http://www.controinformazione.info/ Feb 25, 2016
I Baroni della Guerra -La nomenklatura si sostiene nella Torre d’avorio insanguinata di Emilio Borelli
Riceviamo e pubblichiamo: I baroni della guerra – la speranza negli studenti – la nomenklatura si sostiene nella torre d’avorio insanguinata – ma chi ha detto che non c’é piú autonomia di pensiero? – ridisegnare i confini
Eppure l’idiotume dilagante nel mondo dell’informazione, sia carta stampata che via etere ed internet, quella oramai omogenea posizione supina di “ascolto” acritico dell’informazione di regime (perché è di questo che stiamo parlando, di semplice propaganda spacciata per informazione, ove la libertà di pensiero viene sbandierata ma negata quella all’informazione indipendente), poteva avere convinto i più della inutilità di ciò che in tanti stiamo portando avanti: un tentativo di dare spazio alle riflessioni critiche della parte sicuramente pensante di quella società in cui siamo immersi.
Ch’è ben altra cosa dal concetto insanguinato di quell’altra “società civile” che si è resa indifferente complice dei recenti massacri della Storia (e della carne…) di paesi come la Yugoslavia, l’Iraq, la Libia, la Siria. Si, massacri della Storia di popolazioni che si son viste negare la dignità di Nazione proprio per un paradosso: per aver sostenuto e difesa la propria, secondo propri principi e valori …non graditi a quelle che son chiamate le Grandi Potenze.
Alle sfilate di Firenze, di Roma, contro il mostro proteiforme incarnato dall’apparato coloniale della NATO la maggior parte dei partecipanti era – come il sottoscritto – oltre gli anta, generazioni che avevan sognato un qualcosa d’altro dallo scenario meschino di questi anni di rigurgiti di un colonialismo crudele, sfacciato ed arrogante, non sognatori o visionari, semplicemente gente con una coscienza, però anzianotti, il che non dava troppo calore! Poi seguivan battibecchi e distinguo, una strisciante e malcelata ignoranza di quei mondi “altri (Libia, Siria)” spesso o quasi sempre nemmen frequentati di persona ma alla meno peggio “ascoltati” da testimonianze più che sospette consolidava da sempre vere e proprie leggende metropolitane su questo o quel “sanguinario dittatore”.
Ma sembrava che il dibattito restasse oramai una cosa da altoparlanti portati per le strade da attempati intellettuali e articoli su blog alternativi, ai giovani – oberati dalla preoccupazione sul “proprio” futuro e da questa incertezza trasformati in gregge al pari degli operai degli anni ’80 – non interessava niente di “ridisegnare i confini della Libia”. Ma chi ha detto che non c’è questa sensibilità tra i giovani?! Ed è sempre a Bologna che ci riscopriamo degni di considerarci esseri pensanti!!! “Lei in questo palazzo non può parlare perché è un guerrafondaio”
Angelo Panebianco, docente di Sistemi internazionali comparati presso l’ateneo di Bologna lunedì è stato contestato dagli studenti del Collettivo Universitario Autonomo (CUA) a causa della sua posizione di fatto interventista e – aggiungerei – atlantista in merito agli scenari contemporanei del Mediterraneo. Il docente avrebbe anche elogiato – di fatto – l’installazione del MUOS in Sicilia.
“Chi non fa tacere i teorici della guerra è complice: respinta la lezione bellica di Panebianco! Le parole sono pietre, si dice. Certamente le parole dei think tank del potere sono direttamente responsabili delle sue azioni e dei suoi crimini, sono armi rivolte contro di noi. Quando parla, quindi, Angelo Panebianco non esprime un’opinione: con i suoi editoriali sul Corriere della Sera dà indicazioni ai politici su cosa fare, con le sue lezioni all’università si arroga il diritto di scrivere e riscrivere la storia, con i suoi intrallazzi ai vertici dell’Unibo e della scuola di Scienze Politiche decide le gerarchie accademiche. Angelo Panebianco è un noto neocon all’italiana, sostenitore delle guerre e dell’impero americano, di teorie razziste e neocolonialiste, di muri e respingimenti per i migranti, di ricette neoliberali che sono alla base della crisi, della nostra precarietà e impoverimento. Ora, con gli aerei militari che scaldano i motori, proclama la necessità di bombardare la Libia senza perdere tempo. Dietro quelle parole ci sono milioni di morti, di morti nostri, prodotti dalle loro guerre. Dietro quelle parole c’è la fonte diretta della nostra insicurezza fisica, oltre che delle nostre condizioni di oppressione. Dietro quelle parole non c’è un incauto uomo qualunque, ma un consigliere del principe, un barone che – con i nostri soldi e nelle nostre aule – è direttamente responsabile di quei milioni di morti, morti nelle guerre, morti nel Mediterraneo, morti nelle carceri.
Per questi motivi oggi, martedì 23 febbraio, diverse studentesse e studenti di Scienze Politiche hanno interrotto la lezione di Panebianco, del suo corso dal titolo tragicamente grottesco “Teorie della pace e della guerra”. Gli hanno innanzitutto chiesto se è consapevole del ruolo che occupa, del fatto che le sue teorie della guerra sono immediatamente responsabili di crimini storici che si perpetuano. Alla reazione arrogante e scomposta del barone, che ha cercato di espellere gli studenti dall’aula, si è sollevata l’indignazione: basta con i complici della guerra, basta con i razzisti, basta con chi gioca sulla nostra pelle. Chi tace è complice, ed è complice anche chi non fa tacere i teorici dei massacri. Perciò questa lezione non la vogliamo ed è stata interrotta, Panebianco ha dovuto lasciare l’aula. Perché la guerra se ne deve andare dalle nostre aule e dalle nostre vite.
E per favore, il guerrafondaio ci risparmi il suo appello alla libertà di opinione. Lui che vorrebbe bombardare le ex colonie, lui che vorrebbe sbattere in galera o affogare in mare i migranti sospetti, lui che sognando una grande Europa sotto l’ombrello Nato scrive che “le unificazioni politiche non si fanno col burro ma con i cannoni” (sic!), dovrebbe sapere bene che quella libertà di opinione che oggi rivendica è solo la libertà del potere di continuare indisturbato nei propri crimini. Da oggi sapete una cosa in più: guerrafondai e razzisti, questa volta la lezione ve la diamo noi.”
Un’amica osservava che in realtà questi studenti non sono gli omologhi del ’77, avrebbero un vissuto ed una origine a suo dire “comoda” o “agiata”; non lo credo e comunque non credo si debba – oggi – sottilizzare troppo, di fatto dividendo quella che appare già da sé una debole schiera: quella dei soggetti pensanti autonomamente. Nei commenti di questi ragazzi vi sarà certo qualche ingenuità, non gliene faremo una colpa se in qualche modo concedono talora spazio alla vulgata dei tiranni locali, l’informazione è manipolata ad arte, e d’altra parte sull’argomento vi è stata una copiosa letteratura anche di veri e propri collaborazionisti d’oltremare (La dernière nuit du Rais di Yasmina Khadra, vile pamphlet che tenta di svilire l’immagine dello statista Muammar al Gheddafi) oltre che degli embedded nostrani dichiaratamente filo-imperialisti.
All’amica rispondo che no, non è più il tempo di sofismi, di primedonne che taglian le foto dal proprio blog, è il momento in cui ci si deve sdoganare reciprocamente, se davvero si ha a cuore l’informazione. Non avete idea di quanti imbecilli ci siano in giro di questi tempi a raccontare la loro fasulla verità su questi argomenti. C’è perfino chi organizza serate per parlare delle armi delle guerre di oggi. Mentecatti che si proclaman di sinistra e che ascoltano questi bebè tecnologici cresciuti a suon di war-games che mai son stati su un campo di battaglia (come Panebianco) e che nella migliore delle ipotesi con grande “intelligence” si fanno assumere – tipo il Regeni – da società di “Ricerca” gestite da tagliagole notori. No, amica cara, chi ha cervello e coscienza e conoscenza ha da parlare, e scrivere, e protestare, e contestare. Commentare è fare apologia? Non ci sarebbe da stupirsi di niente, al giorno d’oggi, quando non si ha il coraggio di chiamar Guerra la guerra e quando si creano califfi da semplici ex-galeotti “rieducati” alla democrazia.
Il Partito Disintegrato (PD), per bocca di Francesca Puglisi, la responsabile nazionale scuola, pare abbia definito la protesta del CUA “non democratica” (che vuol dire?) e, per dirla ancora, grottescamente, alla Nanni Moretti “non di sinistra”. Maurizio Lupi ha commentato:“Chi è contro la libertà della cultura è solo uno squadrista” e quella del Panebianco sarebbe cultura? “E’ una roba da matti, è un’infamia: mi sembra proprio che vogliamo ripercorrere un passato che, se Dio vuole, non c’era più” è stato il primo commento di un altro scienziato della cosa pubblica, anch’egli professore, Romano Prodi, forse dimentico del fatto che quel “passato” violento cui allude altro non fu se non la trappola del regime di allora per eliminare il dissenso giovanile incanalandolo di fatto nei due filoni autodistruttivi: la droga e la lotta armata. La prima era la soluzione più agevole perchè immediatamente autolesionista, la seconda richiese semplicemente un po’ più di lavoro di infiltrazione…siete meno tranquilli signori professori, avete sempre i vostri sistemi ben collaudati ma non vi aspettavate che i giovani del 2016 mangiassero alla fine la foglia…
RIDISEGNARE I CONFINI Ma vi ricordate quante volte abbiamo ascoltate, lette, le ovvie e banalmente politically-correct critiche all’operare ottocentesco dei vari governi coloniali allorché si eran divisi i territori delle varie Afriche in cui intervenivano? I confini decisi a tavolino! Che vergogna!
Allora.
Oggi pare che siamo tornati a quella fase e che questo operare sia addirittura benedetto. Oggi che la Grande Avventura riprende vita e dignità, grazie ai burattini messi in campo qua e là per destabilizzare i più svariati quadranti regionali e far man bassa di risorse (ma, ricordatelo, non è la sola molla, quella immediatamente “di pancia”) ma più che altro per imporre la propria presenza e un proprio modello di debito (ricordiamo il programma Morgenthau del 1944 elaborato dagli USA per distruggere le infrastrutture e dividere la collettività della Germania, subito seguito dal Piano Marshall che sversò in Europa miliardi che venivano riveicolati a favore di imprese americane…) e di … ricostruzione.
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