http://popoffquotidiano.it/ 30 ottobre 2017
Podemos caccia gli indipendentisti di Giulio AF Buratti
Catalogna, regolamento di conti in Podemos. Iglesias mette alla porta gli anticapitalisti e il segretario catalano di Podem
Sconfessioni, se non proprio, espulsioni di massa dentro Podemos, un regolamento di conti stabilito, senza riunire gli organismi dirigenti, dal leader Iglesias contro la sinistra del partito in Catalogna che ha sostenuto le mobilitazioni popolari antispagnole. Ci sono problemi enormi dentro Podemos, ma il problema principale è il disorientamento, la demoralizzazione e la sconfitta del movimento di massa in Catalogna. Le direzioni borghesi hanno lasciato il movimento senza indicazioni e prospettive di lotta, e sono fuggite di fronte allo scontro dopo che gran parte della borghesia catalana ed europea ha espresso ostilità verso il processo repubblicano.
Pablo Iglesias, ha “suggerito” al segretario generale di Podem, Albano Dante Fachin, col quale mantiene importanti distanze sulla questione catalana, di abbandonare Podem, la “filiale” catalana di Podemos, per “andare per la sua strada”, se si sente “politicamente più vicino al Cup o Erc”. La prima è la sigla dell’estrema sinistra indipendentista, si definiscono “anticapitalisti”. Sono una coalizione di partiti e gruppi aggregatisi a partire dalla fine degli anni ottanta. Erc è lo storico partito della sinistra piccolo-borghese, fondato da Francesc Macià e Lluis Companys (quest’ultimo fucilato dai franchisti nel 1940). Si autodefinisce “socialdemocratico” e di “centro-sinistra”. Al parlamento europeo sta con i Verdi. Spesso la sua gioventù, la JERC, ha posizioni più radicali, non solo sul terreno dell’indipendentismo. È il partito del vicepresidente Oriol Jonqueras.
“Se ci sono compagni che sono politicamente più vicini a Cup o Erc, penso che dovrebbero percorrere una propria strada, ma non è questo il modo di Podemos”, ha detto il segretario generale di Podemos dagli schermi di Al Rojo Vivo, un talk dell’emeittente La Sexta, ripetendo questa stessa idea in due occasioni: “Se ci sono compagni che si sentono più vicini ad altre posizioni politiche, sono liberi di cambiare quando vogliono”.
Una dichiarazione simile a quella rilasciata dal cofondatore di Podemos, Juan Carlos Monedero, dopo la decisione del comitato esecutivo di convocare una consultazione degli iscritti a Podem per chiarire se vogliono partecipare alle elezioni del 21 dicembre in coalizione con Catalunya en Comù: «Non devi essere in un partito se altri ti offrono una soluzione a quello che stai proponendo».
Stamattina, in occasione della riunione di Rumbo 2020, il governo ombra di Podemos, Iglesias è stato molto critico nei confronti della dichiarazione rilasciata domenica da Anticapitalistas, la terza corrente per ordine di peso nella sua formazione politica. Anticapitalistas ha riconosciuto la dichiarazione unilaterale dell’indipendenza (DUI) approvata venerdì dal Parlamento di Catalogna. “Questa affermazione è politicamente fuori da Podemos”, “i compagni che ci si riconoscono sono politicamente fuori da Podemos”.
Finora hanno preso le distanze da quella dichiarazione esponenti di Anticapitalistas come Teresa Rodríguez (leader del partito in Andalusia), José María González -’Kichi’- (Sindaco di Cadice), e la portavoce dell’Assemblea di Madrid, Lorena Ruiz Huerta, ma non il volto più visibile di questa corrente, Miguel Urbán, anche membro di Rumbo 2020 e della direzione statale.
Iglesias ha insistito sul fatto che la sua soluzione per la Catalunya passa attraverso lo svolgimento di un referendum concordato con garanzie. Ciò significa rifiutare la dichiarazione unilaterale di Puigdemont ma anche l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione in Catalogna.
Ecco la dichiarazione incriminata:
COMUNICATO DI ANTICAPITALISTAS SULLA SITUAZIONE IN CATALOGNA
1) Il 27 ottobre, in osservanza del mandato del referendum del Primo ottobre al quale hanno partecipato più di due milioni di persone nonostante la repressione poliziesca, il Parlament di Catalogna ha proclamato la Repubblica Catalana. In una Spagna con una monarchia erede diretta del dittatore Franco, una Repubblica che apre un processo costituente è senza dubbio una proposta che rompe con il regime del ’78, con il suo consenso politico e con un ordine costituzionale al servizio delle élite. La proclamazione si è prodotta in un contesto di minacce costanti di applicazione del 155 e di una soluzione autoritaria a un conflitto che deve avere una soluzione eminentemente politica e democratica. Nei fatti, negli ultimi giorni si era giunti al punto di minacciare l’applicazione del 155 in ogni caso, in ogni circostanza. Facciamo appello a respingere l’applicazione dell’articolo 155 e alla difesa democratica, pacifica e disobbediente della volontà del popolo catalano e del suo diritto a decidere.
2) È importante, in questi tempi di acutizzazione delle passioni patriottiche, definire correttamente i responsabili dei fatti. Il Partito Popolare, sostenuto da Ciudadanos, con l’appoggio del PSOE e la pressione degli apparati dello Stato, aveva già deciso di applicare l’articolo 155 della Costituzione. L’obiettivo di questa misura non è stato altro che quello di rendere impossibile un dialogo tra la Catalogna e il resto dello Stato, criminalizzando il popolo catalano, negando la possibilità di aprire alla soluzione di un referendum concordato e giustificando l’uso della forza per risolvere un problema politico. Una misura irresponsabile, che prova a riorganizzare l’unità dello Stato sulla base di relazioni autoritarie.
3) Siamo coscienti che si aprono numerose incognite e incertezze. Narcotizzare il popolo con slogan facili è proprio di una concezione della politica che aborre il dibattito democratico e che si considera protagonista di una storia di cui in realtà protagonista è la gente comune. La nuova Repubblica Catalana deve affrontare sfide interne ineludibili, in un Paese nel quale un settore importante della popolazione non si sente rappresentato dall’indipendentismo. La prima sfida del processo è lavorare per ricucire questa divisione, integrando i settori popolari non indipendentisti nel suo progetto di Paese, evitando una lacerazione sociale che favorisce solo le forze reazionarie e organizzando un movimento capace di resistere alla repressione dello Stato. Il processo costituente deve andare in questa direzione, integrando rivendicazioni delle classi popolari che vanno ben oltre il tema nazionale, pongano le questioni sociali al centro e democratizzino radicalmente la Catalogna.
4) Nello Stato Spagnolo, assistiamo a un’ondata reazionaria complessa. Molte persone, comprese quelle di sinistra, si sentono ferite e lacerate di fronte ai fatti di Catalogna. Sebbene sia evidente che buona parte di questo sentimento sia canalizzato da una reazione catalanofobica, erede dei peggiori sentimenti del franchismo, quando non addirittura dall’espressione violenta dell’estrema destra nelle strade, c’è un settore ampio della popolazione che osserva con onesta preoccupazione quanto accade in Catalogna, e che chiede dialogo, negoziato, ritorno della politica.
Dal nostro punto di vista, è in gioco fondamentalmente la possibilità della gente di decidere del proprio futuro. Se il popolo catalano soffrisse una sconfitta e fosse schiacciato dal PP e dai suoi complici, lo stesso accadrebbe quando un territorio, un municipio, una comunità o un settore sociale intendesse decidere riguardo un qualsiasi tema: sarebbe schiacciato con la stessa logica con la quale oggi il PP e lo Stato provano a schiacciare la Catalogna. Questo è il tema centrale, che molto oltre quello nazionale e che pone al centro la sovranità sociale: è la gente ad aver diritto di decidere, questa è la base della democrazia, e la legge deve essere al servizio della democrazia, non il contrario. D’altra parte, ci sono altre soluzioni e modalità di relazione tra i popoli che superano quelle tradizionalmente imposte nello Stato Spagnolo. La strategia di aprire processi costituenti ha come idea centrale comporre un progetto di società di cui siano protagoniste le classi lavoratrici e popolari, le donne, i migranti, e tutte le persone che non hanno oggi il potere politico ed economico, ma che però sono imprescindibili. Ma può essere anche un modo di risolvere i problemi storici dello Stato Spagnolo sul terreno nazionale, una modalità di riarticolare i rapporti tra i popoli su una base di uguaglianza, in cui a partire dal rispetto del diritto di decisione e ai suoi esiti, si cerchi di ricostruire i ponti di unione distrutti dall’attuale relazione impositiva e autoritaria dello Stato centrale, edificando modalità di cooperazione e dialogo tra quelli in basso per costruire una società alternativa a quella delle élite politiche ed economiche. Un’opportunità per costruire un nuovo quadro di convivenza fraterna che ci consenta di aspirare non solo a recuperare, ma anche a conquistare nuovi diritti sociali e democratici per le classi popolari.
5) Sappiamo che la nostra è una posizione difficile in un contesto come questo. Per questo ci sembra fondamentale discutere, dialogare tra le diverse posizioni democratiche, ma anche opporsi all’involuzione autoritaria pianificata dallo Stato con la scusa (avrebbe potuto essere qualsiasi altra) della questione catalana. Difendere il popolo catalano, vittima dell’applicazione brutale del 155, non significa solo difendere gli indipendentisti, ma anche stare vicino a quell’80% della popolazione che dalla Catalogna ha rivendicato un referendum e una soluzione democratica alle sue richieste, e all’altro 20% che perderà il suo autogoverno. Significa difendere la possibilità di un esito democratico di fronte alle imposizioni dello Stato. È il momento di iniziare (di nuovo) la costruzione paziente di un progetto volto al superamento del regime del ’78, capace di costruire rapporti fraterni tra i diversi popoli dello Stato Spagnolo. Le élite si sono dimostrate incapaci di risolvere i problemi dello Stato Spagnolo. Oggi più che mai, urge recuperare il protagonismo della politica dal basso.
Qui, invece, la Dichiarazione di Anticapitalistes (sezione catalana della IV Internazionale)
Difendiamo la Repubblica Catalana e apriamo un processo costituente
Oggi (27/10) il Parlament ha approvato il fatto che la Catalogna divenga una Repubblica indipendente e l’apertura di un processo costituente fondato sulla volontà del referendum del primo ottobre. Sosteniamo e salutiamo questa decisione, ma non ha convinto la totalità del blocco democratico catalano. La rottura con il regime era un passo necessario per rendere irreversibile il primo ottobre. Ciononostante, ha mancato di una mano sinistra per integrare le sensibilità non indipendentiste, che dovranno essere incluse nel processo costituente.
Allo stesso tempo, il Senato ha confermato l’applicazione dell’articolo 155, il colpo di stato contro la sovranità della Catalogna. La sfida all’ordine costituzionale e al regime del 1978 è ora al suo massimo con la proclamazione della Repubblica Catalana. Per questa ragione, difendere la sovranità della Catalogna contro il colpo di stato è un compito urgente. Le oligarchie e i partiti dell’ordine costituito useranno tutti i meccanismi possibili per restaurare il loro potere sulla Catalogna. Di fronte ai loro tentativi devono trovare una società disobbediente e organizzata, come l’abbiamo avuta nel referendum, in modo da evitare la restaurazione. E’ necessario costruire un fronte democratico ampio, non solo contro la repressione ma anche in difesa della nuova Repubblica Catalana come un progetto in positivo.
Nel frattempo più che mai è essenziale che il processo catalano non sia isolato e cerchi delle alleanze e la solidarietà dei movimenti e delle organizzazioni al di fuori della Catalogna, per la fine del regime del 78, cercare delle sinergie contro l’evoluzione autoritaria del PP e l’insieme dell’apparato di Stato che si prepara a mantenere in vita il regime. Articolare questa dialettica tra il movimento catalano e la lotta contro il quadro istituzionale attuale dell’insieme dello Stato è la nostra strategia per la difesa della Repubblica Catalana.
In questi momenti è essenziale mettere in opera il processo costituente. Svilupparlo negli spazi dell’organizzazione popolare come un pilastro fondamentale. Fare in modo che la classe lavoratrice sia protagonista per assicurare che i giorni che stiamo vivendo siano irreversibili. Il ciclo di mobilitazioni in Catalogna dal 2011, le battaglie per un lavoro decente, perché la casa non sia un privilegio, per sradicare la povertà nell’accesso all’energia, per mettere fine alle violenze sessiste, la difesa dell’acqua come bene pubblico, per essere un paese ospitale per i rifugiati e i migranti e molte altre lotte, sono il contributo migliore che possiamo dare alla costruzione della Repubblica. Tutto ciò che l’indipendentismo maggioritario ha voluto lasciare in secondo piano deve oggi situarsi al centro per la conquista della sovranità e per amplificare la sua legittimità.
Che la Repubblica sia capace di rispondere ai bisogni della maggioranza sociale della Catalogna, sarà il solo modo di evitare che questo sia solo un semplice cambio in seno alle élite. In queste ultime settimane abbiamo visto le difficoltà e il ricatto di fronte ad ogni tentativo di sfidare l’ordine costituzionale. Le oligarchie catalane, spagnole ed europee dominano l’economia, i media e le istituzioni. Noi dobbiamo costruire una forza che non si limiti alla scrittura di una Costituzione, non sia subordinata al Parlamento, ma al contrario abbiamo bisogno di costruire nelle strade e nelle piazze, contropotere al loro ricatto. Per costruire un potere popolare che protegga tutto ciò dal basso nei momenti difficili che stiamo attraversando, per evitare le disillusioni e le angosce degli ultimi giorni, per essere sicuri che siano i protagonisti dei giorni decisivi che stiamo vivendo.
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