http://popoffquotidiano.it/ 02 settembre 2017
1917, come i bolscevichi riuscirono a vincere la rivoluzione di Alexander Rabinowitch traduzione Maurizio Acerbo
Riflessioni sui bolscevichi, la Rivoluzione d’Ottobre e l’inizio della costruzione dello stato sovietico a Pietrogrado
E’ annunciata per il prossimo 14 settembre l’uscita del libro dello storico americano Alexander Rabinowitch “1917. I bolscevichi al potere” (Feltrinelli). Si tratta della riedizione di quello che è diventato ormai un classico tradotto in tutto il mondo della storiografia sulla rivoluzione russa già pubblicato in Italia nel 1978 dalla Feltrinelli. Nel 1989 fu il primo lavoro di uno storico occidentale sulla rivoluzione bolscevica a essere pubblicato in Russia con grande successo tra gli storici e i lettori (oltre 100.000 copie della prima edizione andarono rapidamente esaurite). Purtroppo è l’unico testo disponibile in italiano di uno dei più importanti studiosi della Rivoluzione del 1917. Dà l’idea di quale sia stato il clima culturale nel nostro paese negli ultimi decenni il fatto che dagli anni ’70 non siano stati tradotti gli altri suoi lavori, in particolare gli altri due volumi della sua trilogia sulla rivoluzione: Prelude to revolution e The Bolsheviks in Power: The First Year of Bolshevik Rule in Petrograd che nel 2007 uscì in contemporanea in edizione russa e inglese. Vi proponiamo la traduzione della conferenza che Alexander Rabinowitch ha tenuto presso la Humboldt University di Berlino il 14 ottobre 2010 in occasione della ripubblicazione in Germania del libro. (ndt. M.A.)
Questa sera, voglio condividere con voi alcuni punti di vista sui bolscevichi, la Rivoluzione d’Ottobre e l’inizio della costruzione dello stato sovietico a Pietrogrado sviluppate durante quasi un’intera vita trascorsa a studiare i vari aspetti di questa materia ancora molto controversa. Ma lasciatemi iniziare con un po’ di background sulle influenze che hanno plasmato il mio pensiero su questo argomento prima che iniziassi le mie ricerche professionali. Indubbiamente la più importante di queste influenze è stata la mia educazione in una famiglia di intellettuali russi liberali. Nel 1932 mia madre Anna Maiersohn, originaria di Kiev, era un’attrice che si esibiva con una compagnia teatrale russa in Europa, quando lei e mio padre, il noto chimico fisico Eugene I. Rabinowitch, si sposarono. Mio padre, nato a Pietroburgo nel 1898, era fuggito dalla Russia nel mese di agosto 1918, due settimane prima dell’inizio del Terrore Rosso. Nel 1921, era tra le orde di giovani emigrati russi che affluivano in Germania e riuscirono a entrare nelle università tedesche per intercessione del leader socialdemocratico Eduard Bernstein, allora membro del Reichstag. Come studente di dottorato presso l’Università di Berlino (ora Humboldt University), mio padre studiò con scienziati di fama mondiale, già allora premi Nobel, come Albert Einstein, Max Planck, e Max von Laue. E alla vigilia della seconda guerra mondiale, dopo incarichi temporanei presso l’Università di Göttingen, l’Istituto Niels Bohr di Fisica Teorica a Copenaghen e l’Università di Londra, ricevette un incarico permanente nel dipartimento di chimica al Massachusetts Institute of Technology (MIT ) a Boston. Fu così che durante i miei primi anni di formazione, la mia famiglia costituiva parte integrante di una vivace comunità emigrata russa, sulla costa orientale degli Stati Uniti. Trascorrevamo le estati sulle Green Mountains del Vermont meridionale dove mio padre comprò una dacia non lontano da quella di Michael Karpovich, un socialista moderato nel 1917, un eminente storico di Harvard e il fondatore riconosciuto degli studi storici russi avanzati negli Stati Uniti. Alcuni dei miei ricordi più vividi di quel tempo ruotano attorno a pranzi e cene interminabili in cui alcuni dei russi più importanti che allora vivevano negli Stati Uniti, da Kerensky a Nabokov, discutevano questioni relative a storia, letteratura e attualità russe. Queste discussioni a volte esplodevano in discussioni animate, ma c’erano alcuni punti su cui tutti sembravano concordare. Tra questi c’era quello che la Rivoluzione d’Ottobre che li aveva sradicati era stata un colpo di stato militare effettuato da un gruppo molto ristretto di fanatici rivoluzionari guidati da Lenin, finanziato dai tedeschi e privo di un significativo sostegno popolare. Un altro era che tutto ciò che sgorgava da quella rivoluzione costituiva un abominio e una minaccia globale. Così, mentre il mio interesse permanente per la storia e la cultura russa nacque senza dubbio da queste precoci associazioni familiari, soprattutto dall’interazione con Karpovich e il leader menscevico e archivista della socialdemocrazia russa Boris I.Nicolaevsky, essi mi lasciarono con una visione negativa senza compromessi dei bolscevichi, della Rivoluzione d’Ottobre e dell’intera esperienza storica sovietica. Questi atteggiamenti critici furono rinforzati dal clima di ostilità verso l’URSS durante i miei anni alla scuola superiore e al college [1948-1956] negli Stati Uniti, che coincisero con il maccartismo e la guerra di Corea. Come un cadetto ROTC, sono stato addestrato a pensare e a formare gli altri a pensare all’Unione Sovietica come l’incarnazione del male e l’acerrimo nemico del “mondo libero”. (A quel tempo, la partecipazione alla Reserve Officer Training Corps – Corpo di addestramento ufficiale di riserva, permetteva agli studenti come me di ritardare il servizio militare fino alla laurea al college). Cominciai il corso di studi sulla storia russa con Leopold Haimson presso l’Università di Chicago e presso l’Indiana University con lo storico diplomatico John M. Thompson. Insieme risvegliarono il mio interesse per la rivoluzione russa come fenomeno politico e sociale seminale meritevole di ulteriori studi. Tuttavia, quando venne il momento di scegliere un argomento per la mia tesi di dottorato, le mie opinioni fondamentali circa l’Unione Sovietica e la sua nascita erano rimaste invariate. La mia prima scelta fu una biografia di Irakli Tsereteli, un importante menscevico georgiano e inveterato nemico del bolscevismo con il quale avevo fatto conoscenza precedentemente nel Vermont da ragazzo. Dopo che divenne evidente che uno studio su vasta scala di Tsereteli richiedeva la conoscenza del georgiano, concentrai la mia attenzione su Tsereteli durante le crisi politiche della primavera e dell’estate 1917, in particolare in seguito alla fallita rivolta di luglio, quando, come un membro del gabinetto e de facto capo del blocco socialista moderato nel Soviet di Pietrogrado e nel Comitato centrale esecutivo panrusso dei Soviet operai e soldati (CEC), cercò di sostenere il governo provvisorio della coalizione socialista-liberale moderata e di criminalizzare i bolscevichi. Come dunque sono arrivato a spostare il mio interesse da Tsereteli durante il quadrimestre centrale del 1917 ai bolscevichi a quel tempo? E, guardando avanti, come ho fatto io ad arrivare a rompere nettamente con le mie opinioni iniziali sul partito bolscevico e sulla rivoluzione che lo portò al potere? Spesso mi hanno posto queste domande e la risposta è davvero molto semplice. Il mio lavoro con Haimson e Thompson aveva instillato in me la passione per la raccolta di prove storiche, nonché un impegno ad essere il più umanamente onesto possibile nell’interpretarle. E il fatto è che in tempi relativamente brevi, scoprii che la visione comunemente accettata di Tsereteli della rivolta di luglio come poco più di un colpo di stato leninista fallito era smentita dalle immagini che emergevano crudamente dal corpo relativamente limitato di fonti primarie allora a mia disposizione, in primo luogo giornali contemporanei, documenti pubblicati e memorie. Anche prima della fine del 1963, quando cominciai un incarico di nove mesi come exchange scholar a Mosca, il mio primario interesse di ricerca si era spostato da Tsereteli nel 1917 al ruolo bolscevico nella rivolta di luglio. Alcune fonti che erano state facilmente disponibili negli Stati Uniti mi aiutarono a iniziare a rispondere a questa domanda. Quindi, anche se queste fonti confermavano il ruolo fondamentale e storicamente importante interpretato da Lenin nell’indirizzare i bolscevichi dritti verso una precoce rivoluzione socialista alla Settima Conferenza Panrussa del partito bolscevico (aprile), i resoconti pubblicati della conferenza rivelavano anche le profonde divisioni che rimanevano tra i principali leader del partito alla sua chiusura più significativamente, tra i membri del Comitato centrale eletti da essa. [1] Un’ancora più importante fonte facilmente disponibile erano i verbali dettagliati delle riunioni settimanali del Comitato Bolscevico di Pietroburgo nel 1917. Per la prima volta pubblicati nel 1927, ma raramente utilizzati, essi riflettono anche la diversità di opinioni politiche all’interno dell’organizzazione del partito bolscevico così come qualche altra cosa di enorme importanza vale a dire la trasformazione del partito da una piccola organizzazione cospirativa in un partito politico di massa saldamente radicato nelle fabbriche e nelle caserme nel seguito della rivoluzione di febbraio e la sua struttura e stile operativo relativamente decentrati, flessibili e democratici nel 1917. [2] Le memorie bolsceviche pubblicate nei relativamente liberi anni ’20 e disponibili anche nei principali archivi americani rinforzavano queste immagini. Ironia della sorte Nicolaevsky che condivideva con Tsereteli la visione demoniaca di Lenin e del suo ruolo centrale nell’organizzazione della rivolta di luglio mi indirizzò alle memorie dello storico dei bolscevichi e del movimento rivoluzionario russo V.I. Nevskii con il quale una volta aveva legami personali non rendendosi conto che aiutavano a documentare il ruolo indipendente dell’organizzazione militare bolscevica nel favorire la rivolta di luglio contro la volontà di Lenin e del Comitato centrale. [3] Anche se a quel tempo l’accesso agli archivi sovietici era fuori questione per gli storici occidentali i miei mesi come studioso di scambio a Mosca durante l’anno accademico 1963-1964 furono indispensabili per un ulteriore chiarimento di ancora sconcertanti aspetti del ruolo bolscevico nella rivolta di luglio e di più ampie questioni derivanti dalla mia ricerca per quanto riguarda la struttura e il funzionamento del partito e la sua relazione con il dispiegarsi della rivoluzione a livello popolare. Ad esempio, un confronto attento del principale giornale del Comitato centrale, la Pravda, e della Soldatskaia Pravda dell’Organizzazione Militare bolscevica durante il periodo che precedette l’insurrezione di luglio (la Soldatskaia Pravda non era disponibile in Occidente), documentava la crescente divergenza tra la cautela tattica del Comitato centrale e il radicalismo dell’organizzazione militare. Inoltre, le pagine di Soldatskaia Pravda e del non meno raro quotidiano di Kronstadt Izvestiia Kronstadtskogo Soveta durante le settimane precedenti la rivolta di luglio rispecchiavano l’agitazione bruscamente in crescita tra i soldati della guarnigione di Pietrogrado e i marinai della flotta del Baltico e aiutavano a rivelare i collegamenti cruciali tra essa e il separatismo e la crescente militanza dell’Organizzazione militare bolscevica. Collezioni complete di entrambi i giornali erano facilmente disponibili in quella che allora era chiamata la Biblioteca di Stato Lenin.
I risultati della mia ricerca per la tesi di dottorato si sono riflessi nel mio primo libro, Prelude to Revolution: The Petrograd Bolsheviks and the July 1917 Uprising, pubblicata nel 1968.
Dopo la sua apparizione, sono stato immediatamente identificato come “un falsario borghese” dagli storici sovietici. Tuttavia, la maggior parte dei recensori occidentali del libro sembravano persuasi dalla mia rappresentazione della rivolta di luglio come un plausibile riflesso della frustrazione popolare per gli scarsi risultati della rivoluzione di febbraio, che era stata incoraggiata e sostenuta da elementi radicali nell’organizzazione militare bolscevica e nel Comitato di Pietroburgo. La maggior parte accettava anche la mia conclusione che, anche se la rivolta fu in parte la conseguenza dell’agitazione antigovernativa e della propaganda bolscevica durata mesi, essa scoppiò contro la volontà del Comitato centrale, alcuni membri del quale, come Lenin, temevano che il rovesciamento del governo provvisorio sarebbe stato contrastato dai contadini delle province e dai soldati al fronte, e altri, come Kamenev, rimanevano convinti che una rivoluzione socialista nella Russia arretrata era prematura e vedevano la creazione di un’ampia coalizione di partiti socialisti nell’Assemblea Costituente come la chiave per una significativa riforma politica, economica, e sociale. All’indomani della rivolta di luglio Lenin fu accusato di essere un agente tedesco e costretto a nascondersi, molti bolscevichi di spicco furono incarcerati, e la sensazionale impennata del sostegno popolare per il programma bolscevico ebbe una battuta d’arresto. All’epoca in cui Prelude to Revolution fu pubblicato e iniziai le ricerche per il mio libro sulla Rivoluzione d’Ottobre stessa (The Bolsheviks Come to Power: The Revolution of 1917 in Petrograd, 1976), mi sembrava che, poiché il carattere del partito bolscevico in primavera e all’inizio dell’estate del 1917 aveva contribuito in modo significativo alla débâcle di luglio, in particolare la sua tolleranza di divisioni programmatiche fondamentali e la sua struttura decentralizzata e la reattività allo stato d’animo popolare, la successiva ristrutturazione più in linea con il “modello leninista” tradizionalmente accettato poteva spiegare il suo rapido recupero e la capacità di prendere il potere. Questa supposizione si rivelò errata.
Al contrario, risultò che la continuata accettazione da parte del partito delle opinioni diverse accoppiata con il suo stile operativo relativamente aperto e democratico; la continua sensibilità del suo processo decisionale per i comportamenti di massa e la popolarità duratura del suo programma politico che rivendicava la pace immediata, la terra, e il pane, e il trasferimento del potere al Soviet multi-partititico in attesa della convocazione dell’Assemblea Costituente si rivelarono fondamentali per il suo successo nel mese di ottobre.
Permettetemi di illustrare questo punto chiave con un paio di esempi che vengono sviluppati e documentati in The Bolsheviks Come to Power. All’indomani degli eventi di luglio, Lenin perse ogni speranza che gli esistenti soviet controllati dai socialisti moderati potessero diventare organi rivoluzionari. Di conseguenza, da un nascondiglio nella campagna non lontano da Pietrogrado invocò la sostituzione della parola d’ordine “Tutto il potere ai Soviet”, con il nuovo squillo di tromba, “Tutto il potere alla classe operaia guidata dal suo partito, quello rivoluzionario comunista bolscevico”; il trasferimento del punto focale istituzionale del partito dai soviet ai comitati di fabbrica e la preparazione per una rivolta armata indipendente, non appena tale azione fosse fattibile. Tuttavia, questa linea fu efficacemente contrastata nelle importanti riunioni di partito a metà luglio dai bolscevichi moderati nel Comitato Centrale e, cosa non meno importante, da parte dei leader a tutti i livelli del partito di Pietrogrado che avevano accettato la visione teorica a più lungo termine di Lenin, ma erano profondamente consapevoli del perdurante attaccamento di operai, soldati e marinai ai loro soviet e, anzi, loro stessi conservavano fede nel potenziale rivoluzionario dei soviet. [4]
A dire il vero, al Sesto Congresso Panrusso del partito nel mese di agosto, a seguito di un aspro dibattito, lo slogan “Tutto il potere ai Soviet” fu ufficialmente ritirato. Ma il congresso riaffermò l’importanza centrale del lavoro rivoluzionario nei soviet. Alla fine di agosto, i bolscevichi nella città di Pietrogrado e la dirigenza sovietica nazionale furono fondamentali nello schierare le forze che posero fine al tentativo di colpo di stato di destra del generale Lavr Kornilov, dopo di che la reputazione del partito a livello popolare crebbe di nuovo. Lo slogan “Tutto il potere ai Soviet” veniva ora tranquillamente ripristinato. Inoltre, sulla base del caldo bagliore del loro ruolo centrale nel trionfo su Kornilov, i bolscevichi conquistarono la maggioranza nel Soviet di Pietrogrado. Anche se non fu evidente al tempo, questo fu un passo di fondamentale importanza nella conquista del potere del partito alla fine di ottobre. Circa due settimane più tardi, a metà settembre, Lenin improvvisamente abbandonò un breve ritorno alla linea tattica moderata che aveva tracciato tra aprile e luglio e in due lettere urgenti chiese ai suoi compagni di Pietrogrado di organizzare il rovesciamento del governo provvisorio subito! L’estrema impazienza di Lenin di impadronirsi del potere senza indugio in quel momento sembra sia stata innescata da fattori quali la forte posizione dell’estrema sinistra in Finlandia, la conquista del sostegno al programma bolscevico della maggioranza nei Soviet di Pietrogrado e di Mosca così come in un certo numero dei soviet regionali, la massiccia espansione della turbolenza tra i contadini russi in campagna e tra i soldati al fronte e, forse cosa più importante di tutte, i segni di agitazione rivoluzionaria nella flotta tedesca. [5] Quest’ultimo fattore fu particolarmente importante a causa della ferma convinzione di Lenin che una rivoluzione socialista nella Russia arretrata avrebbe innescato rivoluzioni socialiste decisive nei paesi più avanzati e, inoltre, che questi ultimi erano assolutamente essenziali per la sopravvivenza rivoluzionaria della Russia. Le lettere di Lenin di metà settembre, come le sue Tesi di Aprile, ebbero l’effetto estremamente significativo di rifocalizzare il pensiero della dirigenza del partito bolscevico di Pietrogrado verso sinistra, verso la precoce rimozione del governo provvisorio, se non la presa indipendente del potere. In questo senso, l’immensa importanza storica della sua direzione è stata riconfermata. Nel breve periodo, tuttavia, le sue richieste tattiche furono messe da parte dai membri del Comitato Centrale allora a Pietrogrado e più in sintonia di Lenin con i limiti del sostegno per i bolscevichi e con il forte attaccamento di operai, soldati e marinai di Pietrogrado a un potere esclusivamente socialista multi-partitico esercitato attraverso soviet democratici. Sotto la guida del Comitato centrale, il partito continuò a partecipare alla cosiddetta Conferenza Democratica dello Stato, fiducioso che avrebbe anticipato la rivoluzione. [6] (Tra parentesi, dovrei dire che nel corso degli anni, ho soppesato la questione se i bolscevichi avrebbero potuto prendere il potere a metà settembre un’infinità di volte e ogni volta ho concluso che se avessero provato, avrebbero subito una sconfitta ancora maggiore di quella che essi subirono nel mese di luglio. Chiaramente che il partito non tentò di prendere il potere prematuramente e che, in precedenza, non abbandonò i soviet, fu dovuto proprio al fatto che non era strutturato secondo il monolitico modello leninista tradizionalmente accettato). Durante la seconda metà del mese di settembre, Lenin viveva in clandestinità a Vyborg, in Finlandia. Alla fine del mese, si trasferì in un appartamento segreto nella periferia nord di Pietrogrado. Da questi nascondigli, nei messaggi sempre più insistenti agli organismi dirigenti del partito così come nei saggi destinati alla pubblicazione sulla stampa di partito, implorava i suoi compagni a Pietrogrado di rovesciare il governo provvisorio senza ulteriori indugi.
Tuttavia, le sue preghiere e la rabbia crescente furono diligentemente ignorate.
In seguito al fallimento della Conferenza Democratica dello Stato nel prendere nelle proprie mani la formazione di un nuovo governo, esclusivamente socialista, il Comitato Esecutivo Centrale Panrusso dei Soviet degli operai e dei soldati, pungolato dai bolscevichi, aveva incontrato i delegati alla Conferenza democratica dello Stato provenienti dalle province, e aveva programmato un secondo Congresso nazionale russo dei soviet per il 20 ottobre (poi rinviato al 25 ottobre), per decidere su una sostituzione del nuovo governo provvisorio. Per quanto riguarda i bolscevichi, la risposta alla domanda se avrebbero cercato di utilizzare il congresso sovietico per costruire una più ampia, completa alleanza di “gruppi democratici” che si sarebbe limitata a formare un governo di transizione, comprensivo di una coalizione completamente socialista in attesa della convocazione anticipata dell’Assemblea Costituente – obiettivo dei partiti moderati – o se il loro obiettivo al congresso sarebbe stato il trasferimento dei poteri ad un governo esclusivamente sovietico di estrema sinistra impegnato per la pace immediata e un programma radicale di cambiamento sociale clamoroso a livello internazionale – l’obiettivo dei “leninisti in spirito” come Trotsky – fu lasciata a un congresso di emergenza del partito nazionale fissato per il 17 ottobre.[7] Per il momento, l’intera leadership bolscevica, di concerto con i socialisti rivoluzionari di sinistra, i menscevichi-internazionalisti, e altri gruppi socialisti di sinistra, mantenne una linea stabile volta a facilitare la creazione di un governo socialista omogeneo al congresso sovietico mentre si usavano tutte le opportunità per minare l’autorità del governo provvisorio in modo pacifico. Il 10 ottobre, una settimana prima del congresso del partito in programma, Lenin avanzò la sua posizione per l’organizzazione immediata della presa del potere in una riunione cospirativa del Comitato Centrale. Al suo termine, 10 dei 12 membri, (tutti tranne Kamenev e Zinoviev) votarono a favore del mettere “all’ordine del giorno” un’insurrezione armata, anticipando di fatto il congresso del Partito che non si tenne mai. Eppure, nonostante questa luce verde per l’organizzazione di una rivolta armata, poco fu fatto per raggiungere questo obiettivo per quasi tre settimane. C’erano diverse ragioni per questo. In primo luogo i leader moderati del partito, come Kamenev e Zinoviev, fecero tutto il possibile per impedire l’avvio di una rivolta armata nella certezza che un assalto diretto al governo organizzato dal partito prima dell’imminente Congresso panrusso dei Soviet sarebbe stato disastroso e, inoltre, che la maggioranza dei dirigenti del partito a livello nazionale condividessero le loro opinioni. [8] A lavorare contro l’attuazione della risoluzione del 10 ottobre del Comitato centrale furono anche le riserve sul cercare di organizzare una rivolta armata prima del Congresso dei Soviet da parte dei membri del Comitato Centrale, come Trotsky e i capi di partito di tendenza radicale di Pietrogrado, che non erano meno attratti di Lenin dall’idea di una prima rivoluzione socialista in Russia come la scintilla che avrebbe innescato rivoluzioni socialiste in tutto il mondo. Tuttavia, nonostante queste riserve, in risposta alla decisione del 10 ottobre del Comitato centrale, i leader bolscevichi di Pietrogrado seriamente esplorarono le possibilità di rovesciare il governo provvisorio subito e convocarono importanti riunioni strategiche a questo scopo. Questi sondaggi, tuttavia, li costrinsero a concludere che il partito era tecnicamente impreparato per avviare un’immediata insurrezione armata classica e, in ogni caso, che i lavoratori, soldati e marinai in generale non sarebbero stati sensibili ad un appello a un’insurrezione prima del Congresso dei Soviet. Inoltre dovettero riconoscere una realtà che i bolscevichi moderati sottolineavano con forza particolare, vale a dire che usurpando le prerogative del Congresso dei Soviet avrebbero messo a repentaglio le possibilità di collaborazione con importanti alleati come i socialisti rivoluzionari di sinistra e i menscevichi-internazionalisti. Inoltre, rischiavano di perdere il sostegno in organizzazioni di massa come i sindacati, i comitati di fabbrica e i soviet della città di Pietrogrado e distrettuali. La cosa più inquietante di tutte, avrebbero accresciuto il rischio di opposizione da parte delle truppe del vicino fronte settentrionale. Di conseguenza, per fini pratici la direzione bolscevica a Pietrogrado perseguì una strategia difensiva basata sui principi che i Soviet o i loro uffici, e non gli organi di partito, dovevano essere impiegati per il rovesciamento del governo provvisorio; che, al fine di mantenere il più ampio sostegno possibile, qualsiasi attacco contro il governo dovesse essere limitato ad azioni che potevano essere giustificate in termini di difesa dei soviet; che per minare la potenziale resistenza e aumentare la possibilità di successo, ogni opportunità doveva essere utilizzata per sovvertire l’autorità del governo provvisorio pacificamente; e che la rimozione formale del governo esistente doveva essere collegata con e legittimata dalle decisioni del II Congresso panrusso dei Soviet. Nel complesso, questa strategia fu una risposta naturale e realistica alla situazione, accettata da moderati e leninisti allo stesso modo, anche se ovviamente per motivi diversi. In sostanza, si trattava di un’estensione del metodo adottato in seguito alla Conferenza democratica dello Stato solo che ora, in particolare tra il 21 e il 24 ottobre, fu perseguito molto più aggressivamente. Nella stampa del partito e nelle grandi manifestazioni pubbliche, la direzione bolscevica a Pietrogrado, con il leggendario Trotsky in primo piano, attaccava le politiche del governo e rafforzava il sostegno popolare per la sua rimozione nell’imminente congresso sovietico nazionale. Allo stesso tempo, usando come giustificazione l’intenzione annunciata dal governo provvisorio di trasferire il grosso della guarnigione di Pietrogrado al fronte, e presentando le sue azioni come misure difensive contro la controrivoluzione, il Comitato Militare Rivoluzionario (CMR) dominato dai bolscevichi, istituito dal Soviet di Pietrogrado il 9 ottobre per monitorare le disposizioni delle truppe del governo, prese il controllo della maggior parte delle unità militari di stanza a Pietrogrado. In risposta, la mattina presto del 24 ottobre, un giorno prima dell’apertura del Secondo Congresso panrusso dei Soviet, la grande maggioranza dei quali era pronta a votare a favore della formazione di un governo sovietico esclusivamente socialista, Kerensky tentò di mettere un freno alla sinistra. Il CMR rispose con contromisure decisive, tutte giustificate in nome della difesa, lasciando il governo provvisorio isolato e assolutamente impotente nel Palazzo d’Inverno. Non fino a quando l’intervento personale di Lenin prima dell’alba del 25 ottobre, dopo che tutto questo era stato compiuto, diede inizio al tentativo unilaterale di rovesciare il governo provvisorio che stava chiedendo da ben più di un mese, e la notte seguente esso era finito. Ciò che viene comunemente ignorato nella letteratura storica attinente, tuttavia, è che solo dopo il successo della strategia “difensiva” iniziata a fine settembre, la risposta naturale, ma aggressiva di Kerensky all’usurpazione da parte del CMR dell’autorità di comando sulla guarnigione di Pietrogrado, e le contromisure di successo del CMR, fecero diventare fattibile l’assalto diretto di Lenin al governo provvisorio. Col senno di poi, è evidente che lo scopo fondamentale di Lenin nell’insistere sul rovesciamento violento del governo provvisorio prima dell’apertura del Congresso dei Soviet era quello di eliminare la possibilità che il congresso creasse una coalizione socialista in cui i socialisti moderati avrebbero avuto una significativa voce. Questa strategia riuscì brillantemente. Alla vigilia dell’apertura del congresso, prima dell’inizio delle operazioni militari aperte che culminò con l’arresto dei membri del governo provvisorio nel Palazzo d’Inverno, le affiliazioni politiche dei delegati che giungevano e le loro posizioni sulla questione del governo rendevano quasi certo che gli sforzi per stabilire un governo di transizione socialista democratico multi-partitico impegnato in un programma di pace e di riforma urgente in attesa della tempestiva convocazione dell’Assemblea Costituente avrebbero dato i loro frutti. Dopo gli eventi militari del 25 ottobre, questo spirito collaborativo di un ampio spettro di socialisti evaporò. Anche gli alleati più stretti dei bolscevichi, i socialisti rivoluzionari di sinistra, si sentirono traditi e temporaneamente rifiutarono di entrare in un nuovo governo sovietico, aprendo così la porta alla formazione di un gabinetto esclusivamente bolscevico, il Sovnarkom, guidato da Lenin.
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L’avvento al potere dei bolscevichi nell’ottobre del 1917, quindi, non può essere adeguatamente caratterizzato come niente più di un colpo di stato leninista di successo più di quanto la rivolta di luglio ne sia stato semplicemente uno senza successo. Sebbene non fossero rivolte armate classiche, l’onere della prova indica che entrambi erano espressioni genuinamente valide della diffusa disillusione tra le classi subalterne di Pietrogrado verso i risultati della rivoluzione di febbraio e della immensa attrazione popolare del programma bolscevico. Inoltre, entrambi erano attribuibili alle decisamente importanti ma spesso trascurate caratteristiche dell’organizzazione del partito bolscevico di Pietrogrado nel 1917 con risultati notevolmente differenti.
Ovviamente, è difficile far quadrare questa interpretazione con il sistema politico ultra-autoritario che emerse dalla Rivoluzione d’Ottobre, che è quello che mi ha spinto a continuare a studiarlo.
Il primo prodotto di questo nuovo progetto, che si è rivelato essere pieno di sorprese, come il mio lavoro sulla rivoluzione, è The Bolsheviks in Power: The First Year of Soviet Rule in Petrograd. In questo libro, il mio scopo principale è quello di chiarire le apparenti contraddizioni tra la mia visione del partito bolscevico e anche dei soviet nel 1917 come istituzioni strutturate relativamente democraticamente e le concezioni tradizionali di essi come rigorosamente autoritari all’indomani dell’ “Ottobre”. Io cerco di spiegare le dinamiche del modo in cui il partito e i soviet vennero ad essere strutturati e gestiti nel primo anno del governo sovietico a Pietrogrado. Per questo libro, l’apertura degli archivi storici russi durante l’era Gorbaciov è arrivato come una manna dal cielo inaspettata. Improvvisamente, ho potuto studiare dibattiti all’interno del partito sulla politica a tutti i livelli. In più, ho potuto esaminare i cambiamenti nel funzionamento interno degli organi di partito e dei soviet, dall’alto verso il basso, così come dei sindacati e, in misura limitata, anche di certe agenzie di sicurezza come la Ceka. Quello che ho scoperto fu che i bolscevichi salirono al potere non solo senza un retaggio autoritario, ma anche senza un piano o un’idea prestabilita di come dovessero governare. Piuttosto, i cambiamenti nella struttura e nel funzionamento del partito bolscevico e dei soviet di Pietrogrado, e il loro rapporto reciproco, erano parte di un processo graduale, determinato meno dall’ideologia che dall’impatto delle terribili e incessanti emergenze, durante le quali la prima preoccupazione del bolscevico era semplicemente come sopravvivere. (In effetti, questo fattore era così pervasivo nella nuova storia che dovevo raccontare che il mio titolo originale per The Bolsheviks in Power fu Il prezzo della sopravvivenza). Ad ogni modo, alla fine del primo anno del potere sovietico, questo processo di trasformazione era ben lungi dall’essere completo e, a mio avviso, non irreversibile – ed è la ragione per cui ora sto continuando la mia ricerca attraverso il 1919 e il 1920.
Note [1] Quattro moderati, Leo Kamenev, Viktor Nogin, Vladimir Miliutin, e Grigorii Fedorov erano membri del Comitato Centrale di nove uomini eletto dalla conferenza. 2] Cfr P. F. Kudelli, ed. Pervyi legal’ny Petersburgskii komitet bolshevikov v 1917 (Mosca-Leningrado, 1927). Per una più recente edizione, più completa, e notevolmente migliorata di questi protocolli vedere T. A. Abrosimova, T. P. Bondarevskaia, E. T. Leikina, e V. Iu. Cherniaev, EDS, Pervyi Petersburgskii Komitet RSDRP (b) v 1917 godu: Protokoly i Materialy zasedanii (San Pietroburgo, 2003). [3] Nel 1917, Nevskii era stato un leader di primo piano dell’organizzazione militare bolscevica. [4] Io ho in mente una conferenza di due giorni (13-14 luglio) dei principali bolscevichi di Pietrogrado e Mosca organizzata dal Comitato centrale del partito e l’ultima sessione della seconda Conferenza Cittadina dei bolscevichi di Pietrogrado (16 luglio), che era stata interrotta dalla rivolta di luglio. [5] Inoltre, evidentemente, a contribuire all’ impazienza di Lenin era l’ansia per il timore che il governo in qualche modo sgonfiasse la rivoluzione, eventualmente cedendo Pietrogrado ai tedeschi, e anche che se il partito ritardava la presa del potere avrebbe cominciato a perdere influenza tra le masse rivoluzionarie e a diventare incapace di fermare lo scivolamento della Russia nella completa anarchia. [6] I più completi resoconti giorno per giorno dei lavori della Conferenza democratica dello Stato possono essere trovati sulla Izvestiia, 15-21 settembre 1917. [7] Il fatto che un congresso del partito bolscevico fosse previsto per il 17 ottobre non è oggetto di contestazione. Tuttavia, le ricerche avviate dagli storici di Mosca in epoca tardo sovietica finora non sono riuscite a presentare documenti che chiariscano la dinamica della sua cancellazione. [8] Per una lunga lettera in cui Kamenev e Zinoviev riassumevano i loro punti di vista e che loro fecero circolare tra i leader bolscevichi l’11 ottobre vedere Institut marksizma-leninizma pri TsK KPSS, Protololy Tsentral’nogo komiteta RSDRP (b): Avgust 1917-fevral’ 1918 (Mosca, 1958), pp. 86–92. |