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12 maggio 2016

 

La tirannia della finanza e la bestia

 

Il problema delle società avanzate è il «finanzcapitalismo», che a differenza del capitalismo classico, che produceva «valore», tale valore lo «estrae» dalla collettività. Così un articolo di Roberto Sommella sul Corriere della Sera del 12 maggio dedicato alla «tirannia della finanza», nel quale accenna a come «quasi l’80% dei 120 milioni di azioni scambiate annualmente sulle borse mondiali perseguono finalità speculative. Senza contare la mole di derivati che non passano su mercati regolamentati e che possono valere sette volte tanto».

 

Una mole di denaro virtuale, che «“potrebbe nutrire due volte il mondo”», gestito da pochi e a dispetto delle infauste sorti dei singoli Paesi e delle istituzioni transnazionali che subiscono la tirannia della finanza. Essa rende inutili le politiche monetarie ed economiche delle istituzioni, delle quali anzi beneficiano soltanto i signori della finanza. «Come ha scritto profeticamente Luciano Gallino, si nutre la “bestia” piuttosto che coloro che sarebbero in grado di “produrre” valore», chiosa Sommella.

 

«Vita reale e andamenti azionari vivono ormai vite parallele – aggiunge il cronista -. È il confronto tra produzione ed estrazione di valore tra chi vive di reddito e chi vive di rendita”». Sommella individua i pilastri del nuovo regime economico, che «nessun governo è in grado di cambiare», in tre grandi ambiti: «“le grandi banche classiche […]; la finanza “ombra” che a dispetto del nome è molto concreta; i fondi pensione e gli hedge founds, che di fatto possono decidere le sorti delle aziende e in molti casi anche degli Stati». «Ci vorrebbe una conferenza di disarmo finanziario», conclude l’articolo, ma anche questo auspicio è forse una «grande utopia».

 

Nota a margine. Probabile che l’auspicio di un disarmo della finanza internazionale sia un’utopia, e però le utopie perseguite possono portare compromessi e aggiustamenti di sistema. Compromesso necessario non solo a evitare che la popolazione mondiale sia sempre più depauperata, con il rischio di rivolgimenti conseguenti, ma anche per evitare un altro rischio del quale sono consapevoli anche i signori della finanza.

 

Il sistema è al collasso, è ormai manifesto. Questa vampirizzazione non potrà durare a lungo senza portare alla morte per dissanguamento delle loro vittime – popoli e nazioni – e al conseguente esaurimento delle risorse da drenare. Certo, la finanza armata da tempo ha immaginato un via di uscita. Ha iniziato con la guerra infinita, che le ha creato nuove opportunità, ma anche questa potrebbe non bastare ad alimentare il processo.

 

Da qui l’opzione di una nuova guerra globale, l’opzione apocalisse appunto (quella immaginata dall’esoterismo, non quella cristiana, cui invece non appartiene la devastazione del mondo ma il ritorno vittorioso di Gesù). Per avviare un reload di sistema. 

 

Ma è una via perigliosa anche per i signori della finanza, perché gestire una guerra globale, con le tante variabili in gioco in un sistema complesso come quello moderno, non è facile. Il rischio di imprevisti è alto. Certo, l’ottundimento causato dall’essersi consegnati alla Bestia non consente a tali ambiti grandi spazi di manovra. E però anche tra le loro schiere serpeggia incertezza. Lo spazio per un compromesso non si è ancora chiuso.

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