Fonte: Il Corriere delle regioni http://www.ariannaeditrice.it/ 21/05/2017
Demistificare il linguaggio del Pensiero Unico di Francesco Lamendola
Il Pensiero Unico che ci si vuole imporre è l’espressione del Nuovo Ordine Mondiale, una forma pervasiva e capillare di totalitarismo democratico, che sta avanzando a gran velocità e si serve della tecnica del lavaggio del cervello, ma in maniera graduale, secondo lo schema della “rana bollita”, in modo che i cittadini/sudditi non se ne rendano conto e non abbiano la possibilità di capire quel che sta succedendo, e così di reagire. Lo strumento principale del condizionamento occulto è il linguaggio del politicamente corretto, che, mediante una forzatura semantica delle parole, oppure mediante la creazione di neologismi ad hoc, deve rendere più facile, e quasi automatica, l’introiezione, da parte dell’opinione pubblica, del Nuovo Pensiero. Noi pensiamo secondo le parole che adoperiamo; se i mass media ci suggeriscono, e in pratica c’impongono, l’adozione di parole-specchietto per polarizzare la nostra attenzione su aspetti deformati della realtà, fatti passare per perfettamente normali, il nostro pensiero subisce una distorsione interna che ha le apparenze del moto spontaneo. Allora noi crediamo di essere sempre liberi e padroni di noi, del nostro pensare, mentre è ormai vero il contrario, cioè che ripetiamo a pappagallo degli stereotipi preconfezionati, e, quel che è peggio, prendiamo a pensare, o, per essere più precisi, smettiamo di pensare, esattamente come se fossimo programmati e telecomandati. Per reagire a questo condizionamento e bonificare la nostra mente da modi di pensare che non sono realmente nostri, ma ci vengono imposti mediante la tecnica della manipolazione mentale, dobbiamo, quindi, individuare le parole-chiave, le parole-specchietto, che agiscono su di noi come una bacchetta magica e suscitano istintivamente, meccanicamente, delle forti reazione emotive, positive o negative, quasi come il campanello nel’esperimento del cane di Pavlov, al cui suono l’animale incomincia a produrre saliva, perché sa che, dopo quel segnale, immancabilmente gli verrà somministrato del cibo. A tale scopo, abbiamo stilato un breve vocabolarietto delle parole-specchietto che occorre riconoscere immediatamente per ciò che sono: delle parole-trappola, pensate e messe in circolazione per condizionare la nostra mente e per offuscare la nostra capacità di giudizio critico e personale; in poche parole, per indottrinarci e manipolarci senza che noi ce ne rendiamo conto, anzi, addirittura facendoci sentire ben svegli e intelligenti, nonché perfettamente consapevoli delle cose di cui si sta parlando. Esse ci fanno sentire dei cittadini esemplari, che sono informati dei problemi e che possiedono uno spiccato senso civico, per cui non si lasciano ingannare dal pensiero conservatore, ma vigilano affinché la marcia del progresso possa procedere sempre avanti, vittoriosa e ininterrotta.
ACCOGLIENZA. Una delle neo-parole più abusate e più perfide. Tanto per cominciare, l’accoglienza presuppone la volontarietà: non c’è “accoglienza” dove uno è costretto ad accogliere; ciò suona come una beffa. In secondo luogo, si accoglie chi ci sembra bisognoso, ma anche degno, di essere accolto: non tutti, senza alcuna selezione, senza alcun criterio, neanche di pura e semplice sicurezza. Se questo accade, allora la parola che si dovrebbe usare è “invasione” o “auto-invasione”.
ANTISEMITISMO. È la madre di tutte le parole-specchietto: ma non significa nulla, nel novanta per cento dei discorsi in cui viene adoperata. Tanto per cominciare, non solo gli ebrei, ma anche gli arabi sono semiti, perciò la parola è sbagliata in se stessa, dal punto di vista semantico. Oltre a ciò, essa viene adoperata in un modo enormemente estensivo, sia in senso temporale, sia concettuale. Temporale, perché “antisemita” viene adoperato tanto per designare gli atteggiamenti della società moderna, la Francia al tempo del processo Dreyfus, la Russia dei pogrom e la Germania nazista, sia l’Europa medievale, dove essa viene sovente accostata alla caccia alle streghe, alla credenza nelle possessioni demoniache e alle grandi pestilenze e calamità naturali, facendo credere che vi sia stato un unico “antisemitismo” lungo tutta la storia dell’Occidente, che prende vestititi diversi, ma, in realtà, è sempre identico: cosa storicamente non vera. Concettuale, perché non distingue affatto tra antisemitismo in senso biologico, e antigiudaismo di tipo religioso; e, inoltre, perché induce a credere che, nella storia, l’intolleranza sia stata sempre a senso unico, dei cristiani verso gli ebrei, mentre invece essa è esistita nei due sensi, cioè anche da parte degli ebrei verso i non ebrei.
CATTOLICI PROGRESSITI, CATTOLICI DI SINISTRA. Espressioni prive di significato. Il cattolicesimo è una fede religiosa, non un movimento politico. Eppure, costoro governano l’Italia, oggi; e, a livello mondiale, governano la Chiesa. Solo che non sono cattolici: sono la quinta colonna che vuol demolire, dall’interno, la Chiesa e il cattolicesimo.
DIALOGO Parola molto amata dai catto-progressisti: essi vorrebbero dialogare con tutti, sull’implicito riconoscimento che ciascuno ha la sua verità, e tutte sono ugualmente buone e valide. Ma questo si chiama “relativismo”, e non fa rima con “cristianesimo”, né con “Vangelo”.
DIVERSAMENTE ABILE. Impossibile dire: “cieco”, “sordo”, “paralitico”, “tetraplegico”, “handicappato”: bisogna dire “diversamente abile”, per non incorrere nell’accusa di disprezzare le persone portatrici di handicap. Ma essere portatore di handicap non è la stessa cosa che essere handicappato? Sì, ma è proibito dirlo; dunque, no. Non è vero quello che è vero; è vero quello che vuole il Pensiero Unico. Contraddizione di fondo del Nuovo Linguaggio: da un lato bisogna negare che la diversità esista, in nome del principio di uguaglianza e della lotta ai “pregiudizi”; dall’altra si invoca a gran voce il rispetto e, anzi, la valorizzazione della diversità. Un disabile fortemente ideologizzato dirà al pubblico, durante una conferenza: Chi vedete, davanti a voi: una persona o un disabile? Domanda insidiosa, risposta difficile: se il pubblico risponde: “un disabile”, allora è un pubblico insensibile e intollerante verso le persone meno fortunate; se dice: “una persona”, allora pare che finga di non vedere la carrozzina e tutto il resto, che ignori i problemi e le difficoltà di quelle persone.
ECUMENSIMO. Il fatto che il papa abbia celebrato a Lund, in Svezia, una parodia della santa Messa insieme ai luterani, non conferisce al preteso ecumenismo il crisma della rispettabilità. Le differenze tra protestanti e cattolici esistono, e sono innanzitutto di tipo teologico. Dunque, un’eresia non viene “sanata” con un atto di buona volontà o con un colpo di spugna, ma con l’ammissione del proprio errore da parte di chi ha sbagliato, e senza porgere scuse da parte di chi non ha sbagliato.
FAMIGLIE ARCOBALENO. Espressione creata per non dover dire: famiglie con due “genitori” omosessuali. Ma “famiglia”, da che mondo è mondo, significa uomo, donna e bambini, e nient’altro. Due persone dello stesso sesso non possono generare in modo naturale, dunque la loro unione non forma una famiglia, ma un’altra cosa. La chiamino come vogliono, ciò riguarda loro; ma non così.
FEMMINICIDIO. Se un uomo uccide una donna, quello è femminicidio; se una donna uccide un uomo, non si parla mai di viricidio; se una donna uccide un bambino, magari suo figlio, non si parla che raramente d’infanticidio. Si vuol dimostrare che il maschio è un animale pericoloso, violento, imprevedibile, e che ha in sé degli istinti malvagi; che le donne devono diffidare di lui; che egli stesso, per primo, per il suo bene e per quello dei propri cari, deve sentirsi in colpa, umiliarsi, domandar perdono, vergognarsi di essere quello che è, cioè un essere di sesso maschile: insomma, auto-castrarsi psicologicamente. L’obiettivo è femminilizzare sempre di più la società, togliendo all’uomo le sue caratteristiche virili, sin dall’infanzia: l’ideale sarebbe un bambino che gioca con le bambole, che piange volentieri quando vede un film sentimentale, che brucia dal desiderio di sbrigare le faccende domestiche al posto della mamma e, magari, delle sorelline.
GAY. Vuol dire “allegro”. Ma quanta allegria c’è nella vita di tali persone? Accettare questo vocabolo, significa accettare una versione ideologizzata della cosa che indica. Ciò che indica è l’inversione sessuale, e così la si chiamava fino a qualche anno fa: inversione. Ma il relativismo oggi imperante ha negato che esistano il vero e il falso, il bello e il brutto, il sopra e il sotto: dunque, nessuno è invertito, perché la normalità non esiste, tutti hanno il diritto di essere e di fare quel che vogliono. Un tempo non lontano, le persone di formazione cattolica usavano la parola “sodomita”; ma oggi è impossibile, perché monsignor Galantino ci assicura che Dio ha risparmiato Sodoma, dunque i sodomiti non erano peccatori. Si vede che si è sbagliato anche Gesù Cristo, quando ha detto (Lc 17, 28-29): Mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano: ma nel giorno in cui Lot uscì da Sodoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti.
INTEGRAZIONE, INCLUSIONE. L’integrazione è come l’araba fenice: tutti ne parlano, nessuno l’ha mai vista. Quelli che ci hanno seriamente provato, come i governanti tedeschi, hanno dovuto ricredersi: è impossibile integrare chi non vuole integrarsi. Sembrerebbe così semplice: ma ci son voluti molti anni perché cadesse il velo ideologico e la cosa apparisse in tutta la sua evidenza. Quanto all’inclusione, significa tutto e niente: suona bene, fa effetto, peccato che non voglia dir niente. Includere non è sempre una virtù: chi, sano di mente, includerebbe un virus, in un organismo sano?
MATERNITÀ SURROGATA. È una delle neoparole più odiose: si deve dire, semplicemente, “utero in affitto”. Una cosa spregevole, un’espressione impronunciabile, pur con tutta la buona (o la cattiva) volontà di questo mondo: perciò è stata inventata questa parola, in apparenza più rispettabile. Il suo sordido significato, però, rimane.
MATRIMONIO OMOSESSUALE. Concetto falsissimo, perché due volte falso: non esiste l’omosessualità, intesa come alternativa di pari dignità alla vera sessualità, che è sempre fra maschio e femmina; e non esiste il matrimonio omosessuale, perché il matrimonio, come dice anche l‘etimologia della parola, è, ed è sempre stato, in tutte le società del mondo, l’unione stabile di un uomo e una donna, in vista della procreazione.
MODERNITÀ. Una gravissima malattia, non certo qualcosa di cui andar fieri. O se ne guarisce, o si perisce.
OMOFOBIA. È una delle più usate e delle più insidiose, anche se il trucco c’è e si vede. Si vuol far passare per “omofobo”, cioè per odiatore degli omosessuali, colui che, semplicemente, si rifiuta di considerare l’omoerotismo come perfettamente equivalente della normale sessualità fra uomo e donna, o di accettare l’idea e la pratica del cosiddetto matrimonio omosessuale, o la pratica della fecondazione artificiale per le lesbiche, dell’adozione o dell’utero in affitto per i gay. “Omofobo” sarebbe anche chi si oppone all’ideologia gender, specie se insegnata nelle scuole. Senza contare che la parola, in sé, è sbagliata: letteralmente, significherebbe “paura del simile”. Si aggiunga che gli omosessuali non sono tutti uguali: vi sono le persone discrete, e quelle che ostentano i loro comportamenti oltre ogni limite del buon gusto e della decenza, come, ad esempio, in occasione dei gay-pride. Dunque, anche chi non è d’accordo con l’ideologia omosessualista non appartiene ad un’unica categoria: si dovrebbe distinguere fra intolleranza vera e propria, irrazionale, magari violenta, e disapprovazione morale o culturale, cosa perfettamente legittima, a meno che la democrazia valga solo a senso unico: cioè per le minoranze ideologizzate e aggressive.
OMOSESSUALITÀ. La parola è falsa: “sessualità”, in biologia – si consulti qualunque vocabolario – consiste nello scambio di gameti maschili e femminili, in vista della riproduzione; dunque, solo fra maschio e femmina vi è sessualità. Nel caso delle persone che desiderano sessualmente quanti appartengono al loro sesso, si dovrebbe parlare di “omoerotismo”. Da ciò si vede quanto sia ideologico, nel senso di artificiale e di fasullo, il tentativo di mettere sullo stesso piano l’eterosessualità, l’omosessualità, la bisessualità e, addirittura, la transessualità.
PLURALISMO RELIGIOSO. Sarà una bella cosa dal punto di vista liberale, ma dal punto di vista cristiano è un non senso. Per il cristiano, non ci sono diverse verità religiose: ce n’è una sola. Se ce ne fossero tante, Gesù Cristo sarebbe, anche Lui, uno dei tanti.
POPULISMO. È l’equivalente del XXI secolo di ciò che la parola “fascista” era nel linguaggio politicamente corretto del XX. Più specificamente, comprende in sé i concetti di razzismo, nazionalismo, antieuropeismo, razzismo, o, almeno, xenofobia: tutte cose bruttissime e indegne di una società civile. Chi è “populista” non merita di essere trattato neppure come un avversario politico, sarebbe troppo onore per lui: deve essere disprezzato, e, se possibile, ignorato. I suoi argomenti non meritano risposte, le sue ragioni non son degne di ascolto. Il populista, come il fascista, abusa dei vantaggi della democrazia per diffondere un pensiero antidemocratico, dunque sarebbe bene che i veri democratici non solo lo isolassero, come si fa coi lebbrosi, ma riflettessero seriamente sulla possibilità di negargli definitivamente la parola, e, ancor più, il diritto d’associazione.
PROFUGHI. Ma lo sono davvero? Nove volte su dieci, no. Sono falsi profughi, cioè invasori. Ma non si può dire.
RAZZISMO. È razzismo nutrire dei dubbi sulla opportunità di lasciare via libera all’ingresso in Italia, e in Europa, di milioni di africani e altri stranieri? Se lo è, allora lo confessiamo volentieri: sì, siamo decisamente razzisti. E lo sono molti milioni di persone, compresi degli ottimi cristiani.
RESISTENZA. Ha fornito, per settant’anni, l’impalcatura mitologica su cui è stata fondata la Repubblica di Pulcinella, cioè l’Italietta asservita e prostrata del 1945. Si basa su tutta una serie di mistificazioni, dal racconto addomesticato dei fatti di Cefalonia, all’invenzione delle quattro giornate di Napoli, e di silenzi “blindati”, dalle foibe ai regolamenti di conti interni al movimento partigiano, come nel caso della strage di Porzus. La parola “Resistenza” ha permesso di aggirare l’ostacolo più grosso alla fruizione unilateralmente positiva del mito repubblicano: la realtà della guerra civile. Ha fornito, poi, un ampio mantello per coprire le malefatte ed i crimini di una quantità di delinquenti che, con la scusa d’essere partigiani, hanno ucciso, stuprato, rubato e terrorizzato le popolazioni civili non solo fino all’aprile del 1945, ma fino al 1949, con migliaia e migliaia di “morti bianche”. Ha poi permesso di creare una continuità ideale con il Risorgimento, continuità che è tutta da dimostrare (mentre vi sono serie ragioni per vedere, all’opposto, una continuità fra il Risorgimento e il Fascismo, come pensava anche Giovanni Gentile). Di fatto, l’adozione di questo termine, anche da parte degli intellettuali e degli storici di professione, ha prolungato per settant’anni, dopo il 1945, il clima morale e politico da guerra civile nella società italiana, cosa che ha dato i suoi frutti sanguinosi nella stagione del terrorismo “rosso” e “nero” degli anni ’70 del Novecento. |