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Brasile, cosa succese? Impeachment o golpe? Dilma Rousseff e la delicata partita a dadi del Paese di Elena Ferro
E' stata accusata di frode fiscale, ma la verità è oltre le formalità che il 31 agosto scorso ha consentito a 60 senatori brasiliani di concludere la procedura di impeachment contro Dilma Rousseff, ex prima presidente donna del Brasile. Ecco la storia di questa guerriera e cosa succederà, secondo me, nel Brasile dei prossimi giorni.
Alla fine le cose per Dilma Rousseff sono finite nel peggiore dei modi. Era nell’aria da un pò, bastava solo attendere la fine di #Rio2016, e così è stato. L’impeachment contro la 36° Presidente del Brasile, che la Rousseff denuncia come golpe, si è concluso il 31 agosto scorso con il voto del Senato, che ha deciso la destituzione della Rousseff e, conseguentemente, ha dato il via alla “nomina” a nuovo Presidente del Brasile di Michel Terren, esplicito propugnatore di politiche neoliberiste, ex alleato, ex vicepresidente.
L’aria in America Latina sembra non cambiare mai. La storia della prima donna Presidente del Brasile, Dilma Rousseff vale la pena di essere raccontata, perché in quella storia ci sono tutte le ragioni dell’impeachment (o del golpe, se preferite) ma anche tutto ciò che serve per predire il futuro della più grande potenza economica del Sud America, il Brasile.
La storia di una guerriera, nome in codice Estela Dilma Russeff, classe 1947, nasce in una famiglia agiata che le consente di frequentare sin dalla tenera età le migliori scuole. La passione per la politica arriva subito e, ancora adolescente, diventa una militante socialista, nel senso più ‘latino’ del termine. Si guadagna l’appellativo di “guerriera” perché Dilma una cosa del genere l’ha già vissuta e ne ha già pagato le conseguenze, sulla sua pelle. Nel 1964 infatti il colpo di stato militare spezza il sogno di un Brasile più giusto. La dittatura modernizza l’economia ma imprigiona, tortura e nega i più elementari diritti democratici, per quasi vent’anni. Estela, ovvero Dilma, combatte la dittatura aderendo alla guerriglia di sinistra. Viene catturata e tenuta in prigione per ben due anni, dal 1970 al 1972. Sono anni duri durante i quali subisce tremende torture. La sua storia è quella di altre migliaia di persone di cui in Brasile non si sa nulla. “Non si è mai parlato di quello che è successo”, ha dichiarato lei stessa qualche anno fa. Ed è proprio lei che comincia, una volta eletta Presidente, ad aprire il vaso di Pandora sul 1964, come fece Cristina Kirchner in Argentina a proposito della dittatura di Videla che interessò il suo paese dal 1976 al 1983. Una volta liberata, Estela si mette a disposizione per costruire un nuovo soggetto politico, il Partito Democratico del Lavoro (PDT) per il quale poi ricoprirà negli anni incarichi istituzionali a livello locale. Nel 2000 lascia il PDT per entrare nel Partito dei Lavoratori, un soggetto di centro sinistra che crede nel socialismo democratico. E’ il Partito del futuro Presidente del Brasile, Lula, che vincerà le elezioni nel 2003, mantenendo il poter fino al 2010. Dilma gode della piena stima di Lula, l’uomo della sfida (vinta) Fame Zero, che le affida la Presidenza del Consiglio di Amministrazione di Petrobas, la più grande industria di petrolio del paese, semi pubblica, ma anche importanti incarichi di governo. Per Lula sarà infatti Capo di Gabinetto e per due anni Ministra per l’Energia. Una guerriera con doti tecniche e di governo. Nel 2010 il suo partito la candida alle prossime elezioni presidenziali. Lei lascia tutti gli incarichi per preparare la campagna elettorale. Lula è il suo più grande sponsor, la considera la sua delfina. Ma Dilma non è solo questo. Nel 2011 vince le elezioni il Partito dei Lavoratori e Dilma Rousseff viene eletta Presidente del Brasile, prima donna a ricoprire quell’incarico. Lei che non aveva mai partecipato a una competizione elettorale in vita sua. Non male. Le alleanze di Governo le impongono la nomina di Michel Temer, colui che ha guidato l’impeachment e che oggi è il nuovo Presidente del Brasile.
Le responsabilità della Rousseff
Di che cosa è stata accusata Non è stato facile cercare le ragioni di dettaglio dell’impeachment. L’accusa di cui parlano i giornali, totalmente controllati dall’opposizione a Dilma, è di “pedalata fiscale“, ovvero i ritardi con cui il Governo elargisce i fondi per il pagamento dei programmi sociali a danno delle banche pubbliche. Ma dev’esserci senz’altro qualcosa di più di questo per avviare un impeachment, datosi che non esiste governo che non abbia ritardi nei pagamenti, non abbia incrementato il suo debito pubblico, non proceda a colpi di decreti legge, eccetera eccetera. Leggi il discorso di Dilma Rousseff davanti al Senato
E quali sono le vere ragioni della destituzione Le “responsabilità” di Dilma devono essere altrove. Ad esempio il fatto che nei primi sei mesi della sua presidenza abbia dimissionato 6 membri del suo Governo per corruzione, diffusa a tal punto da riguardare il 54% dei senatori che hanno votato l’impeachment di Dilma. O lo sbilanciamento del Governo per combattere la povertà. Dal 2003 al 2012 la povertà e la fame sono state ridotte dal 15% al 3,5% della popolazione. Ciò vuol dire che più di 21 milioni di persone sono uscite dalla condizione estrema di povertà e che il Brasile ha compiuto la più vasta e rapida operazione di redistribuzione della ricchezza e del benessere mai realizzata in nessun paese democratico al mondo. Che non è stata però completata. Una povertà che si è vista durante gli eventi internazionali che Dilma si è trovata a gestire: i Mondiali del 2013 e le Olimpiadi del 2016. Due eventi enormi che hanno generato ulteriore debito, allontanando Dilma dalla sua gente. Il raddoppio delle tariffe dei servizi pubblici, compresi i trasporti, la crisi economica. La diffusione della corruzione dello Stato a tutti i livelli in modo bypartisan lo scandalo Petrobas, la più grande impresa petrolifera del Brasile di cui Dilma è stata Presidente. Per salvare Lula, il suo mentore implicato nello scandalo corruzione, lo nomina capo di gabinetto. Un errore imperdonabile.
@le 5 scommesse da perdere sul futuro del Brasile
Uno dei risultati più importanti e più osteggiati dall’opposizione neoliberista è stata la realizzazione dei BRICS, che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa in quanto paesi a forte sviluppo economico, con vasti territori e possessori di materie prime, che si sono coalizzati per “contare” sulla scena internazionale. Un’alleanza scomoda per gli Stati Uniti, che La Rousseff ha realizzato con il pieno appoggio del Mercosur.
#1#La prima scommessa è che questa alleanza verrà fatta vacillare
Le scelte economiche e politiche del Governo sono state fortemente improntate alla soluzione del tema povertà e servizi sociali per i più fragili. L’economia però nel 2014 ha subito un forte arresto e le banche non è un caso che comincino ad essere preoccupate.
#2#La seconda scommessa è che queste scelte saranno radicalmente cambiate
Il Governo si è rifiutato in questi anni di privatizzare servizi e produzioni di beni, di rispondere alle richieste di controllo del prezzo del petrolio e delle altre materie prime a fini di stabilità mondiale. Sono mantra neoliberisti, com’è noto cari agli Stati Uniti, insieme alla riduzione del perimetro democratico e della volontà del popolo.
#3# La terza scommessa è che il nuovo Presidente si adopererà per ricostruire un’area di influenza occidentale in Brasile, esattamente come è accaduto in Argentina. E avvierà le privatizzazioni.
La corruzione dilaga da troppo tempo a destra e sinistra in Brasile e in tutta l’America Latina ed è il vero fattore di stabilità/instabilità del paese. Essa non è stata significativamente sconfitta, e la destituzione di Dilma, lascia al potere, anzi legittima, politici e istituzioni altrettanto responsabili o addirittura più corrotti.
#4# La quarta scommessa è che la parola corruzione uscirà definitivamente dal linguaggio dei media brasiliani, di cui in questi giorni sono stati pieni.
Non dimentichiamo che il Presidente dell’Honduras Zelaya nel 2009 fu destituito, per opera di un colpo di stato militare. Nemmeno le pressioni sul Venezuela di Maduro e la vittoria elettorale di Macri in Argentina possiamo dimenticare, perché oggi hanno ancora più senso. Venezuela, Ecuador e Bolivia, accettando l’idea di golpe istituzionale lanciata dall’alleata Rousseff, hanno congelato i rapporti diplomatici con il Brasile. Cuba parla esplicitamente di colpo di Stato, lo stesso fa il Costa Rica. Frei Beto, Pepe Mujica e tanti altri denunciano le stesse cose. Il colpo di stato è invece appoggiato da Macri, (che ancora detiene Milagro Sala prigioniera politica), Cile e Paraguay.
#5# La quinta e ultima scommessa è che per alcuni paesi in America Latina la restaurazione è appena cominciata.
Naturalmente, sono scommesse che voglio perdere. Dal canto suo Dilma non molla. non le hanno tolto il diritto alla rappresentanza attiva e passiva. Può candidarsi e votare. E c’è da scommettere che sulla soglia dei quasi 70 anni, non smetterà di combattere. Se son spine pungeranno |