http://contropiano.org/ 25 ottobre 2017
Catalogna: l’ora della verità? di Marco Santopadre
Sale la tensione in Catalogna man mano che si avvicina il doppio e quasi contemporaneo appuntamento parlamentare di domani e dopodomani. Mentre a Barcellona domani si riunirà il Parlament per decidere quale risposta dare al golpe istituzionale di Madrid (la seduta potrebbe estendersi fino al giorno seguente), il Senato spagnolo è convocato venerdì per licenziare l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione post-franchista del 1978.
La norma, finora mai utilizzata ed ora minacciata addirittura nei confronti dei baschi, permetterebbe al governo spagnolo e ai suoi alleati di destra – Ciudadanos – e socialisti di poter esautorare il governo e il parlamento della Catalogna, di commissariare completamente la polizia autonoma, di mettere il bavaglio ai mezzi di comunicazioni pubblici, di sequestrare i conti e di bloccare vari provvedimenti legislativi invisi al potere centrale.
Se è quasi certo che i partiti che sostengono il ‘regime del ‘78’ – PP, C’s e Psoe – andranno diritti per la loro strada con l’implementazione dell’articolo 155, è assai incerta la natura della reazione da parte di un governo catalano che fonti bene informate descrivono come assai tentennante sul da farsi.
Il partito di maggioranza relativa, il liberal-conservatore PDeCat, sostenuto dai principali quotidiani della borghesia autonomista catalana – Periodico, Vanguardia e Ara – sta operando forti pressioni sul presidente Puigdemont affinché eviti di dichiarare l’indipendenza, e sembra orientato allo scioglimento del Parlament e all’indizione di nuove elezioni regionali. Una misura che, nelle intenzioni del fronte guidato dalla borghesia tradizionalmente autonomista, dovrebbe impedire da una parte la proclamazione della Repubblica e dall’altra il commissariamento delle istituzioni locali da parte di Madrid. D’altronde nel campo nazionalista spagnolo alcuni ambienti lasciano intendere che se Puigdemont sciogliesse il Parlament, Madrid potrebbe rinunciare all’applicazione dell’articolo 155 e limitarsi a misure ‘meno draconiane’ per riportare l’ordine nella regione ribelle.
Ma all’interno dello schieramento politico di maggioranza sono forti i settori che si oppongono ad elezioni anticipate, soprattutto all’interno di Esquerra Republicana ma anche tra i ministri del PDeCat. Ovviamente contraria ad un ulteriore cedimento si dichiara la Cup: gli anticapitalisti chiedono di rispettare la volontà popolare e il mandato assunto nella precedente campagna elettorale, che ha portato alla vittoria del fronte indipendentista, e di proclamare immediatamente la Repubblica affidando poi alla disobbedienza di massa dei cittadini e dei lavoratori il compito di contrastare il golpe spagnolo.
Da parte sua l’Assemblea Nazionale Catalana (Anc) ha convocato una manifestazione davanti al parlamento catalano per venerdì alle 12.00, in contemporanea con la seduta parlamentare, per “difendere la Repubblica”. Anche l’Anc si oppone alla convocazione di nuove elezioni. Sul fronte opposto l’organizzazione unionista Societat Civil Catalana, espressione dei partiti nazionalisti spagnoli in Catalogna, ha convocato una manifestazione, in questo caso per domenica prossima a Barcellona, di fatto a sostegno del commissariamento delle istituzioni catalane.
L’indurimento della repressione spagnola in Catalogna sta avendo effetti anche sulla composizione dei governi delle istituzioni locali. Alcuni esponenti del Partito Socialista Catalano hanno rassegnato le dimissioni dagli organi di direzione del partito in polemica con la scelta della casa madre spagnola di sostenere Rajoy; in altri casi esponenti di punta della formazione socialista sia in Catalogna sia nelle Baleari (altro territorio di lingua e cultura catalana) hanno chiesto pubblicamente al Psoe di ripensarci. Intanto sia Erc sia il PDeCat minacciano di espellere il PSC dai governi municipali ai quali attualmente partecipa nel caso in cui Madrid ponga fine all’autogoverno catalano con la complicità del segretario socialista Pedro Sanchez e dei suoi parlamentari. Anche la sindaca di Barcellona e leader dei ‘Comuns’, Ada Colau, aveva parlato nei giorni scorsi di una possibile rottura con i socialisti che fanno parte della sua giunta di centro-sinistra, ma non sembra allo stato che si tratti di una possibilità reale. Mentre da alcune parti si propongono patti di governo di “concentrazione nazionale” tra tutte le forze che si riconoscono nell’indipendenza o nell’autogoverno – PDeCat, Erc, Cup, Comuns, Democrates e alcune correnti socialiste – dall’altra sono in corso continui contatti tra la sezione locale di Podemos e le forze che formano il governo catalano.
Sul piano della risposta popolare si susseguono gli scioperi e le manifestazioni organizzate dalle organizzazioni studentesche della sinistra indipendentista, ma in ambito sindacale la disobbedienza non sembra decollare, almeno ai vertici. Le direzioni delle sezioni catalane di Comisiones Obreras e UGT – i sindacati tradizionalmente vicini alla sinistra moderata spagnola – hanno apertamente invitato i loro iscritti a non disobbedire ai commissari imposti da Madrid, reagendo negativamente alla richiesta venuta da alcuni consistenti settori dell’amministrazione pubblica catalana (circa 200 mila dipendenti) di opporre la disobbedienza organizzata di massa e il boicottaggio all’imposizione dell’155.
Diversa la reazione dei giornalisti e dei lavoratori dei mezzi di comunicazione pubblici catalani, che al contrario hanno promesso che non si faranno imbavagliare, ricevendo in alcuni casi anche l’esplicita e incondizionata solidarietà dei loro colleghi delle Tv e delle radio pubbliche spagnole che in diversi appelli hanno denunciato la manipolazione dei servizi informativi da parte della direzione di Madrid. Un comunicato di condanna del commissariamento delle istituzioni catalane è stato diffuso oggi da due diverse associazioni di medici, mentre un migliaio di giuristi, avvocati e penalisti ha firmato un appello alla liberazione di Jordi Cuixart e Jordi Sanchez, leader dell’Anc e di Omnium arrestati perché accusati di “sedizione”, definiti nel testo “prigionieri politici”.
Oggi un’altra persona è stata arrestata dalla Guardia Civil a Sant Joan de Vilatorrada (Barcellona) con l’accusa di aver lanciato una sedia contro un poliziotto spagnolo che lo scorso 1 ottobre aveva fatto irruzione per primo in una scuola del piccolo comune adibita a seggio e difesa dai cittadini. Nei giorni scorsi altre persone, tutti giovani tra i 22 e i 24 anni, erano stati arrestati per aver opposto resistenza alle cariche delle forze di sicurezza spagnole durante il referendum.
Nel frattempo è salito a circa 1500 il numero delle imprese catalane che hanno deciso di trasferire la propria sede sociale in altri territori dello Stato Spagnolo e che minacciano di fare altrettanto con uffici direzionali e produzione.
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