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Aprile 29, 2017
La benevola accoglienza di Juncker per Soros
Il multimiliardario George Soros è stato ricevuto dal Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. In un incontro a Bruxelles, ovviamente a porte chiuse, il ricchissimo speculatore ungherese ha voluto esporre a Juncker le sue preoccupazione riguardo il futuro dell’Ungheria. Sul tavolo di discussione Soros ha portato la Central European University di Budapest, università da lui fondata.
Cosa prevede la nuova legge ungherese
Quest’istituto, a detta di Soros, rischia la chiusura in seguito agli emendamenti approvati dal parlamento ungherese in merito all’organizzazione degli atenei stranieri operanti in Ungheria. Secondo le nuove predisposizioni la Central European University dovrà ora “regolarizzarsi”. Si tratta di aprire una propria sede anche nel Paese di origine, ovvero gli Stati Uniti, in particolare nello stato di New York. Inoltre il nuovo emendamento prevede che entro 60 giorni venga raggiunto un accordo bilaterale tra Ungheria e Stati Uniti per la nuova organizzazione delle attività dell’ateneo. In caso contrario l’università dovrà fermare, temporaneamente, le proprie attività. Almeno fintanto che non si sarà uniformata alla legge nazionale. Soros, che potrebbe regolarizzare lo status dell’università, sceglie invece la guerra contro Orban.
Una procedura d’infrazione contro Orban
La richiesta d’aiuto dello speculatore è stata ben accolta dalla Commissione europea. Il vice-presidente CE Valdis Dombrovskis, ha infatti annunciato che è stata inviata una lettera di preavviso formale all’Ungheria. In caso di mancata azione del Governo ungherese per modificare gli ultimi emendamenti approvati, la Commissione avvierà la procedura di infrazione delle leggi comunitarie. Viktor Orban, Primo Ministro ungherese, ha subito rispedito al mittente le accuse. Intervenuto direttamente all’Europarlamento di Bruxelles ha rassicurato che “l’esistenza dell’università non è messa a repentaglio” e che “la modifica di portata limitata del Parlamento ungherese tocca 28 università straniere, armonizza le norme, limita le possibilità di abusi e pone fine a privilegi università straniere rispetto a quelle europee”.
Juncker sta con Soros
Nonostante questo l’Unione europea sembra già aver scelto da che parte stare e l’incontro tra Juncker e Soros lo dimostra. “Si conoscono da anni. Si son incontrati per la prima volta nel 1995 e molte altre volte”, così il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas descrive l’amicizia tra i due. Risulta sorprendente la disinvoltura con cui viene raccontato ciò.
Uno speculatore che all’occorenza diventa mecenate
Come riportato più volte su questo portale, George Soros è uno speculatore di professione, che agisce senza scrupoli o codici etici. “Nella veste di operatore di mercato non mi si richiede di preoccuparmi delle conseguenze delle mie operazioni finanziarie”, ebbe a dichiarare dopo aver letteralmente messo al tappeto la Banca d’Inghilterra e la Banca d’Italia. Un’operazione che ai cittadini italiani costò il prelievo forzoso dei conti correnti nel luglio 1992 per un totale di 11.500 miliardi di lire. Soldi polverizzati per responsabilità di un personaggio che sulle pagine di Repubblica viene descritto come “mecenate”.
Un’università per soli ricchi
Difficile poi comprendere come gli emendamenti ungheresi possano essere considerati degli attacchi alla “libertà d’istruzione”. Intanto che l’istituto fondato da Soros è di natura privatistica. Le rette d’iscrizione alla stessa, come si evince dal sito ufficiale, partono da un minimo di 12.000 euro all’anno (cui si aggiunge la “modica” cifra di 6.000 euro annuali per l’alloggio). Si tratta dunque di un istituto che pone delle condizioni d’accesso economico molto restrittive. Difficilmente dunque può essere descritto come ente elargitore di un diritto.
La prospettiva di una rivoluzione colorata
Contemporaneamente si è alzato il livello d’isteria tra i principali media. Basti leggere Repubblica, sulle cui pagine si scrive come i recenti fatti ungheresi “evocano i paragoni piú cupi per la loro somiglianza con slogan ed editti di Joseph Goebbels, ministro della Propaganda e stratega del Terzo Reich nazisti, contro il popolo ebraico”. Soros, che è sempre lo stesso speculatore senza scrupoli di cui sopra, sarebbe dunque diventato un martire. Un filantropo che ha donato un’università accessibile a tutti. O almeno a quelli che possono elargire 12.000 euro annui.
Nel frattempo si sono già attivate manifestazioni a Budapest contro il Governo, a difesa di quest’università di super-ricchi. Una mobilitazione più che sospetta. Proprio Soros infatti ammise senza vergogna di aver alimentato manifestazioni analoghe in Ucraina prima del cambio al vertice. La procedura d’infrazione avviata da Bruxelles potrebbe essere dunque un primo passo verso un’altra rivoluzione colorata. |
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Marzo 9, 2017
Orban contro Soros
L’influenza politica del sito Breitbart – il cui fondatore, Steven Bannon, non a caso è l’attuale Consigliere del presidente Trump – ha attraversato l’Oceano e sta cominciando a pesare anche in est Europa. Questa settimana infatti, il parlamento ungherese ha annunciato che voterà una proposta di legge per obbligare le organizzazioni non governative alla massima trasparenza per quanto riguarda i fondi che ricevono e la loro provenienza.
Sulle colonne della “piattaforma internet dell’Alt-Right”, per usare la definizione dello stesso Bannon, già durante la campagna elettorale americana veniva denunciato il legame torbido e ambiguo tra George Soros e le ong, accusate di essere sotto il suo controllo. Su Breitbart, infatti, Soros è sempre stato indicato come il burattinaio che agisce nell’ombra per manovrare le ong a seconda dei suoi interessi. E quali sono questi interessi? Promuovere la retorica dei “no borders” in Europa, favorire l’immigrazione clandestina di massa e, per quanto riguarda Trump, cercare di indebolire la sua figura il più possibile attraverso la diffusione di scandali che infanghino il suo nome. Insomma, Soros veniva e viene indicato come il vero leader del mondo liberal-progressista, che parla di Diritti Umani (rigorosamente scritti con le maiuscole) per poi preoccuparsi di tutt’altro. In questo caso, dell’indebolimento dell’Europa.
Goran Buldioski, il direttore dell’Open Society Initiative for Europe, una delle fondazioni-ombrello del miliardario Soros, non appena appresa la notizia dell’imminente votazione al parlamento ungherese, ha contrattaccato condannando l’iniziativa come una minaccia per “i valori europei”. Sempre secondo Buldioski infatti: “La democrazia e la libertà sono sempre più lontane dall’orizzonte degli interessi dell’Ungheria.”
Ad aiutarci a inquadrare meglio l’opera dell’Open Society Initiative for Europe è un testo pubblicato dalla fondazione stessa (Reliable allies in the European Parliament), un fascicolo che riferisce i nomi di 226 deputati (su 751) ‘amici’ di Soros
A rispondere per le rime al direttore dell’Open Society ci ha pensato Zoltan Kovacs, Segretario di Stato e portavoce del governo di Orban, che ha accusato le ong di non avere alcuna legittimità democratica: “In una democrazia la rappresentanza dovrebbe essere concessa dopo delle elezioni, non secondo la volontà delle potenze straniere.” E, in effetti, nelle Ong non risulta che si tengano elezioni per designare i loro funzionari.
Le organizzazioni non governative presenti in Ungheria forniscono già una serie di documentazioni sull’origine dei loro fondi, ma secondo il governo non è abbastanza perché molto spesso la vera origine dei flussi di denaro rimane oscura. Orban, durante una trasmissione radiofonica nazionale del 24 febbraio, si è scagliato contro le ong: “L’Ungheria non può permettere che sul suo territorio agiscano organizzazioni che si muovono nell’ombra, non dichiarando da chi ricevono i finanziamenti e per quale ragione. Le ong che fanno capo a Soros hanno superato ogni limite: non possono incoraggiare i migranti a entrare nel nostro Paese, perché ciò vìola le nostre leggi.”
Il miliardario di origine ungherese George Soros ha iniziato la sua opera di “beneficenza” durante la Guerra fredda finanziando i dissidenti che volevano ribellarsi (o che lui stesso spinse alla ribellione) contro il regime sovietico. Questa forma di “esportazione della democrazia” fa parte, storicamente, dell’attitudine degli Stati Uniti. A ricordarlo sono le più recenti campagne in Afghanistan, Iraq, e Libia, che tutto hanno portato in questi Paesi tranne la pace e la stabilità tanto promesse prima della loro invasione o del rovesciamento del regime che li governava.
A tal proposito, fin dagli albori della sua candidatura, Trump ha promesso un progressivo disengagement dalle questioni internazionali e dai teatri di guerra del Medio Oriente, attitudine che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a molti. Non a George Soros però, che si oppone al nuovo presidente degli Stati Uniti in ogni modo, anche attraverso le recenti manifestazioni femministe anti-Trump, che è accusato di aver orchestrato.
La battaglia della nuova amministrazione della Casa Bianca contro il magnate Soros ha dato coraggio a molti stati dell’europa centrale e orientale. Non solo all’Ungheria.
Nenad Mircevski, fondatore del movimento macedone “Stop Operation Soros”, indaga da mesi sulle attività di Soros in Macedonia tenendo costantemente informato il parlamento. Anche in Romania, il leader del Partito Social-Democratico Liviu Dragnea, durante un’intervista di gennaio su Antena 3, disse: “Sono preoccupato delle azioni di Soros. Le fondazioni di quest’uomo operano sul territorio rumeno dagli anni ’90. E vi assicuro, non hanno fatto nulla di buono per il paese.” |