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03.10.2017

 

La Catalogna non è Europa

di Costantino Ceoldo 

 

A molti non piacerà questo articolo ma non si possono scrivere pensieri alla moda, con l’dea di non scontentare nessuno. Non solo è impossibile ma cercando di farlo si finisce per essere così accomodanti da non avere una vera opinione su niente. E’ un mimetismo che permette di confondersi con la folla, ma non è protettivo bensì funzionale ad un potere nascosto, che governa e dirige i destini delle persone stando sullo sfondo. Quindi lo dico chiaramente: le pretese della Catalogna di essere indipendente dalla Spagna sono pura e demente follia.

 

Qualcuno dirà: era un referendum legittimo! Rajoy franchista de mierda! Non fatevi illusioni: la Catalogna godeva già della sua autonomia legislativa e soprattutto economica. Quanto avvenuto è secessione de facto. Ma per andare dove? Non esiste l’Europa dei Popoli, fatevene una ragione voi che urlate tanto per la libertà. Se esistesse un’Europa dei Popoli non esisterebbe la parola PIIGS e la Grecia non sarebbe stata messa in croce come lo è tuttora, tradita dal suo stesso governo. Se esistesse un’Europa dei Popoli non avremmo aiutato gli Stati Uniti e i loro vassalli a torturare la Siria da oramai 6 anni, incuranti dell’inferno che i cosiddetti “guerrieri della libertà” scatenavano nei posti che conquistavano. Se esistesse un’Europa dei Popoli non avremmo distrutto la Libia, la ex-Iugoslavia, non avremmo bombardato la Serbia per regalare il Kosovo agli americani né ci saremmo appiattiti, proprio noi “europei”!, sulla loro politica estera, insensata e tragicamente pericolosa. Per cui spegnete i vostri iPhone ultra-fighi ultimo modello, scendete dal vostro inesistente arcobaleno pieno di unicorni rosa e cominciate a pensare sul serio.

 

Qualcuno dirà: la polizia è stata violenta! Non abbastanza: era meglio l’esercito.

 

La Corte Costituzionale spagnola aveva proibito il referendum ma i rappresentati della Catalogna lo hanno indetto lo stesso. Forse contavano sull’aiuto di qualcuno?

 

Thierry Meyssan, in un suo breve articolo, ci dice che il solito George Soros ha finanziato il movimento indipendentista catalano in ben due momenti diversi [qui: http://www.voltairenet.org/article198106.html ]. Se invece di Soros fosse stato Putin, che cosa avreste detto voi amanti della libertà che tanto vi appellate alla comunità internazionale? Quali autorità superiori avreste invocato? Soros non è spagnolo: non siamo forse di fronte ad un caso lampante di ingerenza politica negli affari interni di una nazione sovrana? Eppure la cosa è passata sotto silenzio.

 

La Catalogna non è abbastanza estesa per esistere come un vero Stato sovrano, indipendente ed autorevole: se venisse riconosciuta la sua indipendenza, che cosa dovrebbero fare altre parti della Spagna? Ogni paese, luogo, contrada, ha veri o presunti eroi locali che hanno detto qualcosa che è stato invece frainteso da qualcun altro che ha fatto qualcosa che non doveva fare ma che ha fatto lo stesso, per antipatia odio o disprezzo nei confronti di qualcun altro ancora. Anche questi paesi, luoghi, contrade potrebbero indire a tutti i costi dei referendum per questa o quella indipendenza e magari impugnare le armi per ottenerla. Alla fine di questo processo di atomizzazione politica, ossessiva ed esasperata, vi sarebbe solo la dissoluzione dello Stato spagnolo, di ogni Stato!, e la sua inevitabile scomparsa in un qualcosa che non si sa bene cosa sia: qui da noi “europei”, un finto crogiolo di popoli in cui gli esseri umani sono ridotti a meri consumatori e governati da una élite finanziaria che tende sempre meno ad indire vere elezioni. Invece di un’Europa dei Popoli, un’enorme mandria di maiali, sozzi della loro stessa mota e che purtuttavia grufolano felici ad una mangiatoia riempita di un cibo di qualità sempre più scadente.

Il referendum che gli irresponsabili dirigenti catalani hanno indetto a tutti i costi costituisce purtroppo un seme i cui frutti possono germinare anche in altre nazioni.

 

Gli scozzesi potrebbero essere indotti ad un nuovo confronto con Londra, per ottenere finalmente quella indipendenza senza la quale faticano ad alzarsi ogni giorno dal letto. E i gallesi potrebbero svegliarsi una mattina non troppo lontana e lasciarsi convincere che la loro condizione di sudditi del Regno Unito gli va un tantino stretta. Poco importa che invece sia stato proprio grazie all’unità delle proprie diverse componenti che la Gran Bretagna abbia imposto la sua volontà sul resto del mondo nel corso di molti secoli.

 

Guardando all’Italia, povera e misera nave senza nocchiero, ottobre e novembre vedranno ben due referendum per l’autonomia: quello del Veneto e quello della Lombardia. Due ricche regioni del nord Italia, colpite dalla crisi economica degli ultimi… 10 anni (e questo dovrebbe ben far riflettere gli amanti della libertà!), crisi che ha messo tragicamente in evidenza i difetti del sistema economico di queste regioni e dell’intero Paese. Ma niente. Bisogna essere autonomi. Non importa se si è grandi come francobolli e non sono più i tempi delle Repubbliche Marinare o di Ludovico il Moro. Non importa se la Germania (unita!) riesce ad imporre le proprie scelte agli altri Paesi europei, anche quelle più scellerate, no: ci vuole più autonomia perché lo scopo vero è andarsene e la secessione alla fine risulterà essere solo un banale atto formale. Da soli staremo meglio e saremo più ricchi.

 

Sicilia, Valle d’Aosta, Sardegna, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige sono già regioni a statuto speciale, godono di ampia autonomia politica ed economica. Ho sempre ritenuto fosse meglio toglierla a loro invece che darne di nuova ad altre. L’Italia non è un Paese molto esteso, come la Russia o gli Stati Uniti, ne si è costruito un po’ alla volta espandendosi su una terra vasta e quasi disabitata. Il volto che l’Italia dovrebbe mostrare al mondo è quello precedente la Seconda Guerra Mondiale: un Paese unito, che parla con una sola voce. Ma per fare questo noi italiani dovremmo essere governati da Uomini e non da politici smidollati che sono, anche e purtroppo, triste specchio dell’attuale animo italico.

 

A differenza dell’omologa spagnola, la Corte Costituzionale italiana ha ammesso la liceità dei due referendum ma i media italiani non gli stanno dando grande importanza, nemmeno a livello locale. In giro non si vedono indipendentisti esagitati che sventolano bandiere di altri tempi. Molto probabilmente i referendum si risolveranno in un nulla di fatto, una perdita di soldi e di tempo ma, tuttavia, i conteggi dei votanti offriranno la possibilità di ripensamenti ed azioni future, di infinite discussioni politiche.

 

Tra gli intellettuali liberali e progressisti (sic!) circola l’idea di “piccole Patrie”: Patrie-fazzoletto (da naso) come la Catalogna, la Lombardia, il Veneto ed altre ancora. Ma i fautori di questa idea, romantica quanto stupida e fallimentare, dimenticano una cosa: quando Venezia era una piccola Patria, si diede un impero che ai suoi tempi non era certo trascurabile. La sua parola era legge anche al di fuori della laguna veneziana, la sua flotta da guerra poteva affrontare quella turca a Lepanto e distruggerla, la sua rete di spie poteva muoversi in tutto il continente Europeo. E chi voleva autonomia o indipendenza dalla Repubblica Serenissima finiva di solito in prigione o ucciso.

 

A chi ha tanto a cuore autonomia ed indipendenza dico questo: andate a fare i vostri discorsi a Washington e proponete “l’autonomia” della Virginia, del Texas, della Louisiana, della California. Vediamo che succede. Per quanto mi riguarda, io temo per il mio Paese. Temo per la mia Patria. Per cui mi terrò ben lontano dai seggi dei prossimi referendum.

 

E sì: la Catalogna appartiene alla Spagna.

 

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