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10 gennaio 2014

Siamo tutti…. Riempite lo spazio bianco
di Noam Chomsky
Traduzione di Maria Chiara Starace

Il mondo ha reagito con orrore all’attacco omicida al giornale satirico francese Charlie Hebdo. Sul New York Times, l’esperto corrispondente per l’Europa Steven Erlanger ha descritto graficamente il periodo immediatamente successivo, a quello che molti chiamano l’11 settembre della Francia, come “una giornata di sirene, elicotteri in volo, bollettini frenetici; di cordoni di polizia e di gente ansiosa; di bambini portati via da scuola verso la sicurezza. E’ stata una giornata, come le due precedenti, di sangue e di orrore dentro e attorno a Parigi.” L’enorme  grido di protesta  in tutto il mondo è stato accompagnato dalla riflessione sulle radici più profonde dell’atrocità. “Molti percepiscono uno Scontro di Civiltà,” diceva un titolo del New York Times.

La reazione di orrore e di repulsione per il crimine è giustificata, così come la ricerca di radici più profonde, purché teniamo ben saldi in mente alcuni principi. La reazione dovrebbe essere del tutto indipendente da quello che pensa il giornale e da che cosa crea. L’appassionato e onnipresente slogan “Io sono Charlie”, e altri simili non dovrebbero essere intesi come indicazione, o anche accenno, di connessione con il giornale, almeno nel contesto della difesa di libertà di parola. Invece dovrebbero esprimere la difesa del diritto di libera espressione qualsiasi cosa si pensi dee contenuti, anche se sono considerati odiosi e turpi.

E gli slogan dovrebbero esprimere anche la condanna della violenza e del terrore. Il capo del Partito Laburista di Israele e principale sfidante per le imminenti elezioni in quello stato, Isaac Herzog, ha proprio ragione quando dice che “Il terrorismo è terrorismo. Non ci sono due modi di considerarlo.” Ha anche ragione quando dice che “Tutte le nazioni che cercano la pace e la libertà [affrontano] un’enorme sfida” che arriva dal terrorismo omicida – a parte la sua interpretazione della sfida presumibilmente discriminatoria.

Erlanger descrive vividamente la scena dell’orrore. Cita uno dei giornalisti sopravvissuti che dice: “Tutto  è crollato. Non c’era via di uscita. C’era fumo dappertutto. Era terribile. La gente urlava. Era come un incubo.” Un altro giornalista sopravvissuto ha riferito di “un’enorme detonazione, e tutto è diventato completamente buio.” La scena, ha riferito Erlanger “era una scena sempre più familiare fatta di vetri frantumati, di muri rotti, di legno contorto, di vernice bruciata e di devastazione emotiva.” E’ stato riferito che almeno 10 persone erano morte subito nell’esplosione e  20 mancavano, “presumibilmente sepolte nelle macerie.”

Queste citazioni, come ci ricorda l’infaticabile David Peterson, non sono, tuttavia, del gennaio 2015. Sono invece prese da una notizia di Erlanger del 24 aprile 1999, che è rimasta soltanto sulla pagina 6 del New York Times, non arrivando alla rilevanza dell’attacco a Charlie Hebod. Erlanger stava facendo un servizio “sull’attacco missilistico della NATO (cioè degli Stati Uniti) al quartier generale della televisione di stato serba” che ha causato l’interruzione  dei collegamenti con Radio Televisione Serbia.

C’è stata una giustificazione ufficiale. “Gli ufficiali della NATO e quelli americani hanno difeso l’attacco,” riferisce  Erlanger, “come tentativo di minare il regime del presidente Slobodan Milosevic della Jugoslavia.” Il portavoce del Pentagono, Kenneth Bacon ha detto a una sessione informativa a Washington che “la TV serba fa parte della macchina omicida di Milosovic quanto lo è il suo esercito,” e quindi è un legittimo obiettivo di attacco.

Il governo jugoslavo ha detto che “L’intera nazione è con il nostro presidente, Slobodan Milosevic,” riferisce Erlanger, aggiungendo che “Non è chiaro in che modo il governo sappia questo con tale precisione.”

Commenti così beffardi non sono  appropriati  quando leggiamo che la Francia piange i morti è e il mondo è indignato dall’atrocità. Non c’è neanche necessità di indagare nelle radici più profonde, nessuna seria domanda su chi rappresenta la civiltà e chi rappresenta la barbarie.

Allora Isaac Herzog si sbaglia quando dice che “Il terrorismo è terrorismo. Non ci sono due modi di considerarlo.” Certamente ci sono due modi: il terrorismo non è terrorismo quando un attacco molto più grave viene compiuto dai Virtuosi virtù grazie al loro potere. Analogamente, non c’è nessun assalto contro la libertà di espressione quando i Virtuosi distruggono un canale televisivo che appoggia un governo che stanno attaccando.

Allo stesso modo, possiamo prontamente comprendere il commento del New York Times scritto dall’avvocato per i diritti civili Floyd Abrams, famoso per la sua   energica difesa  della libertà di espressione, che l’attacco a Charlie Hebdo è “l’assalto più intimidatorio al giornalismo a memoria d’uomo.” Ha ragione circa “la memoria d’uomo,” che assegna  con attenzione attacchi al giornalismo e atti di terrore alle loro categorie appropriate: i Loro che sono orribili, e i Nostri che sono virtuosi e facilmente rimossi dalla memoria dell’uomo.

Possiamo anche ricordare che questo è soltanto uno dei molti attacchi da parte delle persone rette alla libera espressione. Per citare soltanto un esempio che è stato facilmente cancellato dalla “memoria d’uomo,”, l’assalto a Falluja da parte delle forze armate statunitensi nel novembre 2004, uno dei crimini peggiori dell’invasione dell’Iraq, iniziato con l’occupazione dell’Ospedale Generale di Falluja. L’occupazione militare di un ospedale è, naturalmente, un grave crimine di guerra di per sé, anche senza considerare il modo in cui è stato compiuto, riportato in modo blando con una notizia in prima pagina sul New York Times, accompagnata da una fotografia che rappresentava il crimine. La notizia riferiva che “I pazienti e i dipendenti dell’ospedale sono stati   fatti uscire di corsa  dalle loro stanze da soldati armati ed è stato ordinato loro di sdraiarsi per terra mentre i soldati legavano loro le mani dietro la schiena.” I crimini sono stati riferiti come altamente meritori e giustificati: “L’offensiva ha anche chiuso quella che gli ufficiali dicevano fosse un’arma di propaganda per i militanti : l’Ospedale Generale di Falluja con il suo fiume  di notizie di vittime civili.

Evidentemente a una tale agenzia di propaganda non può essere permesso di “vomitare” le sue volgari oscenità.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/we-are-all-fill-in-the-blank

Originale: non indicato

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