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lunedì 30 ottobre 2017

 

Dallo Samhain al "dolcetto o scherzetto"

di Chief Joseph

 

Storia di una celebrazione, che univa la paura della morte e degli spiriti all’allegria dei festeggiamenti per la fine del vecchio anno, diventata invadente farsa. 

 

La festa di Halloween, come molti sanno, è di origine celtica. I Celti vivevano principalmente nelle coste atlantiche della Francia e nelle isole Britanniche ed erano prevalentemente un popolo di pastori, a differenza di altre culture europee come quelle del bacino del Mediterraneo. I ritmi della loro vita erano scanditi dai tempi che l’allevamento del bestiame imponeva e che si diversificano da quelli dei campi. Alla fine della stagione estiva, i pastori riportavano a valle le loro greggi per prepararsi all’arrivo dell’inverno e all’inizio del nuovo anno. Per i Celti, infatti, non cominciava il 1° gennaio, bensì fra il 31 ottobre e il 1° novembre, quando terminava ufficialmente la stagione calda e iniziava la stagione delle tenebre e del freddo. Il tempo in cui ci si chiudeva in casa per molti mesi, riparandosi dalle intemperie, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende. Il passaggio dall’estate all’inverno e dal vecchio al nuovo anno veniva celebrato con lunghi festeggiamenti, lo Samhain che significa “Fine dell’estate”. In Irlanda, la festa era nota come Samhein o Samon cioè la “Festa del Sole” ma il concetto è lo stesso. In quel periodo dell’anno, i frutti dei campi (l’agricoltura non era l’attività principale dei Celti, ma veniva praticata) erano assicurati, il bestiame era stato ben nutrito nei pascoli sui monti e le scorte per l’inverno erano preparate. Quindi si poteva riposare e ringraziare gli dèi per la loro generosità. Ciò avveniva tramite lo Samhain che inoltre serviva ad esorcizzare l’arrivo dell’inverno e dei suoi pericoli, unendo e rafforzando la comunità grazie ad un rito di passaggio che propiziasse le benevolenze delle divinità. La morte era il tema principale della festa, in sintonia con ciò che stava avvenendo in natura. Infatti, durante la stagione invernale la vita sembra tacere mentre, in realtà, si rinnova sottoterra, dove riposano i morti. Da qui è comprensibile l’accostamento di Samhain al culto dei defunti. I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti che vivevano in uno spazio di eterna giovinezza e felicità chiamato “Tir nan Oge” e che le forze degli spiriti potessero unirsi al mondo dei viventi, provocando in questo modo il dissolvimento temporaneo delle leggi del tempo e dello spazio e facendo sì che l’aldilà si fondesse con il mondo dei vivi e permettendo agli spiriti erranti di vagare indisturbati sulla terra. Samhain era dunque una celebrazione che univa la paura della morte e degli spiriti all’allegria dei festeggiamenti per la fine del vecchio anno. Durante la notte del 31 ottobre si tenevano raduni nei boschi e sulle colline per la cerimonia dell’accensione del Fuoco Sacro e venivano effettuati sacrifici animali. Vestiti con maschere grottesche, i Celti tornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro. Dopo questi riti, i Celti festeggiavano per 3 giorni, mascherandosi con le pelli degli animali uccisi per spaventare gli spiriti. In Irlanda si diffuse l’usanza di accendere torce e fiaccole fuori dagli usci e di lasciare cibo e latte per le anime dei defunti che avrebbero reso visita ai propri familiari, affinché potessero rifocillarsi e decidessero di non fare scherzi ai viventi.

Poi purtroppo la festa di Halloween è stata esportata negli USA, dove ha assunto la connotazione negativa di “Dolcetto o scherzetto”. Da buona colonia, l’Italia l’ha copiata pedissequamente. Non credo sia il caso di perdersi in disquisizioni religiose, demonizzando Halloween per un presunto significato anticristiano e mi sembra marginale avversarlo perché non si tratta di una nostra festa. Infatti, in questo caso, dovremmo mettere al bando la polenta e le patate che abbiamo importato da oltreoceano. Ci sono però in questa ricorrenza e nelle sue modalità celebrative alcuni aspetti che stridono fortemente. La prima è rappresentata dal suonare il campanello o bussare a tutte le porte a prescindere, ponendo gli abitanti delle case in una situazione che, nel migliore dei casi, è imbarazzante. Infatti, nel caso in cui non si abbiano dolci in casa si è costretti a giustificarsi. E non si facciano paragoni col primo giorno dell’anno, quando i bambini si presentano davanti alle porte ma non chiedono nulla, si limitano a fare gli auguri, ringraziando quando non ricevono solamente un sorriso di circostanza. Nel suonare tutti i campanelli, in questa farsa di Halloween, c’è un aspetto non marginale di prepotenza e prevaricazione. Infatti, dietro una porta chiusa, può nascondersi qualsiasi tipo di problema. Qualcuno potrebbe dire che basta non aprire, però in questo modo si verrebbe additati come fustigatori dell’infanzia e portatori di traumi. Quindi, da qualsiasi punto di vista si affronti il problema, le ragioni sono sempre dalla parte di chi si catapulta contro la tua porta o i tuoi vetri (è successo) senza un preventivo invito. Ma c’è di più e c’è di peggio nella festa del “Dolcetto o Scherzetto” ed è ascrivibile alla sfera educativa. Infatti, in una contesto all’interno del quale in molte famiglie con bambini il no è demonizzato, con la festa del 31 ottobre, soprattutto fra i più piccoli, passa il messaggio che per ottenere qualcosa non si deve seguire la strada della richiesta e dell’accettazione dell’eventuale rifiuto, ma si sceglie la scorciatoia del ricatto. 

E abbandoniamo un volta per tutte lo stereotipo per il quale siamo stati tutti bambini e abbiamo fatto arrabbiare perché, se questo vero, è altrettanto inoppugnabile che si ricevevano amorevoli pacche sul sedere quando si esagerava. Adesso questo succede raramente e in più si è aggiunto Halloween. In questa direzione, sarebbe importante riflettere sul modo in cui Halloween influisce sui bambini perché andare di casa in casa “minacciando” gli adulti per ottenere dolciumi può avere sui bambini conseguenze negative a lungo termine. Infatti, può incoraggiare tendenze egoiste ed egocentriche e i piccoli imparano che insistendo, ricattando e intimidendo gli altri si può ottenere ciò che si vuole.

 

 

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