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17 settembre 2017

 

L’arte nel tempo della brutalità 

di Franco Berardi Bifo

 

Da Gorizia a Kessel, le istituzioni aggrediscono gruppi di artisti: nazionalismo e razzismo crescono per effetto dell’impoverimento imposto dal capitalismo. Ma l'arte resta una delle poche strade con cui cercare vie d'uscita dall’inferno

 

Gorizia è una piccola città nel Nord est italiano. Il nome della città è ricordato soprattutto per via di un canto dei soldati costretti a combattere e morire nell’infame guerra nazionalista del 15-18. Quei soldati, contadini e operai massacrati in nome di un idiota sentimento nazionalista cantavano:

 

“O Gorizia tu sia maledetta per ogni cuore che sente coscienza … dolorosa ci fu la partenza e il ritorno per molti non fu”.

 

Adesso l’idiozia del nazionalismo e della guerra riemerge come conseguenza dell’impoverimento, della paura e dell’ignoranza dilagante. In questo contesto la giunta di destra di Gorizia ha cancellato una mostra d’arteche era stata precedentemente approvata e finanziata dalle istituzioni cittadine e dal comune di Nova Gorica che si trova oltre il confine sloveno e organizzata dal collettivo di artisti Koine. Perché? Il titolo della mostra (cancellata) è (era) LIMES, e le istallazioni sono (erano) intese a riflettere sulla violenza del colonialismo passato e presente, sulla costruzione assurda di muri contro la mobilità delle popolazioni, e contro i diritti umani. In un ridicolo documento l’assessore alla cultura (sit venia verbis) della città chiede al collettivo di cancellare alcune istallazioni, particolarmente una di Laura Cazzaniga (Comunità recintate/Gated Communities) consistente nell’erezione di un muro in una delle strade cittadine, e The Banket, una metafora scultorea della rapina finanziaria compiuta dalle potenze coloniali del G8.

 

Il concetto di confine non può essere messo in discussione, secondo la Giunta di Gorizia, e gli artisti non hanno il permesso di mettere in discussione il concetto di identità nazionale. In una gazzetta locale un tizio di nome Vittorio Sgarbi, ignoto certamente agli intellettuali e agli artisti, ma ben noto al pubblico delle televisioni di Silvio Berlusconi, ha sostenuto l’atto di censura scrivendo che la cancellazione dell’evento risparmia alla cittadinanza l’inquietante disturbo di un’interrogazione etica. Questo è quel che accade a Gorizia mentre dovunque nel mondo inizia la battaglia finale tra la sensibilità umana e la brutalità, e mentre a Kassel si lancia un’aggressione nazionalista contro documenta.

 

Kassel è stata negli ultimi sessanta anni la capitale della sensibilità umana e dell’alleanza tra arte e democrazia. Quando la bestia del nazionalismo e del razzismo venne domata, al prezzo di milioni di vittime, quando la democrazia e l’uguaglianza si stavano diffondendo nel mondo, documenta venne concepita come una promessa: mai più. Mai più discriminazione razziale, mai più pulizia etnica, mai più identificazione nazionalista, mai più sfruttamento coloniale. Mai più Auschwitz, mai più Hiroshima, mai più Katin. Adesso la bestia sta riemergendo, in Europa e nel mondo. La bestia del nazionalismo, del razzismo e dell’identitarismo sta crescendo per effetto dell’impoverimento materiale e spirituale cui le popolazioni sono state sottoposte dal capitalismo finanziario.

 

Di conseguenza documenta è in pericolo.

 

Documenta14, che chiuderà il 17 Settembre 2017 è stata concepita nel rispetto dello spirito originale della manifestazione, e ha ripetuto: mai più. Dal momento che la bestia sta riemergendo documenta14 ha lanciato un progetto estetico e intellettuale per curare l’epidemia di brutalità. Ma la bestia reagisce. Le autorità locali di Kassel e larga parte della stampa tedesca hanno aggredito gli organizzatori e gli artisti per imporre il carattere nazionale di una manifestazione che fu concepita contro il nazionalismo. Documenta14 ha spostato larga parte delle opere e degli eventi nella città di Atene, per solidarietà internazionalista e come critica della distruzione finanziaria dell’Unione europea. Ma le autorità tedesche hanno sentito questo atto come uno spreco di denaro tedesco. L’assalto contro documenta è iniziato, in nome degli interessi nazionali tedeschi, in nome della commercializzazione turistica dell’arte.

 

E adesso? Gli artisti si batteranno contro la censura? Non me ne importa molto. La libertà di espressione è minacciata dovunque, dal momento che la tirannia del neoliberismo e la (divergente e convergente) tirannia del nazionalismo tentano di soffocare il dissenso radicale, ma il punto non è soltanto la libertà di espressione. Il punto è che solo gli artisti possono guidare la lotta contro la bestia bicefala, e vincerla. L’arte è la ricerca della sensibilità, mentre la brutalità si diffonde per effetto dell’impoverimento materiale e spirituale. Gli artisti non sono più una piccola élite di professionisti della bellezza, sono lavoratori precari, e la loro azione non consiste nell’estetizzare l’orrore. La loro azione consiste nel cercare una via di uscita dall’inferno.

 

La sofferenza è dovunque, nel mondo contemporaneo, e il piacere sta scomparendo dall’orizzonte delle nostre vite. L’arte si occupa del piacere e della sofferenza: documenta14 ha messo in mostra la sofferenza del nostro tempo, ma gli ultimi giorni della manifestazione sono stati dedicati alla strategia della gioia. Gli artisti vivono in condizione di precarietà, e saranno l’avanguardia della ribellione dei lavoratori cognitivi precari. Per questo dobbiamo difendere documenta. Non solo in nome della libertà di espressione, ma soprattutto perché qui comincia la battaglia contro la brutalità.

 

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