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11 aprile 2016

 

La corruzione rivelata nei Panama Papers ha aperto la porta all’Isis

di Patrick Cockburn

Traduzione di Maria Chiara Starace

 

Chi dubiterà che ‘il segreto nascosto

Sotto la piramide di Cheope’

Era che l’appaltatore aveva

Sottratto a Cheope parecchi milioni?

 

Il messaggio della poesia di Rudyard Kipling è che la corruzione è sempre con noi e che non è cambiata molto nel corso dei secoli.  C’è un po’ di verità in questo, ma i livelli di corruzione sono molto importanti come avrebbe  scoperto  Cheope a sue spese, se avesse tentato di costruire la sua piramide nel moderno Iraq invece che nell’antico Egitto. Il progetto gli costerebbe miliardi invece che milioni – e più probabilmente finirebbe con un buco nel terreno invece che in qualche cosa che somigli a una piramide.

Tre anni fa ero a Baghdad dopo che aveva piovuto moltissimo e guidavo su strade che erano sparite sotto un’acqua grigia dell’inondazione unita a liqumi. Chiesi in seguito a Shirouk Abayachi, consigliera del Ministero delle risorse idriche, perché stesse accadendo questo e mi disse che “fin dal 2003, erano stati spesi 7 miliardi di dollari per costruire una nuova rete fognaria per Baghdad,  ma le fogne, o non erano state costruite, oppure erano state costruite molto male.” Ella concluse che la “corruzione è la chiave di tutto questo.”

Chiunque discuta i Panama Papers e le pratiche dello studio legale  Mossack Fonseca,  dovrebbe pensare alla destinazione finale dei 7 miliardi di dollari non spesi per la rete fognaria  di Baghdad. Ci saranno molti  intermediari e mediatori che proteggeranno chiunque abbia profittato di questa enorme somma, ma il sospetto deve essere che una proporzione di questa dovrà andare in centri finanziari offshore dove il denaro viene nascosto e può essere trasformato in beni legalmente conservati.

Non c’è un legame ovvio tra le rivelazioni nei Panama Papers, l’ascesa dello Stato Islamico e le guerre che fanno a pezzi almeno nove paesi in Medio Oriente e in Nord Africa. Questi tre sviluppi sono però intimamente connessi quando le élite di governo che “travasano”  la loro ricchezza nei paradisi fiscali e in proprietà all’estero, perdono credibilità politica. Nessun comune afgano, iracheno o siriano combatterà e morirà per governanti che detesta in quanto truffatori. Fondamentale per l’ascesa dell’Isis, di al-Qaida e dei talebani  rispettivamente in Iraq, in Siria, in Afghanistan non è la loro forza e popolarità, ma la debolezza e impopolarità dei governi ai quali sono contrari.

Kipling aveva ragione a credere che c’è sempre stata la corruzione,  ma  dall’inizio degli anni ’90 gli stati corrotti si sono spesso trasformati in cleptocrazie.

Le famiglie governanti e le ristrette cricche attorno a loro hanno preso una porzione sempre più grande della torta economica.

In Siria, fin dall’inizio di questo secolo, per esempio, la popolazione rurale e la popolazione urbana povera non hanno goduto più dei benefici limitati che avevano in precedenza ricevuto durante un  regime ugualmente brutale ma più ugualitario. Nel 2011, è stato riferito che il cugino di primo grado del Presidente Bashar al-Assad, Ramni Makhlouf,  è un protagonista dominante nel 60% dell’economia siriana e che ha un patrimonio  personale di 5 miliardi di dollari.

In Iraq, all’inizio di quest’anno, uno specialista di finanza che desidera rimanere anonimo, ha detto che il governo del primo ministro Haider al-Abadi aveva dei file sugli individui corrotti, compreso un politico che ha accumulato una fortuna di 6 miliardi di dollari per mezzo di operazioni commerciali che implicavano corruzione.”

Il rischio di citare esempi estremi di corruzione che troviamo in paesi esotici e devastati dalla guerra, come Iraq, Afghanistan e Siria, è che possano sembrare esempi  di situazioni che si verificano su un altro pianeta. I sistemi politici ed economici in Iraq e in Afghanistan furono però concepiti sotto la tutela degli Stati Uniti e di alleati come la Gran Bretagna che erano propugnatori  di un’economia di mercato che in Occidente può aumentare la disuguaglianza ed essere di beneficio per i ricchi, ma che a Kabul e a Baghdad era una come una licenza di rubare da parte di chiunque avesse il potere.

Gli economisti neo-liberali hanno molto di cui rispondere. Pochi giorni dopo che l’Isis aveva preso il controllo di Mosul nel giugno 2014, ero a Baghdad e chiesi a un generale iracheno a quattro stelle di recente congedatosi, perché l’esercito iracheno molto più grande e meglio equipaggiato, era stato sconfitto così rapidamente e in maniera così umiliante. Mi rispose e la spiegazione è stata: “Corruzione! Corruzione! Corruzione!”

Aggiunse che questa era pervasiva e che era iniziata quando gli Stati Uniti stavano costruendo delle nuove forze armate dopo la deposizione di Saddam Hussein nel 2003, quando i comandanti americani avevano insistito di appaltare il  cibo e altri rifornimenti a contractor  privati. Questi commercianti e gli ufficiali dell’esercito decisero subito che se il governo dava dei soldi per dar da mangiare e per equipaggiare un battaglione di 600 uomini ma se la sua vera forza era di soltanto di 150, potevano mettersi in tasca la differenza. Questo  accordo   fu così redditizio, che nel 2014 tutti i posti  degli ufficiali erano in vendita e costava 200.000 dollari diventare colonnello e fino a 2 milioni di dollari diventare generale a capo di una divisione.

Nel corso degli anni si è spesso riferito di corruzione  ai massimi livelli a Kabul e Baghdad, sebbene  non molto  sembra che  cambi.   E’ però un errore immaginare che questo sia stato semplicemente la conseguenza di una cultura di corruzione tipica dell’Afghanistan e dell’Iraq. I ministri più corrotti sono stati nominati e i contratti più    disonesti sono stati firmati in un  periodo in cui gli ufficiali americani erano coloro che prendevano realmente le decisioni a Baghdad.

Per esempio, l’intero bilancio dell’approvvigionamento  militare di 1,2 miliardi era stato effettivamente rubato nel 2004/2005 quando il Ministero della Difesa era sostanzialmente sotto il controllo degli Stati Uniti, sollevando questioni di competenza, o anche di collusione delle autorità americane.

La situazione è peggiorata, non migliorata. “Sette o otto anni fa temevo che l’Iraq sarebbe diventato come la Nigeria,”  ha detto un ex ministro nel 2013, ma di fatto è di gran lunga peggiore.”

Citò come prova un contratto di 1,3 miliardi di dollari firmato da un ministro con una compagnia straniera che esisteva soltanto nominalmente, e con una seconda compagnia che era fallita.  Questo avveniva in un paese in cui un terzo della forza lavoro è disoccupato, e, se si tiene conto dei lavoratori sottoutilizzati, la cifra aumenta di oltre la metà.

L’uso di centri finanziari offshore da parte delle élite abbienti negli stati petroliferi e in gran parte del resto del mondo, non è sempre allo scopo di evitare le tasse che non pagherebbero se  tenessero il denaro in patria, ma in alcuni casi per nascondere ciò che hanno rubato e in seguito per riciclarlo legalmente.

Una parte di questo può essere fatto comprando proprietà in luoghi come Baghdad, cosa che spiega perché i prezzi delle proprietà in quella città pericolosa sono elevati come a Londra. Ma è più sicuro ed è meglio comprare proprietà a Londra, cosa che richiederà alla fine i servizi di una compagnia come la Mossack Fonseca – sebbene questi servizi saranno ben lontani dall’originaria fonte tossica dell’investimento.

I Panama Papers permettono di dare uno sguardo ai  nomi e ai meccanismi tramite i quali le élite globalizzate nascondono la loro ricchezza ed evitano di pagarci le tasse. I commentatori prevedono ora che il disgusto popolare per l’establishment politico beneficerà i leader radicali come Bernie Sanders negli Stati Uniti e Jeremy Corbyn nel Regno Unito.

Quello che non vedono è che il modo in cui  il distacco degli interessi di alcune  élite dai paesi che governano, ha già prodotto stati che sono falliti o che stanno fallendo o che sono dilaniati da conflitti e da guerra.

 


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.counterpunch.org/2016/04/11/the-corruption-revealed-in-the-panama-papers-opened-the-door-to-isis/

Originale: non indicato

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