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21 Gen 2015

La natura occidentale del terrorismo – Il vero volto dietro la maschera
di Franco Soldani

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Franco Soldani in risposta all’articolo di Carlo Frabetti*  (“Io non sono Charlie” ) sulle origini del terrorismo islamico, articolo tradotto e pubblicizzato da Marina Minicucci.

Cara Marina, ti ringrazio prima di tutto del materiale. In effetti, era da alcuni giorni che meditavo di scrivere qualcosa sugli avvenimenti parigini, ma ho sempre rinviato perché impegnato in altre cose. Ora mi hai costretto a venire allo scoperto e te ne sono grato. Ecco le mie impressioni. Ho subito letto, nella tua traduzione, l’indignata lettera di Frabetti a proposito dei fatti di Parigi. Dico subito che indignarsi è giusto, ma risulta oggi del tutto insufficiente. L’indignazione per essere efficace e non rimanere solo un moto dell’animo, per quanto comprensibilissimo sia chiaro, soprattutto se s’indirizza contro la sceneggiata pubblica a cui abbiamo assistito, deve riuscire ad additare le cause profonde del suo erompere. Deve, in altre parole, documentare le ragioni del suo essere qualcosa di più di un semplice soprassalto etico e trasformarsi così, se possibile, in una qualche iniziativa consapevole.

D’altro canto, il nichilismo delle classi dominanti attualmente ha raggiunto vette prima impensabili, per cui di fronte alle sue manifestazioni anche le reazioni emotive classiche e apparentemente più radicali sono del tutto inadeguate. Sono diventate persino controproducenti, se intese in senso tradizionale, sia perché possono essere tranquillamente fagocitate e fatte persino proprie da coloro che le hanno suscitate, sia possono persino servire da copertura per i disegni dei perpetratori. In che modo spero di poterlo spiegare qua sotto.

Condivido, va da sé, lo sdegno di Frabetti contro l’ignobile pantomima messa in scena da tutto l’Occidente (Merkel, Hollande, Netanyahu, fianco a fianco addirittura con Abu Mazen, il nostro degno Renzi, e tutti gli altri) nella capitale francese, col supporto attivo tra l’altro, lo avrai visto, di una parte importante della comunità islamica oltre che ebraica. Loro che conducono l’ennesima guerra di aggressione contro la Siria, per mezzo anche di interi eserciti di contractor, detti volgarmente mercenari (chiamati, cioè, col loro vero nome), che si presentano come paladini della libertà d’espressione. Non c’è limite al surreale oggi! L’evento, inutile persino dirlo, è stato poi debitamente amplificato, come sempre in queste occasioni, dai Megamedia e trasformato in una gigantesca psyop a favore degli stessi attuali dominanti. Questo è però solo l’aspetto condivisibile della questione. Ecco perciò gli altri, quelli che a mio avviso fanno la differenza.

A) l’argomento di Frabetti ripete, alla lettera, la tesi più tipica del pensiero democratico dell’Occidente (uno dei suoi massimi esponenti, non solo in Italia, è Danilo Zolo, mentre fuori dall’accademia ne esistono anche altre versioni giornalistiche più adatte alle moltitudini italiche e occidentali più in generale: vedi ad esempio per noi Paolo Barnard, Massimo Fini, Rossana Rossanda, persino Franco Piperno, l’armiere a suo tempo di Potere Operaio! A proposito di tutte queste varianti si veda il mio Orwell reloaded. (Il mondo criminale del capitale e dei Megamedia odierni, in Faremondo), già da più parti avanzata in occasione del 911 (ho documentato la cosa nel mio: La logica del principio determinante, del 2006): è essenziale per tale lettura, per risultare credibile ed essere eventualmente creduta, fare riferimento a dettagli – guerre, aggressioni, rapina di risorse, interessi protetti dalle armi, ecc. – realistici e sotto gli occhi di tutti. L’importante è ignorarne le cause.

Tra l’altro, si noti che l’espansione degli Usa dopo il 911 è avvenuta sulla base di una grancassa propagandistica (attuata dai loro Megamedia, di proprietà del capitale finanziario tra l’altro) basata su democrazia, libertà, diritto internazionale, ecc. (!!), vale a dire precisamente su quei presunti pilastri che erano stati ridotti in cenere, a partire dal suolo nazionale statunitense, proprio da quel loro inside job su suolo patrio (un crimine che avrebbe dovuto mandare tutti quanti davanti al plotone di esecuzione, Costituzione statunitense alla mano, se non fosse stato prontamente occultato dalla ciclopica propaganda machine approntata all’uopo dall’amministrazione Bush e lungamente prima rodata: si vedano al proposito, obbligatoriamente in coppia: Peter D. Scott, American war machine, 2010; id., The American deep State, 2015);

B) la tesi in oggetto è funzionale ai disegni dei dominanti e li serve: è un’opposizione sorvegliata e fittizia, tanto che si potrebbe dire: Il miglior modo di controllare il dissenso è dirigerlo (sanno ben loro cosa fare!). Questo perché non rivela mai né mai si preoccupa di spiegare le ragioni che stanno dietro le e a monte delle avventure imperialistiche dell’Occidente, né tanto meno sembra in grado di capire la fonte effettiva che genera lo scenario geopolitico odierno. Tipica ad esempio è la sua interpretazione del 9.11 come attentato islamico causato dalle politiche aggressive Usa nei confronti delle popolazioni mediorientali. Appiattimento sulla versione ufficiale, quella governativa, e quindi suo supporto, nessuna analisi dei dati di fatto disponibili che la contraddicono (e conseguentemente ha ignorato anche la messe di studi che la mettono in discussione), apologia tout court dei regimi democratici (senza comprendere, perlomeno a prima vista, che sono precisamente questi ultimi a ospitare nel proprio seno la logica degli arcana imperii). La stessa linea di pensiero, del resto, mutatis mutandis, è stata seguita dai marxisti di tutto il mondo. In nessuna di queste spiegazioni viene mai detto che si è trattato di un inside job mandato ad effetto dalle stesse forze al potere nella superpotenza Usa;

C) ignora il fatto, e lo fa persino sparire, che il terrorismo islamico è una creatura degli Stati Uniti, nata prima dell’11 settembre ma portata sugli altari della geopolitica internazionale in quell’occasione, con quali scopi ci è ormai noto, scopi che tuttavia non vengono mai ricordati

(vedi però il mio: Il mondo criminale del capitale e dei megamedia odierni). Per poterli comprendere, è sufficiente pensare al fatto che col 911 gli Usa sia hanno potuto sia invadere l’Afganistan prima e poi l’intero Iraq, accerchiando così l’Iran e spingendosi fino alle porte di Cina e Russia, sia far crescere in modo esponenziale il loro sistema internazionale strategico di basi militari, che proprio a partire dal 911 ha raggiunto dimensioni ciclopiche (mille, dicesi 1000, basi militari all’estero, l’esercito Usa come primo consumatore di petrolio al mondo, più di mezzo milione di uomini in armi dislocati in questi avamposti, ecc. ecc.). Senza quell’inside job iniziale non sarebbe mai stato possibile agli Usa realizzare i loro sogni di «full spectrum dominance».

E l’aspetto grottesco della cosa è il fatto che con la complicità attiva dell’intero Occidente han poi potuto invadere paesi sovrani come l’Afganistan e l’Iraq, tra l’altro riportandoli all’età della pietra e commettendo atrocità di ogni sorta, compresi crimini contro l’umanità, sulla base di un iniziale atto criminale contro la loro stessa popolazione che se venuto alla luce li avrebbe condannati alla pena capitale. Se questo spiega perché abbiano fatto di tutto allora e facciano di tutto ancora oggi per metterci una pietra tombale sopra e impedire una volta per tutte che venga a galla, allo stesso tempo ci dimostra che i crimini internazionali di cui si sono macchiati gli Stati Uniti non sono altro che una logica conseguenza della effettiva natura del 911. Paradossale ma vero: un crimine domestico preliminare è servito come base legale, certificata dalla stessa ONU tra l’altro, per poter commettere poi altri crimini su più grande scala nello scenario mondiale! E il tutto ancora una volta invocando il diritto internazionale per legittimare un intervento militare illegale (vista la sua fonte). La logica surreale dei dominanti non ha confini, anche se indubbiamente possiede una natura altamente criminale;

D) del pari ignora il fatto che i servizi segreti di mezzo mondo, a partire dalla NSA e dalla CIA, che ormai da decenni si proietta con le sue covert operation militari e paramilitari su tutto il globo, orchestrano le cose e le predispongono perché vadano ad affetto nel miglior modo: perché un’azione vada a buon fine e sembri vera, i cosiddetti terroristi tanto devono fare vittime innocenti, quanto lo devono fare nella maniera più efferata possibile, quanto devono essere per forza di cose islamici o appartenenti al mondo arabo (altrimenti non funzionerebbe).
È lavorando poi su queste caratteristiche che gli MM gonfiano a dismisura la loro propaganda di sistema – ottenendo come si è visto in questi giorni, sulla scia del resto del 911, la madre di tutte le imposture successive, degli effetti mediatici senza paragone –, facendo tra l’altro credere a milioni di persone che le cose stanno come dicono loro e convincendoli così di aver ragione a partecipare con convinzione alla messinscena (se ne è avuta una prova eloquente soprattutto nelle piazze di Parigi, credo: se le cose stanno come è probabile che stiano, Hollande è stato questa volta la controfigura di George W. Bush: questi sventolava la bandiera nazionale sulle rovine fumenti del WTC che lui stesso aveva ridotto in cenere, mentre il presidente francese a sua volta apriva un corteo che celebrava i funerali delle sue vittime.

Non abbiamo visto qualcosa di simile addirittura già nel 1978 col caso Moro? Sul coinvolgimento attivo dei servizi segreti statunitensi, NATO e italiani nel rapimento e nell’uccisione dell’uomo politico democristiano ( si veda A. Macedonio Aldrovandi, Friendly fire. Il sequestro Moro come false flag operation orchestrata dagli USA, Faremondo, Bologna, 2014 ). Lo possono del resto fare naturalmente perché, avendo il monopolio dell’informazione, non esiste contraddittorio alcuno né informazione alternativa che abbia la loro potenza di fuoco.
A tal scopo, i servizi di cosiddetta sicurezza (la loro!) si creano le loro cellule armate, le addestrano in aree geografiche da loro controllate (vedi Medioriente, ecc.), le proteggono con le loro reti clandestine estere e metropolitane, le forniscono di mezzi bellici ed economici, e poi le inviano nei luoghi opportuni con le dovute protezioni messe in atto dallo stesso Occidente. È letteralmente impossibile che quei tre, se sono stati loro, e i loro molteplici complici abbiano potuto fare quello che hanno fatto senza l’appoggio attivo e la supervisione dei servizi francesi e occidentali più in generale. Secondo Paul Craig Roberts, ad esempio, «la CIA ha più controllo sull’intelligence francese di quanto ne abbia il presidente della Francia», tanto che vi sarebbe la sua diretta longa manus dietro gli eventi parigini per riportare all’ordine, vale a dire prono ai diktat di Washington, l’esecutivo francese (si veda a questo proposito l’articolo di P. C. Roberts, Ancora su Charlie Hebdo, in www.controinformazione.info, 15 gennaio 2015). Roberts ha poi seri dubbi sul fatto che siano stati veramente i fratelli Kouachi a fare irruzione nella sede della rivista e a commettere la strage (si legga il suo articolo per i dettagli). Oltretutto, così facendo possono sfruttare la stessa presenza degli immigrati islamici nelle nostre società per intimorire la popolazione metropolitana e suscitare sentimenti xenofobi e nello stesso tempo spingere queste minoranze ad appoggiare i presunti “terroristi” (presentati dagli MM, anche del Medioriente, come loro confratelli che magari sbagliano) oppure in alternativa a schierarsi con l’Occidente (ma le due strade sono utilizzate ad un tempo). Se non si spiega questa cosa, si depista il lettore e gli si impedisce di comprendere come stanno veramente le cose: abbiamo già trattato queste questioni mille volte in saggi su Faremondo e libri;

E) infine, anche in articoli come quello di Frabetti e in consimili scritti apparsi qua e là sul web si ignora del tutto le stesse spiegazioni dei dominanti che fanno emergere alla luce del sole i poteri di persuasione o vera e propria propaganda incontrastata di cui ornai dispongono col monopolio planetario dell’informazione tramite gli MM (leggi: produzione giornaliera di smoking screen, depistaggi quotidiani, false piste, false flag a raffica e quant’altro serve senza contraddittorio alcuno). Si veda il pensiero emblematico di Karl Rove in merito, più volte commentato nei nostri saggi (cfr. ad es F. Soldani, Le lezioni del capitale. Che cosa ci rivelano l’assassinio di Gheddafi e l’osceno tripudio della Clinton, (consultabile in versione integrale in Faremondo, ma lo si può vedere anche in rete);
F) in ultimo poi nemmeno viene presa in considerazione l’ipotesi che gli stessi redattori di Charlie Hebdo, e consimili altre pubblicazioni dell’Occidente, in realtà fossero un asset di quel sistema dei servizi e della propaganda di regime che impera incontrastato, ripeto in stretto regime di monopolio, nel mondo della comunicazione e che fa arrivare alle grandi masse del globo la realtà prefabbricata costruita ad hoc per loro uso e consumo. Non si crederà mica davvero che le masse islamiche siano un autentico popolo in grado di pensare e valutare le circostanze da solo? Sono manipolate dallo stesso sistema che opera entro i loro confini nazionali (si ricordi le loro manifestazioni di giubilo in occasione del 911, perché si era fatto loro credere di aver colpito il cuore dell’impero Usa!!).
E poi vale la pena ricordare anche che ogni religione istituzionalizzata rende i fedeli mero gregge predato dalla gerarchia ecclesiastica soprastante e quindi facilmente governabile (lo si può in altre parole ingannare con più agio e condurre dove si vuole). I redattori di CH avrebbero dovuto sapere che la loro satira contro l’Islam era funzionale ai disegni Usa e non rappresentava affatto una critica effettiva di quei regimi, in grado di metterne in discussione il potere (che veniva a contrario rinforzato dalle loro parodie: tra le altre cose, ha anche creato le più opportune condizioni al contorno perché gli si potesse inviare in sede un commando “terrorista” ad hoc).

Se non lo sapevano, politicamente erano solo degli sprovveduti (ma è possibile? è credibile per persone che da decenni erano impegnate in quella professione latamente politica?), soggetti funzionali a disegni più grandi di loro e ai quali servivano, sacrificati dalle alte sfere sull’altare dei loro grandi giochi. R.I.P. D’altro canto, se invece lo sapevano, o una parte di loro almeno era al corrente della cosa, allora sono soltanto caduti nell’adempimento del loro dovere, giacché faceva parte dei loro compiti istituzionali creare le condizioni al contorno più propizie per una nuova operazione politico-terroristica dell’Occidente, l’ennesima, alla quale del resto altre ancora ne seguiranno, su suolo europeo (partita da New York 2001, poi Madrid 2004, Londra 2005, Parigi 2015), a intermittenza corredata da periodici attacchi qui e là (“lupi solitari”, qualche volta gruppi armati, ecc.) in modo da mantenere alta la pressione psicologica e la paura nelle masse condizionandone l’inconscio, le reazioni emotive codificate nel nostro cervello e che i dominanti conoscono bene tramite i loro scienziati e i loro centri di ricerca (si veda in merito ad esempio: K. Taylor, Brainwashing. The science of thought control, 2004; J. Moreno, Mind wars. Brain research and National defense, 2006).
D’altronde, questa è una precondizione necessaria per poter poi mandare ad effetto potenti operazioni di propaganda da parte degli MM, propaganda che è il collante essenziale, oggi, per il successo di tutte le varie imprese Usa e dell’Occidente nel mondo; è il nuovo ingrediente del capitale che ha reso possibile la riuscita delle cose spiegate da Rove: per questo è essenziale capire bene che cosa sono oggi gli MM e come funzionano: si vedano al proposito B. Bagdikian, The new media monopoly; D. Alger, Megamedia; J. Ellul, Propagandes, 1990; E. Bernays, Propaganda; W. Lippman, Public opinion, V. Packard, The hidden persuaders (questi ultimi tre studi, oltre ad essere tipicamente statunitensi e ad anticipare così le tendenze dell’Occidente, sono i primi due degli anni ’20, il terzo del 1957, l’epoca dell’avvento dei grandi Network);

G) d’altro canto, per concludere non si può davvero dimenticare il fatto che tutte le considerazioni precedenti, la nuova arma del terrorismo internazionale fatta emergere dal suo arsenale dall’Occidente, e con tutte le caratteristiche già discusse, si sviluppano all’ombra di un impero militare di basi, nonché di potenti transnazionali occidentali che avviluppano nella loro fitta rete l’intera Terra, che non ha uguali nella storia del mondo. Si vedano i due grafici seguenti (li ho commentati nel mio Il capitale finanziario al governo, consultabile sul sito del Centro Studi Juan de Mairena): Vedi piantina Globale sottostante

Senza un’analisi di tutte queste condizioni al contorno, non sarà mai possibile uscire fuori dalla quasi invisibile gabbia che ci hanno costruito intorno e ogni volta che con la nostra indignazione, senz’altro giusta, ma per ragioni contrarie a quella ufficiale, crederemo di averne scosso le sbarre, avremo invece solo dato un altro giro di chiave alla serratura. Forse vale la pena di sorvegliare le nostre, del tutto umane del resto, reazioni emotive tenendo sempre a mente il monito di un poeta, che come tutte le vere anime sensibili con la sua intuizione ci aveva da tempo messi sull’avviso.

They had arts to rule as they desired


The workings of men’s brains,


And they can bind them to what thoughts they will.


1853 Matthew Arnold

Avevano arti per governare come desideravano

Il funzionamento del cervello degli uomini,

E li possono legare ai quali pensieri che faranno.

1853 Matthew Arnold

Muniti di questa preziosa avvertenza, dovrebbe forse riuscirci più facile scorgere ogni volta negli eventi politici che sicuramente, c’è da scommetterci, ancora scuoteranno l’Occidente, la lunga mano dei suoi servizi e delle strategie geopolitiche mondiali del complesso industriale-finanziario-militare-accademico principalmente USA che servono e di cui spesso il ceto politico europeo è un complice attivo.

Alla luce sia di quello che dice Arnold, sia delle novità emerse con la nascita degli MM e delle tendenze odierne del capitale finanziario (non bancario!) occidentale, la battaglia per cambiare la nostra usuale forma mentis, quel modo di ragionare preformato e preordinato (da altri!) col quale ci rendiamo di solito intelligibile il reale (e al seguito del quale poi assumiamo determinate condotte che ci sembrano tassative), assume tutto un altro aspetto. Diventa allo stesso tempo tanto un cimento intellettuale e culturale di lunga lena, quanto un impegno politico attivo, nella misura in cui tende a rompere la ragnatela in cui ci troviamo invischiati e a rendere possibili nuove scelte.

Forse l’aver chiarito o almeno tentato di chiarire i retroscena del caso CH, i cui particolari ci diverranno noti, sia col contagocce sia in maniera depurata, tra anni, potrebbe favorire quel processo. D’altro canto, piccoli come siamo e con le risorse limitate che abbiamo, c’è poco da farsi illusioni. Siamo pulci sulla groppa di un pachiderma. Lo punzecchiamo, gli diamo fastidio, lo irritiamo forse a volte, ma di sicuro siamo obbligati a seguirlo e lui va dove vuole. L’unica sarebbe iniettargli un virus culturale in grado d’innescare una mutazione genetica delle sue cellule. Ma anche questo presuppone che si conosca in anticipo il suo organismo e i modi con cui questo si difende e reagisce ai focolai.
Intanto, cominciamo a fare noi profilassi preventiva, liberandoci da tutte le scorie del passato e provando ad imbastire nuove e originali analisi del mondo reale. L’ideale sarebbe essere così alternativi da dire cose che nessuno ha mai detto, far vedere cose che nessuno ha mai visto, spiegare oggetti che mai nessuno ha descritto, immaginare una logica che mai nessuno ha pensato, rivelare una realtà che mai nessuno ha additato, avventurarsi in territori che mai nessuno ha esplorato, avendo come unico lume il nostro modesto intelletto, così da poter contare solo sulle nostre forze. In fin dei conti, spesso lo scopo di un viaggio non è la meta, ma la scoperta dei significati che emergono sotto i nostri passi.

Un caro saluto 
Franco Soldani

 

*Nota: Carlo Frabetti è un matematico, membro dell’Accademia delle Scienze

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