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22 ottobre 2017

 

La crisi dell’Europa continua

di Roberto Savio

traduzione di Giuseppe Volpe

 

Le elezioni austriache mostrano chiaramente che i media hanno rinunciato a contestualizzare gli eventi.

 

Farlo richiede un ammonimento sul futuro dell’Europa come veicolo dei valori europei.

L’Europa è stata indebolita da tutte le recenti elezioni, con la notevole eccezione della Francia. Comuni a tutti, Francia inclusa, sono state alcune chiare tendenze che esamineremo velocemente, e perciò forse imperfettamente. 

 

Il declino dei partiti tradizionali

In tutte le elezioni, a partire dalla crisi finanziaria del 2009, i partiti che abbiamo conosciuto ad amministrare i loro paesi dopo la fine della seconda guerra mondiale sono in declino (o stanno praticamente scomparendo, come alle ultime elezioni francesi).

In Austria il Partito della Libertà Austriaco (FPO) di estrema destra si è assicurato il 26 per cento dei voti, a poca distanza dai Socialdemocratici che hanno avuto il 26,9 per cento dei voti. I socialdemocratici sono stati al potere praticamente dalla fine della guerra.

E l’altro partito tradizionale, il conservatore Partito Popolare Austriaco (OVP), ha vinto le elezioni con il 31,5 per cento. Insieme, i due partiti solevano avere più dell’85 per cento dei voti.

 

Alle elezioni olandesi, tenutesi a marzo, il Partito della Libertà (PVV) di estrema destra di Geert Wilder  e arrivato secondo dopo il governativo Partito della Libertà e della Democrazia (VVD), a spese di tutti gli altri partiti.

E a settembre in Germania il partito di estrema destra contrario agli immigranti Alternativa per la Germania (AfD) si è goduto un successo storico, diventando il terzo partito, mentre i due partiti tradizionali, l’Unione Cristiano-Democratica della Merkel (CDU) e il socialdemocratico Partito Social-Democratico della Germania (SPD) hanno sofferto i peggiori risultati da più di mezzo secolo. Secondo sondaggi le prossime elezioni italiane vedranno un movimento populista, con il 5 Stelle assumere il governo.

L’Austria è l’esempio migliore per capire come è cambiata la politica nazionale europea. E’ importante notare che nessun partito di destra era realmente visibile in Europa (eccettuata la Le Pen in Francia) prima della crisi finanziaria del 2009.

 

Tale crisi ha portato insicurezza e paura e nello stesso anno la destra austriaca, sotto la guida carismatica di Jorg Haider, ha ottenuto la stessa percentuale di voti di oggi. E il primo ministro conservatore dell’epoca, Wolfgang Schlussel, ha infranto un tabu portando nel governo il Partito della Libertà.

 

Tutti in Europa hanno reagito con orrore, praticamente isolando l’Austria. E il FPO ha perso tutto il suo lustro nel governo, scendendo al 5 per cento, e con la morte di Haider è sceso ulteriormente. Oggi non ci sono sussulti d’orrore in Europa riguardo a qualsiasi partito di estrema destra nel governo.

 

Che cosa ha alimentato il declino dei partiti tradizionali

I partiti tradizionali stavano già subendo una perdita di partecipazione e di fiducia da parte degli elettori alla fine del secolo scorso, ma nel 2009 l’Europa ha importato la crisi finanziaria che aveva scosso gli Stati Uniti nel 2006. E il 2009 ha visto tempi duri e disoccupazione in tutta Europa.

 

E in quell’anno la Grecia è diventata il campo di battaglia di due visioni dell’Europa. I paesi meridionali volevano uscire dalla crisi con investimenti e provvidenze sociali, mentre il blocco dei paesi del Nord, guidato dalla Germania, considerava come unica risposta l’austerità.

 

La Germania voleva esportare la sua esperienza: stava andando bene grazia a una riforma interna di austerità avviata da Schroeder nel 2003 e non voleva a nessun costo accettare altre riforme.

 

La Grecia rappresentava solo il 4 per cento dell’economia europea a avrebbe potuto essere soccorsa senza problemi. Ma vinse la linea tedesca e oggi la Grecia ha perso il 25 per cento delle sue proprietà, le pensioni sono diminuite del 17 per cento e c’è una massiccia disoccupazione. L’austerità è stata la risposta alla crisi per l’intera Europa e ciò ha aggravato la paura e l’insicurezza.

 

E’ anche importante ricordare che fino alle invasioni di Libia, Iraq e Siria, nelle quali l’Europa ha avuto un ruolo chiave (2011-2014), c’erano pochi migranti e non costituivano un problema.

 

Nel 2010 i migranti erano 215.000 in una regione di 400 milioni di abitanti. Ma durante le invasioni è crollato un equilibrio molto fragile tra sciiti e sunniti, le due principali correnti religiose dell’Islam. La guerra civile e la creazione dell’ISIS nel 2015 ha indotto molti a tentare di raggiungere l’Europa per fuggire dalle guerre civili.

 

Così nel 2015 più di 1,2 milioni di profughi, la maggioranza provenienti da paesi in conflitto, sono arrivati in un’Europa che non era preparata a un afflusso così massiccio. E se studiamo le elezioni prima di allora possiamo vedere che i partiti di estrema destra non erano rilevanti come sono oggi.

 

Perciò dovrebbe essere chiaro che l’austerità e l’immigrazione sono stati i due principali fattori dell’ascesa della destra.

 

Statistiche e dati lo dimostrano chiaramente. Le statistiche mostrano anche che i migranti, ovviamente con eccezioni (che i media e il populismo amplificano), vogliono fondamentalmente integrarsi, accettano qualsiasi genere di lavoro, sono rispettosi della legge e pagano i loro contributi, il che ovviamente è nel loro interesse.

Naturalmente il livello di istruzione ha un ruolo cruciale. Ma i siriani che vengono qui appartenevano fondamentalmente alla classe media. E naturalmente è una verità scomoda che se l’Europa non fosse intervenuta nel nome della democrazia la situazione sarebbe diversa. La NATO stima che siano stati spesi nella guerra in Siria più di 30 miliardi di dollari. Ci sono oggi sei milioni di profughi e 400.000 morti.

E Assad è ancora al suo posto. Naturalmente la democrazia ha un valore diverso in paesi che sono chiusi e ricchi di petrolio. Se facessimo sul serio riguardo alla democrazia, ci sono tantissimi paesi africani che hanno bisogno di un intervento.

 

Boko Haram ha ucciso sette volte più persone dell’ISIS; e Mugabe sta valutando di correre per la rielezione dopo aver dominato lo Zimbabwe per quasi quattro decenni. Ma non sentirete parlare granché di queste cose nel dibattito politico attuale.

 

Come l’estrema destra sta cambiando l’Europa

Nigel Farage è il populista che guidato un partito di estrema destra, il Partito Britannico dell’Indipendenza (UKIP) che si è battuto per lasciare l’Europa. L’UKIP ha ricevuto in maggior numero di voti (27,49 per cento) di ogni partito britannico alle elezioni del Parlamento Europeo del 2014, e ha guadagnato ulteriori 11 membri del Parlamento Europeo per un totale di 24.

 

Il partito ha conquistato seggi in ogni regione della Gran Bretagna, compreso il suo primo in Scozia. E’ stata la prima volta in più di un secolo che un partito diverso dai Laburisti o dai Conservatori ha conquistato la maggior parte dei voti in un’elezione britannica.

Ma Farage ha perso le elezioni tenutesi appena prima della Brexit nel giugno del 2016. La sua dichiarazione ai media è stata: in realtà io sono il vero vincitore, perché il mio programma contro l’Europa è adesso la base della politica di tutti i partiti tradizionali. E’ effettivamente seguita la Brexit.

 

E questo è ciò che sta oggi succedendo dovunque. Le elezioni austriache non hanno visto solo l’ascesa del FPO. Hanno visto anche il conservatore OVP introdurre nella campagna elettorale l’immigrazione, la sicurezza, i confini e altre parti del programma dell’estrema destra populista. Il 58 per cento pieno degli elettori ha votato per l’estrema destra o per la destra, con i socialdemocratici spostatisi anch’essi più verso il centro.

 

Il nuovo governo olandese ha operato una svolta a destra, riducendo le tasse ai ricchi e alle imprese. La stessa svolta a destra può essere attesa dalla nuova coalizione guidata dalla Merkel, con i liberali che mirano a prendersi il ministero delle finanze.

 

Il loro leader, Christian Lindner, è un nazionalista e ha più volte dichiarato la sua avversione all’Europa. In quel senso sarà anche peggiore dell’inflessibile Schaeuble che voleva solo germanizzare l’Europa, ma era un europeista convinto.

 

Ed è interessante che i maggiori voti al partito di estrema destra AfD siano arrivati dalla Germania Est, dove gli immigrati sono pochi. Ma nonostante l’investimento dell’impressionante cifra di 1,3 trilioni di euro nello sviluppo della Germania Est, permangono importanti differenze con la Germania Ovest riguardo a occupazione ed entrate.

 

Nessuna meraviglia che il presidente della Corea del Sud abbia avvertito il presidente Trump di evitare qualsiasi conflitto. Il paese ha deciso molto tempo fa, guardando alla riunificazione della Germania, di non avere le risorse necessarie per annettere con successo la Corea del Nord.

 

L’uomo razzo, come Trump chiama Kim, dopo la decertificazione dell’Iran può affermare che il solo modo per garantirsi che gli Stati Uniti non interverranno consiste nel mostrare di possedere una forza nucleare intercontinentale, perché gli Stati Uniti non rispettano i trattati.

 

Fatte tali considerazioni, uno schema è chiaro dappertutto. Il programma della destra è stato fatto proprio dai partiti tradizionali; la introducono nella coalizione di governo, come ha fatto la Norvegia, o cercano di isolarla, come ha fatto la Svezia.

 

Questo non cambia il fatto che tutti si stanno spostando a destra. L’Austria ora penderà verso il gruppo di Visegrad, costituito da Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia, che stanno chiaramente contestando l’Europa e guardando a Putin come modello politico (tutta la destra lo fa).

 

La sola voce europeista attiva è Macron, che chiaramente non è nemmeno lui un progressista. Il vero progressista, Corbyn, è ambiguo riguardo all’Europa, perché il Partito Laburista ha molti euroscettici.

 

Il nuovo governo tedesco ha già chiarito che molte delle sue proposte per un’Europa più forte non sono in programma e che la via resta l’austerità. A meno che arrivi presto una crescita forte (e il FMI ne dubita) i problemi sociali aumenteranno. Il nazionalismo non ha mai aiutato la pace, lo sviluppo e la cooperazione.

 

Probabilmente abbiamo bisogno che qualche movimento populista vada al governo per dimostrare che non hanno risposte ai problemi. Lo farà probabilmente la vittoria del M5S in Italia. Ma questa era la teoria anche per l’Egitto.

 

Lasciate che la Fratellanza Mussulmana salga al governo e sarà un fallimento. Peccato che il generale Al Sisi non lo abbia permesso. La nostra speranza è di non avere un Al Sisi in Europa.

 

Se solo i giovani tornassero a votare ciò cambierebbe la situazione in Europa. Questa è la vera sconfitta storica della sinistra in Europa.

 


L’autore, Roberto Savio, è il fondatore ed ex direttore generale dell’agenzia giornalistica internazionale Inter Press Service (IPS). In anni recenti ha anche fondato Other News, un servizio che fornisce “informazione che il mercato cancella”. 


Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/the-crisis-of-europe-continues/

Originale: IPS

 

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