http://www.voltairenet.org 19 gennaio 2016
Obama: La mia lotta di Thierry Meyssan Traduzione di Matzu Yagi e Pier Francesco De Iulio
L’ultimo discorso sullo stato dell’Unione, pronunciato il 13 gennaio dal presidente Obama, era destinato principalmente a scrivere la sua propria storia nell’immaginario dei suoi concittadini [1]. A parte un paio di allusioni al pericolo rappresentato dagli eccessi del candidato repubblicano Donald Trump, il discorso è stato un lungo panegirico della supremazia del suo paese e si è concluso con una proposta di riforma della vita politica tanto necessaria quanto inapplicabile.
"La più forte economia del mondo" Barack Obama ha iniziato affermando che: «Gli Stati Uniti d’America di oggi hanno l’economia più forte e più sostenibile del mondo». [2] Quel che non ha detto, come afferma il FMI, è che gli Stati Uniti in realtà hanno sì il più grande prodotto interno lordo nominale, ma vengono solo al secondo posto se si considera il PIL in relazione al potere d’acquisto, vale a dire se smettiamo di contare in dollari e iniziamo a confrontare ciò che è comparabile. Di fatto, la più grande economia del mondo non sono più gli Stati Uniti ma la Cina. Mentre negava questa realtà, il presidente ha ammesso che molto rimaneva da fare per ridistribuire meglio la ricchezza. Nel suo rapporto, pubblicato ogni tre anni e reso pubblico lo scorso settembre, la Federal Reserve rileva che il reddito medio è diminuito del 5%. In altre parole, se i super-ricchi stanno diventando sempre più ricchi, gli statunitensi in generale non lo sono. Le disuguaglianze sono diventate tali che il 3% della popolazione possiede più della metà della ricchezza, il 7% ne ha il quarto successivo e il 90% l’ultimo quarto. In seguito alla crisi finanziaria del 2008-2009, questo 90% della popolazione è tornato in termini patrimoniali a ciò che possedeva nel 1986 quando, durante lo stesso periodo, i cinesi hanno moltiplicato svariate volte la loro ricchezza. Per dimostrare l’ottima salute dell’industria americana, il presidente ha sottolineato che quest’anno è stato il migliore per il settore automobilistico. Tralasciando il fatto che ancora non conosciamo le cifre esatte, se ci riferiamo ai dati disponibili, il più grande produttore al mondo non è statunitense ma giapponese. Sia in termini di numero di auto vendute e soprattutto in termini di fatturato e profitti, è di gran lunga la Toyota. In realtà, la maggior parte dei redditi degli Stati Uniti non viene da ciò che producono, ma dai diritti d’autore sui brevetti che hanno acquistato. Si tratta dunque di redditi che tutti trovano oggi legittimo riconoscergli, attraverso l’Organizzazione mondiale del commercio, ma che non esistevano prima e forse non esisteranno più domani. Dopo aver citato a suo favore alcuni degli argomenti del movimento Occupy Wall Street, il presidente non ha annunciato alcuna misura correttiva di queste disuguaglianze, ma soltanto alcuni provvedimenti per sanare alcune ferite. Poi ha improvvisamente cambiato argomento per ricordare il suo piano di ricerca contro il cancro e il suo sostegno alla Conferenza delle Nazioni Unite «sul clima». E avendo «confutato» i teorici del declino economico, il presidente Obama ha affrontato il cuore del suo discorso: la supremazia militare degli Stati Uniti sul resto del mondo. Non mi sbaglio se dico che questa è la prima volta, dopo Adolf Hitler e Tojo Hideki, che un tale argomento viene affrontato all’interno di un discorso di un capo di Stato o di governo.
L’esercito «più potente della Terra» «Vi è stato detto che i nostri nemici diventano più forti e l’America [da intendere i soli Stati Uniti] più debole. Lasciate che vi dica una cosa. Gli Stati Uniti sono la nazione più potente della Terra. Punto e basta. (Applausi.) Punto e basta. Nessuno gli si avvicina. Nessuno gli si avvicina. (Applausi.) Nessuno gli si avvicina. Spendiamo di più per i nostri militari che gli otto successivi paesi messi insieme. Le nostre truppe formano la più bella forza di combattimento della storia mondiale. (Applausi.) Nessuna nazione osa attaccarci direttamente, né attaccare i nostri alleati, perché sanno che questo percorso li condurrà alla loro rovina. Delle indagini dimostrano che la nostra posizione nel mondo è superiore rispetto a quando sono stato eletto a questa carica, e quando si va a trattare di qualsiasi grave problema internazionale, le persone non guardano verso Pechino né verso Mosca per guidarle. Chiamano noi. (Applausi.) [3] Prima osservazione. Il Premio Nobel per la Pace non cerca di magnificare il fatto che il suo esercito sarebbe in grado di difendere il suo paese, ma che è talmente superiore agli altri che il mondo intero si rivolge a Washington. In altre parole, egli ammette che l’autorità del suo paese non proviene dalla sue capacità, ma dal timore che esso ispira. Seconda osservazione. Obama misura la sua «leadership» sulla base del fatto che nei sondaggi, di cui non indica gli autori, la posizione del suo paese nel mondo è superiore rispetto a quando fu eletto. In particolare, questo argomento non fa riferimento all’autorità naturale del suo paese, ma al suo dominio sugli altri. Questa è una caratteristica del pensiero politico degli Stati Uniti. I valori difesi da Washington non sono la vita, la libertà e la felicità, secondo il dettato della Dichiarazione d’Indipendenza, ma la superiorità sugli altri. Nel suo famoso rapporto del 1991, sugli obiettivi strategici degli Stati Uniti in un mondo senza l’Unione Sovietica, Paul Wolfowitz puntava, per mantenere la superiorità del momento, a indebolire gli alleati, compresa l’Unione europea, lasciando che a indebolirsi fossero essi stessi. Nei fatti, oggi, il ruolo delle forze armate degli Stati Uniti non è quello di difendere gli interessi del popolo americano, bensì di evitare che altre nazioni si sviluppino più velocemente di loro. Ciò è evidente in Medio Oriente, ma è la stessa cosa nel resto del mondo. Terza considerazione. Come la maggior parte dei suoi concittadini, Barack Obama pensa che il denaro possa comprare tutto. Aveva dichiarato poco prima che l’investimento finanziario pubblico per la ricerca contro il cancro potrebbe permettere di sconfiggere questa malattia. Come se si potesse provocare la scintilla del genio tra i ricercatori con i dollari. Per quanto riguarda le forze armate, ha detto che il loro bilancio di spesa è senza dubbio il più rilevante. In tal modo, è diventato il primo comandante in capo ad affermare che il valore e il coraggio dei suoi soldati è una questione di dollari. Dalle guerre persiane che hanno visto alcuni popoli greci vincere sugli eserciti dieci e venti volte superiori in numero e in equipaggiamento degli imperatori Dario e Serse – fino alla disfatta di Tsahal, l’esercito più sofisticato del mondo, sostenuto dalla logistica degli Stati Uniti, la più potente del mondo, da parte di alcuni gruppi armati di Hezbollah, sostenuti da Siria e Iran - sappiamo che la volontà e il coraggio degli uomini contano più dei budget più faraonici. Quarta considerazione. Il riferimento alla Russia e la Cina cerca di mascherare male la qualità e la forza delle industrie militari di tali Stati. Ognuno può constatare oggi, a Kaliningrad nel Mar Nero e in Siria, che le forze NATO sono sopraffatte dalla tecnologia russa. In caso di guerra convenzionale contro la NATO, non c’è dubbio che la Russia vincerebbe rapidamente. Il rallentamento dell’industria degli Stati Uniti è particolarmente visibile nel settore aeronautico. Il Pentagono annuncia da quasi 20 anni l’imminente produzione dell’ F-35, un velivolo multiruolo in grado di sostituirsi a quasi tutti gli aerei militari attuali. Non solo la sua produzione è molto lontana, ma mentre gl’ingegneri statunitensi ridisegnavano per l’ennesima volta i loro piani, la Russia ha prodotto il Sukhoi Su-35, un aereo di un’agilità senza precedenti, e la Cina il Chengdu J 10B, un aereo capace di rendersi invisibile più di qualsiasi altro. Gli Stati Uniti hanno certamente una capacità produttiva senza pari, ma il loro equipaggiamento convenzionale è in gran parte obsoleto e può impressionare soltanto i piccoli Stati. Dopo queste spacconate, il presidente Obama ha denunciato il pericolo del terrorismo e ha sostenuto che stava combattendo sia Al-Qa’ida sia Daesh. E per dimostrare il suo impegno a coloro che sono rimasti sorpresi dall’evidente inefficacia della Coalizione anti-Daesh, ha dichiarato: «Se avete dei dubbi sull’impegno dell’America [da intendere i soli Stati Uniti], o del mio, di fare giustizia, domandatelo a Osama bin Laden. (Applausi) [...] Se ve la prendete con gli americani [s’intende gli statunitensi], noi ce la prendiamo con voi. (Applausi) Questa operazione può richiedere tempo, ma abbiamo la memoria lunga, e niente è fuori della nostra portata. (Applausi)» [4]. Un argomento che convincerà solo coloro che sono stati già convinti dell’uccisione di Osama bin Laden da parte dei Seals, in Pakistan, nel 2011. Vale a dire non molte persone.
Gli altri sono inutili Nell’affrontare l’attuale equilibrio mondiale, Obama ha proseguito così: «Il Medio Oriente sta attraversando una trasformazione che, dato il radicamento di conflitti che datano da più millenni, durerà una generazione. Delle difficoltà economiche soffiano sull’economia cinese in fase di transizione. Sebbene la sua economia si contragga gravemente, la Russia utilizza le sue risorse per sostenere l’Ucraina e la Siria; Stati-clienti che stava vedendo scivolare fuori dalla sua orbita. E il sistema internazionale che abbiamo costruito dopo la Seconda guerra mondiale ora fatica a tenere il passo di questa nuova realtà». [5]. Nessuno saprebbe dire quali siano questi «conflitti che datano da più millenni» che hanno scosso il Medio Oriente. In realtà, sin da Jimmy Carter, Washington sta facendo tutto il possibile per spaccare gli Stati che si sviluppano, affidandosi su coloro che si rallegrano della propria ignoranza come l’Arabia Saudita. Ma la formula permette di giustificare il caos e rinviare la soluzione del problema alla generazione successiva. L’economia cinese è certamente in transizione, ma come quella degli Stati Uniti che va dalla crescita alla depressione. Il calo attuale delle borse cinesi non rispecchia la realtà economica. In primo luogo perché le principali società cinesi sono o pubbliche, o quotate nelle borse occidentali, e in secondo luogo perché si tira fuori dalla guerra tra lo yuan e lo yen. La svalutazione della moneta giapponese pianificata da Shinzo Abe spinge la Cina a svalutare la propria moneta. La contrazione dell’economia russa non proviene da debolezze intrinseche, ma è la conseguenza dell’embargo occidentale; un embargo che ha costretto Mosca a svilupparsi verso l’Oriente, cosa che aveva a lungo desiderato, ma senza riuscirci. D’altronde pretendere che l’Ucraina e la Siria fossero degli Stati-clienti è ridicolo, poiché il governo di Viktor Yanukovich non era filo-russo, sebbene non fosse neanche anti-russo. Per quanto riguarda la Siria, aveva cessato la maggior parte delle sue relazioni con Mosca dopo il crollo dell’Urss e non era riuscita a rilanciarle nel 2007. Il ricorso a simili menzogne mira unicamente a mascherare una sconfitta: è irrilevante il fatto che la Crimea e la Siria siano diventate russe o filo-russe, dato che era sempre stato così. Infine, dopo aver affermato che gli altri Stati non valgono nulla rispetto al suo, il presidente Obama ha lamentato che le Nazioni Unite faticavano ad adattarsi, senza specificare a che cosa dovessero adattarsi. Certamente si riferiva al fatto che l’Onu, sotto la guida di Ban Ki-moon e Jeffrey Feltman, non solo non agisce più in favore della pace, ma organizza la guerra, come si è visto in Siria dal 2012. Pertanto, molti Stati cercano di fondare istituzioni alternative. Già ora, i paesi BRICS hanno creato un sistema bancario alternativo, a margine del FMI e della Banca mondiale. Una dopo l’altra, tutte le istituzioni che Washington ha fondato saranno soggette alla concorrenza di nuove istituzioni da cui è esclusa. Per terminare il suo discorso, Barack Obama ha chiesto una riforma del Congresso che lo liberi dal finanziamento delle lobby. Questo è un tema popolare in un paese dove appena il 3% della popolazione si considera democraticamente rappresentato dal Parlamento. Ma è chiaro che il presidente non farà nulla per rendere questo pio desiderio una realtà. Ha detto questo solo per convincere i suoi concittadini a mantenere la fiducia nel suo regime. Durante il suo discorso, meno della metà dei parlamentari lo ha applaudito.
Note [1] “Obama’s final State of the Union Address”, by Barack Obama, Voltaire Network, 13 January 2016. [2] “The United States of America, right now, has the strongest, most durable economy in the world”. [3] “Well, so is all the rhetoric you hear about our enemies getting stronger and America getting weaker. Let me tell you something. The United States of America is the most powerful nation on Earth. Period. (Applause.) Period. It’s not even close. It’s not even close. (Applause.) It’s not even close. We spend more on our military than the next eight nations combined. Our troops are the finest fighting force in the history of the world. (Applause.) No nation attacks us directly, or our allies, because they know that’s the path to ruin. Surveys show our standing around the world is higher than when I was elected to this office, and when it comes to every important international issue, people of the world do not look to Beijing or Moscow to lead — they call us. (Applause.)” [4] “If you doubt America’s commitment — or mine — to see that justice is done, just ask Osama bin Laden. (Applause.) […] When you come after Americans, we go after you. (Applause.) And it may take time, but we have long memories, and our reach has no limits. (Applause.).” [5] “The Middle East is going through a transformation that will play out for a generation, rooted in conflicts that date back millennia. Economic headwinds are blowing in from a Chinese economy that is in significant transition. Even as their economy severely contracts, Russia is pouring resources in to prop up Ukraine and Syria — client states that they saw slipping away from their orbit. And the international system we built after World War II is now struggling to keep pace with this new reality”. |