www.referendumcostituzionale.online Senza Odio, Senza Violenza, Senza Paura Numero 38 del 14 novembre 2016
Rossella Guadagnini Intervista il Fabio Mini
Fabio Mini, generale di Corpo d'Armata, e' stato capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa e, a partire dal gennaio 2001, ha guidato il Comando Interforze delle Operazioni nei Balcani. Dall'ottobre 2002 all'ottobre 2003 e' stato comandante delle Operazioni di pace a guida Nato, nello scenario di guerra in Kosovo nell'ambito della missione Kfor (Kosovo Force)
Riforme, democrazia, governabilita' e inganni. Ne parliamo con una voce fuori dal coro, un uomo che per 46 anni e' stato nelle Forze Armate e oggi si definisce molto progressista. Ci racconta di una legge "immaginaria" e di un Parlamento "defraudato", di una maggioranza non rappresentativa del Paese e di una "guerra fredda interna" all'Italia. Di spazi informativi pubblici a favore del marketing governativo e di una grande festa della dis-unita' a cui, volenti o no, siamo tutti invitati. * - Rossella Guadagnini: Generale Fabio Mini cosa pensa delle riforme costituzionali? - Fabio Mini: Non sono contrario alle riforme costituzionali, ma sono nettamente contrario a questariforma. Respingo il sillogismo che chi vota Si' vuole un'Italia "efficiente, stabile e responsabile, e quindi capace di esercitare il suo ruolo in Europa" e chi vota No vuole "un'Italia idiosincratica ed eccentrica, eternamente prigioniera delle proprie ombre". E' un sillogismo apodittico che squalifica sul piano intellettuale chi lo propone e offende chi non lo condivide. E' il primo segnale che la riforma proposta intende dividere gli italiani ed io penso invece che una Costituzione debba unire i cittadini. * - Rossella Guadagnini: Il fronte del No e' molto variegato e ispirato da ideologie addirittura opposte: come si conciliano? - Fabio Mini: Personalmente, mi schiero con il No proposto da un Movimento di cittadini e non da un partito, mi riconosco negli idealisti e non negli ideologi, nelle persone responsabili che pensano al futuro dell'Italia unita e non in coloro che operano per dividerla ulteriormente e intendono affondare la nave per assumere il comando di una scialuppa. Non condivido l'obiezione che il No sia improponibile perche' voluto anche da partiti e movimenti d'ispirazione fascista, veterocomunista, populista e quant'altro, che vogliono soltanto la caduta del governo. Non condivido le loro finalita', ideologie e prassi, ma riconosco legittime e fondate alcune delle loro motivazioni. Sono infatti queste comuni motivazioni a fare del No un fronte trasversale espressione di molte anime, e non di un pensiero unico, e quindi - nel suo complesso - essenzialmente democratico. * - Rossella Guadagnini: Con il No cosa succederebbe al Governo? - Fabio Mini: Non collego il No alla caduta del Governo. Penso che sia stata una grossa sciocchezza legare il Referendum alla sopravvivenza politica del capo del Governo: un narcisismo inopportuno che non e' finito con la tardiva e strumentale ammissione dell'errore. Anzi e' stato fatto qualcosa di peggio, perche' tutto l'esecutivo, a partire dal suo vertice, ha riversato sull'Italia la prospettiva di fallimento e sfascio nazionale in caso di prevalenza del No, alimentando cosi' la disunione all'interno e i sospetti d'instabilita' nazionale all'esterno. Viste le conseguenze in campo internazionale e nella speculazione economica a danno dell'Italia, questa operazione, in altri tempi e Stati, sarebbe stata considerata e perseguita come "Alto tradimento". Da noi e' una "furbata". Dopo il voto ciascuna parte politica dovra' trarre le conclusioni e agire di conseguenza, ma se il Referendum non realizza una massiccia affluenza alle urne nessuno potra' veramente cantare vittoria: avra' perso l'Italia. E il conteggio dei voti dovra' far riflettere invece di far gioire. La prevalenza risicata del Si' inasprira' ancor di piu' il clima politico e indurra' il Governo a irrigidirsi su posizioni non condivise. Secondo me, tutto questo portera' nel giro di breve tempo alla fine dell'esecutivo o della stessa legislatura. Se dovesse prevalere il No, tecnicamente sarebbe soltanto il rinvio della Riforma e con questo Parlamento il Governo potrebbe restare in carica fino al termine di legislatura. Ma gli equilibri politici sarebbero mutati e il Governo non potrebbe imporsi sul Parlamento come ora. Non e' detto che questo sia necessariamente un male. Inoltre, se oggi il No di altri gruppi tende solo allo sfascio del Governo bisogna riflettere sulle ragioni e le responsabilita' di tale atteggiamento. In questi ultimi anni il dissenso democratico non ha avuto ne' attenzione ne' alternativa onorevole. Quando quasi mezzo Parlamento e' costretto a lasciare l'aula, per non essere coinvolto in uno schema che non condivide e i restanti festeggiano come allo stadio, si celebra l'effimera vittoria di una parte e si detta il necrologio della democrazia. * - Rossella Guadagnini: Entrando nel merito della riforma, perche' vota No? - Fabio Mini: E' stato detto che questa riforma, "dopo un dibattito trentennale infruttuoso e controverso", era diventata improcrastinabile. Non e' stato detto che la controversia non derivava dalla carenza di norme, ma dalla necessita' (riconosciuta dalle stesse commissioni bilaterali e da tutti gli altri proponenti di riforme alla Costituzione) di procedere alle riforme con il piu' largo consenso delle forze politiche. Lo stesso meccanismo dell'articolo 138 della Costituzione, prevedendo piu' esami incrociati tra Camera e Senato, cauti passi successivi e tempi di riflessione intendeva promuovere un largo consenso. Tant'e' che nel caso esso fosse venuto a mancare si prevedeva la possibilita' di ricorrere alla consultazione diretta del popolo. Ora, si e' arrivati a questa riforma pasticciata e opaca perche' invece di ricercare il largo consenso si e' preferito imporre la volonta' di una maggioranza non rappresentativa della Nazione. Abbiamo assistito a manovre di qualsiasi genere, a ricatti politici, disinformazione, emarginazione dei dissidenti o soltanto dei non favorevoli, sostituzione di membri di commissioni parlamentari scomodi, agitazione di spauracchi, promesse populistiche, ghigliottine, canguri, sedute fiume e molto altro. Di peggio e' avvenuto nell'ombra. La forma non e' stata violata, ma il metodo si e' rivelato ingiusto e scorretto perché nel frattempo la rappresentativita' parlamentare e governativa era passata, con successive "porcate" e "leggi incostituzionali", dal sistema proporzionale a quello maggioritario a sbarramento. E soprattutto perche' le finalita' della riforma erano e rimangono tanto confuse da giustificare ogni sospetto di manipolazione. * - Rossella Guadagnini: Lo ritiene un fenomeno nuovo? - Fabio Mini: No, ma nel passato, quando gli obiettivi delle riforme costituzionali erano chiari, puntuali e condivisi sono state promulgate leggi costituzionali senza difficolta'. Dal 1948 ad oggi sono state approvate 38 leggi costituzionali tra cui provvedimenti importanti come le pari opportunita', l'abolizione della pena di morte anche per i reati militari in tempo di guerra, il voto degli italiani all'estero, l'estradizione per delitti di genocidio, il giusto processo, il pareggio di bilancio ecc. I problemi si sono posti quando le riforme si presentavano strumentali o soltanto imparziali e soprattutto quando rispecchiavano interessi di potere particolari e clientelari. * - Rossella Guadagnini: La riforma vorrebbe snellire la burocrazia legislativa, ridurre i costi della politica. - Fabio Mini: Purtroppo questa riforma non snellisce e non fa risparmiare. Si sarebbe invece risparmiato molto utilizzando strumenti legislativi ordinari senza scomodare la Costituzione. E anche ammettendo che ci sia qualche risparmio sul piano contabile, la riforma comporta costi enormi in credibilita' delle istituzioni, bilanciamento dei poteri e quindi in democrazia. Non sono costi teorici o morali, a ognuno di tali elementi sono collegate pratiche politiche e amministrative che se non adeguatamente controllate generano corruzione, sprechi, abusi di potere, imposizioni di tasse esose, aumento del debito e dissoluzione dei rapporti di fiducia tra Stato e cittadini. E' vero, ci e' stato detto che "abbiamo bisogno di capacita' decisionali e di procedimenti legislativi piu' rapidi e non di un sistema immaginato e pensato a quei tempi, in cui forse si credeva si dovesse decidere raramente". Ebbene, dobbiamo ricordare che la rapidita' non e' sinonimo di migliore qualita' o efficacia dei provvedimenti. Anzi. Siamo ancora impantanati nei problemi creati dalla fretta dei governi e dalle loro false priorita'. Inoltre, il sarcasmo fuori posto e' sempre una forma di denigrazione e, in questa frase, e' chiara la volonta' di delegittimare un'Italia che i denigratori non hanno ne' conosciuto ne' studiato. * - Rossella Guadagnini: Cosa trascurano? - Fabio Mini: Piu' che trascurare, in realta' non sanno e quindi non possono nemmeno ricordare. Questo progetto fa parte dello schema di rottamazione non di cio' che non funziona, ma di cio' che non si conosce. Siccome l'ignoranza e' molta, non deve stupire che la cosiddetta rottamazione colpisca a vanvera in molti settori. Se i denigratori non possono ricordare, potrebbero ascoltare, ma di solito l'ignoranza va di pari passo con l'arroganza e percio' bisogna accontentarsi di dire cose che non ascolteranno mai. Noi pero' possiamo ricordare che quel sistema immaginato nel 1948 e' stato realizzato e ha preso le decisioni piu' difficili della nostra storia. Con successi e insuccessi abbiamo recuperato credibilita' internazionale, risollevato l'economia, affrontato emergenze naturali senza scandali, combattuto il terrorismo e la mafia, ristrutturato le Forze Armate e le abbiamo spedite in ogni angolo della Terra a rappresentare l'Italia e abbiamo raggiunto il quarto posto fra sette delle maggiori economie (G-7). Poi, con una breve stagione di "decisionisti" e fantasiosi innovatori abbiamo decuplicato il debito nazionale, aumentato la disoccupazione e il precariato, diminuito la nostra competitivita'. Infine, grazie alle virtu' taumaturgiche del mercato, dei tecnocrati e dei rottamatori abbiamo centuplicato il debito e siamo stati malamente coinvolti in una crisi che non ci avrebbe riguardato cosi' da vicino, se non avessimo avuto immaginifici finanzieri di Stato e speculatori privati rivolti esclusivamente allo sfruttamento delle bolle finanziarie. * - Rossella Guadagnini: E oggi come siamo messi? - Fabio Mini: Andiamo a votare per una legge veramente immaginaria e siamo piu' deboli in Europa, sminuiti nella capacita' di sicurezza, succubi delle decisioni altrui, allontanati dai tavoli di discussione globali ed europei, ultimi nella graduatoria del G7, incapaci di provvedere al rilancio dell'economia e costretti ad elemosinare non denaro (che nessuno regala), ma la possibilita' di fare altri debiti. Non si puo' addossare la responsabilita' di tutto questo solo al sistema bicamerale o ai governi del passato. Negli ultimi dieci anni sono state approvate piu' leggi richieste dal Governo che quelle promosse dal Parlamento. In alcuni periodi delle legislature passate e di quella presente si e' legiferato con le procedure di urgenza su cose che non erano affatto urgenti, si sono blindate leggi e leggine d'iniziativa governativa (109 in questa legislatura), facendo ricorso eccessivo ai colpi di maggioranza, alle deleghe al governo (13 a quello attuale su temi fondamentali come lavoro, scuola, comunicazione pubblica ecc.) e al voto di fiducia al governo (ben 56 volte negli ultimi due anni e mezzo). Oggi non andiamo a votare per migliorare, ma per istituzionalizzare un Parlamento defraudato del potere legislativo e assoggettato al potere esecutivo molto di piu' di quanto non lo sia gia' ora. * - Rossella Guadagnini: Rossella Guadagnini: Un altro elemento su cui insistono i fautori della riforma e' la governabilita'. Argomento convincente, a suo parere? - Fabio Mini: La "governabilita'" e' ormai un dogma. Ma non e' un'invenzione di oggi. Il tema e' stato sollevato per primo da Bettino Craxi (fine anni '70), quando con i voti di un partito largamente minoritario voleva guidare per sempre l'intero Paese. Non a caso parlava di governi di legislatura (che stessero al governo "certamente" almeno per turni di 5 anni) o di "governo presidenziale", pensando di diventare presidente. Ma i governi erano comunque coalizioni di grandi partiti che godevano anche dell'appoggio esterno di alcune opposizioni. La democrazia non era in pericolo, semmai era evidente l'insofferenza di un leader carismatico nei confronti dei grandi partiti. Lo stesso tema fu affrontato da Spadolini nel 1982 in maniera geniale, anche se inattuabile. Anche lui leader carismatico, esponente di un partito abbondantemente minoritario, ma giuridicamente molto piu' preparato di Craxi, individuo' il collante fra le coalizioni, non nell'egemonia del partito piu' numeroso, ma in una presunta forza istituzionale del Presidente del Consiglio. Di fatto, sostituiva la forza dei partiti con la forza del ruolo di Capo del Governo. Intendeva istituire il "regime del primo ministro" al posto del "regime dei partiti". "Perche' - diceva - il governo della Repubblica deve governare anche per chi gli vota contro, anche per i senza partito, anche per gli extraparlamentari, anche per chi ancora non vota e votera' domani". Era una proposta al limite della liceita' costituzionale e valeva finche' ci si credeva. Ma lui era Spadolini e governo' a modo suo, non per molto, ma senza modificare una sola virgola della Costituzione. Nel caso si fosse resa necessaria una riforma, Spadolini ebbe a dire: "Il governo ricerchera' sempre con l'opposizione l'"idem sentire de Constitutione". Questa riforma e' lontana anni luce dall'idem sentire di Spadolini e di tutti i Padri costituenti. Non vuole eliminare "il regime dei partiti", ma istituire il regime di un partito, anche se oggettivamente non maggioritario, come lo sono tutti i grandi partiti di oggi. * - Rossella Guadagnini: E' stato detto che la riforma e' necessaria per realizzare "un processo organico di riforma in grado di razionalizzare in modo compiuto il complesso sistema di governo multilivello articolato tra Unione Europea, Stato e Autonomie territoriali". - Fabio Mini: Magari lo fosse, e magari fosse stato spiegato chiaramente cosa sarebbe necessario. E' stato invece raffazzonato un discorso che parla di razionalizzare "alla luce dei provvedimenti gia' presi in relazione allo spostamento del baricentro decisionale connesso alla forte accelerazione del processo di integrazione europea e, in particolare, l'esigenza di adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea (da cui sono discesi, tra l'altro, l'introduzione del Semestre europeo e la riforma del patto di stabilita' e crescita) e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e della spesa); le sfide derivanti dall'internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale". Sono parole testuali della proposta, ma piu' che un proposito, lo sproloquio sembra una "captatio benevolentiae" nei confronti dell'Europa. Una inutile piaggeria, che non ha piu' senso visto che l'integrazione europea e' piu' lontana che mai, la governance europea e' in crisi grazie anche agli atteggiamenti estemporanei del nostro governo (prima, durante e dopo Bratislava) e che nella cosiddetta riforma non c'e' nulla che risponda alle sfide "dell'internazionalizzazione economica". Oggi in campo internazionale siamo ad un livello di guerra fredda molto vicino alla guerra calda tra blocchi contrapposti, come nel 1946, in Europa, in Asia e quindi in tutto il mondo. Gli equilibri stanno cambiando rapidamente e in modo pressoche' incontrollato. Gli stessi Stati Uniti non sanno dove andare e domani forse scopriranno di non voler e non poter andare da nessuna parte. Oggi, in Italia siamo sicuramente in piena guerra fredda interna: da vent'anni siamo prigionieri di una dicotomia fra destra e sinistra che ancora parla di comunismo e fascismo. Grazie all'arroganza di partiti personalizzati il Paese e' spaccato apparentemente in due, ma sostanzialmente in cento pezzi. * - Rossella Guadagnini: E' una questione che riguarda esclusivamente i partiti politici? - Fabio Mini: No, e' dovuta anche all'avidita' dei poteri economici, industriali e finanziari che sostengono i partiti per i propri interessi, i quali non necessariamente coincidono con l'interesse collettivo, meno che mai con il bene pubblico. Ma i partiti hanno un'aggravante: hanno interpretato l'articolo 49 della Costituzione come l'investitura di ciascuno di essi alla rilevanza costituzionale. Il segretario di un partito si sente - e di fatto e' stato considerato dagli stessi presidenti della Repubblica - come un "organo costituzionale". In realta' l'articolo 49 stabilisce la liberta' dei cittadini di associarsi in partiti, ma non assegna a essi altra funzione se non quella di permettere che i cittadini concorrano con metodo democratico a determinare la politica nazionale. La rilevanza costituzionale e' dei cittadini, non dei partiti. In realta' i tre partiti maggiori del panorama italiano non assicurano affatto il metodo democratico, ma quello monocratico o al massimo oligarchico, autoritario e personalizzato. Non danno alcuno spazio di dissenso al loro interno e sono da tempo impegnati in una delegittimazione reciproca che ha prodotto la sclerosi delle strutture interne e la completa sfiducia dei cittadini nella politica in generale. * - Rossella Guadagnini: Eppure questa riforma e' passata con l'avallo del Parlamento. - Fabio Mini: Certo, ma non nella misura necessaria alla sua promulgazione. Tant'e' che andiamo al Referendum proprio perche' non e' stato raggiunto l'accordo richiesto dalla stessa Costituzione. In compenso ci e' stato detto che questa riforma ha rispettato tutti i parametri costituzionali e democratici. In realta', l'iter di questa riforma, come quella bocciata nel 2006, e' stato caratterizzato dalla prevalenza del metodo "a colpi di maggioranza", abbandonando l'equilibrio previsto dalla Costituzione tra leggi "consensuali" e "maggioritarie". Si e' invece rafforzata la presunta equivalenza fra principio democratico e principio maggioritario. Le modifiche alla Costituzione o alla forma di governo e della rappresentanza (come nel caso della legge elettorale) scaturiscono dalla convenienza della maggioranza di turno: nel periodo 2000-2015, ben nove (su dieci) leggi di revisione della Costituzione sono state approvate con i soli voti della maggioranza parlamentare, senza cercare larghe intese all'interno delle forze. * - Rossella Guadagnini: La nuova legge ha il sostegno di intellettuali, sindacalisti, forze economiche e finanziarie. - Fabio Mini: Non mi sorprende. Molti sono in buona fede perche' attratti dal canto delle sirene sui risparmi e sulla limitazione dei politici o soltanto dalla voglia di punire il sistema o i partiti avversari. Alcuni poteri cosiddetti forti sono attratti dalla prospettiva di avere un governo a propria disposizione. Altri pensano alla pancia quotidiana e sostengono chi promette di piu' o elargisce elemosine elettorali. Qui il governo ha buon gioco perche' e' l'unico in grado di promettere, anche se sa benissimo di non poter mantenere. Ma e' soltanto un escamotage che deve durare un mesetto ed e' una sorta di competizione sleale perche' gli oppositori, non essendo in campagna elettorale per la legislatura, non possono promettere niente altro che la fine del governo. Aumentando cosi' l'incertezza di chi spera nei bonus e la diffidenza degli stranieri. * - Rossella Guadagnini: A detta dei fautori del Si', non vengono alterate le Istituzioni democratiche. E' cosi'? - Fabio Mini: Secondo la definizione socio-economica piu' moderna e coerente, lo scopo di una "Istituzione" (e il Senato e' una Istituzione) e' quello di garantire la corretta applicazione delle norme stabilite tra l'individuo e la societa' o tra l'individuo e lo Stato, sottraendole all'arbitrio individuale e all'arbitrio del potere in generale (Haidar J.I. - 2012). Ebbene, questa riforma nega e offende le Istituzioni democratiche: nei fatti stravolge l'impianto istituzionale dello Stato aumentando l'arbitrio individuale, o di un gruppo, e l'arbitrio del potere in generale. Il mio non e' un giudizio teorico o di principio. Come uomo, soldato e cittadino con oltre 46 anni di servizio nell'ambito di una istituzione fondamentale come le Forze Armate, deputate alla difesa della Patria, anche in guerra, non posso condividere una riforma che sottrae al Parlamento la decisione sulla piu' drammatica evenienza di uno Stato: la dichiarazione di guerra. La norma proposta indica infatti nel Governo, attraverso la sua ovvia e artificiosa maggioranza monocamerale, il responsabile di tale decisione. * - Rossella Guadagnini: Ma la guerra non e' un'evenienza remota? - Fabio Mini: E' vero che sul piano pratico la cosa puo' sembrare ininfluente: nessuno piu' dichiara apertamente la guerra, ad eccezione degli Stati Uniti che ormai scendono in guerra per ogni cosa. Ma anche loro, pur chiamando "guerra" qualsiasi sforzo interno ed internazionale, pur individuando nemici in ogni interlocutore, pur usando gli strumenti di guerra come prima risorsa d'emergenza e pur avendo inventato la guerra preventiva che non previene, ma anzi anticipa la guerra, sono ben attenti ad evitare con cura qualsiasi dichiarazione formale di guerra. Oggi, specialmente da parte dei Paesi europei e della Nato, la guerra si fa senza dichiararla o semplicemente cambiandone il nome. E, comunque, neppure l'impegno della Nato nella difesa collettiva (articolo 5 del Trattato) costringe in modo automatico ad intervenire con le armi. Ogni Paese membro puo' (e deve) scegliere in che maniera contribuire alla difesa collettiva. Tuttavia, se la norma che equipara la dichiarazione di guerra a qualsiasi altro atto amministrativo puo' sembrare ininfluente sul piano pratico, non lo e' affatto sul piano istituzionale e della filosofia del diritto. In questo caso, l'abolizione del bicameralismo perfetto e' la chiara manifestazione della volonta' di banalizzare il ruolo delle istituzioni a partire dall'atto piu' drammatico delle loro funzioni: la deliberazione sulla guerra. Il Parlamento riformato ha uno squilibrio a favore della Camera e questa, per effetto della legge elettorale maggioritaria e dei premi di maggioranza esagerati, ha uno squilibrio a favore del Governo. Di fatto, il nuovo Parlamento e lo stesso Governo cessano di essere organi legislativi rappresentativi di tutto il Paese e perdono la qualita' fondamentale per autorizzare la guerra in nome del popolo italiano e quindi anche la facolta' di assumere ogni altra decisione che comporti analoghi sacrifici per tutta la popolazione e il trasferimento di risorse, poteri e funzioni da una istituzione all'altra. * - Rossella Guadagnini: Sono squilibri pericolosi? - Fabio Mini: Nella sostanza si'. Se tali squilibri consentono di accelerare le decisioni del Governo in nome della cosiddetta governabilita', non e' detto che favoriscano solo i provvedimenti giusti ed equanimi, adottati in nome e per conto del bene pubblico. Abbiamo continuamente esperienze di provvedimenti ad personam e a favore di gruppi di potere e di avventure che non hanno nulla a che vedere con il bene pubblico. Il Senato riformato che non e' piu' una Istituzione, perche' non ha poteri equilibratori nell'ambito del Parlamento, e' una costosa conferenza saltuaria di amministratori locali, la cui legittimazione nell'incarico "complementare" dipende dall'arbitrio di chi li ha designati. Voto No all'eliminazione dell'equilibrio dei poteri e dei contrappesi istituzionali che di fatto conduce all'arbitrio del potere del partito di maggioranza del momento. Voto No al vilipendio delle istituzioni parlamentari (e non solo) esercitato da un partito che designa parlamentari e senatori non per esigenze di rappresentativita', ma per clientelismo e corruzione. Voto No perche' non voglio essere rappresentato in Parlamento e nelle altre istituzioni nazionali ed europee da personaggi ignoranti, compromessi, immorali e pregiudicati. Abbiamo gia' vissuto il tempo del disprezzo nei confronti delle nostre Istituzioni quando a occuparle venivano designati amici, clienti e compagni o compagne d'alcova. Me ne sono vergognato profondamente quando in campo internazionale, politico e militare, si lanciavano battutacce sui nostri governanti. Voto No perche' cio' non si ripeta. E comunque non si ripetera' con il mio sostegno o la mia indifferenza. * - Rossella Guadagnini: Riflessioni come le sue hanno avuto la possibilita' di raggiungere i cittadini? - Fabio Mini: Se lo hanno fatto non e' certo per merito del Governo o della comunicazione pubblica. Ci avevano detto di voler rispettare le regole democratiche anche nella comunicazione. In realta' le voci di coloro che, come me, hanno servito lo Stato e difeso le istituzioni democratiche con disciplina e onore, e quelle di coloro che, come tantissimi, hanno lavorato per l'Italia rappresentandone l'eccellenza culturale, tecnologica, economica, istituzionale e di solidarieta' sono state soffocate dal vocio della propaganda di Stato. Ben prima della decisione di ricorrere al Referendum il Governo intero ha occupato tutti gli spazi di comunicazione, tramutando il legittimo sostegno a una propria proposta in bagarre affaristica e campagna ideologica a dispetto e scapito dell'equilibrio e dell'unita' nazionale. Con il ricorso al referendum, la consultazione si e' trasformata in una sfida tra si' e no, a prescindere da cosa significassero. C'e' stata la conta degli amici e dei nemici, dei clienti riconoscenti e dei candidati a posti e poltrone accondiscendenti. La giusta perorazione della causa riformistica e' stata volutamente personalizzata, fino a farla diventare una scommessa sulla stessa sopravvivenza del Governo. Come tutte le scommesse e' stato un gioco, un azzardo, un bluff, un rischio e un ricatto sostenuti da una mobilitazione mediatica senza precedenti. Ogni canale di discussione moderata e costruttiva e' stato occupato da comizi e spettacoli celebranti una grande festa della Dis-Unita'. Gli spazi d'informazione pubblica (una risorsa di e per tutti) sono stati spesi (anche in senso economico) solo a favore del marketing governativo, in Italia e all'estero. * - Rossella Guadagnini: Come definirebbe la sua posizione, conservatrice o progressista? - Fabio Mini: Direi molto progressista. Esprimo il mio No a questa riforma con spirito costruttivo, perche' non voglio che il mio Paese rimanga intrappolato in un sistema che assegna i poteri dello Stato a una maggioranza risicata e faziosa, frutto dell'allontanamento dei cittadini dalla politica, senza nessun organo di controllo e bilanciamento dei poteri. Mi e' stato fatto osservare che in tutti i Paesi del mondo "va al comando" il partito di maggioranza relativa, e che l'evanescenza delle opposizioni non dipende dalla legge elettorale. E' vero, e infatti non ho mai apprezzato il concetto di un partito "al comando". I partiti dovrebbero essere al servizio della comunita', esattamente come le istituzioni, i governi e le amministrazioni pubbliche. Ma anche dove i partiti godono di ampia maggioranza ci sono differenze sostanziali. Ho vissuto abbastanza a lungo nei due paesi a sistemi opposti per capirne gli effetti: la democrazia americana e il regime del partito comunista cinese. La democrazia americana non e' tale perche' votano i cittadini, che fra l'altro non votano per eleggere l'uomo al comando, ma perche' esistono istituzioni in grado di limitare gli abusi del potere. Il Congresso, a prescindere dalla maggioranza del momento, e' il piu' feroce censore del potere esecutivo. La magistratura suprema segue a ruota, ma una serie di comitati parlamentari hanno poteri che possono indirizzare e raddrizzare la politica del governo. Inoltre, spesso sono gli stessi partiti, i media, le lobby e i comitati di cittadini a limitare i propri leader. In Cina c'e' un partito che occupa tutto e impone la propria politica a tutti. Si avvale di strutture legislative permanenti per gli affari correnti e di un'assemblea annuale dei rappresentanti del popolo per approvare le grandi leggi: si vota per alzata di mano su ogni proposta e si torna a lavorare. C'e' anche una sorta di senato: e' la Conferenza Consultiva che raggruppa i rappresentanti dei partiti, varie etnie, associazioni popolari, amministratori locali e personalita' indipendenti. Non ha alcun potere effettivo ed e' diretta dallo stesso Partito Comunista, che comunque la utilizza come foglia di fico per spacciare una parvenza di democrazia. In Cina il vero equilibrio fra i poteri e la garanzia di una dialettica politica si realizzano all'interno del partito stesso che e' tutt'altro che monolitico o cristallizzato. L'ostentata ammirazione per il sistema americano da parte del nostro Governo e' smentita proprio dalla riforma: il sistema che vuole instaurare con la riforma e' lontanissimo da quello americano e vicinissimo al sistema cinese. Con due differenze: da noi il partito di regime non assicura alcuna dialettica equilibratrice interna e i rappresentanti alla Camera bivaccano in permanenza a Roma. * - Rossella Guadagnini: E l'intervento popolare tramite il Referendum? - Fabio Mini: E' importante ma non sara' determinante finche' la partecipazione non sara' veramente significativa. Non si puo' ricorrere sempre ai referendum per colmare le incapacita' della politica, anche perche' gli stessi referendum costituzionali, che dovrebbero essere i piu' importanti, dimostrano la disaffezione popolare nei confronti della politica e s'indeboliscono nella capacita' effettiva di rappresentare la Nazione. Alla prima consultazione referendaria sulla Costituzione della nostra storia, il 7 ottobre 2001, si reco' a votare solo il 34,1 % degli aventi diritto e i voti validamente espressi furono per il 64,2 % favorevoli alla modifica costituzionale: erano appena il 21% degli aventi diritto. Alla seconda, quella del 25-26 giugno 2006, voto' il 52,30% degli aventi diritto e la legge voluta da Berlusconi fu respinta dal 61,32% dei votanti: appena il 32% degli aventi diritto. * - Rossella Guadagnini: Come riassumerebbe le sue motivazioni? - Fabio Mini: Voto No ad una riforma che spacca il paese e prelude ad una frattura ancora piu' ampia e pericolosa fatta di disprezzo per le Istituzioni, rigetto delle opposizioni, soppressione delle minoranze e ghettizzazione delle intelligenze non allineate: tutti segni storicamente premonitori di dittatura e guerra civile. Voto No perche' il sistema proposto e' gia' in atto e non funziona, anzi mortifica le istituzioni e minaccia la democrazia. Soltanto con il No si puo' pensare di rettificare questo stato di fatto e avviare la stagione delle riforme equilibrate ed efficaci. Voto No perche' il governo, qualunque esso sia, e le istituzioni nazionali a partire dal 5 dicembre si dedichino a risolvere i problemi strutturali che gravano sulla nostra nazione, i problemi della ripresa economica, di compattazione sociale e di disaffezione politica e formuli finalmente un progetto per riunire i cittadini italiani e le forze politiche attorno ad una Costituzione rinnovata ma condivisa. Voto No oggi per avere domani (e non dopodomani) la possibilita' di vedere una riforma seria e corretta. Voto No perche' mi si chiede di esprimermi con un monosillabo su un insieme di elementi disomogenei, appartenenti a materie molto diverse e dagli effetti indecifrabili se non indagati dal punto di vista tecnico-giuridico. Invece di approfondire e sviscerare tali aspetti, mi si chiede di votare senza considerarli, quasi a voler nascondere il fatto che proprio tra essi si annidano tutti gli elementi distruttivi e destabilizzanti della riforma. Mi si chiede un voto di fiducia cieca, ideologico, che non lascia a me, e a nessun cittadino libero di ragionare con la propria testa, altra alternativa che il No. * - Rossella Guadagnini: Secondo lei, e' questa l'ultima occasione per fare le riforme? - Fabio Mini: Il No e' l'ultima occasione per stroncare sul nascere i propositi inaugurali di una stagione di continue ulteriori modifiche alla Costituzione, rese via via piu' facili e incontrollate da questa stessa riforma, tendenti a stravolgere completamente l'assetto istituzionale del nostro Stato. In questo senso, non mente chi dice che il 4 dicembre non e' un traguardo finale, ma uno striscione di partenza. Tuttavia, soltanto con il No parte l'Italia Unita, di tutte le fedi e convinzioni, per riaffermare la Democrazia, la Giustizia e la Liberta' volute da tutti gli Italiani che per esse hanno sofferto privazioni, vessazioni, torture e che per esse hanno versato il proprio sangue in guerra e in pace. In caso contrario, con il Si', parte la vera corsa al potere assoluto di una maggioranza di palazzo. Anche questa e' stata una delle cause storiche delle dittature, delle guerre civili, dei colpi di stato, delle rivoluzioni. |