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Fonte: https://mcc43.wordpress.com/
http://www.infopal.it/
29/12/2016
L’Onu e la lezione che Israele rifiuta di apprendere
Nel rispetto dell’Articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio di Sicurezza
1. afferma che l’adempimento dei principi della Carta richiede l’instaurazione di una pace giusta e duratura in Medio Oriente, che dovrebbe comprendere l’applicazione di entrambi i seguenti principi:
(I) ritiro delle forze armate di Israele dai territori occupati nel recente conflitto.
(Ii) Cessazione di tutte le rivendicazioni o stati di belligeranza, il riconoscimento e il rispetto della sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di ogni Stato della regione e il loro diritto di vivere in pace liberi da minacce o atti di forza entro confini sicuri e riconosciuti.
Quanto sopra è scritto nella Risoluzione ONU numero 242 del 22.11.1967 e compare nell’incipit della Risoluzione numero 2334 del 23.12.2016, che tanto scompiglio sta portando nelle relazioni del governo israeliano con l’amministrazione americana e con i 14 stati che l’hanno votata nel Consiglio di Sicurezza.
La Risoluzione 242 affermava esplicitamente l’inammissibilità dell’acquisizione di territori per mezzo della guerra; venne accettata nominalmente da Israele ma dilazionata nel tempo con la condizione ” il ritiro sarà discusso con i paesi arabi”.
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Venne rifiutata dall’OLP, Organizzazione per la Liberazione della Palestina, con la motivazione “riduce i Palestinesi a una semplice questione di Rifugiati”. In tutto il documento, infatti, gli Arabi di Palestina, o Palestinesi, non vengono mai citati.
Sebbene importante, la 242 del 1967 abbandonava il dettato originario della Risoluzione numero 181 del 1947 che regolava la questione del “futuro governo della Palestina” indicando per il territorio “il piano di partizione con unione economica”.
Attribuiva a Gerusalemme status internazionale sotto amministrazione Onu, disponendo per i gerosolimitani:
“Arabi ed Ebrei che risiedono nella città di Gerusalemme, che hanno firmato una dichiarazione di intenzione di diventare cittadini, gli Arabi dello Stato arabo e gli Ebrei dello Stato ebraico, hanno il diritto di voto nello Stato arabo ed ebreo, rispettivamente.”
Risoluzione 2334:
“Il Consiglio di Sicurezza, Ribadendo le sue risoluzioni pertinenti, tra cui le risoluzioni 242 (1967), 338 (1973), 446 (1979), 452 (1979), 465 (1980), 476 (1980), 478 (1980) 1397 (2002),1515 (2003), e 1850 (2008), guidato dai fini e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, e ribadendo, tra l’altro, l’inammissibilità dell’acquisizione di territorio per mezzo della forza”
elenca varie riaffermazioni e sollecitazioni, nonché:
“1. ribadisce che l’istituzione da parte di Israele di insediamenti nei territori palestinesi occupati dal 1967, compresa Gerusalemme Est, non ha alcun valore legale e costituisce una flagrante violazione ai sensi del diritto internazionale e uno dei principali ostacoli al raggiungimento della soluzione dei due Stati e una pace giusta, duratura e globale;
2. ribadisce la richiesta che Israele immediatamente e completamente cessi tutte le attività di insediamento nel territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme Est, e che rispetti pienamente tutti gli obblighi di legge in materia;
3. sottolinea che non riconoscerà alcuna modifica alle linee del 4 giugno del 1967, anche per quanto riguarda Gerusalemme, diverse da quelle concordate tra le parti attraverso i negoziati;
Il contenuto di questa Risoluzione è un monumento alla strategia temporeggiatrice finora messa in atto da Israele e all’inanità del Consiglio di Sicurezza nell’ottenere da Israele l’applicazione del principio che nessuno stato ricavi vantaggi dall’aver condotto una guerra.
La mozione sugli Insediamenti era di fonte egiziana; su pressione di Tel Aviv dal Cairo avevano chiesto lo slittamento della messa in votazione, Venezuela Malesia Senegal e Nuova Zelanda l’hanno immediatamente ripresentata. Dopo il voto unanime, 14 paesi e la storica astensione degli Usa, le reazioni di Israele sono state più emotive che diplomatiche.
Netanyhau ha convocato gli ambasciatori dei 14 stati che l’hanno approvata.
Avigdor Liebermann ha svoltato verso l’antisemitismo ricordando il processo Dreyfuss “Con una differenza: invece di un solo ebreo, c’è l’intero Stato ebraico”.
Dani Dayan, ex presidente del Consiglio per le Colonie, ha minacciato “Finita l’era nella quale i quali paesi beneficiano del know-how israeliano nell’alta tecnologia, nella sicurezza e così via, nonché dal prestigio di una visita in Israele e del coinvolgimento nel Medio Oriente senza ripagare in campo diplomatico”. Gli hanno risposto prontamente da Haaretz che i paesi stranieri non “beneficiano ” del know-how israeliano, ma lo comprano con soldi reali, e che Israele ne ha ricavato 92 miliardi di $ nel 2015; punire il mondo smettendo di vendere farebbe collassare l’economia israeliana. Inoltre, significa ignorare che questo know-how israeliano si basa su denaro straniero: le industrie della difesa hanno beneficiato per decenni di aiuti militari degli Stati Uniti, l’high-tech israeliano poggia in parte su investimenti dai fondi pensione americani e le azioni delle aziende israeliane sono nelle mani delle multinazionali, miliardi che entrano nella casse di Israele.
Al cuore della questione, tuttavia, non ci sono le Colonie, ma l’avvicendamento alla presidenza degli Stati Uniti.
Da Donald Trump, che molto si sta spendendo in favore di Israele, arrivando a promettere lo spostamento dell’Ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, è venuta una chiara minaccia all’Onu.
L’astensione voluta da Barak Obama è vista come una mossa che intende impedire l’affossamento della soluzione dei due stati, come precedenti dichiarazioni di Trump fanno temere.
Uno strano leak sulla possibilità che il testo della Risoluzione sia stato concordato da Kerry con l’Autorità Palestinese è stato negato dalla Casa Bianca, ma non avrebbe nulla di scandaloso, come non lo avevano i contatti tra Washington e Tel Aviv in occasione delle precedenti risoluzioni. A cambiare è stata, in extremis, la politica americana.
Che cosa significherà per i Palestinesi? Potrebbe dare nuovo vigore ad azioni legali e alle iniziative di boicottaggio, per conseguenza rallentare i programmi degli insediamenti. Minimamente, però, visto che i coloni hanno da sempre la forza di condizionare il potere centrale.
In termini di territorio per ora ai Palestinesi non viene nulla. Le Colonie sono una realtà edilizia, ma abitata da esseri umani, non da silhouette che si possono spostare in modo indolore. Errori già fatti in passato proprio da Israele, e nella forma criminale della Nakba.
Ora, in nome della pace, occorrerebbero statisti veri a Tel Aviv, Ramallah,Washington e in tutte le capitali, ma non sembra di intravederne all’orizzonte.