ad indagare per trovare la risposta.
Un vero banchetto umanitario nel Mediterraneo Sono rimasto solo in Piazza San Giovanni, non c’è anima viva, fa fresco come a febbraio dopo giorni della merla così turbolenti da annunciare un inverno ancora molto lungo. Rifletto e mi dico: “Accidenti, c’erano molte cose che ci accomunavano, tutti eravamo dei piccoli Che Guevara, chi più chi meno. E tutti ci commuovevamo davanti alle ingiustizie del mondo, ci schifavamo nel vedere il pesce grosso mangiare il pesce piccolo. Quante volte in quella piazza abbiamo cantato: “Bandiera rossa la trionferà” oppure “Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor, O bella ciao, bella ciao…” Poi è successo qualcosa. Un misterioso spirito è calato sopra le nostre teste, ora respiriamo aria di terrorismo, islam vs cristianesimo, i media che diffondono notizie e immagini cruente come le teste tagliate dell’Isis o la devastazione di un quartiere nel medio oriente bombardato e la gente che disperatamente accorre per scavare e tirare fuori i corpi dei bambini. Oramai sono rimasto solo a Piazza San Giovanni indossando la mia maglietta rossa con il volto sbiadito del Che. Attorno a me solo automobili dell’estenuante e imperituro traffico di Roma. Ahimè, i miei ex compagni delle manifestazioni contro le guerre imperialiste sono stati intossicati dal fumo dei roboanti motori dei cacciabombardieri NATO e con la diossina nei polmoni si sentono esseri migliori, dei veri umanitari. Compagni chiamatemi pure come vi pare, extracomunitario, immigrato clandestino, migrante, rifugiato, profugo o richiedente asilo, non ha più importanza. Io sono quello che, sordo ai clacson di San Giovanni, è la voce narrante di questa storia che rasenta il fantastico. Dove siete finiti compagni? Dove siete voi che a squarciagola dicevate: “No alla guerra”? Le guerre e le devastazioni delle millenarie civiltà continuano ad esistere ma nessuno di voi manifesta più contro. Anzi, oramai fate parte di quella catena guerrafondaia che sta causando migliaia di morti l’anno. La sinistra che nel 2003 manifestava assieme a me contro la guerra in Iraq oggi sembra indifferente al destino degli Stati che continuano a fallire, anche Gheddafi meritava un po’ di misericordia e solidarietà, invece questa sinistra-imperialista torna a Piazza San Giovanni di Roma solo per il concerto del 1° Maggio. In Italia la sinistra italiana al pari di Dorian Grey ha venduto l’anima al peggior diavolo. E se vedesse ora il suo ritratto in soffitta scoprirebbe di essersi così tanto imbruttita da far schifo ai creatori de La cosa. Requiem immonda! Solo che questo diavolo di un Soros è come il cancro che lentamente allarga le sue metastasi dentro il corpo che lo ospita e piano piano se lo divora tutto, lui è uno che esige un prezzo altissimo per il suo do ut des. Nonostante io non abbia mai sopportato il Cavaliere sono convinto che sarebbe stato meglio se i suoi avversari politici se l’avessero tenuto caro. Quella sinistra ha riscoperto i valori dell’Umanitario d’oltreoceano e si è data al volontariato per campare, la filosofia del magna magna ha preso il sopravvento. “Umanitaria” è una malattia che ha colpito i miei ex compagni della piazza e, in un contagio irreversibile, ha trasformato tutta la sinistra italiana in paladini dei diritti umani che li vede oggi impegnati ciecamente, proprio in nome di questi rinnovati valori, El Pueblo Unido Jamás Será Vencido si è trasformato in: Accogliamoli tutti perché li amiamo! E questa loro bontà si dipana ovunque, terra, cielo e mare. Così i miei ex compagni progressisti, indossando scudi da umanitari e spade da paladini dei diritti umani come dei moderni cavalieri templari, sono andati a combattere una guerra in quel mare santo che è il Mediterraneo, dove si dovrà imbandire il banchetto della morte per annegamento di molti disgraziati. Il Mar Mediterraneo è diventato l’ambientazione perfetta, la scenografia ideale per combattere la guerra santa dei migranti. In quel cimitero liquido è stato deciso il passaggio dell’esodo di disgraziati provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente. E proprio in quel mare dove a migliaia moriranno annegati, qualcun altro è destinato invece a concludere affari d’oro trasformando il Mediterraneo in una location hollywoodiana per chi cerca soldi, fama e gloria. La stagione della pesca è aperta! I miei ex compagni progressisti, che non sono da meno, come fossero esperti pescatori hanno già lanciato l’amo e ora attendono che le imbarcazioni fatiscenti riprendano le loro attività. I miei ex compagni di tante battaglie progressiste mascherati da giornalisti, fotografi, capitani coraggiosi, dottori e attivisti ONG armati di telefoni satellitari sperano nella complicità dei trafficanti e degli scafisti, dei beduini ruba-reni e dei tagliatori di teste perché gliene mandino in abbondanza. Tutti aspettano impazienti con coltello e forchetta in mano pronti ad addentare il prelibato pasto di immigrati naufraghi, l’abbuffata di un pescato che vale milioni di dollari. A vederli sudati, affamati e con la bava alla bocca mi sembrano i dannati dell’inferno dantesco. “Perché non gli disobbedite?” “È fuori di testa, non lo vedete anche voi?” chiedo. “Eh, io non posso rifiutare perché ho una famiglia da mantenere” mi dice il più coraggioso di loro. Un altro mi sussurra guardandosi intorno: “Se rinunciassi che altro lavoro troverei dopo?”. “Eccolo, un barcone!” grida il fotoreporter zoomando con l’obiettivo gigante della sua macchina fotografica. “Finalmente se magna!” dicono i compagni necrofili in coro. Ed io vomito.
Una tragedia per fare business Quella del 3 ottobre era stata una notte apparentemente tranquilla, tranquilla come la quiete prima della tempesta. Tutto sembrava presagire una disgrazia. I poveretti a bordo furono costretti ad accendere un fuoco per attirare l’attenzione di qualcuno che li ignorò e continuò a navigare. Il barcone si rovesciò e successe l’inevitabile. Sembrava che quella maledetta notte non aspettasse altro che un ennesimo naufragio poiché, proprio quella notte, non funzionarono nemmeno i satellitari delle solite ONG a salvare quei disgraziati. Sembrava che fossero destinati a finire così. Le istituzioni italiane si mostrarono del tutto assenti ed impreparate a gestire quell’emergenza perché i soccorsi furono lasciati all’iniziativa di pescherecci privati. La tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013 ha stroncato la vita e la speranza di oltre trecento persone. La maggior parte di esse erano di nazionalità eritrea. In poco tempo quella tragedia, sebbene precedentemente ce ne fossero state delle altre, fu un punto di svolta mediatico a livello internazionale. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la definì “una strage di innocenti”. “Ho visto i corpi, una scena raccapricciante, che offende l’Occidente e l’Europa” dichiarò il Ministro dell’Interno Angelino Alfano. “L’Europa con i suoi egoismi e le sue politiche proibizioniste sta trasformando il Mediterraneo in un cimitero a cielo aperto” disse il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Mentre Nichi Vendola, Matteo Renzi, Cécile Kyenge e tutto il PD chiesero di cambiare subito la legge Bossi-Fini contro il reato di clandestinità. La Lega Nord addebitò la “responsabilità morale” della strage alla stessa Laura Boldrini e al ministro Cécile Kyenge. La Comunità eritrea in Italia si chiuse nel suo lutto silenzioso mentre entravano in azione gli attivisti del regime-change eritreo, proprietari di ONG e di telefoni satellitari, come Don Mussie Zeray dell’Agenzia Habeshia, Alganesh Fessiha di “Gandhi” e Meron Estifanos di Radio Erena. Questi da subito puntarono il dito contro il governo eritreo ritenuto responsabile di aver stipato quei poveretti su un’imbarcazione fatiscente e con scarsa benzina. Tutti gli eritrei che non condividevano le loro accuse furono allontanati dal luogo della tragedia e gli fu impedito di piangere i loro morti. Era una situazione surreale: i non eritrei soffrivano più degli eritrei. La tragedia avrebbe dovuto fermare altri viaggi, avrebbe dovuto servire da monito ai trafficanti facendogli pesare tutti quei morti sulla coscienza, invece, si continuò a caricare più e più persone sui barconi. Per non parlare di tutte le ONG nate come funghi dopo quella tragedia con lo scopo di aiutare i rifugiati. Prima d’allora Lampedusa non era mai stata così in fermento. Dopo la tragedia l’isola non sarebbe più stata la stessa per colpa o merito della OSF, la fondazione “filantropica” di George Soros che ha coinvolto varie ONG, istituzioni internazionali ed italiane per movimentare ulteriormente la vita isolana. Ogni giorno c’era una novità. Uno dei primi è stato il Comitato 3 Ottobre creato da preti, giornalisti e qualche sopravvissuto alla tragedia usato come prestanome per promuovere non solo la “giornata della memoria” ma soprattutto per difendere i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo con tanto di flash-mob. “Proteggere le persone non i confini” è il loro motto. Persino il cantante Caparezza ha indossato la loro maglietta. OSF scrive nel suo sito: “Lavoriamo con gruppi di attivisti, come il Comitato 3Ottobre-Accoglienza istituito da rifugiati e giornalisti a seguito della tragedia di Lampedusa nel 2013 per difendere i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. Sosteniamo progetti giornalistici come la produzione di sei film della redazione italiana Internazionale per documentare i pericolosi viaggi dei migranti alle frontiere dell’Europa.” Uno dei padri fondatori del Comitato 3Ottobre è stato Don Mussie Zerai, sacerdote e proprietario della Ong Agenzia Habeshia, da un decennio impegnato col suo telefono satellitare ad allertare la guardia costiera sui naufragi che avvengono nel Mediterraneo. Si è anche più volte battuto per chiedere al Governo Italiano e all’Europa l’Open Corridor, ossia dei corridoi umanitari per facilitare l’arrivo dei migranti. “Open, aperto” è il marchio di Soros, è la sua filosofia di vita. La Carta di Lampedusa è un’idea nata proprio nelle ore successive al naufragio del 3 ottobre: “Eravamo tutti scossi ma abbiamo capito che dovevamo fare qualcosa di concreto per avere un futuro in cui tali tragedie non possano più avvenire” spiega Nicola Grigion coordinatore del progetto Melting Pot Europa. Scrive il Fatto Quotidiano: “Con una delibera del 25 agosto scorso, la giunta guidata dalla Nicolini (sindaco di Lampedusa nda) ha firmato un protocollo d’intesa che fa arrivare sull’isola i soldi di George Soros, il magnate ungherese naturalizzato americano a capo della Open Society Foundation.” Ma non tutti volevano quei soldi. “Non abbiamo sottoscritto la Carta di Lampedusa (…) In particolare, alcune associazioni firmatarie della carta ricevono finanziamenti da fondazioni che riteniamo nemiche, una su tutte l’Open Society di Soros che ha contribuito a destabilizzare l’est Europa e a promuovere il capitalismo attraverso la retorica dei diritti umani e della democrazia” scrive Askavusa, un’associazione culturale del luogo. E così, il 09 settembre 2014 “La Open Society di George Soros piazza la bandierina al centro del Mediterraneo e punta a diventare la struttura protagonista per la gestione delle politiche migratorie che passano da e per Lampedusa” scrive Piero Messina su l’Espresso: “Il progetto di Soros per l’isola dei migranti. Open Society, la fondazione creata dal mecenate americano si impegna a creare a costo zero nuove opportunità di sviluppo del territorio diventato simbolo delle rotte migratorie tra l’Africa e l’Europa. Il primo step? Il festival internazionale Sabir (…) festival che coinciderà con l’anniversario della strage di migranti del 3 ottobre 2013, quando persero la vita 366 viaggiatori della speranza”. Con il festival internazionale Sabir si inscenano ogni anno sull’isola apprezzabili spettacoli, che coinvolgono personaggi della musica come Fiorella Mannoia, Caparezza, Frankie Hi-Nrg, ma per i lampedusani è soltanto uno showbiz ed una passarella per politici come Laura Boldrini e Cécile Kyenge.
Il network dei telefoni satellitari Alarm Phone nasce, come una scatola cinese, nell’ottobre 2014. Alarm Phone è un call center per i migranti organizzato da una coalizione di attivisti internazionali che da Tunisi a Chicago, da Tangeri e Melilla a Palermo, Berlino, Strasburgo, Barcellona, Bruxelles, Vienna, Zurigo, Amsterdam e Londra puntano lo sguardo direttamente sul Mar Mediterraneo. La coalizione vanta collaborazioni come WatchTheMed, Boats4People, Benvenuti in Europa, Africa Europe Interact, Borderline-Europe, No Borders Marocco, FFM e Voix des migrants. Ad ispirare Alarm Phone è stato il solito Don Mussie Zeray, per anni referente numero uno di chi era in pericolo in mare. Lui ha voluto condividere le sue esperienze e le sue competenze maturate in innumerevoli chiamate satellitari dal Mediterraneo. Così Alarm Phone è partita con la partecipazione di 60 attivisti che nell’arco di un solo anno sono diventati 120. Molti di loro provengono dall’esperienza della campagna “Boats4people” del 2012. Sul loro sito c’è scritto: “Boats 4 People è una coalizione internazionale di organizzazioni della regione Mediterranea, dell’Africa e dell’Europa. È stata creata per impedire altre morti alle frontiere marittime e per difendere i diritti dei migranti in mare. Rivendica la libertà di movimento per tutti.” Sempre con il contributo di Don Mussie Zeray è nata WatchTheMed, che si occupa dei rifugiati provenienti dalla Siria. WatchTheMed è una collaborazione fra Boats4People e il progetto di ricerca Forensic Oceanography del Goldsmiths College. Sul loro sito c’è scritto: “WatchTheMed è una piattaforma di mappatura online per monitorare le morti e le violazioni dei diritti dei migranti alle frontiere marittime dell’UE. Il progetto WatchTheMed è stato avviato come parte della campagna di Boats4People del 2012 al centro del Mediterraneo.” Sul sito ci sono tutte le istruzioni su come viaggiare sui barconi per arrivare sani e salvi in Europa e i corrispettivi link di dove andare e cosa fare. Ma non sono gli unici. W2EU (Welcome to Europe) è un’organizzazione che ha distribuito gratuitamente in Turchia una guida di 76 pagine scritta in arabo che contiene i numeri telefonici delle organizzazioni che aiutano i migranti come la Croce Rossa e l’UNHCR. I numeri telefonici offrono un servizio di assistenza 24h su 24. In caso di problemi in mare risponde un volontario che a sua volta chiama la guardia costiera greca affinché vada a salvarli. Così come Don Mussie Zeray risponde al telefono stando in Svizzera, una certa Sonia parlando in arabo lavora dall’Austria. L’organizzazione è composta da un centinaio di persone con sede in Europa e nel Nord Africa. La guida W2EU elenca le rotte dei treni, le linee di autobus e le mappe complete di reti stradali per far attraversare tutto il continente ai migranti senza fermarsi. È scritto: “La polizia italiana e i membri delle agenzie europee (come Frontex ed Europol) potrebbero farti qualche domanda a trabocchetto e qualificarti come un ‘migrante economico’ piuttosto che un ‘richiedente asilo’. (…) Se ti chiedono per esempio: Perché sei venuto in Italia? e tu rispondi: Per lavorare – ti negheranno la richiesta di asilo politico”. L’appellativo “angelo dei profughi” Don Mussie Zeray lo condivide con la marocchina Nawal Soufi che in poco tempo ha fatto soccorrere ventimila persone in mare. Anche il suo cellulare non smette mai di squillare. Nawal è anche conosciuta tra i migranti siriani come Lady SOS: “Una volta stabilito il contatto chi è in mare mi dà le coordinate via GPS della sua posizione, in modo tale che io possa comunicarlo alla guardia costiera”. Anche gli attivisti in Marocco di Alarm Phone, intervistati sul proprio lavoro, suggeriscono alla loro organizzazione di usare flyers da distribuire in Africa per far conoscere meglio il loro numero verde. Il passaparola funziona meglio se trovi anche una radio locale che ne favorisca la diffusione. “Lavoriamo anche con vari progetti in Marocco e in Africa occidentale e con associazioni come: Radio Mboa, AMDH, Conseil des Migrants, Centre Culturel Africain and Chabaka (…) Tramite NoBordersMorocco, con un collettivo di attivisti sub-sahariani ed europei, abbiamo stabilito una fitta rete di persone che vivono nei vari sottoboschi e rotte della migrazione.” Così è scritto sul loro resoconto annuale. Alarm Phone collabora spesso con diverse imbarcazioni private e/o di organizzazioni umanitarie che hanno iniziato ad operare nel Mediterraneo centrale a maggio del 2015: Phoenix di MOAS (iniziato il 02/05/2015) e Bourbon Argos di MSF (iniziato il 09/05/2015), in seguito anche Dignità I di MSF (lascia Barcellona il 13/06/2015) e Sea-Watch (prima missione il 20/06/2015). “Spesso queste imbarcazioni sono le uniche presenti in prossimità della costa libica” scrive Alarm Phone. Il messaggio che riceverebbero gli africani è molto chiaro: “Tentate la sorte”. Così anche quelli che non pensavano di intraprendere un viaggio in Europa sapranno che ci sono le navi delle tante ONG ad aspettarli vicino alle coste africane pronte per partire. E non è questo “pool factor”?
Sulle moderne navi negriere Certo, una volta quando qualcuno si sentiva poco bene, per esempio in un teatro, si gridava: “C’è un dottore in sala?” E fortunatamente ce n’era sempre uno che correva a soccorrere il malcapitato. Oggi, si potrebbe fare la stessa cosa anche in mare aperto. Il Mar Mediterraneo è pieno di imbarcazioni di “medici salvatori” quali Médecins sans frontières ma chissà perché i migranti continuano ad annegare più di prima. Secondo Frontex, l’Agenzia che si occupa dei confini dell’Unione Europea, le navi di Médecins sans frontières (MSF) e di altre ONG umanitarie effettuano circa il 40% dei salvataggi in mare. “Ci accusano di essere i taxi del mare? È falso, Frontex distribuisce fake news” così ha risposto alle accuse sulle pagine de La Stampa Hans-Peter Bushheuer, portavoce della ONG tedesca Sea-Eye. “Solo ieri in Sicilia ne sono sbarcati 1.500 recuperati grazie al solerte impegno delle navi soccorso gestite da organizzazioni umanitarie (MOAS, Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Médecins sans frontières, Save the children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye, Life boat) che annoverano tra i propri finanziatori la Open Society e altri gruppi legati al milionario «filantropo» George Soros” scrive Micalessin il 03 marzo 2017 su il Giornale in un articolo intitolato: George Soros, l’uomo che paga l’invasione dell’Europa. “Dietro alle operazioni di navi di grossa stazza come il Topaz Responder da 51 metri del MOAS, il Bourbon Argos di MSF, o l’MS di Sea-Eye ci sono infatti quasi sempre i finanziamenti del filantropo (…) L’aspetto più inquietante di questa vicenda è però il fatto che questa flotta di navi fantasma, battenti bandiera panamense, (Golfo azzurro, della Boat Refugee Foundation olandese e Dignity 1, di MSF) del Belize (il Phoenix, di MOAS) o delle isole Marshall (il Topaz 1, di MOAS) punti a realizzare politiche dissonanti rispetto a quelle europee e italiane.” “Iniziative come il Sea-Watch, Médecins sans frontières e la Stazione di soccorso dei Migranti in mare aperto (MOAS), che hanno tutti le imbarcazioni di soccorso in funzione, stanno facendo un lavoro prezioso – così come l’allarme telefonico dei Boats4People sul pericolo in mare – aiutando le persone laddove i governi europei falliscono nel soddisfare i loro obblighi umanitari.” scrive sul suo sito Pro Asyl (una ONG tedesca finanziata dalla OSF che aveva già premiato il giornalista Fabrizio Gatti e Don Mussie Zeray). Un giovane video-blogger, confrontando le date dei salvataggi avvenuti “nel Canale di Sicilia” fatte dalle imbarcazioni delle ONG e con l’ausilio di un servizio di tracciamento satellitare della Marine Traffic è riuscito a confermare ciò che scrive Alarm Phone: “Spesso queste imbarcazioni sono le uniche presenti in prossimità della costa libica”. Questo “servizio taxi” in realtà sta seminando più morti in mare in quanto i trafficanti usano non più barconi ma gommoni stracarichi di persone e con poca benzina perché sanno che tanto ci sono le imbarcazioni delle ONG. Aumentando il traffico di esseri umani aumentano di conseguenza anche gli incidenti. Due anni fa, in uno scambio di messaggi via twitter con MSF Sea chiesi loro: “Siete sicuri di salvare le persone non per altri propositi? Chi è che vi finanzia NED, FreedomHouse, Soros, Open Society Institute?” Mi risposero: “@wedikorbaria Siamo finanziati da più di 5.7 milioni di individui privati. Per saperne di più clicca qui…” Replicai: “È il resoconto del 2014, dov’è il resto? È il modo per negare il vostro collegamento a Soros, l’uomo delle rivoluzioni colorate?” Mi mandarono il resoconto finanziario degli ultimi 10 anni e, ovviamente, non c’era traccia di Soros.
La tratta dei bambini Le ONG puntano il dito sui cadaveri dei migranti annegati per segnalare ai loro fotoreporter da 120 scatti al minuto quelli da sbattere sulle prime pagine. Le ONG sono sbarcate sul mare perché non gli bastavano più i lauti finanziamenti che già prendevano con le loro campagne pubblicitarie: “Troppi bambini come Jon non hanno mangiato oggi aiutaci a farli mangiare domani” Quel bambino, dal volto scarno e dalla pancia gonfia, viene con violenza filmato in tutta la sua drammaticità per essere mostrato allo spettatore occidentale di cui si sfrutterà la pietà. L’unico obiettivo delle ONG sembra quello di arraffare soldi: “Dona 2 euro con un SMS, con il tuo aiuto gli garantisci un pasto al giorno”, “Donando 9 euro mangerà per un mese”. Ci hanno oramai abituati a vedere immagini di bambini sempre più cruente accompagnate da voci suadenti che recitano: “Mohammed non ha mangiato quest’oggi e non mangerà neanche domani!” Unhcr, Unicef, Action Aid, Save the Children, Amref, Caritas, Chiesa Cattolica, Médecins sans frontières si avvalgono dei migliori registi e di fotografi professionisti che sanno come arrivare al cuore delle persone. Riuscite a immaginarvi il regista mentre dice: “Fallo stare fermo” oppure “Adesso fallo piangere”? È forse per guarirci dal nostro egoismo e per ripulirci la coscienza, che creano in noi il bisogno di “far del bene al prossimo” mostrandoci i volti di quei bambini sofferenti? No, credo che mentano sapendo di mentire! Mentono per inculcarci la convinzione di come siano utili e necessari, sentendosi così autorizzati a richiedere le nostre donazioni, ancora e ancora. Mentono perché l’umanità potrebbe benissimo fare a meno di loro. Senza vergogna sbandierano il loro numero di conto corrente a caratteri cubitali, dandoci la possibilità di scegliere tra Visa, American Express, Poste Italiane, Deutsche Bank, Mastercard, Paypal. Sappiamo che in Europa o in America per poter usare l’immagine di un minore si devono pagare le royalties o i copyright e i genitori sono obbligati a firmare la liberatoria per autorizzarne l’uso. Nei fatti di cronaca per esempio i volti dei minori vengono sfumati proprio per tutelare la loro privacy. Per i minori africani o per i bambini immigrati in generale il discorso è diverso. Sono proprio le stesse ONG o Istituzioni internazionali per i diritti umani dei minori a vendere le immagini di quei bambini del terzo mondo per stimolare donazioni e finanziamenti. UNHCR, Unicef, Save the Children, Action Aid e Médecins sans frontières sono i pionieri di questo sfruttamento d’immagini di minori e li sbattono in prima pagina scrivendo: “Oggi abbiamo salvato 374 rifugiati” oppure “Emergenza malnutrizione”. Mi chiedo se sia per occuparsi di bambini denutriti che codeste ONG sono arrivate nel Mediterraneo con le loro imbarcazioni battenti bandiera panamense che costano centinaia di migliaia di euro al giorno.
Il Business dei migranti L’immigrazione è diventata una droga per molti. Oramai, sono in tantissimi a non poterne più fare a meno! E quando non sbarca nessuno hanno inizio i guai. Questi i principali sintomi della crisi d’astinenza da mancata immigrazione: grave depressione, sbalzi d’umore, mancanza di appetito, abulia, anedonia, ipersonnia, irrequietezza e aggressività, stanchezza e spossatezza, insensibilità, psicosi, allucinazioni uditive e tattili, paranoia, craving ossessivo… Quando l’astinenza è così forte da provocare i conati di vomito l’unico rimedio e quello di andarsi a prendere i migranti direttamente sulle coste del nord Africa senza aspettare gli scafisti. Ed è quello che sta succedendo secondo Frontex. Dunque: migrazione cui bono? “Perché andarli a prendere a 10 miglia dalla costa libica per portarli in Italia?” La “migrazione forzata” camuffata da parole artificiose come #WelcomeRefugee, #Profughi, #Richiedenti asilo, #Migranti non economici, #Diritto d’asilo, #Diritti umani, ecc. offre lavoro a migliaia di occidentali. Ogni anno, sono sempre più numerosi i giovani africani che cadono in questa ragnatela dell’Accoglienza dove si viene rinchiusi in campi profughi in mezzo al niente e torturati con estenuanti interrogatori che gli operatori umanitari chiamano “interviste” in cambio di un documento di soggiorno. Nel frattempo le Cooperative dell’Accoglienza si pappano i 35 euro al giorno per ogni immigrato adulto, 120 se è un minore. Gli investigatori italiani hanno a suo tempo intercettato e registrato alcuni criminali italiani successivamente denominati Mafia Capitale mentre gestivano appunto l’Accoglienza. Il linguaggio ha dell’incredibile: “Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno” dice al telefono Salvatore Buzzi, numero uno della Cooperativa 29 Giugno. “Lo sai a Luca quanto do? 5.000 euro al mese. Schina 1.500 al mese, un altro che mi tiene i rapporti col Comune 1.500, un altro a 7 e 50, un assessore 10.000. Ma rientra tutto, noi quest’anno abbiamo chiuso con 40 milioni di fatturato. Gli utili li abbiamo fatti sugli zingari, con l’emergenza alloggi”. Beppe, un normale imprenditore mi confessa invece: “In quel capannone che non riuscivo ad affittare c’ho ricavato delle stanze e oggi guadagno 10.000 euro al mese. 30 euro al giorno per ogni immigrato, se è minorenne ne vale anche 120. Gli devo solo offrire un piatto di pasta al giorno e una ricarica telefonica da 5 euro a settimana. Ho proprio svoltato!” #WelcomeRefugee! Oramai in Italia quello degli immigrati è diventato un business. Per la gioia dei tanti diseredati che arrivano ammassati su barconi fatiscenti si allestiscono posti letto in fretta e furia, dentro alberghi falliti, caserme dismesse, container, tendopoli, moderni campi di identificazione per i richiedenti asilo con tanto di inferriate e fili reticolati, un lavoro per tanti italiani che rende dai 1.500 euro al mese in su. Nella trasmissione del 05 maggio 2016 di Report intitolata #laviadiuscita, la conduttrice Milena Gabanelli, la stessa che aveva premiato Soros con il Premio letterario Terzani, proponeva ai telespettatori italiani di essere l’alternativa alla Turchia che, “nonostante i suoi problemi di libertà di stampa” aveva firmato un affare di 6 miliardi di euro con l’UE per trattenersi i rifugiati siriani nei suoi campi profughi. La giornalista dice: “Facciamo noi l’accoglienza, gestione pubblica, l’Europa ci paga e poi ogni paese si prende la sua quota (di immigrati, nda), già formata ed identificata, in fondo saremmo ben più autorevoli e ben più attendibili della Turchia e come vedremo i vantaggi sono per tutti. Intanto dove metterli gli spazi non ci mancano (…) Ipotizzando l’accoglienza di circa 200.000 persone l’anno occorre identificare 400 luoghi (caserme) ed il costo molto approssimativo per la messa in abitabilità è di circa 2 miliardi di euro (…) Poi c’è un costo annuo per il personale da assumere a tempo pieno, circa 25.000 fra insegnanti, formatori, psicologi per un costo annuo di 750 milioni di euro. Ci sono i medici: uno per ogni luogo, circa 400 medici per un costo di 15 milioni. E per il mantenimento, vale a dire: il vitto, la luce, l’acqua, il gas, il riscaldamento, la manutenzione costo annuo di circa 1400 milioni. E poi, dalla cucina alla pulizia devono pensarci le persone ospitate…” Ovviamente!
Colour revolution in Eritrea (fallito) Nell’anno in cui mezza Africa era devastata dalle primavere arabe made in Soros, in una lettera intercettata dagli eritrei nel 2011 è scritto: “Noi di Amnesty International e Human Rights Watch, come forza congiunta di difensori dei diritti umani, abbiamo ricevuto un sostanzioso finanziamento da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti per provare a lavorare con il popolo eritreo oppresso, aiutare ed operare per conto di coloro che non possono far sentire la propria voce. Conosciamo e comprendiamo il livello e la portata dei rischi connessi ad una tale missione, soprattutto in un paese chiuso come la Corea del Nord; ma anche se permettono l’ingresso limitato a poche nazionalità noi siamo in grado di trovare il modo che piace a “loro” per poter entrare ed incontrare le persone con le quali lavorare a questo progetto. Dobbiamo cominciare da qualche parte per avere successo, non possiamo abbandonare i nostri colleghi eritrei. L’obiettivo principale di questa missione in Eritrea è quello di fornire finanziamenti e aiutare nella creazione di siti web e centri di informatica dove le persone possano liberamente andare a chattare, scambiare idee ed essere in grado di farsi ascoltare. Per cominciare, dieci di questi centri saranno sufficienti iniziando nella zona di Asmara ed arrivare, entro dicembre, a coprire l’intero paese. Condizioni: la Missione deve essere molto discreta e delicata nella misura in cui nessun altro dovrà sapere quel che sta succedendo. Tutto ciò che facciamo è confidenziale e non deve essere di pubblico dominio. La Sua missione in Eritrea deve essere realizzata in totale segretezza nella misura in cui nessun altro potrà comprendere ciò che Amnesty International e Human Rights Watch stanno facendo. Qualsiasi passo falso e Lei verrà arrestato in Eritrea! Non si faccia riconoscere come membro di Amnesty International in nessun luogo, faccia attenzione a non farsi identificare e cose del genere. Le daremo il nome giusto dell’hotel di Asmara, anche se abbiamo capito che sarà frequentato da agenti governativi, usi il buon senso. Che tutte le interviste siano organizzate dai contatti indigeni ed elaborate di prima mano, in modo che noi otteniamo da Lei un testo già confezionato da loro stessi. Non appena Lei arriverà ad Asmara, noterà un clima freddo e silenzioso, perché la popolazione in tutti questi anni è stata abituata a comportarsi così. Lei si comporti proprio come fanno loro. Non agisca, in nessun momento in gruppi di più di due al giorno, ad eccezione della notte ma in modo molto discreto. Il Servizio Segreto Eritreo è ovunque in Asmara. Non scatti alcuna foto con macchine fotografiche normali, se non con le microtelecamere che Le verranno fornite quando si incontrerà con la Signorina Concepcion Empenio a Nairobi. Una volta nascoste questo genere di telecamere possono essere utilizzate ovunque, e non sono rilevabili dai metal detector. Sono come auricolari per telefoni cellulari. Le persone che Lei individuerà per lavorare assieme ad Asmara devono essere coraggiose, dal cuore forte e resiliente, devono essere pronti a mobilitare in seguito il resto della Comunità di Internet di altre parti del paese il più presto possibile. Dovrebbero essere in grado di utilizzare il denaro che ricevono da noi in modo corretto come previsto. L’obiettivo che ci prefiggiamo è che entro dicembre di quest’anno, il regime di Isayas Afewerki deve essere scosso e pronto a cadere, e noi stiamo ultimando ora gli ultimi dettagli di un mandato ICC (International Criminal Court) per accusare di crimini contro l’umanità il Presidente. Sig. George Gagnoy, direttore di Human Rights Watch Africa, monitorerà gli eventi e le attività on-line da Nairobi e offrirà assistenza d’emergenza ove si necessita. Scopo della missione: Sensibilizzare la popolazione eritrea a riconoscere i suoi diritti basilari, come l’utilizzo di Internet, a chattare liberamente, a scambiare foto e attivarsi nei social networking. Attivare questo esercizio per poi portare il cambiamento come è avvenuto in altri paesi africani e arabi come la Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Yemen e Bahrein.” Successivamente furono fermate all’aeroporto di Asmara e rimandate indietro due agenti di Amnesty International travestite da suore. Un’azione del governo eritreo che le Ong dei diritti umani non hanno mai digerito. Di seguito, Soros provò ad ingaggiare i suoi agenti della OTPOR per promuovere una campagna chiamata Friday Freedom, per coinvolgere i giovani ragazzi di Asmara a non uscire dalle proprie case il venerdì sera. Per farlo, Radio Erena chiamava telefonicamente gli asmarini prendendo i numeri direttamente dall’elenco telefonico. La missione fallì perché il venerdì sera nella città di Asmara tutte le discoteche sono aperte fino all’alba.
Colour revolution in Italia (riuscita) A questo punto della storia la domanda sorge spontanea: ma come ha fatto Soros ad arrivare fin nel cuore del Mediterraneo? Chi ce l’ha portato da oltreoceano?Il primo tentativo, di una serie di riverenti salamelecchi per ridursi a zerbini, è stato quello di Francesco Rutelli accompagnato da Lapo Pistelli e da una delegazione della Margherita. Nell’ufficio al 33° piano di un grattacielo che si affaccia su Central Park, per la prima volta, Rutelli incontra Soros al quale consegna una lettera di presentazione scritta dall’amico Carlo De Benedetti che lo raccomandava come “un giovane politico di sicuro avvenire”. Era il luglio del 2005. Scrive l’inviato di la Repubblica Umberto Rosso: “E tutti rimasti piuttosto affascinati dal personaggio, «certamente stimolante», tanto che questo è stato solo il primo di una serie di incontri, il rapporto certamente andrà avanti”. L’incontro aveva prodotto una prima iniziativa concreta: una convention su Democrazia e Islam da farsi a Venezia a fine settembre organizzata dal Partito democratico europeo. “Rutelli ha gettato le basi per un rapporto duraturo con la Open society, la più famosa delle fondazioni create dal finanziere. A tavola c’era anche il presidente della struttura Aryeh Neier.” scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera. “By 2010 we played a role in every region of the world. Entro il 2010 saremo protagonisti in ogni regione del mondo” Open Society Foundations. Primo flashback: il 5 novembre del 1993 la lira perse il 30% del suo valore per una speculazione mirata a far crollare lira e sterlina, una notte brava in cui Soros guadagnò 10 miliardi di dollari. Come scrive Antonella Randazzo nel suo articolo intitolato Come è stata svenduta l’Italia: “Soros ebbe l’incarico, da parte dei banchieri anglo-americani, di attuare una serie di speculazioni, efficaci grazie alle informazioni che egli riceveva dall’élite finanziaria. Egli fece attacchi speculativi degli hedge funds per far crollare la lira.” La sua speculazione costrinse la Banca d’Italia a bruciare circa 40 mila miliardi di lire in riserve valutarie. Quasi tre anni dopo, il 30 ottobre 1995, Romano Prodi offrì a Soros la laurea honoris causa in economia. Marco Marozzi scrive su la Repubblica: “Ieri a Bologna, nella più antica università del mondo, gli hanno dato la laurea honoris causa. In economia. Festa di professori, banchieri, industriali. Ma anche un abbozzo di contestazione”. Lo stesso Prodi si incarica di presentare l’ultimo libro di Soros: “Le contestazioni sono incoerenti. Fanno ridere. Non hanno letto il libro” replica. “Tutti a riconoscere l’importanza della Open Society Fund creata da Soros per allargare nel mondo il concetto di democrazia economica e politica” scrive il giornalista de la Repubblica. Nel dicembre 2005, al rientro dalla sua visita a New York, Carlo De Benedetti organizza una conferenza nazionale sul futuro del Partito Democratico (PD) dove promuove Rutelli e il sindaco di Roma Walter Veltroni a candidati alla guida del partito. Così, il 14 ottobre 2007, dalla fusione dei due partiti La Margherita e i DS nasceva il PD. Sei mesi dopo, nell’aprile del 2008 nella capitale italiana c’era già fermento sulla voce che vedeva Soros interessato alla compravendita della squadra calcistica AS Roma. Questi i commenti di allora: Rutelli (laziale) “L’interesse di Soros è serio”, Veltroni (juventino) “La politica non si metta in mezzo”, Massimo D’Alema (romanista) “È un uomo di grande valore, un intellettuale impegnato in grandi azioni umanitarie”. Come dire: “Quando un uomo mette sulla stessa linea un juventino, un laziale e un romanista!” Ma perché il centro-sinistra ha viaggiato fino a New York per chiamare Soros in Italia? Vista l’esperienza americana del 2003 in cui Soros investì 15 milioni di dollari per sconfiggere il presidente Bush nelle elezioni del novembre 2004, che a suo dire era diventata “una questione di vita o di morte”, qualcuno in Italia ha pensato bene di approfittare del filantropo per sconfiggere il presidente Berlusconi. Il 2011 è l’anno delle primavere arabe, la nuova versione delle rivoluzioni colorate per i paesi del Maghreb. Quello che era successo precedentemente in Serbia, Georgia, Tunisia ed Egitto sarebbe successo anche in Italia all’insaputa degli italiani. E fu per attuare questo progetto “non violento” che Soros sbarcò in Italia. Doveva battere “democraticamente” il Cavaliere organizzandogli una bella rivoluzione colorata, una di quelle che sapeva fare benissimo e, visto che i colori li aveva quasi finiti, scelse per l’Italia l’ultimo rimasto nella sua scatola Giotto, il colore viola. Così nacque il Popolo viola. E, il 5 dicembre 2009, la piazza San Giovanni a Roma si riempì di centinaia di migliaia di persone del popolo viola organizzate su Facebook per chiedere al governo le dimissioni. Quel giorno venne chiamato il No B. Day. Ovviamente, Berlusconi non si dimise e il movimento “spontaneo” perse il suo slancio innovativo per il cambiamento e andò scemando. A questo punto serviva un altro sistema efficace per dimissionare Silvio Berlusconi. E qual è il miglior sistema per un Grande Speculatore come Soros, che già nel 1993 aveva fatto svalutare la lira italiana del 30%, se non un altro attacco economico? Infatti, ad un anno dal No B. Day, gli italiani dovettero imparare una nuova parola straniera: lo spread fra Bund tedeschi e i Btp italiani. Il “4 gennaio 2011 lo spread è a 173 punti. Il 30 dicembre arriverà a quota 528, con un incremento di 355 punti” scrive Michela Scacchioli su la Repubblica e aggiunge: “Il 9 novembre Napolitano nomina Monti senatore a vita (…) Tre giorni dopo Silvio Berlusconi sale al Colle per dimettersi (…) Il 16 novembre il presidente della Repubblica dà a Monti l’incarico di formare un governo tecnico.” Così, finalmente, a colpi di spread, Soros archiviò il ventennio di Berlusconi. Un regime-change economico, un silenzioso Colour revolution. Il centro-sinistra è entrato finalmente a Palazzo Chigi senza alcun bisogno di andare alle elezioni. Una nota complottistica: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, George Soros, Mario Monti, e il suo successore a Palazzo Chigi Enrico Letta fanno tutti parte del gruppo Bilderberg, un’organizzazione internazionale massonica.
Gli Smart Dissidents A sorpresa, il 17 febbraio 2014 sbuca dal nulla Matteo Renzi, il sindaco di Firenze, che riceve dal presidente Napolitano l’incarico di formare un nuovo Governo. Una carriera fulminea quella di Matteo Renzi che diventa il 63° Presidente del Consiglio scalzando il Governo Letta dopo averlo prima rincuorato con un “Enrico stai sereno!” Ma come è potuto accadere? Secondo flashback: un giorno, chissà perché a Renzi venne in mente di regalare a Soros Le Murate, l’ex carcere nel centro di Firenze. E, George, sebbene non fosse il suo compleanno, accettò di buon grado l’omaggio del Sindaco di Firenze. E non ci mise molto ad avere l’idea di trasformare quel mostruoso edificio, all’interno del quale nel medioevo si torturavano e si uccidevano le persone, in uno spazio pieno di vita, un’isola felice in cui far regnare i diritti umani per esportarli dappertutto. Così, per la ristrutturazione, ha incaricato il famoso architetto Renzo Piano che, senza badare a spese, è riuscito a trasformare l’ex carcere in un albergo di lusso per ospitare attivisti e bloggers dei diritti umani provenienti da tutto il mondo. Il vecchio carcere divenne così il Centro per gli Smart Dissidents. Il 17 maggio 2013, giorno dell’inaugurazione, assieme all’Ambasciatore americano c’era anche Kerry, la figlia di Robert Kennedy. Al taglio del nastro il Centro fu battezzato: Robert Kennedy Center for Justice and Human Rights di cui Kerry divenne la presidente. Era il 2010. “Can Smart Dissident Create Change?” era la scritta che campeggiava nel Centro: Può un blogger provocare una rivoluzione? Cioè si può fare rivoluzione usando il computer chiusi in una stanza ben arredata? L’idea di Soros era quella di ospitare a tempo indeterminato, come fosse un rifugio, tutti quei bloggers perseguitati nei loro paesi di origine che volevano fare regime-change stile OTPOR nel proprio paese e, ovviamente, questi rivoluzionari della tastiera dovevano provenire da quei paesi cosiddetti “chiusi” come la Cina, la Russia, l’Afghanistan e l’Iran. Il centro iniziò il suo percorso rivoluzionario e nel tempo furono invitati esperti e attivisti della primavera araba come Dalia Ziada (Egitto), Kerim Bouzouita (Tunisia) per offrire corsi di specializzazione su “Human Rights and Social Media” ad esperti di diritto internazionale, nonché ad esperti di comunicazione, professionisti, giornalisti del web, docenti, dottorandi e studenti di corsi post-universitari. Così, grazie al Sindaco di Firenze, la città che ha dato i natali a Dante Alighieri, Sandro Botticelli, Filippo Brunelleschi, Benvenuto Cellini, Donatello, Giotto, Cimabue, Nicolò Macchiavelli, Lorenzo il Magnifico e Amerigo Vespucci, da questa città ogni giorno nascono idee rivoluzionarie atte a destabilizzare il mondo. Marzio Fatucchi definisce “una vera e propria casa l’International house of human rights del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights (…) Messico, Pakistan, Myanmar, Sri Lanka, Filippine, Zimbabwe, Uganda, da lì viene questo primo gruppo di dissidenti che questa settimana sta partecipando all’Empowerment laboratory organizzato dal RFK Training Institute. (…) hanno avuto la possibilità di confrontarsi con alcuni dei più autorevoli esperti di nuove tecnologie applicate alla difesa dei diritti umani al mondo, come Tactical Technology Collective (TTC); Global Voices Online (GVO), OneWorld Digital Security Exchange (ODSE); Witness.org; Electronic Freedom Frontier (EFF), e Human Rights Watch (HRW).” “Con questo corso vogliamo creare uno spazio in cui i dissidenti digitali possano conoscersi e lavorare insieme per promuovere democrazia e pace nei propri paesi” spiega Federico Moro, responsabile del Robert F. Kennedy Center.
Do Ut Des Nessuno fa nulla per nulla, men che meno Soros il filantropo. Bisognerà pur dargli qualcosa in cambio. Si chiama Do ut des, ed è una filosofia di vita inventata dai Romani. A quei tempi funzionava non solo con gli esseri umani ma anche con le divinità. I Romani chiedevano alla Divinità di turno una grazia e in cambio gli promettevano la costruzione di un Tempio, una specie di fioretto che veniva onorato solo nel caso in cui la grazia fosse stata soddisfatta altrimenti la promessa era da non ritenersi valida. Do ut des appunto, io ti do una cosa così che tu me ne dai un’altra. Sono passati migliaia di anni da allora ma i discendenti di quella civiltà, ossia gli italiani di oggi, non hanno mai smesso di applicarla ogniqualvolta se ne sia presentata l’occasione. In Italia funziona tutto così, Tangentopoli docet. Ma a quanto pare anche i “filantropi” d’oltreoceano non disdegnano questa tradizione italica. Il do ut des alla Soros recita pressappoco così: “Io ti metto a capo di un Governo ma tu fai quello che ti dico di fare. Intanto come antipasto voglio iniziare con qualche piccolo business, giusto per rientrare di qualche spesuccia”. Sarà pure una coincidenza ma appena Renzi diviene il nuovo Presidente del Consiglio ecco che viene registrata la compravendita del 5% della COOP, 20 milioni investiti nell’IDG. Altre voci lo vedrebbero in lizza per l’acquisto di caserme e immobili statali per un valore che sarebbe attorno agli 800 milioni di euro. Poi, nel febbraio 2016 il Soros Fund Management ha invece acquisito lo 0,45% di Ferrari, pari a un pacchetto di 850 mila azioni. Ma forse è troppo riduttivo confinare Soros ad un discorso meramente economico, forse c’è dell’altro. Tipo una qualche riforma “progressista”. In tutti i parlamenti che hanno discusso ed approvato le “Unioni Civili” è passato l’uragano Soros e la sua rivoluzione colorata. Lui usa come carota le unioni civili mentre il bastone cade come un macigno sull’economia di quello stesso paese per schiacciarlo. Le Unioni Civili sono delle riforme che distraggono l’opinione pubblica mentre si privatizza l’economia e ci si indebita. Con tutti i problemi economici che ha avuto la Grecia, vendita del suo patrimonio e austerity, il presidente eletto Tsipras che fretta aveva di far approvare in parlamento le unioni civili? Con tutti i problemi politici e militari che aveva l’Ucraina, Poroshenko aveva forse fretta di far approvare quella legge? Con tutti i problemi economici e di disoccupazione dell’Italia, Renzi aveva forse bisogno di occupare il parlamento per discutere di Unioni civili? Secondo il segretario del Partito Comunista Rizzo le unioni civili sono dei falsi bisogni creati appositamente per distogliere le attenzioni del popolo dai problemi reali che lo affliggono (i salari, il lavoro, le pensioni). Sono: “un’arma di distrazione di massa” dice in un’intervista rilasciata a Federico Cenci: “L’esempio concreto è la Grecia di Tsipras, dove vengono tagliate le pensioni, viene ridimensionata l’assistenza sanitaria, aumentano i meccanismi di sfruttamento, si cancella lo stato sociale (…) La sinistra è oggi una costola del capitalismo, che crea false esigenze e contrapposizioni ingannevoli: il problema non è tra omosessuale ed eterosessuale, bensì tra gay povero e gay ricco.” Per esempio, uno degli attivisti delle Unioni Civili in Italia è stato il giornalista Vittorio Longhi che ha promosso una petizione sulla sua piattaforma Progressi.org, figlia della sorosiana MoveOn.org, dal titolo: Approviamo subito il testo sulle unioni civili. Il giornalista Longhi rappresenta quella categoria di giornalisti riverenti, impiegatucci e affascinati dal suo potere che ha ritenuto “non appropriata” una petizione che voleva cacciare Soros e la sua organizzazione fuori dall’Italia quando invece nella sua piattaforma promuove petizioni assurde contro Trump. Ma torniamo a “Lui”. Ora per Soros è più interessante l’immigrazione del semplice business o delle Unioni Civili. Lo si deduce dalla lettera aperta scritta a Renzi con un tono pretenzioso da Costanza Hermanin, (senior policy officer presso l’Open Society Foundations) a due settimane dal suo insediamento a Palazzo Chigi intitolata: “Caro Matteo, adesso dammi una ragione per non dover più lavorare sui diritti umani in Italia.” Nel primo paragrafo la Hermanin dice: “Adesso che il governo è pronto a mettersi al lavoro è giunto il momento di domandarti d’includere l’immigrazione, la parità e i diritti fondamentali nell’agenda delle riforme, politiche ma soprattutto istituzionali.” Difatti, erano già cinque anni che la Open Society Foundations si occupava di “diritti umani” in Italia. “Open Society Foundations, per quelli di voi che non la conoscono- dice Hermanin ad una presentazione -è una fondazione internazionale che ha la sede principale a New York e il cui fondatore è il filantropo e finanziatore George Soros. (…) Ciò detto, dal 2009 lavoriamo in Italia e sosteniamo studi e ricerche ma anche campagne. La nostra è una fondazione un po’ politicamente scorretta, ossia ci interessiamo a temi complessi: dalla prostituzione, all’abuso di droghe, ai temi di immigrazione, e lo facciamo non solo con i finanziamenti, ma anche cercando di affiancare il nostro peso nell’advocacy su questi fenomeni.” Una delle sue prime creazioni della OSF in materia dei diritti umani che serviva come una piattaforma di lancio, una base per quel che sarebbe arrivato dopo, fu chiamata CILD, la Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, un’associazione che raggruppa varie Onlus di diversa natura e provenienza politica. Per esempio A Buon Diritto del senatore PD Luigi Manconi, Associazione Luca Coscioni dei Radicali, ecc. Nella seconda edizione il suo “Premio Cild per le Libertà Civili” è stato assegnato quest’anno al cronista Valerio Cataldi (TG2) e Diego Bianchi detto Zoro (Gazebo). “Ecco chi sono i nostri eroi dei diritti umani” scrive CILD annunciando il suo evento della premiazione del 16 dicembre 2016. Ovviamente il giornalista Cataldi che si appresta a vincere il premio made by Soros aveva già scritto vari articoli sull’Eritrea e aveva partecipato a tante iniziative della OSF come moderatore ed è anche membro fondatore del Comitato 3Ottobre. Della serie “se la suonano e se la cantano da soli”! Le iniziative della sorosiana CILD si moltiplicano ogni mese. Le sue ultime due creature legate al giornalismo-online sono 19 Million Project struttura battezzata a Roma dove vi lavora il fior fiore di esperti del web e della migrazione, il loro slogan recita: “Siamo una coalizione di giornalisti, programmatori, progettisti, strateghi digitali e cittadini del mondo che si uniscono per affrontare la crisi migratoria nel Mediterraneo”. La seconda è nata ad un mese di distanza e si chiama: OpenMigration e offre suggerimenti agli addetti ai lavori (dell’immigrazione) basandosi su cifre, numeri, statistiche, ossia, in una sola parola, Datagiornalismo, un sistema politically correct di raccontare ai cittadini europei il #RefugeeCrisis o #MigrationCrisis e convincerli a non aver paura dei migranti. Il Manifesto ha accolto la nascita di CILD con toni molto entusiastici: “Eppure, ricorda Aryeh Neier, ex direttore dell’American Civil Liberties Union e co-fondatore di Human Rights Watch e presidente della Open Society Foundations, in tutto il mondo si sta ancora aspettando quell’età d’oro per i diritti civili che ci si aspettava si sarebbe “aperta dopo la caduta del muro” (…) “Nel creare questa coalizione in Italia – conclude Neier – non solo riuscirete a rafforzare la lotta nazionale ma in sinergia con altre organizzazioni europee porterete questa battaglia a un livello superiore”. Ma il 27 settembre 2015 succede un imprevisto, cinematograficamente si chiama colpo di scena. Al Clinton Global Initiative di New York, inaspettatamente, Matteo Renzi smentisce Soros che aveva appena finito di dire che la minaccia dell’Europa è la Russia di Putin: “I think it could be a tragic mistake consider identity of Europe against Russia”, (Penso che potrebbe essere un tragico errore riconoscere l’identità dell’Europa solo in contrapposizione alla Russia). Per Renzi la vera minaccia non è la Russia bensì l’Ungheria che continua a costruire muri contro i rifugiati. George Soros col suo sorriso sprezzante incassò il colpo non aspettandosi quelle dichiarazione da una “sua creatura” e meditò vendetta. Dopo varie peripezie e un fallimento referendario sul suo operato, il 5 dicembre 2016 Matteo Renzi ammette la sconfitta al referendum costituzionale e si dimette da presidente del Consiglio. Il 12 dicembre Paolo Gentiloni viene eletto nuovo Presidente del Consiglio. Anche l’ex ministro degli esteri Gentiloni non è nuovo ad iniziative della Open Society Foundations come per esempio: 10 novembre 2014 si è tenuto presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri l’incontro di alto livello “Verso un quadro coerente sui diritti fondamentali in UE e un’istituzione indipendente per i diritti umani in Italia”, organizzato dal CIDU, dall’Associazione Parsec e da Open Society Foundations, in collaborazione con il Dipartimento Politiche Europee. Presentata dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni”.
La OSF entra nel cuore del Parlamento italiano “La sua fondazione Open Society è in ogni paese del mondo in cui Washington vuole mettere il ‘proprio uomo’ dentro” ha scritto il giornalista F. William Engdahl. È forse accaduto questo anche in Italia? Partiamo da alcune considerazioni: e se George Soros avesse infiltrato veramente il ‘proprio uomo’ dentro il parlamento italiano chi avrebbe scelto? Se fosse stato proprio lui a sceglierlo come doveva rapportarsi questo individuo con il tema a lui molto caro, quello della migrazione? Giusto per smentire i mal pensanti, il 3 febbraio 2017, Costanza Hermanin lascia gli uffici della OSF per traslocare nella Segreteria del Sottosegretario di Stato Gennaro Migliore al Ministero della Giustizia diventando il suo Segretario particolare. “Io e il Sottosegretario ci siamo conosciuti nell’ambito della sua attività in quanto Presidente dell’inchiesta sui centri per migranti e anche perché il ministero della Giustizia ha un ruolo importante per quanto riguarda l’asilo…” disse la Hermanin per ribadire l’intesa professionale maturata durante le molteplici iniziative promosse dall’OSF alle quali aveva partecipato l’ex SEL Gennaro Migliore. Ma fu il presidente nazionale di SEL Nichi Vendola, per un conflitto d’interesse personale sul tema delle unioni civili e LGBT, ad aver trascinato tutto il partito di Sinistra Ecologia e Libertà all’European Alternatives Current finanziata dalla Open Society Foundations. Insieme a lui numerosi deputati SEL hanno frequentato iniziative e corsi di aggiornamento in giro per l’Italia ed in Europa promossi dalla Open Society. Ed è stato proprio Vendola a candidare Laura Boldrini, un altro esempio del proprio ‘uomo’ sorosiano… La Boldrini è una persona molto sensibile al tema della migrazione in quanto fin dal 1998 si occupa di migranti, richiedenti asilo e di rifugiati essendo il Portavoce dell’Alto Commissariato per i rifugiati in Italia (UNHCR). Nell’aprile del 2010 aveva già pubblicato per Rizzoli “Tutti Indietro”, un libro contro i respingimenti in Libia. In un’intervista rilasciata a Famiglia Cristiana del 09 giugno 2010 intitolata: “La Libia ci manda via” spiegando la decisione delle autorità di Tripoli di chiudere il loro ufficio: “Noi dell’Unhcr ci occupavamo di registrare la gente che arrivava in Libia, nei nostri uffici di Tripoli, dove c’erano sempre code lunghissime, e provvedevamo alla procedura di asilo. Adesso le persone che vengono respinte non possono neppure essere rintracciate. Se già prima i respingimenti erano critici, ora la situazione peggiorerà ulteriormente.” Nel 2012 la troviamo alla presentazione del Rapporto 2012 sullo stato dei Diritti in Italia promossa nell’ambito della Giornata Mondiale del Rifugiato 2012 dal titolo “Lampedusa non è un’isola. Profughi e migranti alle porte dell’Italia”. Il dibattito organizzato da A Buon Diritto. Associazione per le libertà. Sono intervenuti: Luigi Manconi (presidente di A Buon Diritto. Associazione per le libertà), Stefano Anastasia (presidente onorario dell’Associazione Antigone), Laura Boldrini (portavoce in Italia dell’UNHCR), Emma Bonino (vice presidente del Senato della Repubblica Italiana, Candidati radicali nel Partito Democratico), Costanza Hermanin (program officer della Open Society Justice Initiative), Stefano Rodotà (professore), Anna Maria Cancellieri (ministro dell’Interno). Nel suo articolo datato 18/03/2012 dal titolo “Uccidere la speranza: Laura Boldrini, Eritrea e Libia” Alessandro Lattanzio scrive: “Nell’estate del 2010, montò un’aspra campagna anti-libica, volta a sabotare gli accordi strategici tra Tripoli e Roma (…) La campagna propagandistica attuata dai mass media di sinistra: l’Unità, la Repubblica, l’Espresso, Rai3/TG-3, ecc. verteva su una storia diffusa da alcune ONG e dal CIR (Consiglio Italiani dei Rifugiati) che, basandosi sulle oramai oggi famose e fumose ‘anonime voci locali’, affermavano che il 30 giugno 2010, 247 ‘profughi’ eritrei e somali sarebbero stati “caricati a forza su tre container e, dopo un viaggio di 10 ore, portati a Saba nel mezzo del deserto del Sahara, come punizione per una rivolta e un tentativo di fuga dal centro di ‘detenzione’ di Misurata – Lattanzio prosegue la sua narrazione – Fonte principale di questa storia dei profughi eritrei picchiati e internati in Libia, erano le ONG Fortress Europe e Habesha che da Roma raggiunsero agevolmente alcuni presunti ‘detenuti’ a Misurata. Resta da spiegare come fosse possibile che dei ‘detenuti vessati e picchiati’, potessero colloquiare tranquillamente al telefono con esponenti di note ONG eritree anti-governative e foraggiate da frazioni della dirigenza italiana e dal Vaticano (…) I ‘migranti eritrei’ denunciavano al TG-3 i maltrattamenti subiti dalla polizia di Gheddafi: torture, bastonature, incatenamenti, isolamento, denutrizione, maltrattamenti, malattie e fame (…) lo speaker del TG-3, candidamente, diceva al pubblico che i “migranti-prigionieri” intervenivano grazie alla disponibilità di un telefono satellitare. Ovviamente si guardarono bene dallo specificare come fosse possibile che dei ‘prigionieri’ incatenati in un lager, avessero a disposizione, e chissà grazie a chi, addirittura un telefono satellitare” Soros aveva bisogno di qualcuno con tanta esperienza sull’immigrazione per la terza carica dello Stato e venne scelta Laura Boldrini e così il 16 marzo 2013 lei diventa la Presidente della Camera dei deputati, con un mandato quinquennale. I suoi sarebbero stati cinque anni all’insegna dell’Accoglienza e dell’Open corridor per i rifugiati. “Con l’elezione alla guida della Camera dell’ex portavoce dell’Alto Commissariato, il Paese sembra mettersi definitivamente alle spalle l’epoca “buia” dei respingimenti” scrive Famiglia Cristiana. “In uno dei periodi peggiori per l’accoglienza e la solidarietà il nostro settimanale ha voluto premiarla in ragione del “costante impegno, svolto con umanità ed equilibrio, a favore di migranti, rifugiati e richiedenti asilo, oltre che della “dignità e fermezza mostrate nel condannare (…) i respingimenti degli immigrati nel Mediterraneo effettuati nell’estate del 2009”. Da eritreo c’è una cosa che mi ha colpito particolarmente. Subito dopo quella maledetta alba del 3 ottobre 2013 in cui è successa la tragedia, mentre i politici italiani si scannavano accusandosi l’un l’altro, chi incolpava la legge Bossi-Fini, chi i trafficanti e chi accusava “moralmente” la Boldrini e la Kyenge, l’unica a puntare il dito in Africa era proprio la Presidente della Camera. Il 4 ottobre intervenendo in conferenza stampa da Lampedusa disse: “Dovremo riconsiderare le nostre politiche nei confronti dei paesi d’origine dei profughi. Dobbiamo chiederci perché questo accade”. La Presidente della Camera intendeva forse affrontare il push factor dovuto alla situazione politica di “no guerra no pace” attuato dall’Etiopia che continua ad occupare i territori sovrani eritrei minacciando una nuova guerra? Minacce che hanno prolungato il servizio militare. O forse intendeva il pull factor causato dall’Europa che, tra 54 paesi africani, riconosce automaticamente lo status di rifugiato ai soli eritrei? L’Eritrea, protagonista involontaria della migrazione dei suoi giovani, sebbene con limitate risorse economiche a disposizione ha investito molto sull’istruzione gratuita per tutti ma sta vivendo la fuga di molti ragazzi che preferiscono andarsene in Europa. Attratti dai soldi facili abbandonano i loro studi a metà per intraprendere un percorso minato verso quel “paradiso” tanto pubblicizzato dall’Occidente. Non dimentichiamoci anche che l’Eritrea è considerato uno stato canaglia meritevole del regime-change statunitense solo perché non vuole concedere agli Usa una base militare nel mar Rosso e per questo più volte vittima di sanzioni. Sarò pure malizioso ma il mio fiuto mi dice che la Presidente della Camera intendesse invece risolvere il problema eritreo “a monte” e cioè adottando una soluzione militare stile Libia. E non lo dico perché mi sono svegliato dalla parte sbagliata del letto, diciamo che lei non ha mai nascosto le sue attività anti eritree frequentando loschi personaggi del regime-change. Ad un mese dalla tragedia la Presidente della Camera ha ricevuto alcuni esponenti anti-governativi e proprietari delle ONG (Agenzia Habeshia e Gandhi) e li ha ‘confusi’ con i rappresentanti della Comunità Eritrea così come viene scritto sul sito della Camera dei Deputati. Ottimo esempio di Fake News o per dirla come lei stessa preferisce #Bastabufale. Questi personaggi rappresentano invece gli interessi di chi gli ha fornito i telefoni satellitari e non la numerosa Comunità Eritrea (oltre 10.000 membri) che continua a lottare perché venga a galla la verità sui veri trafficanti di esseri umani. In quell’occasione Don Mussie Zeray ha riferito che “la Presidente Boldrini ha ascoltato tutte le nostre richieste e si è impegnata a portarle in Parlamento. In particolare si è impegnata a spingere l’Italia verso un percorso di vera accoglienza, compresa la fattibilità di un corridoio umanitario per far arrivare i profughi in condizioni di legalità”. Aperta parentesi: a nove mesi dal suo insediamento il nuovo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dimenticando la numerosa Comunità Eritrea, ha invece scelto di consegnare il premio “Cavaliere del Lavoro” ad Alganesh Fesseha proprietaria della ONG Gandhi, un’eritrea molto attiva nei campi profughi etiopici. Come facesse il Presidente a conoscerla è proprio un mistero. Della serie “la migrazione premia” Don Mussie Zeray invece è stato candidato al Premio Nobel per la pace 2015, chiusa parentesi. Ma non finisce qui. Il 22 settembre 2014 la Presidente della Camera ha ufficialmente ricevuto la relatrice speciale per l’Eritrea Sheila Keetharuth congratulandosi con lei dell’ottimo lavoro svolto sulle presunte violazioni dei diritti umani in Eritrea. La Presidente avrebbe dichiarato: “Sono drammi che conosco da vicino, per la lunga attività precedente nelle agenzie dell’ONU. A causa di questa fuga il Paese si sta svuotando delle giovani generazioni, e non possiamo assistere passivamente a questo fenomeno”. Va detto che l’obbiettivo della relatrice speciale è quello di consegnare all’ICC (International Criminal Court) i dirigenti del governo eritreo compreso il Presidente Isayas Afeworki. Non va dimenticato però che l’ICC è anch’esso una creatura di Soros (nata a Roma quando il sindaco era Rutelli) per portare a giudizio tutti i leader africani disobbedienti. Le dichiarazioni del presidente Aryeh Neier a maggio 2005 non lasciano dubbi: “Siamo stati in prima linea nel sostenere gli sforzi per l’istituzione della Corte penale internazionale”. Sono stato bloccato su twitter da Sheila Keetharuth, che avrebbe il dovere di ascoltare tutte le voci eritree per le sue indagini di “violazioni dei diritti umani in Eritrea”, compresa la mia. La mia colpa è stata quella di aver scritto un lungo articolo dal titolo: La Santa Inquisizione di Sheila K. che non deve essere stato di suo gradimento. Il pessimo giudizio che la Boldrini ha sui dirigenti eritrei coincide proprio con quello del partito che l’ha candidata e dei numerosi deputati SEL come Gennaro Migliore, Celestina Costantino, Erasmo Palazzotto ed altri ancora che in tutti questi anni non si sono risparmiati, presentando varie mozioni ed interrogazioni parlamentari, attacchi ad un paese che non saprebbero nemmeno indicare sulla cartina geografica, non conoscendo, oltretutto, neppure l’etimologia del nome della loro fonte clericale prediletta: Agenzia Habeshia. Sul logo della suddetta agenzia è raffigurata l’Eritrea ma “Habeshia” vuol dire Abissinia, ossia Etiopia. Don Mussie Zeray ha sempre raccontato di essere scappato dall’Eritrea nel 1992 quando l’Eritrea era stata appena liberata dal Colonnello Menghistu Hailemariam! Don Mussie Zeray è l’unico profugo eritreo dei primi anni novanta quando lo status da rifugiato veniva concesso solo ai somali e non agli eritrei che avevano appena vinto una trentennale guerra contro l’Etiopia. E i “compagni” non si sono nemmeno chiesti perché ci siano voluti oltre 18 anni perché egli diventasse sacerdote (nel 2010) dopo essere stato folgorato da una tardiva vocazione sulla via di Damasco. Mi domando e lo chiedo ai compagni di SEL, non è forse plausibile che servisse qualcuno “credibile” (perché indossa un abito talare) per gestire un telefono satellitare che allerti la Guardia Costiera italiana? Riformulo la domanda: la Capitaneria di Porto avrebbe dato retta ad una persona qualsiasi che non fosse un prete e non possedesse un’Agenzia o una ONG? Probabilmente no. Chi gli ha fornito il telefono satellitare? E perché il suo numero di telefono viene distribuito nei campi profughi in Etiopia dove fa la spola l’ONG Gandhi? Sono domande che nemmeno la Presidente della Camera si è posta quando lo ha baciato accogliendolo nel suo ufficio istituzionale. Come Presidente della Camera Laura Boldrini ha partecipato ad innumerevoli iniziative promosse dalla Open Society Foundations, sia come relatrice che come promotrice di presentazioni presso la Camera dei deputati. Ecco qualche titolo delle iniziative: “Parlare Civile”, “Questione d’immagine”, “Agenda per un’Italia plurale. Dialogo per un miglioramento del quadro normativo sull’immigrazione”, “Carceri, immigrazione, diritti umani nello spazio costituzionale europeo”, “ Immigrazione, asilo, diritti di cittadinanza, discriminazioni e razzismo nel dibattito parlamentare”, “Immigrazione, diritti umani, Europa” tutte lodevoli iniziative con il finanziamento della Open Society Foundations. Grazie a Laura Boldrini il 13 marzo 2014 anche Soros entra personalmente alla Camera dei Deputati per una Conferenza Internazionale intitolata “What Europe stands for”, Cosa rappresenta l’Europa. A fare gli onori di casa ovviamente c’è Laura Boldrini e tra gli invitati spiccano i nomi di: Evangelos-Vasileios Meimarakis (Presidente del Parlamento Ellenico), Pietro Grasso (Presidente del Senato), Giorgio Napolitano (Presidente della Repubblica), Ioannis Dragasakis (Vice Presidente del Parlamento Ellenico), Romano Prodi, Yves Leterme (OECD), Carlo Petrini (fondatore Slow Food) Mariana Mazzucato (Professoressa al Sussex University) e George SOROS (Presidente Open Society Foundations). Bingo! Di una cosa sono certo, non rimarrò sorpreso se dopo il suo mandato quinquennale da Presidente della Camera Laura Boldrini entrasse a far parte dello staff dell’Open Society Foundations.
Soros: 20 milioni di immigrati in 20 anni Reputo Soros un pazzo, diventato oramai incontrollabile assieme al suo esercito di attivisti umanitari, che ha trasformato il Mar Mediterraneo nel suo regno e Lampedusa nella sua isola del tesoro perché vuole gestire il traffico di migranti con numeri mai visti finora. Credo che qualcuno dovrà pur fermarlo prima che riesca ad attuare il suo progetto criminale, qualcuno dovrà pur fermare questa tratta di esseri umani dei prossimi anni, a tutti i costi. Io dico #StopMigrazione! Questa migrazione. In un’intervista rilasciata al Corriere della sera del 26 settembre 2015 Soros diceva: “Anche solo per ragioni demografiche, l’Europa ha bisogno di un milione di nuovi arrivi ogni anno. E i Paesi che ne accoglieranno di più, sono quelli che cresceranno di più in futuro”. Ma se a sbarcare sani e salvi saranno 20 milioni di immigrati in 20 anni, mi domando: quanti ne saranno partiti per la traversata e mai più arrivati in Italia? Anche l’idea di Massimo D’Alema (PD) coincide perfettamente con quella di Soros: “Noi abbiamo bisogno degli immigrati (…) Nei prossimi 15 anni l’Europa se vuole mantenere un livello demografico ragionevole, sostenere i suoi sistemi di protezione sociale e avere un decente sviluppo economico ha bisogno di almeno altri trenta milioni di immigrati, è proprio una necessità” diceva Massimo D’Alema in un intervento alla 1° Conferenza Nazionale sull’immigrazione del Pd del 26 marzo 2011. Sulla crisi dei migranti è intervenuta anche la Presidente della Camera, Laura Boldrini. “Chi oggi vorrebbe costruire muri – oltre a violare principi e valori iscritti nel diritto internazionale, nei Trattati europei e nelle Costituzioni nazionali – agisce anche contro gli interessi demografici ed economici del proprio Paese” (fonte AGI) Anche Costanza Hermanin lo mette nero su bianco nella famosa lettera aperta a Matteo Renzi: “Le ultime proiezioni demografiche Eurostat ci assicurano che nel 2050 la popolazione europea si ridurrà di quasi 50 milioni di unità senza migrazioni, tanto che in ambienti bruxellesi c’è già chi dice chiaramente che l’Europa ha bisogno non tanto di nuovi immigrati, quanto di nuovi cittadini.” Il 12 maggio 2015 Luigi Manconi, Senatore PD scrive: “Se per ipotesi, tutti i trafficanti venissero eliminati d’un colpo solo, che ne sarebbe di quelle centinaia di migliaia di persone che si rivolgono loro per trovare una via di fuga? Certo, non li vedremmo più sulle coste siciliane e sui barconi nel Mediterraneo perché — semplicemente — sarebbero in gran parte morti prima: nei paesi da cui fuggono, nei deserti che attraversano, nei lager che li imprigionano.” Secondo un documento rubato di recente chiamato Soros dcleaks ci sarebbero i nomi di 226 deputati europei, “affidabili alleati” di Soros e sensibili al tema dell’immigrazione tra questi ci sarebbero anche gli italiani: Brando Maria Benifei, Sergio Gaetano Cofferati, Andrea Cozzolino, Isabella De Monte, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Kashetu Kyenge, Luigi Morgano, Alessia Maria Mosca, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elly Schlein, Daniele Viotti e Barbara Spinelli. Barbara Spinelli è un’altra candidata SEL e per la sua “sensibilità al tema” si potrebbe considerare la Boldrini del Parlamento europeo. Anche lei frequenta Don Mussie Zeray e spesso lo cita come unica fonte attendibile sulla migrazione. L’Eurodeputato è contraria per esempio all’iniziativa UE-Corno d’Africa in materia di rotte migratorie conosciuta meglio come il Processo di Khartoum perché non vuole dialogare con il governo eritreo per fermare l’immigrazione. È favorevole invece ai corridoi umanitari, cioè agli Open corridor come ripete da anni l’Agenzia Habeshia e il neonato Comitato Nuovi Desaparecidos creato per promuovere un “Tribunale Internazionale di Opinione per i nuovi desaparecidos del Mediterraneo” e cioè creare una corte che valuti le violazioni dei diritti umani e individui i responsabili dei morti in mare. Con un appello alla Camera dei Deputati “Giustizia per i nuovi desaparecidos” il comitato chiedeva all’Unione Europea l’apertura di corridoi umanitari. Il 21 dicembre 2016, il Comitato Nuovi Desaparecidos pubblica sul suo sito: “Solidarietà con le ONG messe sotto accusa da Frontex”. Cliccando sul sito “Gli amici del Comitato” appare un menu a tendina con una lunghissima lista di tutte quelle ONG finanziate da Soros. Infatti proprio grazie ai soldi della Open Society Foundations ONG ed Onlus continuano a moltiplicarsi come faceva “la Cosa” nel film di Carpenter. Per esempio dalle costole di CILD sono nate Open Migration e The 19 Million Project e da quelle dell’Agenzia Habeshia sono arrivati il Comitato 3 Ottobre e il Comitato Nuovi Desaparecidos di Enrico Calamai, conosciuto come l’Oskar Schindler di Buenos Aires. Mi domando ancora come si farà a costringere 20 milioni di persone a fuggire in Europa? Quante guerre si dovranno ancora fare per questo programma? Quanti e quali nazioni dovranno fallire? Non è difficile capirlo dal momento che l’Open Society Foundations ha sempre lavorato a fianco di NED (National Endowment for Democracy) e Freedom House. Oramai viviamo i tempi della guerra 2.0 dove ONG dei diritti umani, terroristi e mercenari si confondono l’uno con l’altro ed insieme continuano ad operare per il regime-change USA finché anche l’ultimo paese non verrà spuntato nella famosa lista dei Paesi canaglia (almeno 7) come confessato dal Generale Wesley Clark. Ma temo che questa lista sia destinata a raddoppiare. Queste guerre umanitarie si susseguono cambiando ogni volta luogo, forma ed intensità ma i civili morti sono sempre identici e sempre più numerosi. Dopo lo smembramento della Jugoslavia e la Rivoluzione Colorata che ha consegnato Slobodan Milosevic alla Corte di Giustizia dell’Aja, dopo la guerra contro il terrorismo globale conosciuta internazionalmente come War on Terror che ha devastato l’Afghanistan, dopo le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e la distruzione dell’Iraq, dopo la guerra umanitaria per la R2P della fine di Muammar Gheddafi e della Libia, dopo l’esportazione della democrazia in Siria usando i terroristi dell’Isis e la resistenza da oltre sei anni di Bashir Al Assad, le accuse del gas nervino usato contro la popolazione che ricordano molto Colin Powell e la sua provetta, dopo tutti questi scenari apocalittici nessuno potrà più negare che le vere protagoniste della destabilizzazione globale siano le ONG dei diritti umani. Del resto sono state proprio organizzazioni come HRW, Avaaz e Amnesty International le prime a denunciare alla stampa internazionale i “crimini” di questi paesi ridotti poi a Stati falliti spergiurando e creando prove false atte a favorire l’intervento militare statunitense. È davvero eclatante il premio Oscar ad un documentario sugli White Helmets (Berretti Bianchi) collusi con i terroristi di Al Nusra così come il caso dei Médecins sans frontières che, in un ospedale allestito nei territori conquistati dai terroristi, si premuravano di curare i feriti affinché tornassero a combattere prima possibile contro Bashir Al Assad. Provocare la migrazione di massa e poi indirizzarla è un’altra guerra. Difatti negli ultimi anni è stata proprio la crisi dei migranti a minacciare i confini e la stabilità dell’Unione Europea. “Neanche mago Merlino risolve il problema dei migranti” ha detto Paolo Gentiloni, a tre mesi dalla sua elezione a Presidente del Consiglio sapendo che nulla potrà l’Higitus Figitus di mago Merlino quando nel Mar Mediterraneo ci sono le navi pirata di Soros. “Lui” non avrà difficoltà a traghettare quei 20 milioni di rifugiati nei prossimi 20 anni, si servirà di molti Caronte che facciano salire sulle navi il maggior numero possibile di anime stipate fino all’inverosimile per trasportarle oltre le Alpi. Il suo network umanitario fatto di ONG, attivisti, istituzioni, giornalisti, fotoreporter, radio, televisioni, blogger e politici è già collaudato per facilitare quest’esodo dei migranti verso l’Europa. Ma perché Soros è così interessato alla migrazione? Che gliene frega a lui? Un motivo ci deve pur essere perché “lui” non è certo uno sprovveduto. Sul perché si fanno tante ipotesi, una per esempio è che stia attuando una specie di rivoluzione colorata nei confronti dell’Unione Europea con la formula: “Top down, Bottom up and Inside out” minando cioè la base della piramide con una guerra tra poveri, l’arrivo dei migranti da una parte e la nascita di gruppi xenofobi dall’altra. C’è chi lo accusa infatti di voler attuare il piano Kalergi che prevede la sostituzione dei popoli europei con una forza lavoro africana a basso costo e la realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale con la cancellazione degli stati sovrani e l’eliminazione della middle class. Nel suo articolo intitolato “Gruppo Bilderberg, ecco chi governa davvero il mondo” il filosofo Diego Fusaro descrive gli obiettivi del gruppo finanziario: “Tali interessi orbitano intorno al fuoco prospettico dell’eliminazione degli Stati nazionali e dei diritti sociali, della creazione di un’immensa pauper class precarizzata, nomade e disposta a tutto pur di sopravvivere, della distruzione delle costituzioni e dei confini nazionali, della creazione di nuovi trattati internazionali vincolanti mediante il primato economico e bancario, dell’offensiva integrale al mondo del lavoro e delle garanzie sociali.” Ma forse tutto questo è solo fantascienza? Una cooperativa che gestisce i migranti scrive ad alcune aziende: “sono gentili, umili, volenterosi con un’ottima resistenza fisica e senza alcuna pretesa dal punto di vista retributivo, professionale o di turnazione“. A leggere un articolo firmato dallo stesso Soros sul The Wall Street Journal dal titolo “Perché sto investendo 500 milioni di dollari sui migranti” si direbbe che sia veramente un santo perché scrive: “Ho deciso di stanziare 500 milioni di dollari per gli investimenti che riguardano specificamente i bisogni dei migranti, dei rifugiati e delle comunità ospitanti. Investirò in start-up, imprese locali, iniziative che abbiano un impatto sociale e in imprese fondate dagli stessi migranti e rifugiati. Anche se la mia preoccupazione principale è quella di aiutare i migranti e i rifugiati che arrivano in Europa, sarò alla ricerca di buone idee per gli investimenti che andranno a beneficio dei migranti di tutto il mondo.” Ma poi si smentisce quando lo si ascolta in un’intervista rilasciata qualche anno prima: “Penso io venga incolpato per ogni cosa. Praticamente sono lì per fare soldi. Non posso e non guardo alle conseguenze sociali di quello che faccio.” Una cosa mi è chiara, è stata la sua avidità a farlo arrivare alla veneranda età di 86 anni con quel sorriso sardonico sempre stampato sulla faccia. Il suo cinismo era segnato sin da ragazzino quando aveva visto morire i suoi connazionali per mano dei nazisti mentre fantasticava su come avrebbe investito i denti d’oro estirpati dalla loro bocca. Per questo non ha potuto godersi la sua pensione dorata e ha preferito invece vomitare odio sconquassando il mondo con le sue rivolte umanitarie “non violente”. Il mio augurio è che si tolga di mezzo al più presto, che se ne vada all’inferno! Basta rivoluzioni colorate, basta regime-change, basta con la sua “filantropia” e che lasciasse il mondo libero di disfarsi del suo buonismo. Il suo capitalismo ha rubato all’umanità il gusto della lotta di classe, la conquista dei diritti umani, l’emancipazione, l’autodeterminazione dei popoli, l’ideologia di liberazione dalla schiavitù e dallo sfruttamento dei più deboli. È ovvio che menta perché non può essere che un miliardario arricchitosi speculando e impoverendo intere popolazioni possa “regalare” ideologie progressiste facendole piovere dal cielo come fossero la manna. George Soros non è un dio dispensatore di diritti umani. Lui è colpevole per aver drogato i suoi schiavi!
La prova del nove “A mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti, e so di contatti” è l’accusa lanciata dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. A seguito di queste sue dichiarazioni sono subito divampate le polemiche. Dalle Ong si leva un coro di proteste. Da Save the children che denuncia “un generale clima di sfiducia di cui rischiano di farne le spese bambini, donne e uomini in fuga” a Regina Catambrone di MOAS che accusa: “Questi politici stanno facendo campagna elettorale sulla morte delle persone”. (fonte ANSA) “Accuse a Ong, bufera sul procuratore di Catania” titola ANSA, “Non bisogna generalizzare, bisogna fare le indagini: se qualcuno va punito, va punito”, ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando sulla vicenda. “Ricostruire la storia delle Ong come la storia di collusi con i trafficanti, è una menzogna”. “No accuse indiscriminate e discredito su chi salva vite umane con abnegazione. Se ci sono responsabilità personali si faccia chiarezza” twitta Laura Boldrini il 2 maggio. “Andare a buttare questa ombra su chi salva vite umane, senza avere evidenze, è una cosa grave e irresponsabile”. E ha retwittato: “Ong finanziate da trafficanti? Salvare le vite in mare è un dovere, chi non lo fa commette un reato”. Per Matteo Renzi: “vanno combattuti gli scafisti, non i volontari (…) Se diamo la colpa ai volontari che salvano in acqua le mamme che rischiano di morire…”. “Perché difendo le Ong che salvano i migranti” scrive Roberto Saviano su la Repubblica. “Se le navi delle Ong Proactiva open arms, Medici senza frontiere, Sos Méditerranée, Moas, Save the Children, Jugend Rettet, Sea watch, Sea eye e Life boat si trovano anche vicino alle coste libiche è perché è lì che serve la loro presenza allo scopo di salvare vite. Le Ong non si sono messe a fare un “servizio taxi” per i migranti di punto in bianco, ma riempiono un vuoto umanitario lasciato dalle istituzioni europee.” Scrive Saviano “Perché quelle navi si trovavano così vicino alle coste? Perché a 12 miglia? Si omette però di dire che è lecito avvicinarsi fino a 12 miglia nautiche se serve per salvare vite umane. Medici Senza Frontiere, per esempio, nel 2016 in cinque occasioni ha prestato soccorso a circa 11.5 miglia dalla costa dopo aver avuto l’ok delle autorità libiche. Le Ong agiscono dove altri non arrivano e mai senza il via libera delle autorità competenti – e conclude il suo intervento – Invece di eliminare, come sarebbe ovvio, giusto e conveniente, il reato di immigrazione clandestina si sta subdolamente introducendo il reato di solidarietà.” “Siate sinceri. Volete solo che le navi Ong smettano di salvare vite” titola Manconi il 27 aprile 2017 su Huffington Post e apre il suo articolo al veleno con una frase shock: “Dovremmo lasciarli morire in mare” e attacca il procuratore catanese: “Perché, se l’impianto accusatorio (ancora non supportato da alcun elemento di prova emerso dalle indagini conoscitive in corso e da quelle giudiziarie chiassosamente annunciate) intende processare l’operato di una decina di organizzazioni impegnate a salvare vite, l’obiettivo sembra essere comunque che quelle navi smettano di operare. E, con esse, si interrompa anche l’attività dei nostri militari.” “Ci sono, infatti, varie ong che operano nel Mediterraneo e che, anche in queste ore difficili e sotto il tiro mediatico e politico, continuano a salvare vite umane con risorse private o di fondazioni, come i giovani della Jugend Rettet di Berlino, partiti con un fundraising dal basso per realizzare l’impresa.” denunciano in un comunicato i Missionari Scalabriniani confratelli di Don Mussie Zeray il quale sul sito della sua Agenzia Habeshia a firma di Emilio Drudi sottolinea: “Navi di soccorso Ong: quasi un clima da caccia alle streghe” e inizia l’articolo con una menzogna bella e buona perché dice: “Continua a montare l’escalation di illazioni e accuse di “collusione” con i trafficanti di uomini rivolte ormai da mesi contro le Ong impegnate nelle operazioni di soccorso alle barche dei migranti nel Canale di Sicilia.” A differenza di Don Mussie Zeray e dei Missionari Scalabriniani l’Osservatore Romano ha qualche dubbio in più perché scrive: “Sulla pelle dei migranti sta emergendo un ennesimo scandalo: il sospetto, che purtroppo non sembra totalmente privo di fondamento, di una manipolazione a fini economici e politici anche delle operazioni di salvataggio.” È l’outing dei sorosiani! Per poter difendere se stessi dalle conseguenti future accuse di corruzione sono costretti oggi a difendere e dare solidarietà alle Ong. Per me è la prova del nove che Soros è presente nel Mar Mediterraneo. Tutti contro un procuratore della Repubblica. Ma non tutti la pensano come loro, c’è qualcuno che difende Zuccaro. “Il ministro Orlando sul lavoro del procuratore è stato vergognoso. Noi, da stamattina, siamo a lavoro per una modifica alle leggi italiane per usare le intercettazioni in modo da poter aprire il processo” dice il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio del M5Stelle. “Abbiamo sollevato il tema per i tanti allarmi ricevuti sui morti in mare e sull’aumento degli sbarchi. Vogliamo fare chiarezza su certe disfunzioni, come la vuole fare la procura di Catania, che ha aperto un’inchiesta”. Così il 3 maggio 2017, convocato per un’audizione urgente alla commissione Difesa del Senato, il procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro ha sottolineato che per lavorare meglio gli sarebbero utili tutti gli strumenti investigativi delle intercettazioni delle comunicazioni satellitari usati per la richiesta di soccorsi dei migranti. Inoltre ha riferito: “Gli scafisti ricevono spesso l’indicazione di gettare in mare il telefono se il soccorso viene fatto da navi militari, mentre con navi civili il satellitare viene preso da terze persone e riutilizzato per altre operazioni di soccorso. Sono state infatti segnalate chiamate partite dallo stesso cellulare”. Secondo il procuratore, dalla Libia partirebbero delle telefonate in cui i trafficanti chiedono se possono mettere in mare delle imbarcazioni con il mare agitato e le navi vicine ai luoghi di soccorso rispondono: “Fate tranquillamente, tanto noi siamo a ridosso”. Zuccaro ha ribadito che sarebbe “molto utile individuare le fonti di finanziamento delle Ong di più recente costituzione che operano con mezzi economici assai ingenti”. Sospetti confermati in un’intervista televisiva da un attivista dei MSF il quale raccontò che la loro piccola e modesta nave costava 14.000 euro al giorno, cioè oltre 5 milioni di euro all’anno. Altre navi più grandi costerebbero oltre 400.000 euro al giorno. Per non parlare di alcune imbarcazioni che posseggono aerei, elicotteri e droni. L’indagine della procura di Catania potrebbe fare luce sull’origine di questo giro di soldi. Sempre che riesca a concludere l’indagine. Per una coincidenza strana, proprio nel giorno in cui il procuratore era in udienza al Senato, George Soros veniva ricevuto ufficiosamente dal Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. E tanti giornali e giornalisti si son chiesti il motivo di tutta questa segretezza. “Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha ricevuto in mattinata l’imprenditore, filantropo e finanziere George Soros” titolava il Giornale. “Che giochi gioca Gentiloni? Da agente straniero? Che cosa si sono detti con Soros? Ha assicurato il miliardario che le indagini sulle sue ONG-scafiste saranno insabbiate?” se lo chiedeva Maurizio Blondet nel suo blog. “Giallo intorno alla visita del miliardario che aiuta i migranti.” titolava Huffington post Italia molto vicino a Soros. “Ogni giorno si salvano delle vite umane e quando si salvano delle vite umane un Paese come il nostro non può che esserne fiero!” dichiara Gentiloni alla Conferenza internazionale parlamentari alla Camera il 4 maggio. Quindi la domanda nasce spontanea: ce la farà il nostro procuratore a portare a termine la sua indagine? La Comunità Eritrea in Italia se lo augura proprio! Della serie: la Giustizia italiana è lenta ma inesorabile. Ecco i titoli dei giornali della settimana: “Avviso le Ong in chat – Padre Zeray ora rischia l’accusa di complicità. Il prete eritreo, amico della Boldrini, può finire tra gli indagati per favoreggiamento“; scafista intercettto: “Tutto concordato con Medici Senza Frontiere, e tira in ballo l’islamista Nawal Soufi“; “Migranti e Ong, verifiche anche su Medici Senza Frontiere“; “Migranti, Pm Trapani: emersi collegamenti tra membri Ong tedesca e trafficanti“; “Jugend Rettet: Migranti, sequestrata nave Ong tedesca a Lampedusa“; “Cosa si sa della nave della ong tedesca fermata dalla Guardia costiera“; “Consegne concordate con gli scafisti, la Ong si difende e nega le accuse: La nostra priorità è salvare vite“; “La verità sulle Ong, intercettazione a bordo: I volontari prendono 10.000 euro“.
La resilienza del popolo eritreo Per concludere, mi rivolgo a tutti quei lettori scettici che non credono a questa cospirazione internazionale (ONU, USA ed EU) contro l’Eritrea. Nel nome dei diritti umani e per portarvi la loro democrazia vorrebbero destabilizzare una giovane Nazione di soli cinque milioni di abitanti. Ma chi è l’Eritrea? Perché ne hanno tanta paura? L’Eritrea è quel Paese che occupa, purtroppo, una posizione geografica strategica sul Mar Rosso, una posizione sul crocevia delle merci mondiali che, invece di arricchirsi, subisce una sorta di maledizione sin dai primi anni cinquanta perché le ambizioni colonialiste statunitensi nel Corno d’Africa non coincidono con l’autodeterminazione del popolo eritreo. Risuona ancora l’eco delle dichiarazioni di John Foster Dulles, Segretario di Stato USA che nel 1952 disse: “Gli interessi strategici degli stati uniti nel bacino del mar rosso e la pace nel mondo rendono necessario che l’eritrea debba essere unita con il nostro alleato etiopia”. E da allora non è cambiato niente. L’Eritrea rimane uno dei pochissimi paesi africani che non offrono ospitalità all’AFRICOM e loro continuano ad aizzare contro i TPLF al potere in Etiopia dal 1991. Nel 1998 infatti questi dichiarano una guerra di confine per riprendersi il mare eritreo inutilmente, lo stesso dal 2002 continuano ad occupare illegalmente dei territori eritrei violando il diritto internazionale. Da 16 anni mantengono una situazione di no pace no guerra e di nascosto stanno combattendo una nuova guerra nelle loro tendopoli allestite per i giovani eritrei che fuggono stanchi di aspettare la pace. Prima della guerra del 1998 l’economia eritrea galoppava oltre il 10% di crescita annua e ovunque c’era fermento e lo spirito giusto per ricostruire un Paese devastato da trent’anni di guerra e di bombardamenti col napalm. In quei cinque anni di pace nessun giovane eritreo si sarebbe mai sognato di cercare pascoli migliori fuori dal suo Paese, anzi erano quelli della diaspora a tornare in patria. Gli USA sanno benissimo che se non tieni l’Eritrea schiacciata a terra lei potrebbe anche arrivare alla luna. A destare più di qualche preoccupazione è quella sua filosofia dell’autosufficienza che il mondo occidentale abituato a sfruttare le risorse africane in cambio dei suoi “aiuti umanitari” non può concepire. L’Eritrea era ed è ben consapevole che l’alternativa sarebbe stata la schiavitù del neocolonialismo; l’obbedienza ai diktat della Banca mondiale; l’accettazione delle scelte economiche e di sviluppo imposte da qualche multinazionale; il soccombere alla dottrina del dividi et impera per etnia, religione e sesso che lacera un popolo; l’Eritrea, unica in Africa, ha deciso di costruire il proprio futuro liberamente ed autonomamente. Ha scelto, pagando un prezzo anche troppo salato, di percorrere quella strada per la libertà, ha scelto di lottare per la giustizia e la verità. Ed è per questo che l’Eritrea è pericolosa, potrebbe diventare un cattivo esempio per gli altri Stati africani che imiterebbero la sua resilienza. Immaginiamo se tutti facessero come lei: sarebbe la rivoluzione del millennio! Daniel Wedi Korbaria Autore e sceneggiatore eritreo, vive e lavora a Roma dal 1995, ha pubblicato diversi articoli scritti in italiano e tradotti in inglese, francese e norvegese
NOTE Remarks by the President Obama to the Clinton Global Initiative, September 25, 2012“I recently renewed sanctions on some of the worst abusers, including North Korea and Eritrea. We’re partnering with groups that help women and children escape from the grip of their abusers. We’re helping other countries step up their own efforts. And we’re seeing results. More nations have passed and more are enforcing modern anti-trafficking laws.” OSF: “What are the Open Society Foundations doing? We work with activist groups such as the Comitato Tre Ottobre–Accoglienza set up by refugees and journalists at the aftermath of the 2013 tragedy in Lampedusa to advocate for the rights of migrants and asylum seekers. We support journalistic projects such as the production of six films by Italian news outlet Internazionale documenting the perilous journeys of migrants at Europe’s borders.” “The October 3 Committee is a grantee of the Open Society Foundations. Tareke Brhane was awarded the Peace Summit Medal for Social Activism for his work on refugee rights in Italy (…) Partners of the network in addition to Comitato Tre Ottobre are also: Adepp, Articolo21, Associazione Amici di Roberto Morrione, Assoprovider, Atlante delle guerre, Carta di Roma, Casagi, Centro Pio la Torre, CIPSI, CISP, Confronti, COSPE, FCEI, FNSI, GIULIA, I Siciliani Giovani, Il mondo di Annibale, INPGI, Italians for Darfur, LasciateCIEntrare, Liberia informazione, Libertà e giustizia, Doctors Without Borders, Noi per i bimbi, Premio Luchetta, Rivista San Francesco, Tam Tam, Tavola della pace, UCSI, UsigRai. Between 2014-2015 Comitato Tre Ottobre’s members have participated to many seminars and training courses held by the Ordine di Giornalisti, Carta di Roma, Redattore Sociale, Comune di Roma, Federazione della Stampa Italiana, Kore University of Enna, University of Cosenza, University Sapienza of Rome, as speakers, witnesses and trainers. Rai e Presidenza del Consiglio: Festival multiculturale a Lampedusa – La porta dell’Europa, e non un simbolo della tragedia dell’immigrazione di popoli in fuga. È l’immagine con cui l’isola si propone con il Sabir Festival, il Festival diffuso delle culture mediterranee, promosso da Arci, Comitato 3 ottobre e Comune di Lampedusa con il patrocinio di Presidenza del Consiglio e Rai, dall’1 a 5 ottobre. “Cooperation with International non-governmental organisations. We have continued to have good contact with NGOs. I have met with representatives from Médecins Sans Frontières in Brussels where we discussed operational deconfliction matters, and provided more detail on the scope of the operation. We have also made contact with Save the Children who through a formal agreement are providing support to our training activities.” La cooperazione con le organizzazioni internazionali non governative. Abbiamo continuato ad avere un buon contatto con le ONG. Ho incontrato i rappresentanti di Medici Senza Frontiere a Bruxelles, dove abbiamo discusso come prevenire conflittualità e fornire maggiori dettagli sulla portata dell’operazione. Abbiamo anche preso contatto con Save the Children che attraverso un accordo formale stanno fornendo sostegno alle nostre attività di formazione. Pro Asyl: “Initiatives like Sea-Watch, Médecins Sans Frontières and Migrant Offshore Aid Station (MOAS), which all have rescue vessels in operation, are doing invaluable work – as is the Alarm Phone for Boat People in Distress at Sea – helping people where European governments fail to meet their humanitarian obligations.”
Twitter del 2 settembre 2015 – “@MSF_Sea R you sure tht you’R not saving ppl 4 other purposes? Who is funding U #NED #FreedomHouse #SOROS #OpenSocietyInstitute? I’m curious” – @wedikorbaria We are privately funded by more than 5.7 million individuals, You can find out more here
http://www.msf.org/sites/msf.org/files/msf_finance_summary_2014.pdf
” – “2014 Financial Report…where is the rest? Is this a way to deny your link 2 #Soros – Z ColorRivolutionMan?”
https://twitter.com/msf_sea/status/639057800363159552
Premio Terzani: La giuria 2013 del Premio Terzani ha indicato i presupposti della assegnazione del Premio in queste motivazioni: “Finanziere di successo, Soros ha realizzato grazie alla sua attività ingentissimi guadagni, ma non si è mai sottratto a una sistematica assunzione di responsabilità in campo sociale, e anche indirettamente politico, con il fine di realizzare la “società aperta” teorizzata da Karl Popper, suo maestro alla London School of Economics. La rete delle Open Society Foundations opera infatti in tutto il mondo per promuovere la democrazia e le cause progressiste, finanziando movimenti di riscatto sociale e di opposizione, intellettuali, scrittori, artisti e media indipendenti. Dopo la crisi del 2008, convinto della necessità di un pensiero economico nuovo, Soros ha creato l’Institute for New Economic Thinking, nel cui direttivo siedono l’economista Jean-Paul Fitoussi e i premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen. Gli articoli raccolti nel suo ultimo libro, “La crisi globale”, – a cui va il Premio Terzani 2013 – scardinano il pensiero economico prevalente e sostengono la necessità di una diversa organizzazione della finanza internazionale. Soros invita a considerare il mercato non un fine ma piuttosto un mezzo per assicurare un equo benessere al maggior numero di persone possibile, in un quadro di garanzie democratiche. Fa appello infine alla classe dirigente europea affinché si assuma la responsabilità di ricercare soluzioni condivise che affrontino non solo la riduzione dei debiti ma anche la crisi valutaria, quella bancaria e il rilancio dell’economia nel rispetto di una più equa redistribuzione delle risorse”.
2011 – LA PRIMAVERA ARABA DI AMNESTY INTERNATIONAL & HUMAN RIGHT WATCH https://www.facebook.com/daniel.wedikorbaria/posts/1211129852235859
ECFR è un’organizzazione privata non a scopo di lucro finanziata attraverso donazioni. Fondato con il supporto di Open Society Foundations, Communitas Foundation e Fundación Para las Relaciones Internacionales y el Diálogo Exterior (FRIDE), tra i suoi partner e finanziatori ci sono fondazioni, grandi imprese, governi ed individui privati. I Consiglieri italiani ECFR sono: Giuliano Amato – Giudice della Corte Costituzionale Giampiero Auletta Armenise, Presidente, Rothschild Bank Italy Emma Bonino – Ministro degli Affari Esteri Maria Cuffaro – Inviata di esteri e presentatrice del TG3 Marta Dassù – Vice Ministro degli Affari Esteri Massimo D’Alema – Presidente della Fondazione ItalianiEuropei e della Fondazione per gli Studi progressisti europei (FEPS) Gianfranco Dell’Alba – Direttore delle delegazione di Confindustria presso l’Unione Europea Gianfranco Fini – già Presidente della Camera dei deputati Franco Frattini, Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, già Ministro degli Esteri e Vicepresidente della Commissione europea Emma Marcegaglia– Presidente, Business Europe Marco Margheri, Senior Vice President Public and EU Affairs, Edison Lapo Pistelli, Vice Ministro degli Affari Esteri Pasquale Salzano- Vice President for International Governmental Affairs, ENI Stefano Sannino – Rappresentante Permanente d’Italia presso l’Unione Europea Giuseppe Scognamiglio – Executive Vice President, Head of Public Affairs Department, UniCredit SpA Nathalie Tocci, Vice Direttore, IAI Luisa Todini, Presidente della Todini Finanziaria Spa; Consigliere d’Amministrazione RAI Nell’articolo pubblicato dal The Guardian intitolato Financier Soros puts millions into ousting Bush è riportato: “in un’intervista pubblicata ieri da Washington Post Soros ha annunciato una donazione di $ 5 milioni ad un’organizzazione di attivismo liberale chiamata MoveOn.org. (…) Altri finanziamenti sono andati all’America Coming Together (ACT). (…) Sig. Soros ha anche contribuito a finanziare una nuova think-tank liberale, il Center for American Progress, con a capo l’ex capo del personale di Bill Clinton, John Podesta.
https://www.theguardian.com/world/2003/nov/12/uselections2004.usa
Colour revolution: Bulldozer Revolution (Yugoslavia), Rose Revolution (Georgia), Orange Revolution (Ukraine), Purple Revolution (Iraq), Tulip Revolution (Kyrgyzstan), Cedar Revolution (Lebanon), Blue Revolution (Kuwait), Jeans Revolution (Belarus), Saffron Revolution (Myanmar), Grape Revolution (Moldova), Green Revolution (Iran), Jasmine Revolution (Tunisia), Lotus Revolution (Egypt), Umbrella Revolution (China), Colorful Revolution (Macedonia) CILD (La Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili) nasce dalla consapevolezza che i diritti e le libertà civili sono fra loro interdipendenti e indivisibili. Sulla base di questa premessa un gruppo di organizzazioni non governative e di associazioni ha deciso di mettersi in rete e di costruire un nuovo soggetto nazionale a disposizione del nostro Paese. Siamo finanziati da Open Society Foundations e Oak Foundation
. Queste le associazioni che fanno parte di CILD: A buon diritto, Antigone, Arci, Arcigay, Asgi, Associazione 21 Luglio, Associazione Luca Coscioni, Associazione Nazionale Stampa Interculturale, Associazione Tefa Colombia – Cooperazione Internazionale Modena, Cie Piemonte, Certi Diritti, Cipsi, Cittadinanzattiva, Cittadini del mondo, Cospe, Diritto di sapere, Fondazione Leone Moressa, Forum Droghe, Lasciatecientrare, Lunaria, Movimento Difesa del Cittadino, Naga, Parsec, Progetto Diritti, Società della Ragione, Zabbara. Laura Boldrini: Montecitorio, Studio della Presidente – Incontro con il Presidente dell’Agenzia Habeshia, don Mussie Zerai, e con rappresentanti della comunità eritrea
http://presidente.camera.it/20?raccolta=1553&pager.offset=516
ICC: Pan-African Conference on the ICC, jointly organised with the Government of Senegal. Co-chaired by H.E. President Abdou Diouf, Emma Bonino and the Chairman of the Open Society Institute George Soros. Participants included 25 African States, Louise Arbour, Chief Prosecutor of the Tribunals for the former Yugoslavia and Rwanda, and Cherif Bassiouni, Vice-chairman of the UN Preparatory Committee. Dakar, Senegal, 5-6 February 1998
Current funding for the work of the Coalition has been received from the European Union; the Ford Foundation; the John D. and Catherine T. MacArthur Foundation; the Open Society Institute; the governments of Canada, Finland, Germany, Liechtenstein, Luxembourg, New Zealand, Norway, Sweden, Switzerland, and the United Kingdom; and from individual donors and participating NGOs. Long-term and/or previous funding has been received from Denmark, Italy, the Netherlands, the Paul and Daisy Soros Foundation, and others
http://archive.iccnow.org/documents/iccupdate13.pdf
George Soros: «Se il premier porta a termine le riforme l’Italia crescerà più del resto d’Europa» di Federico Fubini (Corriere della Sera, 26 settembre 2015) “Il finanziere di origini ungheresi domani incontrerà Renzi a New York: «Il futuro dell’Ue si decide sui migranti: investire nell’accoglienza può dare grandi frutti” Con una lettera scritta di suo pugno G. Soros avverte l’Europa che sbarcheranno 1.000.000 di rifugiati all’anno. Soros: sveglia Europa, 6 impegni per accogliere un milione di profughi OIM, Migranti: “Nel 2015 oltre un milioni gli arrivi. Dati quattro volte superiori allo scorso anno” L’OIM opera nel principio secondo cui da un’immigrazione umana e ordinata possono trarre vantaggio sia gli immigrati che la società. R2P: Responsability to protect, la responsabilità di proteggere (la popolazione) Top Down Bottom Up Inside Out Cima in basso, la base in alto e il dentro fuori.
SOROS: “Why I’m Investing $500 Million in Migrants” By GEORGE SOROS “In response, I have decided to earmark $500 million for investments that specifically address the needs of migrants, refugees and host communities. I will invest in startups, established companies, social-impact initiatives and businesses founded by migrants and refugees themselves. Although my main concern is to help migrants and refugees arriving in Europe, I will be looking for good investment ideas that will benefit migrants all over the world.” Sept. 20, 2016 George Soros: “I think that I’ll be blamed for everything. I’m basically dare to make money I cannot and do not look at the social consequences of what I do.”
AFRICOM, Africa Comand, la presenza militare americana sul suolo africano TPLF, Tigray People Liberation Front, Fronte popolare per la liberazione del Tigray |