http://nena-news.it 01 dic 2015
Nel braccio di ferro Russia-Turchia entrano anche kurdi e Ue di Chiara Cruciati
Secondo al-Monitor, Putin sta pensando di armare i kurdi siriani delle Ypg per sfidare Ankara a ovest. Bruxelles interviene con il pacchetto di aiuti e bilancia le sanzioni russe.
Roma, 01 dicembre 2015, Nena News –
Le relazioni ai minimi termini tra Russia e Turchia si sono palesate ieri al summit parigino sul clima. La delegazione russa non ha rivolto la parola a quella turca, mentre Putin continua a rifiutare le telefonate di Erdogan. Ieri il gelo ha toccato l’apice con la più grave delle accuse: secondo il presidente russo, la Turchia ha abbattuto il jet di Mosca per proteggere le vie di rifornimento di greggio che dai territori occupati dallo Stato Islamico verrebbe inviato in Turchia. “Abbiamo ragione di credere che la decisione di colpire il nostro aereo sia stata dettata dal desiderio di proteggere le vie di approvigionamento del greggio al territorio turco, verso i porti dove viene immagazzinato nei container – ha detto Putin da Parigi – Abbiamo ricevuto altre informazioni che sfortunatamente confermano che questo greggio, prodotto in aree controllate dallo Stato Islamico e da altre organizzazioni terroristiche, viene trasportato su scala industriale alla Turchia”. Un’accusa di complicità gravissima, seppure da tempo Ankara sia sotto i riflettori per l’aiuto più o meno diretto garantito allo Stato Islamico nello spostare uomini e armi verso la Siria. Ma Putin fa un passo in più: da leader di una delle superpotenze che paiono avere in mano il futuro della Siria, accusa l’avversario di sostenere il sedicente califfato nella principale attività economica di cui gode e che gli permette di mantenere in piedi la propria struttura militare. Il presidente turco Erdogan ha reagito subito: pronto a dimettersi, si è detto, se tali accuse fossero provate. Mosca, però, non intende frenarsi: Putin ha messo sul tavolo anche la libertà di movimento di cui adepti dell’Isis godono nell’ingresso in Siria dal territorio turco, accusando Ankara di non prestare alcuna attenzione, soprattutto nei confronti di islamisti provenienti dal nord Caucaso. Impossibile creare una coalizione anti-terrorismo, ha concluso Putin, “se qualcuno continua ad usare diverse organizzazioni terroristiche per raggiungere i propri obiettivi”. Ovvero, la caduta del presidente Assad di cui Ankara non ha mai fatto mistero: l’abbattimento del jet russo aveva un fine preciso, ricordare a Mosca il ruolo della Turchia (con, alle sue spalle, la Nato) e la definizione dell’influenza sul nord della Siria. Un territorio che Erdogan vuole destinare a zona cuscinetto per infilarci dentro i rifugiati siriani e dove addestrare i ribelli anti-Assad, una zona dentro il territorio siriano che però sia nella pratica amministrata dalla Turchia. Se Mosca la usa per raid contro Isis e organizzazioni anti-Damasco, la Turchia alza la voce. Ma il braccio di ferro non si ferma alle parole: se Erdogan da una parte tenta di ridurre le tensioni riconsegnando il corpo di uno dei due piloti del Su-24, ucciso da ribelli turkmeni dopo essersi lanciato con il paracadute, Putin non fa sconti. La scorsa settimana ha emesso un pacchetto di sanzioni economiche contro la Turchia, tra cui il blocco all’importazioni di determinati beni e la cancellazione dell’ingresso in Russia senza visto per cittadini turchi a partire dal prossimo anno. C’è anche chi avanza però un altro tipo di vendetta: secondo al-Monitor, Mosca starebbe valutando di fornire armi, servizi di intelligence e informazioni logistiche alle Ypg, le Unità di Difesa Popolari dei kurdi siriani di Rojava, spauracchio turco per gli stretti legami con il Pkk. Armi in cambio di sostegno terrestre: ai kurdi la Russia potrebbe chiedere di avanzare verso i territori a ovest dell’Eufrate, zona che la Turchia considera off-limits. Il timore è di un avvicinamento al valico di Jarabulus tra Turchia e Siria, verso il cantone kurdo di Afrin, che Ankara ha volutamente isolato dal resto del progetto democratico di Rojava. La Turchia sembra essere finita all’angolo ma in suo soccorso è già giunta l’Unione Europea. Che sia solo una coincidenza che solo ieri la Ue abbia raggiunto un accordo tra tre miliardi di dollari con Ankara e riaperto all’adesione a Bruxelles, mentre Mosca (secondo paese in rapporti economici con la Turchia) colpisce con le sanzioni? Nena News |