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Domenica 15 maggio 2016

 

Brexit, Boris e la birra

di Carlo Musilli

 

Esistono opinioni che fanno immediatamente pensare a un’alta concentrazione di alcol nel sangue di chi le esprime. Rientra fra queste l’ultima sparata di Boris Johnson, ex sindaco di Londra e oggi alfiere della Brexit, che nel weekend è arrivato a paragonare l’Ue nientemeno che ad Adolf Hitler.

 

D’accordo, scagliare anatemi contro l’Europa è attualmente il suo mestiere, ma stavolta il fulvo politico tory si è spinto oltre i confini della propria dialettica e, verosimilmente, della propria cultura. Per convincere gli elettori britannici a votare in favore dell’uscita dall’Unione europea il prossimo 23 giugno, data in cui si terrà il referendum che terrorizza mezzo mondo, Johnson si è prodotto in un’esegesi storica parente stretta dello sproloquio.

 

In un’intervista al Sunday Telegraph, il rubizzo conservatore ha sentenziato che l’Ue persegue un obiettivo simile a quello del dittatore nazista nella creazione di un sovrastato europeo. Per dare sostanza a questa tesi, Johnson ha quindi allargato l’orizzonte cronologico della propria dissertazione, risalendo addirittura all’epoca classica. A suo modo di vedere, c’è un leitmotiv che caratterizza gli ultimi 2mila anni di storia europea: il periodico tentativo di riunificare il continente sotto un’unica insegna per far rivivere “l'età dorata dell'impero romano”.

 

Di chi parla il caro vecchio Boris? Carlo Magno? Carlo V? Non facciamo i pedanti. Siamo in campagna elettorale, meglio andare sul sicuro: “Napoleone, Hitler, varie persone ci hanno provato, ed è finita tragicamente”, continua l’argomentazione di Johnson, che poi, finalmente, arriva alla morale della favola: “L'Ue è un tentativo di fare lo stesso con metodi diversi”.

 

E dopo la storia, un po’ di politica: secondo l’ex sindaco, “l'eterno problema è che manca una sottostante lealtà all'idea di Europa. Non esiste una singola autorità che tutti rispettino o capiscano e questo crea un grande vuoto democratico”. Infine, Johnson veste i panni del vate, invoca lo spirito di Winston Churchill, e invita i britannici ad essere di nuovo “gli eroi dell'Europa” votando per l'uscita della Gran Bretagna dall’Ue, i cui “disastrosi fallimenti” hanno consentito alla Germania di “rilevare” l'economia italiana e “distruggere” la Grecia.

 

La prima cosa che viene da chiedersi è cosa direbbe lo stesso Churchill di fronte a cotanta approssimazione e superficialità. Certo, l’Unione europea è una creatura malata, controversa, problematica e il progetto che l’ha ispirata sembra ormai fallito sotto molti aspetti. La sfiducia è comprensibile: la gestione della crisi del debito ha dimostrato i danni che può fare l’egemonia politica ed economica di Berlino, mentre gli egoismi nazionali esplosi sulla questione dei migranti rischiano di mandare a rotoli perfino Schengen, ossia quel principio di libera circolazione che finora rappresenta probabilmente il traguardo più importante raggiunto dall’Ue.

 

Ma naturalmente niente di tutto questo giustifica il paragone con un’ideologia razzista, votata allo sterminio e responsabile di milioni di morti. Ammettere accostamenti così assurdi significa nel migliore dei casi perdere di vista i problemi dell’Europa di oggi, nel peggiore sminuire il nazismo. 

 

D’altra parte, l’ex sindaco è riuscito nell’intento di polarizzare ulteriormente il dibattito sulla Brexit, trasformando quest’ultimo mese di campagna in una sorta di bagarre da tempo di guerra fra interventisti e neutralisti. “Johnson fa un gioco veramente sporco – ha detto l'ex ministro laburista Yvette Cooper –, non dovrebbe fare giochetti con il periodo più buio e sinistro della storia europea. Più usa questo tipo di affermazioni isteriche, più dimostra la sua mancanza di giudizio”.

 

Di tutt’altro avviso Nigel Farage, leader del partito britannico euroscettico Ukip, che, in caso di vittoria del sì al referendum, si è detto pronto a sostenere l’ex primo cittadino di Londra (già in prima fila per la successione a Cameron alla guida dei Conservatori) nella corsa per diventare primo ministro. Parlando con il Daily Mail, Farage ha paragonato Johnson all'ex presidente americano Ronald Reagan e si è sperticato in dichiarazioni a dir poco entusiaste: “Amo Boris, lo rispetto, lo ammiro – ha detto –. Sono un fan di Boris. Potrei lavorare per lui? Certo. Posso immaginare uno scenario in cui diventi primo ministro e mi chieda qualcosa? Non lo escluderei”. C’è da sperare che lo escludano gli inglesi, il 23 giugno.

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