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31 ottobre 2017
Catalogna: Puigdemont dal Belgio prova un’impossibile internazionalizzazione della crisi
Le parole di Puigdemont dal Belgio e la situazione politica nella penisola iberica.
Da qualche giorno il Presidente del disciolto Govern di Catalogna Puigdemont è in Belgio. Oggi a Bruxelles ha dichiarato di non voler chiedere formalmente l'asilo politico, ma di aver lasciato Barcellona per fare in modo che la questione catalana diventi pienamente europea.
L'Unione Europea deve parlare, dice Puigdemont, poichè l'offensiva spagnola è inaccettabile. La sua non sarebbe una fuga, ma solo un modo per lavorare in sicurezza con il suo governo senza subire i rischi di un arresto e di una condanna che potrebbe arrivare fino a 30 anni di carcere. Sono 14 membri del Govern e 6 i parlamentari incriminati da parte della magistratura spagnola per ribellione, sedizione e malversazione.
Una mossa del cavallo, quella di Pugidemont, che preferisce provare ad internazionalizzare la crisi piuttosto che optare per la strada più complicata dell'arresto. Questa avrebbe comportato l'innalzamento del conflitto su un piano ancora maggiore dato che i membri del Govern avrebbero potuto di fatto assumere lo status di prigionieri politici.
La mossa di Puigdemont si scontra con un contesto oggettivamente difficile: il viaggio in Belgio è stato possibile poichè nello stato nord-europeo è presente un altro forte movimento indipendentista, quello fiammingo, che è tralaltro al governo in un paese spaccato in due e che qualche anno fa aveva impiegato centinaia di giorni per affermare un governo stabile.
In caso di rifiuto del diritto d'asilo Puigdemont non potrebbe sfuggire ad un mandato internazionale di arresto spiccato da Madrid, e dentro all'esecutivo belga la questione è gia motivo di divisione tra il premier Michel e il ministro dell'Immigrazione Frankel, che sarebbe disponibile alla concessione dell'asilo.
Il parere dell'Unione Europea sembra intanto rimanere pienamente in linea con il governo di Madrid, come ribadito anche dalla portavoce della Commissione Mina Andreeva che ha parlato di "questione interna allo Stato spangolo". L'UE non ha alcuna intenzione infatti di scoperchiare il vaso di Pandora dei regionalismi e degli indipendentismi interni ai suoi confini, che potrebbero minare la sua architettura e avviare un processo di dissoluzione. Inoltre sabato scorso anche gli Stati Uniti hanno dichiarato la loro assoluta non volontà di riconoscere l'indipendenza.
Le posizioni di UE e USA sembrano definitivamente affossare le speranze catalane, al prezzo di dover rinunciare in maniera definitiva ad ogni retorica di "superiorità" culturale e politica in merito a questioni come l'autodeterminazione dei popoli e presunti diritti umani di tipo universale. Una questione non di poco conto mentre il globo ha sempre più un assetto multipolare e dove si confrontano sempre con maggiore conoscenza e possibilità di valutazione reciproca diversi modelli di governo.
Intanto Rajoy tira dritto e stasera annuncerà ufficialmente la decisione di indire nuove elezioni in Catalogna per il 21 dicembre prossimo, nel contesto di commissariamento dovuto all'utilizzo dell'art.155. Bisognerà vedere però che maggioranza uscirà da quelle elezioni, dato che il movimento indipendendista potrebbe voler cogliere l'occasione per riaffermare ulteriormente i propri desiderata. Uno scenario da rompicapo per Podemos che non riesce a venir fuori dalle contraddizioni innescate dalla DUI.
E' di ieri la notizia del commissariamento della sezione catalana del Partito, PODEM, che non ha seguito le indicazioni del Partito su come affrontare le votazioni in merito alle mozioni di indipendenza. Iglesias ha commissariato di fatto la sezione catalana, che lo ha accusato di replicare per linee interne quanto fatto da Rajoy con la Catalogna. Nel frattempo, la parola passa alla piazza, che seppur svuotata dalla decisione di fuga di Puigdemont, già discute nelle assemblee regionali sulle prossime mosse di sostegno alla neonata Repubblica. |
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31 Ott. 2017
Puigdemont: “Non chiederò l’asilo politico al Belgio, tornerò in Spagna quando avrò le dovute garanzie”
L'ex presidente della Generalitat de Catalunya ha presentato la sua versione dei fatti dal Belgio, dove è arrivato ieri insieme ad altri cinque ex ministri catalani
L’ex presidente catalano Carles Puigdemont ha appena parlato in una pubblica conferenza da da Bruxelles, dove è arrivato nelle ultime ore dopo l’incriminazione in Spagna.
“Questa è un’offensiva del governo spagnolo senza precedenti nei confronti del popolo della Catalogna. Eppure la nostra mano è stata tesa all’infinito per il dialogo. Ma il Partito popolare di Rajoy e i socialisti non vogliono riconoscere il problema e invece usano solo repressione”, ha detto Puigdemont.
L’ex presidente ha anche annunciato che non chiederà l’asilo politico al Belgio, “tornerò in Spagna quando riceverò le dovute garanzie”.
E sul dialogo con la Spagna ha detto: “abbiamo sempre aperto il dialogo nei confronti del governo spagnolo, anche offrendo la possibilità di sospendere la dichiarazione di indipendenza e abbiamo cercato di confrontarci.Ci sono stati tanti atti di violenza anche da parte di tanti sindaci del nostro stato, ed è fondamentale per noi trovare anche i responsabili di queste violenze”.
“L’obiettivo principale, e ve lo sto ripetendo in catalano, vi posso garantire sarà sempre e comunque il dialogo, la nostra priorità su tutte le decisioni che prenderemo insieme. Abbiamo cercato sempre di far riferimento a valori vicini alla pace, all’unione, alla pluralità, alla neutralità, perché pensavamo fosse fondamentale per un dialogo con il governo spagnolo”.
“Questo governo avrebbe potuto scegliere di obbligare i lavoratori pubblici a fare determinate azioni, cosa che non ha fatto. Però sono tantissimi gli atti di violenza che si sono consumati in questo periodo, e se il governo vuole usare la violenza noi non possiamo accettarlo e avere un dialogo con chi manda questi segnali”, ha concluso.
L’annuncio è arrivato in una sala stampa di Bruxelles, dove sono accorsi circa 150 giornalisti, nonostante i soli 50 disponibili. In un primo momento il leader separatista catalano Carles Puigdemont aveva chiesto di poter tenere la conferenza stampa al Résidence Palace, edificio gestito dai servizi del premier Charles Michel, nel quartiere europeo, ma la sala gli è stata rifiutata.
Nella mattinata del 31 ottobre la Guardia civil spagnola ha perquisito alcune sedi dei Mossos d’Esquadra, la polizia regionale catalana, nell’ambito delle indagini sull’organizzazione del referendum per l’indipendenza della Catalogna dello scorso 1 ottobre, la cui illegalità era stata riconosciuta dalla Corte costituzionale spagnola.
Sempre il 31 ottobre, alle 18:00 ora locale, si svolgerà a Madrid una seduta straordinaria del Consiglio dei ministri spagnolo.
Nel frattempo, a Madrid la Corte costituzionale spagnola ha cancellato ufficialmente la dichiarazione di indipendenza della Catalogna approvata dal parlamento lo scorso 27 ottobre.
Nella giornata di ieri l’ex presidente catalano Carles Puigdemont, destituito dal primo ministro Mariano Rajoy dopo la dichiarazione d’indipendenza di venerdì 27 ottobre, ha lasciato la Spagna insieme ad altri cinque ex ministri della Generalitat. In base a quanto riportato dai media spagnoli, alle ore 12:30 di martedì 31 ottobre Puigdemont rilascerà una dichiarazione dal Belgio.
Secondo alcune indiscrezioni, Puigdemont potrebbe richiedere asilo politico al governo belga. A Bruxelles ha incontrato l’avvocato Paul Bekaert, le cui parole sono state riportate dall’agenzia di stampa Reuters: “Carles Puigdemont, che al momento si trova in Belgio, mi ha scelto come suo legale. Per adesso non siamo al lavoro su alcun caso specifico”.
Bekaert è un avvocato specializzato in diritti umani che in passato ha difeso membri dell’Eta, l’ex gruppo armato nazionalista dei Paesi Baschi che in 40 anni ha ucciso oltre 800 persone. In particolare, si è occupato dell’estradizione fallita dal Belgio dell’ex militante dell’Eta Natividad Jauregui, detta ‘Pepona’.
La procura generale spagnola ha chiesto l’incriminazione per il presidente destituito della Generalitat de Catalunya, l’ex vicepresidente catalano Oriol Junqueras e la ex presidente del Parlament Carme Forcadell per i reati di ribellione, sedizione e malversazione. Puigdemont rischia una condanna ad almeno 30 anni di carcere.
Alcuni dei principali leader catalani, tra i quali gli stessi Puigdemont e Junqueras, hanno detto che non accetteranno la destituzione ordinata da Madrid.
Nonostante questo i loro rispettivi partiti, il PdeCat (Partito democratico europeo catalano) ed Esquerra Republicana de Catalunya, hanno già confermato la loro presenza alle elezioni anticipate indette per il prossimo 21 dicembre dal primo ministro Mariano Rajoy, una delle prime misure adottate da Madrid dopo il commissariamento della Catalogna. |