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02/10/2017

 

Referendum Catalogna, 2,26 milioni di votanti, il 90% di Sì. Quali sono gli scenari possibili ora

 

Puigdemont parla di "giorno di speranza e sofferenza", chiede all'Ue di "smettere di voltare la testa". Ma Madrid non riconosce il voto.

 

Il governo catalano ha annunciato che il 90% di quanti hanno partecipato ieri al referendum non autorizzato da Madrid ha scelto "Sì" all'autodeterminazione della Catalogna. Stando a quanto riferito dal portavoce dell'esecutivo regionale, Jordi Turull, sono state 2,26 milioni le persone - su oltre 5,3 milioni di elettori - che hanno partecipato alla consultazione referendaria e 2,02 milioni (il 90%) quelle che hanno risposto Sì alla domanda: "Vuoi che la Catalogna diventi uno Stato indipendente sotto forma di Repubblica?". Sono 176.000 le persone che hanno votato "No".

 

Il presidente catalano Carles Puigdemont ha detto che la Catalogna ha conquistato il diritto all'indipendenza dalla Spagna dopo che "milioni" di persone sono andati ai seggi. "Con questo giorno di speranza e sofferenza, i cittadini della Catalogna hanno conquistato il diritto a uno Stato indipendente" ha detto alle tv. Il presidente catalano ha invitato la Ue ha smettere di "voltare la testa" di fronte alle violenze della polizia spagnola sugli elettori, in seguito alle quali oltre 800 persone sono rimaste ferite. Chi volta la testa è Madrid, con Mariano Rajoy che non prende atto del voto catalano, parlando di "sceneggiata".

Diversi gli scenari politici che si aprono ora.

 

Primo, la dichiarazione unilaterale di indipendenza è l'obiettivo dichiarato del "processo", ma senza un accordo con Madrid appare la strada meno praticabile e quella con le maggiori insidie per l'ordine pubblico e la sicurezza.

 

Secondo, le elezioni regionali anticipate, con la rinuncia alla dichiarazione unilaterale di indipendenza: darebbero ai catalani la possibilità di rafforzare il peso del voto indipendentista, ma il fronte rischierebbe di spaccarsi tra Pdecat ed Erc, principali partiti catalani, fra cui potrebbe aprirsi una corsa fatta di calcoli elettorali e distinguo.

 

Terzo, le elezioni nazionali anticipate: Mariano Rajoy esce con le ossa rotte da questa vicenda, ha dato una pessima immagine all'estero con l'uso della forza e non è comunque riuscito a impedire il referendum. Ma fra i partiti nazionali prevale la considerazione che non sia il momento di votare, né il Ppe, né il Psoe, né Podemos sono pronti a una nuova consultazione e si sono trovati anche in imbarazzo nella gestione della vicenda catalana. 

 

Quarto, la via diplomatica: non sembra la possibilità più concreta, al momento, viste le distanze politiche e le violenze di piazza, ma c'è il modello basco come riferimento per un progresso dell'autonomia catalana. La ricerca di un compromesso fra Madrid e Barcellona è tuttavia al momento estremamente difficile.

 

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