Originale: Project Syndicate

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3 aprile 2016

 

Democrazia o bancarotta in Europa

di Yanis Varoufakis

traduzione di Giuseppe Volpe

 

 “L’Europa sarà democraticizzata o si disintegrerà!” Tale massima è più di uno slogan dal manifesto del Movimento Democrazia in Europa – DiEm25, il gruppo che ho appena contribuito a lanciare a Berlino. E’ un semplice fatto, anche se misconosciuto.

L’attuale disintegrazione dell’Europa è sin troppo reale. Apparentemente stanno apparendo divisioni dovunque uno guardi: lungo confini, all’interno di società ed economie e nelle menti dei cittadini dell’Europa.

La perdita d’integrità dell’Europa è divenuta dolorosamente evidente nell’ultima svolta della crisi dei profughi. I leader europei hanno chiesto al presidente turco Recep Tayyip Erdogan di aprire i confini del suo paese ai profughi dalla città siriana di Aleppo devastata dalla guerra; al tempo stesso hanno strigliato la Grecia perché ammette gli stessi profughi nel territorio “europeo”, e hanno persino minacciato di erigere barriere lungo i confini della Grecia con il resto dell’Europa.

Una disintegrazione simile si può vedere nel regno della finanza. Se un cittadino statunitense vincesse un premio alla lotteria non gli interesserebbe se i dollari del suo premio fossero depositati in una banca con sede in Nevada o a New York. Non è così nell’eurozona. La stessa somma in euro un diverso valore “atteso” in un conto bancario portoghese, italiano, greco, olandese o tedesco, poiché le banche negli stati membri più deboli dipendono da salvataggi da governi con problemi di bilancio. Questo è un segno sicuro della disintegrazione della moneta unica.

Contemporaneamente fratture politiche stanno dividendo il cuore dell’Unione Europea e vi si stanno moltiplicando. Il Regno Unito è lacerato sull’uscire o no, un riflesso della cronica indisponibilità della sua dirigenza politica a difendere la UE e a contrastarne l’autoritarismo. La conseguenza è un elettorato tendente a incolpare la UE di tutto ciò che va male ma senza interesse o a promuovere una campagna per una maggiore democrazia europea o a lasciare il mercato unico della UE.

Più profeticamente si è fratturato l’asse franco-tedesco che alimentava l’integrazione europea. Emmanuel Macron, ministro francese dell’economia, non avrebbe potuto essere più agghiacciante quando ha detto che i due paesi si stanno approssimando a una versione moderna della Guerra dei Trent’Anni tra cattolici e protestanti.

Nel frattempo i paesi del sud languono in uno stato di recessione permanente di cui incolpano il nord dell’Europa. E, come se non bastasse, è apparsa un’altra minacciosa linea di faglia lungo l’ex Cortina di Ferro, con governi dei paesi ex comunisti che sfidano apertamente lo spirito di solidarietà che soleva caratterizzare (almeno in teoria) il progetto europeo.

Perché l’Europa si sta disintegrando? E che cosa si può fare al riguardo?

La risposta sta nelle origini della UE. La UE ha preso vita come cartello di industrie pesanti decise a manipolare i prezzi e a ridistribuire profitti monopolistici attraverso una burocrazia con sede a Bruxelles. Per fissare i pressi entro i confini europei erano necessario fissare anche i rapporti di cambio. Nell’era di Bretton Woods questo “servizio” era offerto dagli Stati Uniti. Ma non appena gli Stati Uniti hanno scaricato Bretton Woods nell’estate del 1971 gli amministratori del cartello con base a Bruxelles hanno cominciato a progettare un sistema europeo di cambi fissi. Dopo una serie di fallimenti (spesso spettacolari) è nato l’euro per come super-colla dei rapporti di cambio.

Come accade ai tutti gli amministratori di cartelli, i tecnocrati della UE hanno trattato da minaccia una genuina democrazia pan-europea. Pazientemente, metodicamente, è stato messo in atto un processo di depoliticizzazione del processo decisionale. Politici nazionali sono stati ricompensanti profumatamente per la loro acquiescenza mentre chiunque si opponesse all’approccio tecnocratico del cartello era etichettato da “non europeo” e trattato da estraneo.

Così, anche se i paesi europei restavano democratici, le istituzioni della UE, dove era stata trasferita la sovranità su decisioni cruciali, è rimasta esente da democrazia. Come spiegò Margaret Thatcher nel corso della sua ultima apparizione parlamentare da primo ministro britannico, chi controlla il denaro e i tassi d’interesse, controlla la politica dell’Europa.

La consegna del denaro e della politica dell’Europa a un cartello amministrativo non ha solo dichiarato la fine della democrazia europea; ha anche alimentato un circolo vizioso di autoritarismo e di scarsi risultati economici. Quanto più la dirigenza europea soffoca la democrazia, tanto meno legittima diviene la sua autorità politica. Ciò induce i leader europei a raddoppiare l’autoritarismo al fine di restare attaccati alle loro politiche fallite quando si rafforzano forze economiche recessive. E’ per questo che l’Europa è la sola economia del mondo che non si è ripresa dal 2008.

E’ attraverso questo circolo vizioso che la crisi dell’Europa sta volgendo i suoi popoli a rinchiudersi e a mettersi gli uni contro gli altri, amplificando sciovinismo e xenofobia latenti. In effetti è ciò che ha reso l’Europa incapace di assorbire shock esterni, come l’afflusso di profughi dell’estate scorsa.

Ciò che dovremmo fare ora è ciò che i democratici avrebbero dovuto fare nel 1930 per prevenire una catastrofe che ora appare di nuovo immaginabile. Dovremmo creare una coalizione pan-europea di democratici radicali, sociali, verdi e liberali per riportare il “demos” nella democrazia, contrastando la dirigenza UE che considera il potere popolare una minaccia alla propria autorità. E’ di questo che DiEM25 si occupa ed è questo il motivo per cui è necessario.

Siamo utopisti? Forse. Ma è più realistico del tentativo della dirigenza UE di insistere con la nostra unione in disintegrazione, antidemocratica e tipo cartello. Se il nostro progetto è utopico, è anche la sola alternativa a una distopia in costruzione.

Il vero pericolo non è puntare troppo in alto e fallire. Il vero pericolo è che gli europei preparino i loro occhi all’abisso e ci finiscano dentro.

 


Yanis Varoufakis, ex ministro greco delle finanze, è professore di economia all’Università di Atene.

 


Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/democracy-or-bust-in-europe/

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