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http://www.lrb.co.uk/ 18 August 2015
In Sa'dah di Maggie Michael
Abdullah al-Ibbi è un barbiere nella città di Sa'dah, roccaforte Houthi nel nord dello Yemen. Ha perso due mogli, dieci figli, 17 figlie e nuore, e otto nipoti, tra cui un bambino di sei mesi, in un attacco aereo saudita il 5 maggio scorso. Nei campi di valle al-Sabr, a pochi chilometri da Sa'dah, almeno 30 bambini sono stati tra i 53 civili uccisi da aerei da guerra il 3 giugno. Hammoud Abdullah mi ha detto “Dicono sui media dicono che hanno preso di mira un campo militare”. Sette dei suoi parenti, tra cui quattro fratelli, sono morti nell'attacco. “Ma quello che è successo è che hanno ucciso i nostri figli.” Dal 26 marzo, una coalizione di dieci paesi guidati dall'Arabia Saudita hanno condotto una vasta campagna aerea in tutto lo Yemen, volta a spingere gli Houthi fuori dalla capitale, Sana'a, e a ripristinare il governo riconosciuto a livello internazionale. La campagna è riuscita finora a spingere gli Houthi fuori da diverse città del sud, tra cui Aden. La scala della distruzione nel nord dello Yemen ha fatto rivivere decenni di antico odio per l'Arabia Saudita. Nel 1934, poco dopo la fondazione del regno, sauditi e yemeniti hanno combattuto per tre regioni ricche di petrolio di Najran, Jizan e Asir. I sauditi hanno vinto, ma molti yemeniti ancora non riconoscono il confine. La campagna guidata dai sauditi ha indurito il sostegno agli Houthi tra persone che, altrimenti, gli si sarebbero rivoltate contro per il loro malgoverno, l'uso della detenzione illegale, e la censura dei media e delle voci dell’opposizione. In Sa'dah, le case degli avversari sono state fatte saltare in aria, e molti importanti studiosi Zaidi hanno abbandonato la città per paura di rappresaglie da parte degli Houthi. Camminando lungo una strada coperta di detriti attraverso il centro di Sa'dah, ho visto mercati, scuole, banche, stazioni di servizio, edifici amministrativi e stazioni di polizia che erano state demolite e livellate. All'interno della città vecchia, circondata da un muro largo quattro metri e tre chilometri di lunghezza le antiche mura, le case di mattoni di fango sono state trasformate in cumuli di macerie. I residenti mi hanno dato gli elenchi dei nomi dei loro vicini di casa che erano stati trovati morti fra le macerie. Hanno detto che erano costretti a vivere in vili buche per nascondersi dagli attacchi aerei. Yahia Hatroom mi ha mostrato dove, lui e sua moglie, sua madre e dieci figli prendono riparo dal tramonto all'alba. Tirando indietro un telo di plastica, ha scoperto l'ingresso di una minuscola stanza sotterranea. “Viviamo in una tana da conigli ora” ha detto.
http://www.lrb.co.uk/ 18 August 2015
In Sa‘dah di Maggie Michael
Abdullah al-Ibbi is a barber in the city of Sa‘dah, a Houthi stronghold in northern Yemen. He lost two wives, ten sons, 17 daughters and daughters-in-law, and eight grandchildren, including a six-month-old baby, in a Saudi-led airstrike on 5 May. In the qat fields of al-Sabr valley, a few kilometres from Sa‘dah, at least 30 children were among the 53 civilians killed by warplanes on 3 June. ‘They say in the media they targeted a military camp,’ Hammoud Abdullah told me. Seven of his relatives, including four brothers, died in the attack. ‘But what happened is that they have killed our children.’ Since 26 March, a coalition of ten countries led by Saudi Arabia have conducted an extensive air campaign across Yemen, aimed at driving the Houthis from the capital, Sana‘a, and restoring the internationally recognised government. The campaign has so far managed to push the Houthis out of several southern cities, including Aden. The scale of destruction in northern Yemen has revived decades-old hatred of Saudi Arabia. In 1934, shortly after the foundation of the Kingdom, the Saudis and Yemenis fought over the three oil-rich regions of Najran, Jizan and Asir. The Saudis won, but many Yemenis still don’t recognise the border. The Saudi-led campaign has also hardened support for the Houthis among people who might otherwise have turned against them for their misgovernment, use of unlawful detention, and silencing of the media and opposition voices. In Sa‘dah, the houses of opponents were blown up, and many leading Zaidi scholars fled the city for fear of Houthi reprisals. Walking along a debris-covered road through the middle of Sa‘dah, I saw markets, schools, banks, petrol stations, administrative buildings and police stations that had been levelled. Inside the old city, encircled by a three-kilometre-long and four-metre-wide ancient wall, mud-brick houses have been turned to mounds of rubble. Residents gave me lists of the names of their neighbours who’d been pulled dead from the ruins. They said they were forced to live in funk holes to hide from the planes. Yahia Hatroom showed me where he, his wife, his mother and ten children take shelter from sunset to sunrise. Pulling back a plastic sheet, he uncovered the entrance to a tiny underground room. ‘We live in rabbit holes now,’ he said. |