Fonte: www.dedefensa.org https://comedonchisciotte.org/ 11 giugno 2017
Bakunin, Le Bon e il crepuscolo europeo Nicolas Bonnal Traduzione di Daniela Minieri
Ho scritto numerosi testi che ruotano intorno allo stesso tema, alla stessa constatazione. Le cose, i problemi non cambiano più da due secoli o quasi. Leggete la conclusione delle Memorie d’Oltretomba di Chateaubriand e vi ritroverete già nel vostro vecchio mondo. Un mondo unito, un mondo orribile, un mondo anti artistico, un mondo incivile, un mondo di controllo, denaro e quantità. I problemi che viviamo sembrano provenire dal passato. Falso, essi sono remoti, ed è per questo che consiglio la lettura di autori come Le Bon, Tocqueville o senza dubbio René Guénon o Evola.
Parlerò della nostra Italia. I problemi italiani sono di vecchia data e iniziano con l’unificazione mancata da una combriccola corrotta, quella che sottomette poi all’Inghilterra (liberali, senatori, massoni), alla Germania, all’America e poi all’Europa. Nel 1869 il rivoluzionario Bakunin fa già questo misero bilancio: “Da nessun’altra parte possiamo studiare cosi bene come in Italia l’oblio del vecchio principio della rivoluzione esclusivamente politica, e la decadenza della borghesia, rappresentante esclusiva delle idee dell’ 89 e del 93 e di quello che ancora oggi chiamiamo patriottismo rivoluzionario. “Uscita da una rivoluzione nazionale vittoriosa, ringiovanita, trionfante, avendo tra l’altro la fortuna rara di avere un eroe e un grande uomo, Garibaldi e Mazzini, l’Italia, questa patria di intelligenza e bellezza, doveva superare in pochi anni tutte le altre nazioni in prosperità e in grandezza. Le ha superate tutte in miseria. ”
E di constatare tristemente: “Meno di cinque anni di indipendenza erano bastati per rovinare le sue finanze, per immergere tutto il paese in una situazione economica senza uscita, per uccidere la sua industria, il suo commercio, e, per di più, per distruggere nella giovinezza borghese questo spirito di eroica devozione che per più di trent’anni servì da catalizzatore potente a Mazzini” Paese nato morto come la nostra Europa della Fine dei Tempi (regna un’atmosfera evoliana, di Kali-Yuga nello scritto del grande Bakunin) o la nostra Francia repubblicana, la borghesia mondializzata scompiglia il ramo del risorgimento: “Il trionfo della causa nazionale, invece di ravvivare, aveva spento tutto. Non era soltanto la prosperità materiale, lo spirito in sé era morto; e si era ben sorpresi vedendo questa giovinezza di un paese politicamente rinascente, vecchia di non so quanti secoli, e che, non avendo dimenticato nulla, non aveva nessun problema ad imparare qualcosa.” Il bisogno di un posto che si è visto sin con la loro Europa è già lì: “Non si può nemmeno immaginare quale immensa avidità di posizioni è stata risvegliata in seno alla borghesia italiana dal trionfo della rivoluzione nazionale. È cosi che è nata la famosa Consorteria, questa lega borghese che, essendosi impossessata di tutti i lavori lucrativi, maltratta, disonora, saccheggia oggi l’Italia, e che dopo aver trainato questa patria italiana in tutti i fanghi possibili, l’ha fatta arrivare ai disastri di Custoza, di Lissa e di Mentana.” Gli stessi problemi (scarsa natalità, declino culturale, militarismo, statalismo) si pongono verso il 1890. Lo studioso francese Gustave Le Bon nota in un importante libro: “Il principio delle nazionalità, cosi caro in passato agli uomini di Stato e a coloro che ne facevano il fondamento della propria politica, può essere ancora citato tra le idee direttrici di cui si è dovuta subire la pericolosa influenza. La sua realizzazione ha condotto l’Europa alle guerre più disastrose, l’ha messa sotto assedio e condurrà successivamente tutti gli Stati moderni alla rovina e all’anarchia. Il solo motivo apparente che si poteva invocare per difendere questo principio era che i paesi più grandi e più popolati sono i più forti e i meno minacciati. Più segretamente si pensava anche che essi erano i più adatti alle conquiste”. Come Léopold Kohr, il tanto abile Le Bon, che ha previsto tutto perché ha studiato tutto, elogia lo Small is beautiful: “Orbene, oggi succede che sono proprio i paesi più piccoli e meno popolati: il Portogallo, la Grecia, la Svizzera, il Belgio, la Svizzera, i minuscoli principati dei Balcani, ad essere meno minacciati. L’idea dell’unità ha rovinato l’Italia, un tempo così prospera, al punto che oggi si ritrova alla vigilia di una rivoluzione e di un fallimento. Il budget annuale delle spese di tutti gli Stati italiani, che prima della realizzazione dell’unità italiana ammontava a 550 milioni, oggi raggiunge i 2 miliardi.” E Le Bon sottolinea anche la debolezza dei paesi latini, corrotti da lustri secondo lui dal verbalismo, il socialismo, l’anarchia e il cesarismo! Ma è più complicato. Poiché questo secolo di unificazione fu quello del regno della quantità nel senso guenoniano, e si può dire inoltre che la bella Germania, quella della musica e della filosofia, della poesia e del romanticismo, prese fine con la sua unità che sfocerà nell’industrialismo, il socialismo e il bellicismo.
Gustave Le Bon ancora, come se avesse previsto il nazismo: “La Germania moderna, nonostante le false apparenze di prosperità, ne sarà senza ombra di dubbio la prima vittima, giudicando dal successo delle diverse sette che la pullulano. Il socialismo che la rovinerà sarà senza dubbio rivestito di formule scientifiche rigide, buone tutt’al più per una società ideale che l’umanità non produrrà mai, ma quest’ultimo lume della ragione pura sarà intollerante e più temibile di tutti i suoi antenati. Nessun popolo è cosi preparato come la Germania a subirlo. Oggi più nessuno ha perso l’iniziativa, l’indipendenza e l’abitudine di governarsi.”
Fonti Nicolas Bonnal – Chroniques sur la Fin de l’Histoire (Kindle) Le Bon- Lois psychologiques de l’évolution des peuples Leopold Kohr- the Breakdown of nations Bakounine_ Lettre aux rédacteurs du Réveil, à Paris, octobre 1869 (inedito)
Link: http://www.dedefensa.org/article/bakounine-le-bon-et-le-crepuscule-europeen 1.06.2017
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