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Brasile. Intercettazioni illegali: avanza lo stato di polizia di Tatiana Carlotti Traduzione di Paolo De Santis
Il giudice Sérgio Moro sa che dovrà rispondere al Consiglio Nazionale della Giustizia per il suo attacco contro le istituzioni e l'ordine democratico nel paese.
L'intercettazione delle conversazioni telefoniche tra l'ex presidente Lula e la presidente Dilma Rousseff di mercoledì 16 marzo, sparata a mitraglia dai giornali di tutto il paese, rivela senza esitazioni gli abusi commessi dalla Operazione Lava Jato. Nei giorni scorsi, enti giuridici, avvocati e giuristi sono usciti allo scoperto per denunciare, non solamente la diffusione illegale della conversazione tra Dilma e Lula, ma la gravità della ipotesi che la Presidenza della Repubblica sia stata spiata. La Procura Generale dell'Unione (AGU) e il Ministero della Giustizia hanno annunciato che faranno un'analisi sui collegamenti audio per scoprire chi è stato spiato: se la presidente Dilma Rousseff o la guardia del corpo dell'ex presidente Lula. La conversazione ha avuto luogo il 4 marzo, il giorno del prelevamento forzoso dell'ex presidente Lula da parte dalla Polizia federale (PF) per portarlo a deporre l'aeroporto di Congonhas. Il giudice Sergio Moro[1], responsabile dell'autorizzazione dell'intercettazione telefonica e la sua diffusione ai media, sostiene che "la persona intercettata era l'investigato e non la presidente, e che la comunicazione in questione è stata intercettata casualmente". Durante la registrazione si fa notare che la chiamata proveniva dalla Presidenza e si può sentire la voce di una collaboratrice della presidente, prima che la guardia del corpo dell'ex presidente Lula rispondesse al telefono. Ciò indicherebbe che i due telefoni erano intercettati. "Esistono varie circostanze che indicano che sia stata fatta una intercettazione illegale, e noi le seguiremo. Le seguiremo con molto rigore e ne trarremo le dovute conseguenze, non importa chi dovrà risponderne." ha affermato il Ministro della Giustizia Eugenio Aragão. In una intervista fatta a sei agenti della Polizia Federale e a un tecnico di telefonia, risulta che quest'ultimo e cinque agenti sostengono che se non fosse stata fatta l'intercettazione alla Presidenza, non sarebbe stato possibile udire la voce della funzionaria prima dell'inizio della chiamata. "È proprio un crimine" "Violare il segreto investigativo con fini non autorizzati dalla legge, costituisce un crimine, la cui pena è da due a quattro anni di prigione", ha affermato il giurista e professore della Università di S. Paulo Sérgio Salomão Shecaira, durante la Manifestazione per la Legalità e per la Democrazia, realizzata giovedì 17 marzo, nella Facoltà di Diritto della stessa università. Egli ha citato la legge che regolamenta le intercettazioni telefoniche, informatiche o telematiche, o quando si infrange il segreto investigativo senza l'autorizzazione giudiziaria. Rispetto alla presenza d'intercettazioni nella Presidenza della Repubblica, è stato categorico: "Senza alcun dubbio, egli [il giudice Sérgio Moro] ha commesso un crimine. È proprio un crimine. E questo fatto deve essere portato in tribunale".
Nota dell'Istituto Lula[2] Anche la presidente Dilma Rousseff ha reagito: "Il Presidente del Brasile o di qualunque paese democratico del mondo ha quelle che si chiamano garanzie costituzionali. Non può essere intercettato, salvo che con l'autorizzazione della Suprema Corte. In qualunque parte del mondo, chiunque spia un presidente viene arrestato. Provate a intercettare il presidente degli Stati Uniti e vedrete che succede". In una nota inviata sabato al Giornale Nazionale, l'Istituto Lula ha sottolineato che "la violazione delle conversazioni del ex presidente Lula, che nulla ha a che vedere con le investigazioni della Petrobras, è un affronto all'articolo 5 della Costituzione. Lula non ha detto nulla d'illegale o immorale. La diffusione di queste intercettazioni, fomentando intrighi e preconcetti, serve solo a portare disordine nei processi giudiziari e nell'ambiente politico".
Fuga di notizie In viaggio all'estero, il Procuratore Generale della Repubblica Rodrigo Janot è stato avvisato lo stesso giorno 4 marzo delle intercettazioni. Egli ha dato l'indicazione che fosse seguito "lo standard adottato nei procedimenti" di Lava Jato. il Procuratore Janot sostiene che non era a conoscenza del contenuto delle conversazioni e che non sa se c'è stata intercettazione della Presidenza della Repubblica. Nella sua valutazione, l'intercettazione "può essere stata corretta". Scorretto, affermò, "sarebbe se l'intercettazione fosse stata determinata dal giudice di primo grado, e non dal Supremo Tribunale Federale. Questo sarebbe scorretto. Solo il Supremo Tribunale può farlo". Bisogna sottolineare che due sono state le conversazioni che sono state fornite alla stampa. Moro sostiene che ne aveva ordinata la sospensione alle 11:44 della mattina. La Polizia Federale dice di essere venuta a conoscenza della decisione alle 12:43. Le compagnie telefoniche sono state avvisate tra le 12:17 e le 12:18. Anche così, la registrazione, realizzata dopo questo orario (fino alle 13:32), è stata acquisita agli atti e data in pasto alla stampa. Come sottolinea Luis Nassif nel blog GGN[3], dalle spiegazioni fornite "si conclude che la Polizia Federale ha agito illegalmente, in quanto senza autorizzazione da parte del giudice, e Moro ha agito illegalmente, perché ha diffuso una registrazione illegale". E ancora: la versione che la compagnia telefonica ha fatto l'intercettazione in osservanza della decisione del giudice, entra in conflitto con la logica. Se l'intercettazione andò oltre il termine di sospensione, allora avrebbe dovuto essere distrutta. Invece di ciò, è stata divulgata.
Le intercettazioni raggiungono anche i non investigati Sta di fatto che l'operazione Lava Jato ha fornito queste registrazioni telefoniche alle compagnie di comunicazione del paese. La conversazione tra la ex first lady Marisa Letícia e suo figlio, Fabio Luís Lula da Silva[4], per esempio, palesa il fine di mettere in difficoltà persone legate all'ex presidente e accendere l'odio della popolazione. Il contenuto divulgato non porta nessuna informazione su Lava Jato: si tratta solo di uno sfogo della Signora Marisa in una conversazione privata. Perfino i non investigati nella Lava Jato sono intercettati, e il contenuto delle conversazioni pubblicato nei giornali. Venerdì 19 marzo i giornali hanno pubblicato la conversazione fra il presidente del Partito dei Lavoratori[5] Rui Falcão e il capo di gabinetto della presidente Dilma, ministro Jaques Wagner, sulla nomina dell'ex presidente Lula al Ministero della Casa Civile. "È imprescindibile affermare che l'intercettazione è stata illegale, dato che né il presidente del PT ne io siamo oggetto d'investigazione" Denuncia Wagner, e garantisce che "solleciterà un'investigazione sull'esistenza d'intercettazioni telefoniche nella Presidenza della repubblica, così come sull'autorizzazione a divulgare conversazioni private, registrate in forma illegale".
25 avvocati intercettati Un'altra prova degli abusi di Lava Jato è l'intercettazione del cellulare dell'avvocato dell'ex presidente Lula, Roberto Texeira. E c'è di più: il suo ufficio è stato posto sotto intercettazione, compromettendo la privacy di 300 clienti, di 25 avvocati che lavorano nello studio legale, oltre che impiegati e stagisti. Il Pubblico Ministero Federale (MPF) dice che l'intercettazione nell'ufficio è stato uno sbaglio: si pensava che fosse la Società Lils Conferenze, Eventi e Pubblicazioni, dell'ex presidente Lula. Gli avvocati sono categorici: durante i 30 giorni d'intercettazioni, sono state udite diverse registrazioni che iniziavano con l'identificazione dello studio legale, non ci si poteva confondere. Anche il cellulare dell'avvocato Roberto Texeira è stato incluso nelle intercettazioni autorizzate dal giudice Moro. Ciò viola l'articolo 7 dello Statuto dell'Avvocatura e dell'Ordine degli Avvocati[6] che garantisce agli avvocati "la inviolabilità del loro ufficio o luogo di lavoro, così come dei loro strumenti di lavoro, della loro corrispondenza scritta, elettronica, telefonica e telematica, se relativa all'esercizio della professione di avvocato".
Violazione del diritto di difesa Gli avvocati affermano anche che "l'intenzione del giudice e dei membri del Pubblico Ministero è stata quella di monitorare gli atti e le strategie di difesa dell'ex Presidente" Con il cellulare intercettato, la Polizia Federale ha potuto ascoltare le conversazioni del 4 marzo, quando Lula è stato condotto a deporre in modo coercitivo, malgrado non si fosse mai rifiutato di collaborare con la giustizia. "Tutte le conversazioni intercorse tra l'avvocato e il cliente, e la strategia della difesa trasmessa in quella circostanza era monitorata e seguita da Moro e dalla Polizia Federale". Gli avvocati sottolineano che il giudice Moro già è stato protagonista in passato di atti di arbitrarietà contro avvocati in processi da lui presieduti[7]. In tale occasione, gli avvocati chiesero, con una petizione all'Ordine degli Avvocati (OAB) di São Paulo e Rio de Janeiro "l'attuazione di tutti i provvedimenti del caso in relazione a questo grave attentato allo Stato Democratico di Diritto". L'OAB di Rio de Janeiro rispose alla petizione ribadendo che "tali atti, oltre a violare in pieno e senza dubbio la prerogativa dell'avvocato sull'inviolabilità telefonica inerente all'esercizio della professione, attenta gravemente contro le basi dello Stato Democratico di Diritto".
Rischio democratico Il giudice Sérgio Moro sa che dovrà rispondere su questi fatti al Consiglio Nazionale della Giustizia. Si tratta pertanto di un attacco frontale rivolto, non solo contro gli inquisiti, ma soprattutto contro le istituzioni e le leggi che garantiscono l'ordine democratico nel paese. Tutti i livelli della magistratura di tutto il paese si sono sollevati contro i sistematici abusi di potere e in difesa dell'ordine giuridico nel paese e hanno prodotto un manifesto in cui si legge: "Operazioni mediatiche e spettacolari, molte volte basate sulla rivelazione selettiva di dati riservati dell'investigazione i corso, possono rivelare la relazione oscura fra le autorità statali e i media". E ancora: "In tale contesto di rischio per la democrazia, si deve essere intransigenti verso il mantenimento delle conquiste raggiunte, con il fine di costruire una società libera, giusta e solidale".
Note [1] Sérgio Moro è il giudice responsabile dell'Operazione Lava Jato, una mega investigazione che è stata paragonata alla Mani Pulite degli anni '90. [2] L'Istituto Lula di Studi Politici è una fondazione non partitica e senza fini di lucro, dedicata alla cooperazione fra Brasile, Africa e i paesi dell'America Latina. Nato all'inizio degli anni 90, durante il governo di Fernando Collor ha contribuito a formare un Governo Ombra guidato da Lula, e successivamente, durante il secondo mandato di Fernando Henrique Cardoso, l'Istituto Lula ha dato sostegno politico alla campagna presidenziale di Lula del 2002, anno in cui fu eletto presidente. Nel 2010, alla fine del suo secondo mandato, Lula è tornato a capo dell'istituto omonimo. [3] Disponibile in portoghese: su jornalggn.com.br. [4] Rispettivamente moglie e figlio di Lula. [5] Il Partito dei Lavoratori (PT) a cui Lula e Dilma appartengono, e che Lula ha fondato dopo la fine della dittatura. [6] Disponibile in portoghese: su jusbrasil.com. [7] Il 28 maggio 2013, nel processo HC 95.518/PR, Moro aveva illegalmente monitorato gli avvocati e per questo è stato ammonito.
L'articolo è uscito su Carta Maior il 20 marzo 2016 © Tatiana Carlotti © Carta Maior. Infografica: © Carta Maior |