http://contropiano.org/ 6 maggio 2017
Macron, il “manchurian candidate” del regime. Ma non per questo scelgo Le Pen di Giorgio Cremaschi
Dopo il ritorno dal Donbass dove ho potuto vedere di persona una realtà esattamente opposta a quella impostaci dalla bolla di fake news nella quale qui viviamo. Dopo aver visto le vittime qui da noi trasformate in aggressori, e la ferocia degli aggessori qui da noi trasformati in vittime. Dopo questo bagno di realtà, il ballotaggio tra Macron e Le Pen mi sembra ancora più chiaro. Il primo è il "Manchurian Candidate" del regine finanziario UE e Nato, una marionetta nelle mani dei poteri forti che sarà pericolosa per la democrazia e la pace. Inquietante è scoprire ancora una volta la forza del potere dei media, oramai un'arma autonoma del potere finanziario globale. Macron, burocrate politico e bancario senz'arte né parte, è stato imposto come un nuovo sciampo miracoloso in pochi mesi. Naturalmente decisivo è il sistema elettorale presidenziale a due turni, che permette alla migliore minoranza, Macron ha di suo meno del 24% del 70% di votanti, di prendere tutto. Un colpo di stato legale. Macron quasi sicuramente vincerà, perché si trova di fronte l'avversario per lui migliore. Marine Le Pen ha confusamente tentato di presentarsi come la candidata antiestablishment, ma l'eredità della vecchia estrema destra francese, che ancora piange la perdita dell'Algeria e le cui radici affondano nel regime di Petain e prima ancora nella Vandea controrivoluziaria, questa eredità alla fine l'ha schiacciata. I francesi sono così di fronte alla scelta terribile tra il candidato della nuova destra estrema, Macron, e quella della vecchia estrema destra, Le Pen. Macron è il male, ma non per questo si può scegliere il male minore Le Pen. Mi pare uno scenario da incubo, che domani potrebbe capitare a noi, immaginate di dover scegliere alla fine tra Renzi e Salvini. Per fortuna il referendum del 4 dicembre ha affondato la controriforma renziana, compreso il ballottaggio tra le due migliori minoranze. Ma i referendum ove i popoli si pronunciano contro il potere sono insufficienti a cambiarlo, come dimostra non solo ciò che sta avvenendo da noi, ma quello che è successo in Francia. Dove, in un referendum anni fa, contro la costituzione europea si pronunciò la grande maggioranza di un popolo che ora si troverà un presidente indottrinato di fanatico europeismo. Questo perché l'alternativa antiestablisment rappresentata dalla vecchia estrema destra si sta dimostrando il mezzo migliore per rafforzare il potere dell'establisment. Che, per questo, tale opposizione di comodo favorisce ed alimenta con il suo potere mediatico. Come in Olanda, subito dopo gli exit poll, assisteremo alla celebrazione della sconfitta del pericolo fascista alimentato dal potere, poi il governo adotterà tutte le misure autoritarie chieste dai neofascisti. Decreto Minniti e legge "spara ai ladri" insegnano. Sono tempi duri per la democrazia, che è esistita finché c'erano sinistre comuniste e socialiste combattive e forti abbastanza per contrastare o condizionare il potere. L'autodissoluzione di questa sinistra in Europa, il suo assorbimento nel potere e nella cultura neoliberale, sono una catastrofe sociale e politica le cui proporzioni ancora ci sono sconosciute. Ci sono segnali di resistenza, come il voto a Mélenchon e la decisione, di gran parte di coloro che quel voto hanno dato, di non scegliere tra due mali al secondo turno. Quello che qui è il quotidiano ufficiale del liberalismo trionfante, La Repubblica, non a caso si è scagliato contro il popolo di sinistra che in Francia, come in Italia, dice basta al voto utile. Utile a che? A distruggere la sinistra, a rendere impossibile una vera alternativa. Sono e saranno tempi duri, si potrà cominciare ad uscirne solo respingendo definitivamente l'ideologia e la pratica del male minore.
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