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23 Ago 2016

 

Stiglitz e il referendum: quando un premio Nobel dice fesserie.

di Aldo Giannuli

 

Joseph Stiglitz, già premio Nobel per l’economia, ha dichiarato che teme una catastrofe per l’Europa, in particolare per quanto riguarda l’Italia, dove se vincesse il No nel referendum, potrebbe seguirne il crollo dell’euro. Di conseguenza invita Renzi a “rinunciare al referendum” disdicendo la consultazione popolare.  

D’accordo: Stiglitz è un economista e non un giurista, è un cittadino americano ed ha tutto il diritto di ignorare la Costituzione italiana, ma, visto che si occupa di cose italiane, potrebbe anche informarsi prima di aprire bocca.

Allora: il referendum non dipende dalla volontà di Renzi, la Costituzione prevede norme precise in caso di revisione costituzionali, per le quali, se la modifica non è approvata dai 2/3 di ciascuna camera e ne facciano richiesta 500.000 elettori o il 20% dei parlamentari, si dà luogo a referendum confermativo.

E non è scritto da nessuna parte che esso possa essere revocato, rinviato o anche solo sospeso e tantomeno dal Presidente del Consiglio: in italiano questo si chiamerebbe colpo di Stato perché sarebbe  il cambiamento della Costituzione scavalcando precise disposizioni costituzionali. Renzi non ha neppure il potere di sospendere o revocare la riforma della Costituzione su cui si decide, perché la riforma è stata decisa da un Parlamento, per quanto indegno, pur sempre nella pienezza dei suoi poteri e con doppia delibera. Se Renzi tentasse di fare quel che gli suggerisce l’autorevole scienziato, potrebbe essere arrestato per attentato alla Costituzione e non ci sarebbe nemmeno l’ostacolo dell’immunità, perché non è neppure parlamentare.

La cosa più divertente è che l’Huffington Post riporta la posizione del celebre economista in tutta serietà, come se si trattasse di una cosa di cui poter discutere sensatamente. Fossi stato il direttore di un giornale qualsiasi titolerei “Stiglitz straparla”.

Ma, anche tralasciando l’ignoranza costituzionale di Stiglitz, quello che è più interessante è il pensiero retrostante: che se c’è pericolo per gli assetti di potere esistenti, ed in particolare quelli monetari, si sospendono le garanzie costituzionali e si toglie la parola all’elettorato che  (come avevano già detto quei due gioielli del pensiero democratico che rispondono ai nomi di Giorgio Napolitano e Mario Monti) non può esprimersi su cose così complesse per le quali non ha le conoscenze necessarie. Queste cose le devono decidere le èlite, quelli che sanno. E la sovranità popolare sancita dalla Costituzione? Bè è un bell’ornamento che fa la sua figura, ma non è che ci dobbiamo proprio credere!

Qui sta venendo a galla il carattere elitario, oligarchico ed antidemocratico dell’ideologia liberista e non c’è più neppure il pudore di far finta di dirsi democratici.

Ovviamente questo, dice che il timore della vittoria del No inizia a diventare panico nei salotti buoni di politica e finanza. Diversamente, perché Renzi dovrebbe aver fatto quella bizzarra dichiarazione sul fatto che, comunque vada, si vota nel 2018. Riflettiamoci: se vincesse il Si a Renzi converrebbe andare di corsa al voto per sfruttare l’onda favorevole che solo uno sciocco lascerebbe passare inutilmente. Vice versa, che senso ha dire “Anche se vince il No” la legislatura va avanti lo stesso? Lui, lo sappiamo, non ha mai pensato davvero a dimettersi, il guaio (per lui) è che a “dimetterlo” ci penserebbe il suo partito (e non penso all’inutile Bersani ed al decorativo Cuperlo, ma ai ben più fattivi Franceschini, De Luca, Fassino, Rossi) che cercherebbe di mettere insieme i cocci e non trasformare la sconfitta referendaria in una irrimediabile dèbacle elettorale. La legislatura potrebbe anche continuare ma non dipenderebbe da lui, ma da Mattarella, Franceschini e Berlusconi, che potrebbero dar vita ad un “governo di scopo”. E  il peggioramento della situazione economica e una opportunissima bocciatura dell’Italicum da parte della Consulta darebbero uno strepitoso alibi per farlo. A quel punto, paradossalmente, converrebbe a Renzi bloccare la cosa (che molto probabilmente lo escluderebbe dalla candidatura alla Presidenza del Consiglio nelle politiche successive) cercando di bloccare il tentativo e cercare di imporre elezioni anticipate. Dunque questa dichiarazione serve solo a gettare le mani avanti per rimangiarsi la “minaccia” di dimettersi e prevenire le manovre degli altri.

Intanto dobbiamo vedere il 4 ottobre che dice la Consulta (che però potrebbe anche trovare il modo di prendere tempo sospendendo la decisione): se conferma l’Italicum lo scontro sul referendum si radicalizzerebbe diventando l’ultima spiaggia contro il progetto di regime in atto. Se lo bocciasse, anche solo parzialmente, ci sarebbe un effetto di riflesso sul, referendum delegittimando il progetto renziano.

La dichiarazione di Renzi tradisce quella stessa paura che leggiamo nelle parole di Stigliz: non sappiamo se per un qualche sondaggio riservato, se per la previsione di una pronuncia sfavorevole della Corte o se per notizie che fanno temere un disastro bancario in ottobre, ma quello che si capisce è che Renzi cerca (invano direi) di disinnescare la bomba, ritenendo più probabile la vittoria del No.

Intanto ringraziamo Stiglitz per averci fornito questa ulteriore riprova sulla natura di questo referendum: uno scontro fra democrazia ed oligarchia, senza mediazioni possibili.

Non è il momento di mediazioni pasticciate alla Bersani o alla Errani: qui andiamo allo scontro frontale, sapendo che chi vincerà, chiunque esso sia, non farà prigionieri.

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