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14-01-15 - n. 526

Parigi, o cara
di Tiziano Tussi

Certo una manifestazione così grande non la si era mai vista o perlomeno…

Siamo nel febbraio 2003. Manifestazioni  a livello mondiale per la pace. Si parla di 110 milioni di persone in strada, dall'Australia al Canada, passando per molti Paesi che ci stanno in mezzo. Un milione e mezzo a Londra, altrettanti a New York,  milioni in Spagna. Milioni in Italia, milioni, milioni, milioni… Risultato: nulla, anzi le guerre si sono intensificate ed allargate dal 2003.

Ma veniamo all'oggi. Ciò che è successo domenica scorsa a Parigi è stato veramente imponente. Ma al di là del cuore che sanguina, occorre cercare qualcosa di più. La ragione dovrebbe farsi largo finalmente - ma sarà così? - in quella che Hegel chiamava "pappa del cuore". Necessita chiarezza ed è difficile farne: intricatissima la questione. Prende versanti personali  - qualche disperato lo si trova sempre -, politici a livello internazionale - con il ruolo che svolge la Francia su questo piano -, questioni culturali - differenza tra il livello di coscienza dell'Europa e del mondo musulmano -, storiche - il secolare problema del colonialismo del passato.

Per alcuni aspetti è logico e scontato vi dovesse essere una reazione così evidente. Il periodo medievale per noi, almeno per alcune riguardi è finito da un pezzo. La storia recente, perché solo recentemente siamo usciti da alcuni aspetti medioevali, ci ha assicurato verso alcuni comportamenti che vengono accettati, più o meno con convinzione. Ma anche la moderna Europa è ammalata ancora di medievalismo in troppi luoghi. Ad esempio è da poco che in Italia si può divorziare e si può abortire, ma non si può ancora morire con dignità, quindi …

Certo che essere ammazzati per avere disegnato in modo irriverente Maometto è per la mentalità diffusa, anche se non da tutti accettata, in Europa, assurdo. Quindi questo è da rigettare decisamente, ma la questione apparente, superficiale non ci dice tutto.

Purtroppo la storia coloniale del passato e la sua forma moderna, in troppi Paesi europei, con gli Stati Uniti come addentellato culturale (ce ne sono anche altri: Canada, Australia ad esempio) pesa. E questi, come altri atti simili debbono anche essere letti come reazione, io credo inconscia e non saputa, nella testa di chi li mette in atto, ma vivente oggettivamente, a tutto quello che rappresenta ed ha rappresentato l'Occidente. Basti pensare agli interessi attuali di alcuni Paesi in aree del mondo che andrebbero lasciate a sé stesse per un'elaborazione verso la modernità della loro storia  così come ne sono capaci.

Cosa ci fanno dei soldati italiani in Afghanistan? Quali interessi li spinge? E per favore non si ripeta la favoletta dell'esportazione della democrazia che dopo circa dodici anni di permanenza là neppure si vede in lontananza.  Cosa ci fanno soldati americani in Iraq? Anche qui inutilmente. Cosa ci fanno soldati neozelandesi in Afghanistan?

Tali comportamenti, prolungamento del sistema coloniale classico, non possono essere senza dazio. Si paga tutto e a volte in modo inaspettato. La storia non insegna niente a nessuno ma richiede, sempre, una verifica. Forse sarebbe il caso che gli stati europei mettessero in conto il bilancio fallimentare in queste aree. E parlo di stati non di singoli o di singole società che fanno affari proprio in questi frangenti. E chiaro che se questi ruoli neo coloniali restano è perché gruppi di pressione agiscono a livello internazionale e guadagnano da questo caos inestricabile. Ma cosa ci guadagna lo stato, in quanto tale, e la società che governa? I politici dovrebbero farsi queste domande.

Ma logicamente se non avessimo capito da tempo perché non se le fanno dovremmo ora chiedercelo. Un esempio per tutti. A Parigi non c'era Obama ma solo un ministro del suo governo, per altro dimissionario. Ancora un gioco politico? Pare di sì? Proprio ora? Si, proprio ora. Quindi qualcuno è pronto a prendere un utile politico anche da questa strage? In fondo non bisogna disgustare alleati, che vivono culturalmente nel milieu nel quale si sono formati gli invasati che hanno dato testate all'Occidente, dove per altro vivono. Perciò bene la manifestazione ma ancora meglio sarebbe iniziare un percorso virtuoso a livello di rapporti internazionali. Una virtù aliena dal colonialismo.

Un esempio per chiudere. Nel dicembre 2014, quindi ieri, c'è stato l'attacco - e già definirlo così è grottesco - in Pakistan ad una scuola. Sono stati uccisi, tra gli altri, 132 bambini e adolescenti. Nessuna manifestazione mondiale, nessuna risposta come siamo tutti bambini pakistani, nessuna espressione di cordoglio partecipativo che non le solite frasi ritrite. Perché forse i bambini o i fanciulli pakistani non sono valori universali? Così a Parigi come a Peshawar. Per alcune frange di integralisti uccidere bambini non fa schifo alla loro coscienza, in questo supportati forse, chissà se lo sanno, da filoni storicamente attivi dell'Islam, i Khagiriti ad esempio. [i]

Ma la vita di una bambino è sacra perché e in potenza la continuazione della specie, non fosse che per quello. La rivoluzione francese ha messo in chiaro che esistono dei diritti inalienabili dell'uomo: vita, libertà e ricerca della felicità (tacciamo della proprietà privata, che ora non ci serve). Che felicità ci può essere in un bambino che si fa saltare in aria a 10 anni? (Vedi gli ultimi avvenimenti in Nigeria  messi in atto da BoKo Haram )  Anche questo non è un crimine contro l'umanità che grida vendetta?

note

[i] I bambini nascono nella fitra (la religione naturale – ndr), e non possono essere ritenuti responsabili né di colpe nè della miscredenza dei loro genitori. Per questo l'Islam ha sempre condannato la violenza contro i bambini. La setta dei Khagiriti fu l'unica a rifiutare quel principio. (Roberto Giammanco, La più lunga frontiera dell'Islam, De Donato, Bari, 1983, nota 4 pag. 150)

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