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15
Giugno 2016
Cos’ha detto Barack Obama dopo la strage di Orlando
Traduzione di Bruna Tortorella
Il 14 giugno, dopo la strage di Orlando, il presidente Barack Obama è intervenuto per condannare sia l’episodio sia le dichiarazioni del candidato repubblicano Donald Trump. Trump aveva accusato Obama di essere troppo morbido con i terroristi e aveva minacciato, se eletto, di fermare l’immigrazione dai paesi a rischio terrorismo.
Ecco alcuni passaggi del discorso di Obama.
Al momento non abbiamo alcuna informazione a conferma dell’ipotesi che un gruppo terroristico straniero abbia diretto l’attacco di Orlando. È sempre più chiaro, tuttavia, che l’assassino ha trovato informazioni e propaganda terroristica su internet. A quanto sembra, era un giovane disturbato, arrabbiato, instabile, che si è radicalizzato.
Come sappiamo fin troppo bene, gruppi terroristici come il gruppo Stato islamico (Is) invitano le persone ad attaccare civili innocenti qui negli Stati Uniti e in tutto il mondo. La loro propaganda, i loro video, i loro messaggi sono pervasivi e più facilmente accessibili di quanto vorremmo. L’attentatore di Orlando sembra aver assorbito po’ di quella propaganda, e nel momento della sua follia omicida, ha giurato fedeltà all’Is.
Come ho già detto in precedenza, è molto difficile individuare i lupi solitari come lui e le piccole cellule di terroristi e lo è ancora di più prevenire le loro azioni. Le nostre autorità, a tutti i livelli – federale, statale, locale, militare e civile – stanno facendo il possibile per fermare questo tipo di attacchi. Ma siamo tutti consapevoli del fatto che, nonostante il loro straordinario impegno, eventi come quello di Orlando possono accadere.
Come prima cosa, voglio ribadire il nostro obiettivo in questa lotta. La nostra missione è distruggere l’Is. Dall’ultima volta che ho aggiornato il popolo americano sulla nostra campagna, due mesi fa, abbiamo visto che rimane ancora una battaglia difficile, ma stiamo facendo progressi significativi. L’Is continua a perdere terreno in Iraq, in Siria e anche in Libia.
Qui in patria, se vogliamo veramente aiutare le forze dell’ordine a proteggere gli americani dagli estremisti cresciuti entro i nostri confini nazionali, dal tipo di tragedie che si sono verificate prima a San Bernardino e adesso a Orlando, c’è un modo importante per farlo. Dobbiamo rendere più difficile alle persone che vogliono uccidere gli americani mettere le mani su armi da guerra che gli consentono di togliere la vita a decine di innocenti. È vero che non possiamo impedire tutte le tragedie. Ma sappiamo che, in base al secondo emendamento, esistono misure di buon senso che potrebbero ridurre la violenza delle armi e la pericolosità di chi intende fare del male ad altre persone. Dobbiamo dare all’autorità competente le risorse necessarie per far rispettare le leggi sulle armi che già abbiamo.
Le persone con possibili legami con il terrorismo, che non sono autorizzate a salire su un aereo, non dovrebbero poter comprare armi. Smettiamola di dire che bisogna essere duri con i terroristi: per esserlo davvero dobbiamo smettere di rendere loro così facile comprare armi d’assalto. Dobbiamo ripristinare il divieto di venderle, rendere più difficile ai terroristi usare queste armi per ucciderci. In caso contrario, nonostante gli sforzi straordinari di tutto il nostro governo, delle forze dell’ordine locali, dei nostri servizi segreti, dei nostri militari, nonostante tutti i sacrifici delle persone comuni, questo tipo di eventi continuerà a verificarsi. E le armi diventeranno sempre più potenti.
Voglio dire anche un’altra cosa. Già da qualche tempo, il principale contributo che alcuni dei miei colleghi dell’opposizione hanno dato alla lotta all’Is è stato criticare questa amministrazione e me perché non usiamo l’espressione “estremismo islamico”. Questa è la chiave di tutto, ci dicono. Non possiamo battere i combattenti dell’Is se non li chiamiamo estremisti islamici. A cosa servirebbe esattamente usare questa etichetta? Che cosa cambierebbe? Renderebbe l’Is meno impegnato a cercare di uccidere gli americani? Ci porterebbe più alleati? Servirebbe a una qualche strategia militare? La risposta a tutte queste domande è no. Chiamare una minaccia con un nome diverso non la fa sparire. Questo è solo un elemento di distrazione.
Già prima che diventassi presidente, ho sempre detto chiaramente che penso che i gruppi estremisti abbiano stravolto l’islam per giustificare il terrorismo. Da quando sono presidente, ho invitato i nostri amici e alleati musulmani in patria e in tutto il mondo a lavorare con noi per respingere questa interpretazione distorta di una delle grandi religioni del mondo.
Se qualcuno insinua che noi e le migliaia di persone in tutto il paese e in tutto il mondo che lavorano per sconfiggere l’Is non stiamo prendendo sul serio questa battaglia, sarebbe una vera sorpresa per chi ha trascorso questi ultimi sette anni e mezzo a smantellare Al Qaeda, gli uomini e le donne in uniforme che hanno rischiato la loro vita e le forze speciali alle quali ho ordinato di catturare Osama bin Laden e che adesso sono sul campo in Iraq e in Siria. Loro conoscono la natura del nemico.
Il motivo per cui sono cauto nel descrivere questa minaccia non ha nulla a che fare con la correttezza politica e ha tutto a che fare con la vera sconfitta dell’estremismo. Gruppi come l’Is e Al Qaeda vogliono fare di questa guerra una guerra tra l’islam e l’America, o tra l’islam e l’occidente. Affermano di essere i veri leader di oltre un miliardo di musulmani di tutto il mondo che rifiutano le loro folli idee. Vogliono essere riconosciuti lasciando intendere che parlano per quel miliardo e più di persone, che parlano per l’islam. Questa è la loro propaganda, è così che reclutano adepti. E se cadiamo nella trappola di fare di tutti i musulmani un unico fascio e dire che siamo in guerra con un’intera religione, allora stiamo facendo il lavoro dei terroristi.
Finora questa storia delle etichette è stata per lo più semplice retorica di parte, e purtroppo, siamo tutti abituati a questo tipo di partigianeria, anche quando si tratta di lottare contro il terrorismo. Ma ora stiamo vedendo quanto possono essere pericolosi questo tipo di mentalità e questo modo di pensare.
Stiamo cominciando a vedere dove ci può portare questo genere di retorica e di approssimazione applicate proprio a chi stiamo combattendo. Adesso il probabile candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti propone di impedire a tutti i musulmani di emigrare in America. Sentiamo usare un linguaggio che fa distinzioni tra immigrati e lascia intendere che intere comunità religiose siano complici della violenza. Fino a che punto arriveremo? L’assassino di Orlando, uno degli assassini di San Bernardino, il killer di Fort Hood erano tutti cittadini statunitensi. Abbiamo intenzione di cominciare a trattare tutti gli americani musulmani in modo diverso dagli altri? Abbiamo intenzione di cominciare a sottoporli a una sorveglianza speciale? Abbiamo intenzione di cominciare a discriminarli a causa della loro fede?
Nel corso della campagna elettorale abbiamo sentito questi discorsi. I leader repubblicani sono veramente d’accordo? Perché questa non è l’America che vogliamo. Questa retorica non riflette i nostri ideali democratici. Non ci renderà più sicuri, ci renderà meno sicuri, confermando l’idea dell’Is che l’occidente odia i musulmani, dando ai giovani musulmani di questo paese e di tutto il mondo la sensazione che qualsiasi cosa facciano saranno sempre sospettati e sotto attacco. In questo modo i musulmani americani avranno la sensazione che il loro governo li stia tradendo. Questa retorica tradisce i valori stessi dell’America.
Nella nostra storia abbiamo attraversato momenti in cui abbiamo agito per paura, e poi ce ne siamo pentiti. Abbiamo visto il nostro governo maltrattare i nostri concittadini, e sono stati momenti vergognosi della nostra storia. Questo è un paese fondato sulle libertà fondamentali, compresa quella di religione. Non facciamo test religiosi a chi arriva. I nostri fondatori, la nostra costituzione, la nostra carta dei diritti, sono chiari su questo. E se abbandonassimo questi valori, non solo renderemmo molto più facile la nascita di estremisti qui e in tutto il mondo, ma tradiremmo proprio le cose che stiamo cercando di proteggere. Tradiremmo il pluralismo e l’apertura, il nostro stato di diritto, le nostre libertà civili, le cose stesse che fanno di questo un grande paese. Le cose stesse che ci rendono eccezionali. Allora i terroristi avrebbero vinto, e noi non possiamo permettere che questo accada. Io non lascerò che questo accada.
Due settimane fa ero alla cerimonia di inizio anno della Air force academy, e quello che ho visto non avrebbe potuto essere più stimolante. La cosa più stimolante di tutte era l’incredibile diversità di quei cadetti. I cadetti eterosessuali applaudivano i loro compagni apertamente gay. I cadetti nati qui negli Stati Uniti applaudivano i colleghi che sono immigrati e amano questo paese a tal punto da decidere di fare parte delle nostre forze armate. C’erano cadetti e famiglie di tutte le religioni applaudire cadetti orgogliosamente musulmani. Cadetti maschi applaudivano le loro compagne che adesso possono occupare posti di combattimento.
Questo è l’esercito americano. Questa è l’America. Un’unica squadra. Un’unica nazione. Questi sono i valori che l’Is sta cercando di distruggere, e non dovremmo aiutarlo. La nostra diversità e il nostro rispetto per l’altro, la nostra capacità di valorizzare il talento di tutti, il nostro assicurarci che tutti siano trattati con giustizia, che non siano giudicati in base alla loro fede, razza, etnia o al loro orientamento sessuale. È questo che rende grande in nostro paese. Questo è lo spirito che vediamo in Orlando. Queste sono l’unità e la determinazione che ci permetteranno di sconfiggere l’Is. Questo è ciò che preserverà i valori e gli ideali che ci definiscono. È così che difenderemo questa nazione, ed è così che difenderemo il nostro stile di vita.