Al-Quds al-Arabi 11/10/2015
L’opinione di Al-Quds Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.
Circa un secolo fa, all’indomani della prima guerra mondiale, la geografia politica della Turchia appariva smantellata al suo interno, divisa tra forze straniere. Alla Francia spettava la Cilicia, all’Italia l’Antalia, alla Gran Bretagna e ai suoi alleati lo stretto dei Dardanelli e Istanbul, e per finire la Grecia, con la conquista della città di Izmir e poi dell’annessione della parte occidentale dell’Anatolia. Nella parte orientale, invece, gli alleati avevano concesso indipendenza all’Armenia e assicurato al Kurdistan un governo autonomo, costringendo l’impero ottomano a firmare un trattato di resa conosciuto come il Trattato di Sevrès. In quel periodo la Turchia aveva fatto fronte al rischio di cancellazione della propria esistenza come nazione, fino al 1921, quando alcune forze esordienti riuscirono a riportare la vittoria sull’esercito francese, a cacciare gli inglesi e ad annullare il trattato di resa. In tale circostanza, la Gran Bretagna, allora guidata dal primo ministro David Lloyd George, insieme al ministro degli esteri Balfour, era stato il maggiore fautore del progetto di smantellamento dello stato turco. I turchi furono in grado di respingere ogni tentativo di distruzione, e mantenere un equilibrio interno per un lungo periodo storico, che sembra però approssimarsi al termine. Infatti, il Paese testimonia oggi una delle più grandi crisi interne, regionali e internazionali che, da un lato la spingono a rivivere la guerra sanguinaria contro il Partito dei Lavoratori Curdi (PKK), e dall’altro la conducono all’attuale battaglia contro lo stato islamico, senza dimenticare le conseguenze del conflitto siriano nel Paese, con la presenza di circa due milioni di rifugiati sul suo territorio. Tuttavia, il pericolo maggiore è rappresentato dalla Russia, che, grazie alla sua imponente presenza per mare, per terra e per cielo in Siria, rappresenta oggi una seria minaccia strategica per la Turchia. E ad essa si accompagna il volta faccia dell’America e dell’Europa, soprattutto dopo il riconoscimento, da parte di Washington (e Tel Aviv), del “coordinamento” militare insieme alla Russia in Siria, rifiutato dalla Turchia. Siamo giunti allora alla terribile strage di Ankara e alla pressione sul capo del governo, fino a persuaderlo all’allineamento al coordinamento americano-russo-israeliano, nel tentativo di ripristino di quella sottomissione o frantumazione mancata circa un secolo fa. In altre parole, ci chiediamo: siamo ormai giunti alla disgregazione della Turchia, rappresentata nella distruzione del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, ovvero dell’unica forza politica in grado di segnare una svolta nel Paese dal punto di vista economico, politico e militare? O ci troviamo dinanzi ad un complotto contro la Turchia per riuscire laddove avevano fallito un secolo fa Lloyd George e Balfour (insieme agli alleati occidentali)?
Al-Quds Al-Arabi è un quotidiano panarabo indipendente pubblicato a Londra dal 1989.
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