Originale: Ramzybaroud.net http://znetitaly.altervista.org/ 30 giugno 2016
La Brexit va bene per Israele? di Ramzy Baroud Traduzione di Maria Chiara Starace
Dopo mesi di aspettativa, il Regno unito ha deciso di lasciare l’Unione Europea (EU). Anche se non c’stata una grossa differenza tra i risultati – il 51,9% ha votato per ‘Uscire’ in confronto del 48,1% che ha scelto ‘Rimanere – le conseguenze della decisione saranno di vasta portata. Non soltanto i Britannici negozieranno la loro uscita dall’UE (da qui il termine ‘Brexit) entro i prossimi due anni, ma la decisione è probabile che dia inizio a una sollevazione a cui non si è mai assistito nella storia dell’UE. Ma è positivo per la Palestina? All’ombra del cosiddetto dibattito sulla Brexit, si è tenuta una discussione del tutto diversa: ‘la Brexit va bene per Israele’, o, come un commentatore israeliano, Carlo Strenger, lo ha formulato nel quotidiano di Israele, Ha’retz: “che cosa significa (la Brexit) per gli ebrei?” In un tentativo dell’ultimo minuto per propiziare il voto, il primo ministro David Cameron che, va detto a suo merito, ha avuto la dignità di dimettersi dopo il referendum – ha fatto un appello appassionato davanti a un pubblico di ebrei, lunedì, 20 giugno. Ha detto ai sostenitori di Israele della organizzazione benefica ‘Jewish Care, che rimanere nell’UE è realmente positivo per Israele. Ha presentato il suo paese come la salvaguardia degli interessi israeliani nell’UE. L’essenza del suo messaggio era: la Gran Bretagna ha tenuto un occhio vigile su Bruxelles e ha sventato qualsiasi discussione che potesse essere considerata ostile vero lo stato ebraico. “Quando l’Europa discute il suo atteggiamento verso Israele volete la Gran Bretagna – la più grande amica di Israele – lì, a opporsi ai boicottaggi, a opporsi alla campagna per il disinvestimento e le sanzioni, o ci volete fuori dalla stanza, senza il potere di influenzare la discussione che si svolge?” ha detto al pubblico in gran parte ebreo. Come era prevedibile, Cameron ha portato l’Iran nella sua argomentazione, promettendo che, se la Gran Bretagna rimanesse nell’UE, il suo paese sarebbe in una posizione più forte per “impedire che l’Iran si procuri le armi nucleari.” Mentre la campagna per ‘Uscire’ è stata fortemente censurata per avere usato l’allarmismo in modo non etico per dissuadere gli elettori, le osservazioni di Cameron davanti al pubblico di ‘Jewish Care’ che erano un esempio estremo e sfacciato di allarmismo e di manipolazione delle cosiddette ‘minacce esistenziali’ di Israele – hanno ricevuto poca copertura sui media. In effetti la Gran Bretagna ha svolto quel terribile ruolo per decenni, mettendo a tacere qualsiasi seria discussione su Israele e la Palestina, e assicurando che altre voci coraggiose come quella della Svezia, per esempio, fossero controbilanciate con il sentimento ardentemente e incondizionatamente favorevole a Israele, che si irradia costantemente dal Parlamento britannico. Chi può dimenticare l’appassionata difesa di Cameron nei riguardi dell’ultima guerra di Israele a Gaza nel 2014 che uccise 2.200 persone, per lo più civili palestinesi? Inequivocabilmente, Cameron, insieme al Partito Conservatore, è stato un “alleato fidato del Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu,” come viene descritto dal commentatore israeliano Rapahael Ahren, sul “Times of Israel”. Il suo amore per Israele può essere anche più apprezzato quando viene paragonato, sempre secondo Ahren, “all’attuale capo del Partito Laburista, Jeremy Corbyn che è un duro critico di Israele e che ha chiamato gli arci-nemici di Israele, Hamas ed Hezbollah, ‘nostri amici.’” Da quando Corbyn è stato eletto alla guida del Partito Laburista, con una vittoria schiacciante, nel settembre dello scorso anno, una controversia apparentemente fabbricata che sostiene uno sfrenato anti-semitismo all’interno del Partito Laburista ha sminuito il tentativo del partito di incentrare di nuovo le sue energie sul contestare le politiche neoliberali del Partito Conservatore e rallentare l’impeto del Partito dell’Indipendenza, di estrema destra, di Nigel Farage. Quella ‘crisi’ artificiosa è stata in gran parte opera della lobby israeliana nel Regno Unito, secondo la valutazione del giornalista investigativo Asa Winstanley. E’ stata una ‘caccia alle streghe’ che ha raggiunto un grado di incongruenza senza precedenti. “Ha raggiunto un volume tale che qualsiasi uso della parola ‘Sionista’ è considerato essere anti-semita,” ha scritto, “sebbene, significativamente, non quando è usata da Sionisti dichiarati.” In effetti, molti membri del Partito Laburista o erano essi stessi coinvolti in quella ‘caccia alle streghe’ o soccombevano alla sua pressione, intraprendendo azioni vergognose per difendersi dalle accuse ingiustificate. Come conseguenza, anche il Partito Laburista, sotto attacco e disorganizzato, ha esortato i suoi sostenitori a restare nell’UE, e anche essi hanno perduto l’elezione, In quanto a Israele, la Brexit significava incertezza e anche un’opportunità. L’UE è il più grosso partner commerciale di Israele, e un’UE più debole è destinata a tradursi in minor commercio con Israele, e quindi in perdite finanziarie. Ma Israele è stata anche aspramente critica nei confronti dell’UE, quando i leader israeliani lanciavano ogni sorta di accuse contro un ipotetico anti-semitismo europeo, e Netanyahu stesso chiedeva l’emigrazione di massa degli ebrei europei a Israele. Parte del motivo per cui Tel Aviv è stato furioso con l’UE, è l’accordo nucleare con l’Iran in cui l’UE è co-firmataria. L’altra ragione è una decisione del novembre scorso presa dall’UE per imporre nuove regolamentazioni sui prodotti fatti negli insediamenti ebrei costruiti illegalmente su terra palestinese. Secondo le nuove linee guida, le merci prodotte in questi insediamenti devono avere l’etichetta “fatti negli insediamenti”, una decisione che ha rafforzato ulteriormente gli appelli in tutta Europa a boicottare totalmente Israele. Quella decisione e altre, hanno fatto sempre più apparire l’UE come un alleato inaffidabile per Israele; precisamente a causa di questo, David Cameron ha tentato disperatamente di vendersi all’ultimo minuto prima del voto come avanguardia contro altri membri dell’UE presumibilmente ribelli che si rifiutano di giocare in base a regole ben stabilite. Tuttavia, stranamente, uno dei gruppi più pressanti e anche allarmisti che hanno fatto la campagna per l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, è il ‘Regavim’, una ONG di destra che rappresenta e sostiene gli insediamenti ebraici illegali nella Cisgiordania Occupata e a Gerusalemme Est. Prevedibilmente, ‘Regavim’ usava tattiche per spaventare spingendo uno spauracchio palestinese in mezzo al dibattito storico della Gran Bretagna. La sua campagna comprendeva un video di presa in giro in cui si vede un combattente palestinese mascherato “ presumibilmente della Striscia di Gaza governata da Hamas, che esorta i cittadini del Regno Unito a restare nell’Unione Europea perché appoggia i palestinesi,”, ha riferito il giornale Al Monitor. Secondo Meir Deutsch, di Regavim, lo scopo dell’organizzazione era di “danneggiare l’UE per il suo intervento nel conflitto interno tra Israele e i Palestinesi.” Ora che, secondo la logica spietata di Deutsch, l’UE è debitamente ‘danneggiata’, Israele sta cercando un altro baluardo nell’Unione Europea per difendere i suoi interessi. L’analista israeliano, Sharon Pardo, pur rimpiangendo la perdita di un ‘amico’ nell’UE, ha asserito che questa non è una ‘catastrofe’ perché paesi come la Germania e la Repubblica Ceca sono anche più amichevoli della Gran Bretagna. Israele è particolarmente preoccupato per il suo status all’interno del Consiglio degli Affario esteri dell’UE, ora che il Regno Unito sta uscendo. “La Germania ha buone probabilità di prendere in mano la situazione e il fatto che questo paese sia uno stretto alleato di Israele avrà chiaramente delle implicazioni,” secondo Pardo che ha aggiunto: “La Germania l’adulto responsabile in questa situazione.” Mentre Israele è probabile che si muova velocemente per assicurarsi che ii suoi interessi, sia finanziari che politici, siano protetti in seguito alla Brexit, l’Autorità Palestinese è probabile che si muova molto più lentamente e senza una decisiva strategia centralizzata. L’uscita del Regno Unito dell’UE potrebbe non avere un impatto immediato sul conflitto in Palestina, specialmente durante i prossimi mesi di prevista sollevazione, di negoziati e di transizione; tuttavia potrebbe ancora offrire ai palestinesi un’opportunità per il futuro. Mentre si deve continuare a fare pressione sul Parlamento britannico perché ponga fine al suo incondizionato appoggio a Israele, potrebbe emergere un’Unione Europea probabilmente più gentile, senza la Gran Bretagna lealmente filo-israeliana. L’appoggio del Regno Unito per Israele nell’Unione Europea e il sostegno a tutti i passi americani nella stessa direzione, hanno gravemente ostacolato le possibilità dell’UE di essere tutto tranne che un timbro sulle politiche di Stati Uniti e Regno Unito, non soltanto in Palestina, ma anche in tutto il Medio Oriente. Mentre è troppo presto per fare qualsiasi previsione politica significativa in seguito alla Brexit, si può soltanto sperare che gli sforzi di paesi favorevoli alla pace come l’Irlanda e la Svezia saranno potenziati, e che altre nazioni ugualmente amiche si uniranno per tenere a freno Israele nella sua occupazione militare e per chiedere giustizia per la Palestina.
Il Dottor Ramzy Baroud scrive da 20 anni di Medio Oriente. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, autore di vari libri, e fondatore del sito PalestineChronicle.com. Il suo libro più recente è: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story (Pluto Press, Londa). [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata]. Il suo sito web è www.ramzybaroud.net Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte: http://www.counterpunch.org/2016/06/30/searching-for-a-responsible-adult-is-brexit-good-for-israel/ |