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10 novembre 2016

 

Trump: Nato, Russia, Ttip… saltano gli schemi geopolitici. E l’Ue è chiamata a maggiore responsabilità

di Enrico Oliari

 

Si intensificano le proteste negli Usa contro il neo-presidente Donald Trump, con manifestazioni e cortei spontanei un po’ ovunque, specialmente nelle roccaforti democratiche come New York: nella maggior parte dei casi si è trattato di eventi pacifici, con cartelli “Love Trumps Hate” (“L’amore vince sull’odio”) e “Trump Grabbed America by the Pussy” (parafrasi volgare di una frase tratta dalle registrazioni di Trump), ma gli agenti hanno effettuato una quindicina di arresti a Los Angeles per azioni violente e contro il patrimonio.

A Chicago i manifestanti si sono radunati attorno alla Trump Tower ed hanno bloccato le strade del centro, mandando in tilt il traffico, mentre a Oakland c’è stato un ferito: ovunque lo slogan è stato “Not my president!”.

A Tunisi un cittadino del luogo si è arrampicato sulla centralissima Torre dell’Orologio, alta 32 metri, per urlare “Ridateci Obama!”.

Andando su un piano più prettamente geopolitico, ci sono da segnalare le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin, il quale da subito si è congratulato (come di prassi) con il neoeletto Trump augurandosi che i “rapporti russo-americani possano uscire dalla crisi” e dicendosi “sicuro” che il dialogo fra Mosca e Washington, basato sul rispetto reciproco, possa rispondere “agli interessi dei due Paesi”.

Ed anche oggi, nel giorno in cui il presidente in carica Barak Obama incontra il suo successore per l’inizio della fase di transizione, a far parlare negli ambienti delle diplomazie di mezzo mondo è il possibile rapporto che si potrà venire a creare tra la Russia e gli Stati Uniti di Donald Trump, e carne al fuoco ce n’è molta.

Solo di recente, giusto per fare un esempio, l’amministrazione Obama aveva deciso di introdurre nuove sanzioni alla Russia per i bombardamenti sulla parte orientale di Aleppo, la zona della città siriana in mano ai ribelli e ai qaedisti loro alleati, ed al rifiuto dell’Unione Europea di fare altrettanto (Matteo Renzi aveva affermato che “Bisogna fare tutte le pressioni possibili perché si faccia un accordo in Siria, ma è difficile che questo abbia a che vedere con ulteriori sanzioni alla Russia”), Washington aveva deciso di spedire a Roma, Berlino e Parigi Adam Szubin, sottosegretario al Tesoro con delega all’intelligence per terrorismo e questioni finanziarie, al fine di fare pressioni per “rafforzare la portata delle sanzioni Usa”. Tradotto, per richiamare all’obbedienza un’Europa che già soffre per le sanzioni a Mosca.

 

Quell’auspicio a “risolvere le più pressanti questioni internazionali e a dare risposte concrete alle sfide della sicurezza globale”, riportato nel telegramma di auguri spedito da Putin a Trump, suona come una mano tesa, ma prima di intravvedervi una soave proposta di pace viene ad essere necessario pesarne il prezzo.

In agosto, quando Trump aveva affermato che “Avere un miglior rapporto con la Russia è una buona cosa, non una cattiva cosa” e quando aveva attribuito la responsabilità per il “caos” nell’est dell’Europa al presidente Barack Obama, si era anche detto pronto a riconoscere l’annessione della Crimea da parte della Russia per evitare la terza guerra mondiale. Va ricordato che la penisola della Crimea è stata annessa unilateralmente dalla Russia al proprio territorio, in barba al diritto internazionale, e che la cosa potrebbe creare un grave precedente.

Il Trump-pensiero è chiaro anche in tema di Nato, per cui “Spendiamo una fortuna per i militari per perdere 800 miliardi di dollari” in perdite commerciali globali, “Non mi pare una cosa molto intelligente”: il senso è che se i paesi vogliono l’intervento Usa per le loro crisi regionali, devono pagarselo.

Tuttavia a saltare potrebbero – stando a quanto ha affermato nel corso della campagna elettorale – i trattati commerciali delle macroaree, come il Nafta (North American Free Trade Agreement), area di libero scambio che interessa Messico, Usa e Canada, il Tpp (Trans Pacific Partnership), area attivata con dodici Paesi affacciati sull’Oceano Pacifico con l’esclusione della Cina, e il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership), non ancora in essere e che interesserebbe gli Usa e l’Ue: lo scopo di Trump è quello di proteggere l’economia e il lavoro negli Stati Uniti, bastonando duramente con i dazi gli imprenditori statunitensi che delocalizzano all’estero.

Siamo davanti ad una rivoluzione geopolitica e geoeconomica? Sarà il tempo a dirlo.

Quel che è certo, è che le premesse offerte da Donald Trump chiamano l’Unione Europea ad una maggiore autonomia decisionale in ogni ambito, una responsabilità che a Bruxelles non tutti vogliono o sono in grado di avere.

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