Il governo intona l’inno nazionale catalano: https://youtu.be/kAfeQIBBIeQ http://www.ilpost.it mercoledì 11 ottobre 2017
La “dichiarazione di indipendenza” della Catalogna, spiegata bene di Elena Zacchetti
Cosa è successo ieri sera al Parlamento catalano, dove è stata organizzata una cerimonia ufficiale senza atti ufficiali, e proclamata una nuova Repubblica ma senza effetti legali Ieri sera il presidente catalano Carles Puigdemont ha dichiarato l’indipendenza della Catalogna in un discorso molto atteso di fronte al Parlamento catalano, ma poi ha subito sospeso gli effetti della sua dichiarazione per poter iniziare dei negoziati con il governo centrale spagnolo di Madrid. Con questa decisione Puigdemont ha cercato di tenere insieme la variegata coalizione politica che lo sostiene – accomunata praticamente solo dall’indipendentismo – e allo stesso tempo riconoscere il risultato del referendum senza però tagliare bruscamente i ponti con la Spagna. Puigdemont ha riconosciuto i risultati del referendum sull’indipendenza catalana dell’1 ottobre, considerato illegale dalla magistratura e dal governo spagnoli, e ha annunciato di voler assumere «il mandato che il popolo della Catalogna diventi uno stato indipendente sotto forma di Repubblica». Dopo la seduta parlamentare, i deputati della coalizione di governo e i loro alleati hanno firmato un testo della dichiarazione d’indipendenza: il documento firmato però non verrà pubblicato nel registro ufficiale del governo catalano e quindi non avrà effetti legali, almeno per ora.
Nelle ore successive all’annuncio, c’è stata molta confusione sul reale significato della dichiarazione di indipendenza e sui suoi effetti. Prima, durante e dopo la seduta del Parlamento, inoltre, sono emerse di nuovo delle divisioni nel fronte indipendentista che non hanno aiutato a capire cosa stesse succedendo. Partiamo dall’inizio.
C’è stata una dichiarazione d’indipendenza o no?
Sul fatto che il governo catalano consideri quella di ieri una dichiarazione d’indipendenza ci sono pochi dubbi. Dopo la seduta parlamentare, i deputati di Junts pel Sí (la coalizione indipendentista al governo) e della CUP (Candidatura di Unità Popolare, partito indipendentista di estrema sinistra che appoggia il governo Puigdemont) hanno firmato un testo – di nessun valore legale – nel quale si proclama la nascita della Repubblica catalana, e che inizia così: «Al popolo della Catalogna e a tutti i popoli del mondo. La giustizia e i diritti umani individuali e collettivi intrinsechi, fondamentali e irrinunciabili che danno senso alla legittimità storica e alla tradizione giuridica e istituzionale della Catalogna sono la base della costituzione della Repubblica catalana.»
Poi i deputati che sostengono il governo hanno cantato l’inno catalano, “Els Segador”, e hanno proclamato la nascita della nuova Repubblica di Catalogna. È stata una cerimonia ufficiale senza l’atto ufficiale, diciamo. Perché si parla di divisioni nel fronte indipendentista? Ieri, prima dell’inizio della seduta parlamentare fissata per le 18, Puigdemont si è scontrato con la CUP, la quale riteneva che il discorso che avrebbe letto il presidente catalano fosse troppo “morbido”: la CUP si aspettava – o sperava, non è chiaro – una dichiarazione d’indipendenza con effetti immediati. L’inizio della seduta è stato così rimandato di un’ora. Le divergenze si sono viste anche dopo. Durante il discorso di Puigdemont, i deputati della CUP sono stati gli unici tra quelli che appoggiano il governo a non applaudire. Inoltre Anna Gabriel, leader della CUP, ha iniziato il suo intervento dicendo: «Oggi avremmo dovuto proclamare una Repubblica catalana. Forse abbiamo perso un’occasione per farlo».
Dopo la seduta parlamentare, c’è stata la cerimonia della firma della dichiarazione d’indipendenza della Catalogna, che è avvenuta fuori dall’emiciclo affinché non fosse considerata un “atto legale” ma solo un atto politico (in caso contrario il Tribunale costituzionale spagnolo avrebbe avuto molti margini per intervenire e dichiarare anticostituzionale tutto il processo). La CUP ha annunciato di avere firmato un testo “non sospeso”, ovvero una dichiarazione che avrebbe avuto effetti legali immediati, se fosse stata firmata in un contesto ufficiale. Come ha scritto Carlos Yárnoz, giornalista del País, i documenti firmati ieri sono quindi due: uno di sospensione della dichiarazione di indipendenza, senza la CUP, e uno di dichiarazione dell’indipendenza, con la CUP (entrambi sono senza validità legale, proprio per evitare l’intervento della magistratura spagnola). Sembra quindi che la CUP abbia considerato accettabile solo il secondo documento.
Al termine della cerimonia informale di proclamazione della nuova Repubblica catalana, infine, il portavoce della CUP, Quim Arrifat, ha detto che i deputati del suo partito non parteciperanno più ai lavori parlamentari finché non vedranno «veri passi in avanti» verso una dichiarazione di indipendenza che abbia effetti giuridici. Arrifat ha chiesto che Puigdemont stabilisca delle scadenze nel processo che dovrebbe portare all’effettiva indipendenza: lo stesso hanno fatto alcuni esponenti dell’Assemblea nazionale catalana (ANC) e di Ómnium, due organizzazioni indipendentiste molto forti e influenti in tutta la Catalogna.
Se la CUP farà quello che ha detto, quindi smetterà di partecipare alle attività del Parlamento catalano, le conseguenze per il governo potrebbero essere pesanti: senza i voti della CUP, infatti, il governo di Puigdemont non ha più la maggioranza parlamentare. Non è chiaro se questa sia una spaccatura irreversibile all’interno del fronte indipendentista o se la CUP abbia preso una posizione così netta solo per rassicurare il proprio elettorato, deluso dall’incertezza provocata dal discorso di Puigdemont: è una cosa che probabilmente si vedrà solo tra qualche giorno, o qualche settimana, quando le intenzioni del governo catalano diventeranno più chiare.
Cosa dicono gli altri partiti e il governo spagnolo?
Puigdemont no ha declarado la independencia. Pedimos a Rajoy que asuma el diálogo, las vías políticas y escuche también a Europa 20:18 - 10 ott 2017 guarda il video di Podemos: https://twitter.com/Pablo_Iglesias_
Non è un momento facile nemmeno per il Partito socialista, che ha mostrato di essere molto diviso. Per esempio dopo il discorso di Puigdemont, Núria Martínez, vice-segretaria del PSC (Partito socialista della Catalogna), ha scritto su Twitter che la decisione del presidente di sospendere gli effetti della dichiarazione d’indipendenza era stato un «gesto di responsabilità» e che era arrivato il momento del dialogo. La posizione del PSOE nazionale sembra però essere molto diversa. Negli ultimi giorni il capo del PSOE Pedro Sánchez aveva detto che il suo partito avrebbe appoggiato le misure prese dal governo di Rajoy per riportare una legalità costituzionale in Catalogna. Ieri sera, dopo la dichiarazione d’indipendenza, ha tenuto una conferenza stampa José Luis Àbalos, il numero tre del partito. Àbalos ha parlato dell’incertezza di definire chiaramente che tipo di dichiarazione d’indipendenza sia stata fatta al Parlamento catalano ma ha aggiunto che «non ci sarà alcuna possibilità di “dialogo” senza un ritorno alla legalità» e di non fidarsi per niente dell’intenzione del governo catalano di avviare un vero dialogo con le autorità di Madrid.
guarda il video del PSOE, Non ci sarà dialogo senza svolta verso la legalità: https://youtu.be/LXgR5HgDRBc
Intanto il governo di Madrid sembra voler trattare quella di ieri sera come una dichiarazione d’indipendenza in piena regola, nonostante non abbia alcun effetto giuridico. Dopo la seduta del Parlamento la vicepresidente del governo spagnolo Sáenz de Santamaría, del Partito Popolare (PP), ha annunciato che è stato convocato un Consiglio dei ministri straordinario per questa mattina alle 9. Santamaría ha anche preannunciato che il governo spagnolo approverà delle misure concrete per rispondere alla dichiarazione di indipendenza fatta da Puigdemont al Parlamento catalano. Non si sa che tipo di misure deciderà di prendere il governo spagnolo. Da giorni si parla della possibile applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, cioè quello che permetterebbe al governo di Madrid di sospendere l’autonomia della Catalogna e sostituire i membri del suo governo. Il problema è che l’articolo 155 non è mai stato applicato e non è chiaro cosa significhi esattamente “sospendere l’autonomia” di una regione spagnola. C’è poi da considerare che la Catalogna dispone di una forza di polizia che risponde direttamente al governo catalano, i Mossos d’Esquadra, che già il giorno del referendum aveva mostrato di essere molto vicina alla causa indipendentista: un’altra cosa che non si sa è come potrebbero reagire i Mossos di fronte a una dura reazione del governo di Madrid.
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