Annihilation of Caste
di B.R. Ambedkar 

con saggio introduttivo di Arundhati Roy
Verso Books

 

http://www.panorama.it/

3 gennaio 2015

 

L'eliminazione delle caste: Arundhati Roy contro Gandhi

di Michele Lauro

 

La scrittrice e attivista indiana firma Il Dottore e il Santo, saggio in cui mina coraggiosamente le fondamenta 'intoccabili' dell'India contemporanea

 

Questo libro sta all'India come il Manifesto del Partito Comunista sta al mondo capitalista. La citazione sul risvolto di copertina è forse un po' enfatica, ma nel panorama politico-culturale internazionale Annihilation of Caste (L'eliminazione delle caste) di B.R. Ambedkar si è imposto come uno dei casi editoriali del 2014. Nato nel 1891 in una famiglia di Intoccabili e poi convertitosi al buddismo, il dottor Ambedkar fu uno dei pensatori più radicali dell'India moderna, contribuendo nel 1947 alla stesura della Costituzione. Nel 1936 in una conferenza sconfessò Gandhi su un tema cardine della società: il sistema delle caste. Nella nuova edizione critica del libro, da poco uscita negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, a rinforzo delle sue tesi si eleva la voce potente e appassionata della scrittrice Arundhati Roy. 

Nel corposo saggio introduttivo, intitolato Il Dottore e il Santo, Arundhati brandisce la parola contro le iniquità annullando di colpo la distanza fra una prassi sociale invariata da migliaia di anni e la realtà di cui gli indiani fanno esperienza quotidiana. Ogni settimana in India, dicono le statistiche, 13 dalit (letteralmente "gente svantaggiata": così vengono chiamati i fuori casta da quando, nel 1950, la Costituzione vietò l'uso del termine pariah, Intoccabile) vengono uccisi e 6 rapiti, ogni giorno più di 4 donne dalit subiscono uno stupro. Crimini in aumento, se è vero che solo il 10 per cento dei reati commessi viene denunciato. Senza mezzi termini, Ambedkar scrisse che per gli Intoccabili l'Induismo era una "stanza degli orrori". Con un coraggio - aggiunge la Roy - che gli intellettuali d'oggi in India faticano a trovare.

Proiettata verso il futuro sull'onda del progresso economico e della retorica del PIL, l'India poggia le proprie strutture socio-politiche su una civiltà vecchia di cinquemila anni che non ha mai rinnegato la propria storia. Gli stessi rituali celebrati dai bramini nei templi si basano su procedure codificate in testi del I millennio a.C. L'assetto gerarchico su cui si fonda la cultura brahmanica, di ordine naturale-teologico in quanto legato alla legge del karma, trova riscontro sociale nel sistema delle caste. Nonostante i correttivi del governo, che nel tempo ha formalmente garantito diritti a coloro che per legge divina erano "senza diritti" e destinato una quota significativa di impieghi pubblici alle classi svantaggiate, pregiudizi e disuguaglianze ancora "squarciano" e "crepano" il tessuto sociale dell'India: milioni di persone sono ritenute non avere diritto di vivere con dignità.

Curiosamente, racconta Arundhati Roy, non ho mai trovato nei libri di scuola mai alcun riferimento al concetto di casta. "Solo leggendo Ambedkar mi accorsi del vuoto nel nostro sistema pedagogico". E qui entra in gioco il padre della patria. Gandhi si battè in prima persona per la parità giuridica e il miglioramento delle condizioni di vita degli Intoccabili, che ribattezzò harijan (figli di Dio). Ma pur volendo eliminare l'Intoccabilità, non ripudiò il sistema che l'aveva generata. Il Mahatma, continua Arundhati, andava a trovare i bhangi, gli "spazzini", nel corso di visite ampiamente pubblicizzate, portando loro cibo e rispetto, sempre però esortandoli a non rinnegare la loro eredità culturale. Gandhi considerava il principio di ereditarietà, cioè l'anima del sistema castale, eterno e indiscutibile. Pulire i cessi era una sorta di "dovere religioso". Com'è che nel resto del mondo, si chiede provocatoriamente la scrittrice, la gente si occupa dei propri escrementi senza erigervi sopra tante teorie?

Il principio etico-politico che divise all'epoca Gandhi e Ambedkar è ancora drammaticamente attuale. Come altri riformatori indù, Gandhi inquadrò l'Intoccabilità come una semplice pratica religiosa e culturale discriminatoria, da cambiare. Col risultato di separare la questione delle caste dall'economia politica e sviare lo sguardo dalla vita di ogni giorno, dove la maggior parte dei fuori casta erano costretti in condizioni di schiavitù. Secondo Gandhi bisognava considerare le caste tutte uguali, senza distinzioni gerarchiche, e ricondurre i pariah nell'alveo del sistema tradizionale. Ambedkar era invece convinto che i fuori casta fossero un inevitabile sottoprodotto delle caste, e che per loro l'unica speranza di emancipazione fosse la completa demolizione del sistema. Sono passati quasi settant'anni dall'indipendenza dell'India (agosto 1947), conclude la Roy: le caste (e gli Intoccabili) sono ancora qui.

C'è una domanda che da sempre stordisce santi e dottori d'Oriente e Occidente: come colmare lo spazio immenso che separa la ricerca della verità (satyagraha) dalla quotidiana sopraffazione del più debole, la santità dall'indifferenza, l'ascetismo dalla passività, il Nirvana dal genocidio? Personalmente continuerò ad amare Gandhi, icona universale di umanità e altruismo, forza morale e saggezza, ma nel mondo d'oggi parteggio per Il Dio delle piccole cose, protagonista dell'indimenticabile romanzo che nel 1997 rivelò Arundhati Roy al firmamento letterario mondiale. Da allora la scrittrice è paladina di battaglie politico-sociali-ambientali e di una nuova rivoluzione nonviolenta a favore dei diseredati di tutto, compresi i diritti elementari. "Le rivoluzioni possono cominciare, a volte lo hanno fatto, dalla lettura di un libro".

Come ha mostrato al mondo la coraggiosa diciassettenne pakistana Malala Yousafzai, la lotta per i diritti umani non può prescindere dal principio secondo cui per nascita siamo tutti uguali, donne e uomini, poveri e ricchi, indù e musulmani, bramini e senza casta. Usciamo dallo stereotipo India mistica/India tigre del progresso, insiste Arundhati Roy. La mobilitazione internazionale culminata nel Nobel per la Pace 2014 a Malala e nel bestseller Io sono Malala deve coinvolgere anche la più grande e popolosa speranza democratica d'Oriente. Non diverso da abomini contemporanei come l'apartheid, il sessismo, il razzismo, il fondamentalismo religioso, il sistema castale indiano è infatti "una delle modalità più brutali di organizzazione sociale gerarchica che l'umanità conosca".

 

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